giovedì 23 marzo 2017

UNITÀ E FERITE

E’ stata di questi giorni l’iniziativa della famiglia Ravizza Garibaldi di organizzare un incontro a Carano, dove si trova la tomba di Menotti Garibaldi, figlio del più noto Giuseppe, uno dei protagonisti indiscussi del processo dell’unificazione italiana.

L’occasione è stato l’anniversario dell’Unità d’Italia. 17 marzo 1861 – 17 marzo 2017, sono trascorsi 156 anni dalla nascita dello Stato italiano, ma occorre precisare che l’unità ha lasciato aperte dei problemi non ancora risolti. Intanto bisogna fare qualche precisazione non scontata: nel 1861 nasce lo Stato, ma non l’Italia, che esisteva già da secoli.
Dante Alighieri era italiano anche se ai suoi tempi non esisteva lo Stato unitario e lo stesso si può dire di altri personaggi; l’unità, soprattutto nel modo in cui è stata realizzata, risulta criticabile, “fatta male” e proprio per questo sembra aver lasciato alcune ferite. Ecco gli argomenti più dibattuti.

Sicuramente la “questione meridionale”, che ancora oggi continua drammaticamente a sanguinare. Nel periodo in questione nel Sud si è combattuta una feroce guerra civile tra italiani, frutto della volontà di imporre un sistema politico a un Regno secolare, come quello di Napoli prima e delle due Sicilie poi. Questa guerra ha lasciato tracce, consapevoli e non, che si esprimono nell’antagonismo contro lo Stato, da allora considerato come un corpo estraneo e ostile. E non basta che lo Stato riversi soldi su una popolazione, quasi volesse farsi perdonare di averla umiliata.
La questione è storica e culturale, politica ed economica.

Poi la “questione della forma del nuovo Stato”: nel 1861 venne preferito al federalismo uno Stato fortemente centralizzato sul modello francese. Nacque così l’Italia dei Prefetti, da molti definito il “vestito peggiore “ per popoli diversi, lontani, che forse avevano bisogno di una Confederazione che li tenesse insieme, senza che nessuno prevaricasse gli altri.

Lo Stato liberale e quello fascista cercarono di risolvere la questione aumentando il centralismo. Dopo il 1945 la Repubblica dei partiti ha cercato la soluzione con l’istituzione delle Regioni, che sarà attuata dopo il 1970.

Poi è storia di oggi: è nato il fenomeno leghista, che dando obiettivi politici al movimento autonomista, ha posto maggiormente la questione all’attenzione dell’opinione pubblica. Infine la “questione cattolica”, perché è fuori dubbio che il processo risorgimentale si è indirizzato esplicitamente contro la Chiesa. Cavour sosteneva “libera Chiesa in libero Stato” e il Risorgimento si concluse con la conquista militare di Roma nel 1870 e poi nella lunga contrapposizione tra il Paese reale (cattolico) e il Paese legale (dei poteri forti).

Il richiamo a problemi lasciati aperti dal processo di unificazione nazionale, senza alcuna pretesa, vuole semplicemente ricordare che la guarigione da queste ferite non tollera scorciatoie, ma è lunga e difficile, perché passa attraverso l’educazione degli uomini nel rispetto della loro libertà.

Scritto da Letizia Carpineti - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

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