Dal momento della sua
candidatura - Donald Trump, per gli appassionati di araldica Drumf -
ha portato scompiglio tra il popolo americano, in parte pronto al
cambiamento del Presidente ed in parte timoroso del nuovo corso
politico.
Tra tutti i partecipanti alla Corsa alla Casa Bianca, i due
nomi che sin da subito hanno suscitato simpatie, antipatie e
preoccupazioni per i loro programmi politici sono stati quelli di
Hillary Clinton e Donald Trump, una del Partito Democratico e l’
altro del Partito Repubblicano.
Nonostante la scarsa fiducia data a
Trump sulla possibilità di una sua riuscita, eccolo vincitore delle
elezioni! E chi l’ avrebbe mai detto…
Ma davvero era così
inaspettata l’eventualità che il suo nome fosse tra i favoriti,
prima, e dati gli esiti della campagna elettorale, della sua
vincita?! Non credo.. e per varie ragioni..
Trump ha fin da subito
basato la sua campagna politica su alcuni temi delicati ed
importanti, dato il contesto politico-economico e sociale in cui
verte attualmente l’America; e non ha mai nascosto la sua
contrarietà alle azioni dei suoi predecessori, accusandoli di non
aver incentivato l’economia interna, anzi di averla sminuita con
accordi commerciali poco incentivanti per le imprese americane,
causando perdita di posizioni di mercato e posti di lavoro, spingendo
le aziende a prediligere manodopera a basso costo, attuare
delocalizzazione e quindi permettendo ad altre potenze di
insinuarsi nelle scenario economico; e di avere permesso al
terrorismo Islamico di prendere piede nel modo che, purtroppo, tutti
conosciamo.
Vediamo nello specifico cosa ha proposto e cosa dovrebbe
portare avanti il Signor Presidente degli Stati Uniti. In genere
l’America è sempre stata in grado di influenzare, positivamente
e/o negativamente l’economia, la società e la politica degli
altri paesi del Mondo. Trump predilige una politica economica
protezionistica, vale a dire una politica atta ad limitare gli scambi
in entrata di beni e/o servizi in un Paese (importazioni), al fine di
agevolare la politica economica interna, cioè dando rilevanza alle
aziende del Paese e garantendone il loro sviluppo.
Chi è d’accordo
con la politica Trump converrà che, se il protezionismo fosse stato
applicato anche in Europa, ad esempio in Italia, non avremmo perso
aziende importanti ed avremmo salvato una notevole quantità di posti
di lavoro. Magari avremmo i nostri “cervelli migliori” al nostro
servizio.
Pur vero è che per attuare tale politica occorrono manovre
particolari e ben studiate, che tengano conto di ogni evenienza e che
sappiano far fronte ai cambiamenti contestuali che ogni Stato
cosiddetto moderno affronta periodicamente e ciclicamente, anche se
purtroppo non si riesce mai ad ottenere appieno il risultato sperato.
Non credo sia questa la sede per discuterne approfonditamente, ma ne
prendo spunto per dire che, se davvero le intenzioni di Trump sono
quelle dichiarate e se davvero riesce nel suo intento, l’America
potrà a divenire più forte che mai (citando il motto della campagna
elettorale dell’ attuale Presidente “Make America Great Again”).
Tema ben più delicato invece è quello dell’ immigrazione
clandestina. A tal proposito è necessario scindere la questione
degli immigrati provenienti dal Sud America da quelli invece
provenienti dai Paesi esteri; nel primo caso si parla di realtà
difficili, legate alla povertà ed all’assetto socio-economico, che
spingono le persone ad abbandonare la terra natia per migliorare il
loro status.
Il problema è che se ciò avviene clandestinamente, non
si ha possibilità di far valere i diritti di queste persone e,
dall’altro, non si può garantire una gestione del caso a
trecentosessanta gradi. Questo per dire che gli stessi clandestini
potrebbero incappare in situazioni lavorative apparentemente
favorevoli, che in realtà nascondono salari bassi, contratti
inesistenti ed orari di lavoro inusuali, da una parte; dall’ altra
casi di razzismo, traffici di armi, donne e sostanze stupefacenti,
oltre che fatti perseguibili per legge.
