sabato 8 febbraio 2020

MEGLIO TAR.. CHE MAI...

Ah la memoria che guaio. A tutti noi capita sovente di “smemorare”... obliare... scordare...dimenticare addirittura noi stessi. Problema che non riguarda solo le menti affaticate dagli anni, ma che coinvolge vecchi e giovani senza fare sconti. Capita. È umano. Ma quando la dimenticanza riguarda un Ente...un Ufficio Tecnico di un Comune... un pubblico ufficiale..beh..il fatto è grave assai. Senza invocare dimissioni o rimozioni (esercizio di stile comportamentale in disuso) ma qui la cosa è seria.. preoccupante.. allarmante. Che voglio dire? Vado a spiegarmi. Via contrada Colle Fagiano è una zona nel territorio comunale di Cori dove, al riparo da orecchie e sguardi indiscreti, un po’ di tempo fa si è consumata una “vicenda” edilizia che ormai non stupisce più nessuno. Due immobili distinti, il primo, un manufatto destinato a magazzino, realizzato senza titolo e senza nulla osta paesaggistico, il secondo, per il quale ci sarebbe stata anche una illecita trasformazione della destinazione d’uso da non residenziale a residenziale; ecco questi due edifici, secondo un’ordinanza dell’ufficio tecnico comunale, sarebbero dovuti essere abbattuti. Le proprietarie hanno presentato legittimo ricorso al TAR di Latina e questo ricorso è stato accolto e l’abbattimento annullato. Accolto...e perché? Incredibile a dirsi. Viviamo ormai di stenti...a crederlo. 

L’Ufficio Tecnico ha dimenticato di informare le proprietarie (scripta manent) dell’avvio del procedimento di abbattimento dei manufatti in questione!! Una “svista”, per certi versi ridicola, che è stata decisiva affinché il TAR annullasse la demolizione ed esponesse il Comune di Cori ad una severa lezione di rispetto della Legge in materia edilizia e non solo. Con beffa ulteriore....perché, come specificano i giudici nella sentenza emessa, il Comune non ha fornito una spiegazione sul “fatto in questione” non essendosi costituito nel giudizio. L’omessa notificazione della comunicazione dell’avvio del procedimento - sottolinea il TAR di Latina - non contestata dall’Amministrazione, si riflette sulla legittimità del provvedimento impugnato. L’ordine di abbattimento, alla fine dei giochi, è stato annullato e l’ente locale condannato a pagare € 2.000,00 di spese di giudizio. Per le casse comunali esangui un ulteriore danno, ma per l’affidabilità e credibilita degli addetti ai lavori, una figuraccia tragicomica. Materia per i consiglieri di opposizione fin troppo semplice da utilizzare. 

Però una pezza forse è ancora possibile. Un rammendo tardivo ma applicabile. Per quanto l’onta rimanga indelebile a futura memoria. Il Comune può ancora impedire che una “scivolata” burocratica impedisca la rimozione di abusi edilizi. Annullando l’ordine di demolizione, lo stesso TAR ha infatti specificato che viene cancellato il provvedimento contestato “fatte salve le ulteriori determinazioni da parte dell’Amministrazione”. Nulla è perduto!!! Ancora si possono far rispettare le regole che riguardano le molteplici situazioni di abuso edilizio a Cori. I casi aperti sono arcinoti. Solo che mi domando e scrivo... Può un Ufficio Tecnico porre rimedio ad un grave errore trovando il modo di annullarne gli effetti disastrosi e riportare il “fiume della legalità” nel suo alveo naturale? Chi dimostra incapacità di gestione amministrativa può improvvisamente diventare esperto del settore da un momento 
all’altro? Un incapace è per sempre? Lo scopriremo solo ..ridendo.