L’ arrivo di clandestini
inoltre implica costi di gestione notevoli che gravano sulle casse
dello Stato e dei cittadini, come accade in Italia. Da qui la tanto
chiacchierata idea del Presidente di portare a termine il famoso
“muro” che dovrebbe permettere la riduzione del flusso migratorio
dai Paesi Sudamericani nella zona nord dell’America, così da poter
controllare il fenomeno dell’immigrazione reale e da poter attuare
politiche ad hoc, insieme al Decreto Anti-Immigrati, firmato il 26
Gennaio. Tale Decreto, che ha come obiettivo il rimpatrio di persone
aventi fedina penale sporca ed irregolari, dovrebbe permettere la
riduzione dei clandestini di una notevole quantità; gli arresti si
sono concentrati in alcune città, tra cui Atlanta, New York e
Chicago.
Un’altra politica di Trump è il controllo dell’ingresso
in America di immigrati provenienti da alcuni degli stati islamici,
per limitare e quindi evitare, l’ingresso di cellule terroristiche
sul suolo americano, rafforzando, con ulteriori leggi, la sicurezza
interna.
Il fenomeno degli attentati e la crescente paura hanno
provocato tra la popolazione un’avversione verso la religione
islamica - Islamofobia - poiché gli usi e costumi islamici non sono
pienamente in sintonia con quelli occidentali e quindi si teme una
mancata integrazione a livello sociale. L’aggravante di questo
fenomeno è la paura. Che sia reale o percepita, la paura è lo
stato d’animo che tutto il mondo prova alla pronuncia della parola
ISIS, che erroneamente, si collega a tutte le persone di religione
islamica.
Premettendo che non tutti gli islamici sono a tal punto
estremisti da considerare giusto ciò che fanno i componenti del
sedicente stato islamico, c’è da riconoscere che la preoccupazione
è viva e costante. Le orribili esperienze accadute in Europa e nella
stessa America, nonché le vicende interne ai Paesi per antonomasia
islamici, rendono comprensibile la riluttanza all’ospitare persone
di questa religione. Ovviamente generalizzare i comportamenti non
porta mai a nulla, ma bisogna capire che in questo momento è
difficile trovare sistemi efficaci ed efficienti di controllo e
prevenzione, dato che a queste minacce di natura diretta, c’è il
problema dell’influenza filo-religiosa che queste persone attuano
attraverso i nuovi canali mediatici, scegliendo persone che
potrebbero essere interessate a determinati comportamenti, un po’
per noia, per avventura o per ingenuità.
Quindi, a mio parere, più
che vietare incondizionatamente l’ingresso a tutte le persone di
religione islamica, o di qual si voglia religione, si dovrebbe
tessere una rete politico-militare con tutti i Paesi del mondo, per
poter rintracciare in maniera adeguata gli spostamenti delle persone
che si spostano da un Paese all’altro, a prescindere dal motivo per
cui lo facciano, senza dimenticare il rispetto della libertà umana.
Detto ciò, i movimenti Anti-Trump sono evidenti e molteplici, con
ripercussioni interne ed esterne all’America stessa, come quelli
femministi, che potrebbero essere giustificati da un credo sociale
che trova limiti di applicazione morale; e politici, che trovano
giustificazione nel voler esprimere un parere diverso o semplicemente
un ordine da parte dei partiti.
Ci saranno sicuramente altri
mormorii, discussioni, problemi e fatti di rilevanza internazionale,
e mi viene in mente una riflessione: si critica molto la volontà di
Trump di costruire un muro di confine tra Stati Uniti e Sud America
lungo circa milleseicento chilometri per bloccare l’immigrazione,
che in realtà già aveva preso vita nel lontano 1990 con la
Presidenza Bush ed in seguito dalla Presidenza Clinton per agevolare
il lavoro della frontiera, dicono alcuni e per evitare invasioni
immigratorie rilevanti, dicono altri. Certo è che ci sono stati
molti morti nei tentativi di superare tale muro, come il recente
suicidio di un clandestino che stava per essere rimpatriato.
Mi pongo
delle domande e le faccio anche a voi: davvero Trump è il “mostro”
di cui si parla? Non stiamo parlando di una persona che crede nel suo
Paese e nelle sue potenzialità, al punto tale da attuare politiche
che, sebbene criticabili, potrebbero salvare le imprese statunitensi
e creare o confermare posti di lavoro? E’ sbagliato voler
assicurare agli immigrati dei diritti, purché questi siano regolari?
E’ sbagliato assicurarsi che le persone che visitano l’America,
per un breve o lungo periodo, lo facciano nel rispetto delle regole
del Paese in cui si trovano, sicuri che non farebbero del male a
nessuno? O forse… dovremmo prendere esempio da questo?
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