Scritto da Mario Trifari

Pubblicato sul numero 3 del 2020 del Il Corace

PRESCRIZIONE: COSA CAMBIA

La prescrizione è nel linguaggio giuridico l’estinzione di un diritto nel caso in cui il titolare non lo eserciti per il tempo determinato dalla legge. A valenza sia in ambito civile che penale, con la differenza che in ambito civile comporta l’estinzione di un diritto soggettivo (ad esempio la richiesta di rimborso), in ambito penale l’estinzione di un reato (ad esempio non viene più punito un furto o un abuso di ufficio). L’istituto della prescrizione non nasce in epoca moderna, non è nuovo al diritto. Già nell’Atene classica era previsto un termine di prescrizione di 5 anni per tutti i reati, ad eccezione dell’omicidio e dei reati contro le norme costituzionali, che non avevano 
termine di prescrizione. 

La prescrizione in Italia interviene quando, dal momento in cui è stato commesso il presunto reato, trascorre un numero di anni pari alla pena massima prevista per quel reato. In alcuni casi, contando eventuali sospensioni e interruzioni del processo, questo periodo può essere esteso fino alla durata massima della pena più un quarto. Passato quel periodo senza che sia stata giudicata, la persona accusata di un certo reato non è più processabile o punibile. Tutti i reati possono finire in prescrizione, tranne quelli che prevedono l’ergastolo (principalmente l’omicidio). Facciamo un esempio: rapina senza aggravanti, il codice penale prevede all’art. 628 la pena della reclusione da cinque a dieci anni. La prescrizione sarà quindi fissata a dieci anni, trascorsi i quali senza che si sia arrivati ad una sentenza definitiva, il reato si ritiene 
estinto. Quindi ad esempio, se il processo di primo grado si conclude dopo 8 anni, con condanna o assoluzione che sia, restano due anni per esperire i successivi gradi di giudizio e giungere a una sentenza definitiva. Se tale sentenza interverrà dopo tale termine, il reato sarà prescritto e pertanto non perseguibile e punibile. 

La prescrizione nasceva dunque come strumento che lo Stato poteva utilizzare quando non era più interessato a perseguire alcuni reati, nel tempo tuttavia è diventata una forma di garanzia per gli imputati contro l’eccessiva lunghezza dei processi e come un mezzo volto a ridurre gli errori giudiziari, dal momento che più passa il tempo più le indagini e i processi si fanno complicati (le prove si deteriorano, i testimoni muoiono, eccetera). Da molti, in errata lettura, viene quindi considerata come una sorte di limite oltre il quale il processo diventa ingiustamente lungo e quindi giustifica che si termini forzatamente. Si tratta pero di una lettura impropria, in quanto l’omicidio ad esempio non va in prescrizione, ma ciò non permette di considerare come giusta una durata di circa di 30 anni per tale processo. 

Ciò che è bene sottolineare che non si può fissare a priori una ragionevole durata dei 
processi, ma essa andrà valutata caso per caso. Come cambia la prescrizione con la nuova riforma Bonafede? A seguito della riforma, restano invariati i termini per la 
prescrizione, ciò che cambia è che essa interverrà solo dopo il giudizio di primo grado. In altre parole, dopo una sentenza di primo grado che prevede la condanna dell’imputato la prescrizione non opererà più. Tornando all’esempio della rapina, se il processo di primo grado dura otto anni, non si avranno più due anni ancora per giungere ad una sentenza definitiva prima che intervenga la prescrizione, ma tutto il tempo che si vuole. Nell’ottica dei riformisti ciò serve a garantire la cosiddetta “certezza della pena”, e quindi che il colpevole non venga punito per il passare del tempo, e a ridurre le lungaggine dei processi italiani, congiuntamente anche all’introduzione di termini fissati per legge in riguardo alla durata massima di ogni grado del processo. Ebbene tale riforma potrebbe nella pratica ottenere i risultati sulla carta sperati? Difficile. L’attuazione dell’art. 111 Costituzione parla di ragionevole durata del processo, ragionevole durata che deve essere valutata in relazione al caso singolo e non decisa a priori, senza tenere conto della complessità delle singole vicende e delle indagini preliminari, con un pericoloso meccanismo che depotenzia il contrasto alla criminalità più articolata e pericolosa. 

Per non parlare poi della lesione dell’art. 27 Costituzione che prevede la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, con tale riforma invece i condannati perderebbero in seguito alla sospensione della prescrizione la loro posizione di non definitiva colpevolezza fino alla sentenza definitiva. Inoltre altro principio che bisogna tener presente è il bilanciamento degli interessi in gioco: i processi hanno dei costi, e in base al principio di economicità, viene valutato anche il costo nel perseguire un reato minore a fronte del riscontro monetario dello stesso. Varrebbe 
dunque la pena sostenere l’apertura infinita di un processo per cifre irrisorie? Inoltre si è davvero esenti dal rischio prescrizione? Se la prescrizione si interrompe dopo il 
primo grado, non si corre il rischio di attuare strategie processuali atta a farla intervenire in tale giudizio al fine di scongiurare una sentenza che poi sospenderebbe tale istituto? Non si correrebbe il rischio che i processi vengano bloccati ancor prima di iniziare? In conclusione, la riforma della giustizia è qualcosa che deve essere attuata, proprio per i tempi lunghi della stessa, ma tale riforma più che dare soluzioni rischia di creare rallentamenti ancora maggiori nonché un atteggiamento superficiale della magistratura, che per non incorrere nel rischio sanzionatorio potrebbe decidere di rinviare a giudizio senza un effettivo controllo dell’esperibilità o meno dell’azione penale.

Scritto da Francesca Palleschi

Pubblicato sul numero 3 del 2020 del Il Corace

UN PARCHEGGIO COME MIRAGGIO

È di pochi giorni fa, 7 febbraio 2020, la giornata nazionale contro il Bullismo a scuola. Una giornata che ha visto coinvolti tutti i bambini di Italia e le loro scuole, coinvolti in attività di sensibilizzazione e contrasto al fenomeno, aderendo alla campagna del Miur, “un nodo blu”. Il Bullismo è un fenomeno di vecchia data purtroppo, ma l’attenzione al fenomeno e soprattutto alle conseguenze che questo può produrre in termini di benessere e sicurezza sociale, è molto recente, forse anche in conseguenza alla constatazione che negli ultimi anni i comportamenti dei così detti bulli, sono andati via via sempre più caratterizzandosi di aggressività, rabbia e soprattutto mancanza di empatia. Soprattutto sembra essersi sensibilmente abbassata la soglia di età: se in tempi meno recenti l’età media di un bullo era tra i 14 e i 16 anni, ora fenomeni allarmanti di bullismo si trovano già tra bambini di età compresa tra i 7 e gli 8 anni. È evidente dunque come, sia fondamentale oggi agire in termini preventivi, fin dalle primissime fasi dell’età evolutiva. Non dobbiamo però allarmarci troppo poiché, se da una parte è vero che il fenomeno si sta diffondendo a fasce di età precoci, è anche altrettanto vero che i bambini e i ragazzi stessi, oggi sono più consapevoli del fenomeno, delle sue caratteristiche e soprattutto delle sue conseguenze, avendo maturato, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione e prevenzione che li vedono coinvolti a livello scolastico e territoriale, maggior senso di giustizia: l’85,8% ritiene giusto riferire un comportamento di bullismo a genitori e insegnanti. Al pari dei genitori infatti, gli insegnanti hanno un ruolo cardine nella 
prevenzione e nel contrasto del Bullismo e Cyberbullismo, essendo per altro la scuola, luogo di elezione per lo sviluppo della vita affettivo-relazionale dei minori. 

La recente Legge n.71 del 29 maggio 2017, contiene tra le altre cose, anche specifiche 
indicazioni a tutela dei fenomeni di Bullismo e Cyberbullismo in contesto scolastico; tali indicazioni vedono coinvolti vari organi tra i quali spicca una figura cardine ai più meno nota: il referente scolastico per le iniziative contro il Bullismo e il Cyberbullismo, il quale, una volta individuato tra i docenti dell’Istituto scolastico, come normato, può avvalersi della collaborazione di forze esterne, quali polizia, carabinieri, psicologi o esperti del settore, per sostenere e coordinare iniziative di prevenzione e contrasto a tali fenomeni. 

Occuparsi di Bullismo e Cyberbullismo in contesto scolastico, rappresenta oggi una priorità e i programmi di prevenzione e contrasto di questi fenomeni, possono essere rivolti sia alla classe, che a gruppi di alunni, che alla scuola intera, coinvolgendo oltre agli studenti, gli insegnanti, il personale non docente e non da ultimo per importanza, i genitori. Lavorare in classe è estremamente importante, soprattutto perché consente di contrastare non solo i comportamenti, ma anche il contesto in cui il bullismo si viene a creare: il bullo crea proseliti e attorno a lui ci sono osservatori indifferenti o suoi sostenitori attivi. Per tale ragione è importante intervenire sul gruppo lavorando sulle competenze empatiche, e sulla capacità di mettersi nei panni dell’altro. Uno dei punti cardine per rendere davvero efficace il lavoro con i ragazzi passa naturalmente dal coinvolgimento delle famiglie. La cooperazione genitori-scuola, e soprattutto la continuità educativa tra scuola e famiglia, è fondamentale nell’affiancamento a tutti quei giovani che non hanno gli strumenti per affrontare da soli la problematica che li vede, o dovesse vederli, coinvolti. Tale impostazione orientata alla collaborazione e all’implementazione di sinergie, fa riferimento ad un principio che troppo spesso rischia di essere ignorato, ossia che il Bullismo non è mai un fenomeno personale, bensì sociale, dipendente cioè anche dal clima della classe, della scuola, e non da ultimo, dai valori e di principi educativi di cui il minore è portatore.

Scritto da Francesca De Rinaldis

Pubblicato sul numero 3 del 2020 del Il Corace

MA I LIBRI DOVE ANDRANNO?

“…….Quasi 300 librerie chiuse negli ultimi anni. Tutti indignati! Chi si straccia le vesti per il dolore, chi inveisce, governo ladro, chi è pronto per la rivoluzione. Come facciamo noi senza librerie? Ma poi a pensarci bene….beh un po' se la sono cercata eh….i libri a dirla tutta costano troppo e in libreria non ti fanno manco lo sconto, poi figuriamoci per me la cultura dovrebbe essere gratuita….E se la vogliamo dire proprio tutta è colpa loro se non sono stati capaci di adeguarsi ai tempi, mancano di visione, che so, almeno un angolo bar con wi-fi dove un povero cristo possa lavorare un sette/otto ore consumando un buon caffe (la qualità prima di tutto!), oppure non so, organizzando eventi culturali. Ma non di lunedì che il lunedì non ce la faccio, neanche il martedì che ho il corso di macumba, il mercoledì per carità è contro la mia religione, neppure il giovedì che porto il gatto dallo psicologo, né il venerdì che sono sconvolto di stanchezza. Il sabato forse sì, quelli senza pioggia però che soffro di reumatismi al gomito. Invece la domenica tra le 17,10 e le 18.20 sarebbe perfetto. Ecco la domenica andrei volentieri, specialmente se facessero presentazioni-con aperitivo- di qualche libro interessante, di autori à la page, ecco allora sì che andrei ad ascoltare, il libro purtroppo non potrei comprarlo, non ho più spazio sugli scaffali, leggo assai io, però un bicchiere di vino sì, ecco quello lo prenderei volentieri grazie! E invece niente, la domenica le librerie sono chiuse, e allora ditelo che non avete voglia di lavorare, che avete abdicato ad Amazon che invece mi fa gli sconti e mi porta i libri a casa il giorno dopo! Vabbè, è andata così, ma quanto mi dispiace, erano punti di aggregazione importanti le librerie e poi vuoi mettere l’odore della carta che ti accoglieva all’entrata. Un vero peccato!”

Bellissime le parole scritte da Palmira Pregnolato (Orientalia editrice), ci danno la misura del nostro vivere, del nostro tempo, del nostro divenire. Sono 2.332 le librerie che hanno chiuso i battenti in Italia negli ultimi 5 anni: un dato che fa certamente impressione e che merita di essere preso seriamente in considerazione e analizzato in profondità. La crisi del settore non riguarda solo le piccole realtà indipendenti ma anche colossi come Feltrinelli. Le ragioni per cui le librerie chiudono sono tante e variegate: anche questo fenomeno, come altri della nostra contemporaneità, va contestualizzato e non può certo essere archiviato banalmente. Viviamo in una società complessa, in rapido cambiamento e spesso soggetta a improvvise sferzate. Come altre realtà commerciali, anche le librerie subiscono inevitabilmente il successo dei portali online dove di libri se ne trovano molti di più, spesso a prezzi ridotti e con il vantaggio della consegna a domicilio nel giro di pochissimi giorni. 
Ci sono poi i dati sulla lettura in Italia che di certo non confortano: le statistiche evidenziano implacabili il disinteresse della maggior parte dei nostri concittadini nei confronti dei libri e sembrano quasi decretare la fine della letteratura, soppiantata da altre forme di narrazione più avvincenti e, guarda caso, “veloci”, come i film e le serie tv. Di converso, però, laddove alcune realtà esauriscono il loro ciclo, altre ne intraprendono uno nuovo: si tratta, sempre più spesso, di progetti innovativi e originali che sorgono dalla creatività e dalla perspicacia di chi nella cultura e nella letteratura ci crede fortemente e ci investe in tutti i sensi. Uomini e donne che decidono di spendere tempo e denaro per concretizzare un’idea, per creare uno spazio di divulgazione e di condivisione, rigenerando con intelligenza il ruolo delle librerie e infondendo nuova linfa vitale a tutto il mondo della cultura e della conoscenza.  

Pensiamo ad una realtà come La Piccola Farmacia Letteraria a Firenze: nata da un’idea di Elena Molini, in collaborazione con le psicologhe Ester Molini e di Deborah Sergiampietri, la PFL costituisce un esempio eccellente di reinvenzione del ruolo delle librerie e dei librai. I libri qui sono catalogati non per autore o per genere ma in base alle emozioni e agli stati d’animo che contengono. Ogni titolo è corredato da un bugiardino – proprio come quello dei farmaci – con tanto di indicazioni terapeutiche, posologia ed effetti collaterali: la relazione con i lettori è così altamente valorizzata e arricchita, a partire dalla convinzione che leggere non è semplicemente un atto di evasione ma può diventare una vera e propria cura per l’anima. Anche i giovani grafici e designer di Tic Edizioni hanno deciso di mettere in campo la loro idea di libreria: il Punto TIC, che ha due sedi a Roma, è uno spazio dove è possibile trovare libri ma anche non-libri. Poesie in forma di magneti, cartoline che ritraggono una Capitale decisamente insolita, le avventure di Er Cane e, da poco, anche di Er Gatto e molto altro ancora. Una sorta di wunderkammer di parole e immagini che si fanno potenti strumenti della fantasia, innescando possibilità di ulteriori creazioni e invenzioni. Siamo di fronte ad un enorme, meraviglioso cambiamento in atto: a dispetto di chi si ostina a credere che di libri possano e debbano parlare soltanto i critici letterari, possibilmente attraverso i canali tradizionali di comunicazione, o che il mestiere di libraio non abbia futuro, assistiamo (con gioia) al fiorire di profili Instagram e canali Youtube dedicati ai libri ma anche di iniziative pregevoli e assai stimolanti che riguardano la lettura, come il bookcrossing o il progetto di Ambulanza Letteraria. La realtà che ci circonda merita di essere interpretata e non sempre criticata. 

Scritto da Alessia Pieri

Pubblicato sul numero 3 del 2020 del Il Corace