mercoledì 8 febbraio 2017

LE POLITCHE DI TRUMP

Dal momento della sua candidatura - Donald Trump, per gli appassionati di araldica Drumf - ha portato scompiglio tra il popolo americano, in parte pronto al cambiamento del Presidente ed in parte timoroso del nuovo corso politico.
Tra tutti i partecipanti alla Corsa alla Casa Bianca, i due nomi che sin da subito hanno suscitato simpatie, antipatie e preoccupazioni per i loro programmi politici sono stati quelli di Hillary Clinton e Donald Trump, una del Partito Democratico e l’ altro del Partito Repubblicano.

Nonostante la scarsa fiducia data a Trump sulla possibilità di una sua riuscita, eccolo vincitore delle elezioni! E chi l’ avrebbe mai detto…
Ma davvero era così inaspettata l’eventualità che il suo nome fosse tra i favoriti, prima, e dati gli esiti della campagna elettorale, della sua vincita?! Non credo.. e per varie ragioni..

Trump ha fin da subito basato la sua campagna politica su alcuni temi delicati ed importanti, dato il contesto politico-economico e sociale in cui verte attualmente l’America; e non ha mai nascosto la sua contrarietà alle azioni dei suoi predecessori, accusandoli di non aver incentivato l’economia interna, anzi di averla sminuita con accordi commerciali poco incentivanti per le imprese americane, causando perdita di posizioni di mercato e posti di lavoro, spingendo le aziende a prediligere manodopera a basso costo, attuare delocalizzazione e quindi permettendo ad altre potenze di insinuarsi nelle scenario economico; e di avere permesso al terrorismo Islamico di prendere piede nel modo che, purtroppo, tutti conosciamo.

Vediamo nello specifico cosa ha proposto e cosa dovrebbe portare avanti il Signor Presidente degli Stati Uniti. In genere l’America è sempre stata in grado di influenzare, positivamente e/o negativamente l’economia, la società e la politica degli altri paesi del Mondo. Trump predilige una politica economica protezionistica, vale a dire una politica atta ad limitare gli scambi in entrata di beni e/o servizi in un Paese (importazioni), al fine di agevolare la politica economica interna, cioè dando rilevanza alle aziende del Paese e garantendone il loro sviluppo.
Chi è d’accordo con la politica Trump converrà che, se il protezionismo fosse stato applicato anche in Europa, ad esempio in Italia, non avremmo perso aziende importanti ed avremmo salvato una notevole quantità di posti di lavoro. Magari avremmo i nostri “cervelli migliori” al nostro servizio.

Pur vero è che per attuare tale politica occorrono manovre particolari e ben studiate, che tengano conto di ogni evenienza e che sappiano far fronte ai cambiamenti contestuali che ogni Stato cosiddetto moderno affronta periodicamente e ciclicamente, anche se purtroppo non si riesce mai ad ottenere appieno il risultato sperato. Non credo sia questa la sede per discuterne approfonditamente, ma ne prendo spunto per dire che, se davvero le intenzioni di Trump sono quelle dichiarate e se davvero riesce nel suo intento, l’America potrà a divenire più forte che mai (citando il motto della campagna elettorale dell’ attuale Presidente “Make America Great Again”).

Tema ben più delicato invece è quello dell’ immigrazione clandestina. A tal proposito è necessario scindere la questione degli immigrati provenienti dal Sud America da quelli invece provenienti dai Paesi esteri; nel primo caso si parla di realtà difficili, legate alla povertà ed all’assetto socio-economico, che spingono le persone ad abbandonare la terra natia per migliorare il loro status.
Il problema è che se ciò avviene clandestinamente, non si ha possibilità di far valere i diritti di queste persone e, dall’altro, non si può garantire una gestione del caso a trecentosessanta gradi. Questo per dire che gli stessi clandestini potrebbero incappare in situazioni lavorative apparentemente favorevoli, che in realtà nascondono salari bassi, contratti inesistenti ed orari di lavoro inusuali, da una parte; dall’ altra casi di razzismo, traffici di armi, donne e sostanze stupefacenti, oltre che fatti perseguibili per legge.
L’ arrivo di clandestini inoltre implica costi di gestione notevoli che gravano sulle casse dello Stato e dei cittadini, come accade in Italia. Da qui la tanto chiacchierata idea del Presidente di portare a termine il famoso “muro” che dovrebbe permettere la riduzione del flusso migratorio dai Paesi Sudamericani nella zona nord dell’America, così da poter controllare il fenomeno dell’immigrazione reale e da poter attuare politiche ad hoc, insieme al Decreto Anti-Immigrati, firmato il 26 Gennaio. Tale Decreto, che ha come obiettivo il rimpatrio di persone aventi fedina penale sporca ed irregolari, dovrebbe permettere la riduzione dei clandestini di una notevole quantità; gli arresti si sono concentrati in alcune città, tra cui Atlanta, New York e Chicago.

Un’altra politica di Trump è il controllo dell’ingresso in America di immigrati provenienti da alcuni degli stati islamici, per limitare e quindi evitare, l’ingresso di cellule terroristiche sul suolo americano, rafforzando, con ulteriori leggi, la sicurezza interna.
Il fenomeno degli attentati e la crescente paura hanno provocato tra la popolazione un’avversione verso la religione islamica - Islamofobia - poiché gli usi e costumi islamici non sono pienamente in sintonia con quelli occidentali e quindi si teme una mancata integrazione a livello sociale. L’aggravante di questo fenomeno è la paura. Che sia reale o percepita, la paura è lo stato d’animo che tutto il mondo prova alla pronuncia della parola ISIS, che erroneamente, si collega a tutte le persone di religione islamica.
Premettendo che non tutti gli islamici sono a tal punto estremisti da considerare giusto ciò che fanno i componenti del sedicente stato islamico, c’è da riconoscere che la preoccupazione è viva e costante. Le orribili esperienze accadute in Europa e nella stessa America, nonché le vicende interne ai Paesi per antonomasia islamici, rendono comprensibile la riluttanza all’ospitare persone di questa religione. Ovviamente generalizzare i comportamenti non porta mai a nulla, ma bisogna capire che in questo momento è difficile trovare sistemi efficaci ed efficienti di controllo e prevenzione, dato che a queste minacce di natura diretta, c’è il problema dell’influenza filo-religiosa che queste persone attuano attraverso i nuovi canali mediatici, scegliendo persone che potrebbero essere interessate a determinati comportamenti, un po’ per noia, per avventura o per ingenuità.

Quindi, a mio parere, più che vietare incondizionatamente l’ingresso a tutte le persone di religione islamica, o di qual si voglia religione, si dovrebbe tessere una rete politico-militare con tutti i Paesi del mondo, per poter rintracciare in maniera adeguata gli spostamenti delle persone che si spostano da un Paese all’altro, a prescindere dal motivo per cui lo facciano, senza dimenticare il rispetto della libertà umana.
Detto ciò, i movimenti Anti-Trump sono evidenti e molteplici, con ripercussioni interne ed esterne all’America stessa, come quelli femministi, che potrebbero essere giustificati da un credo sociale che trova limiti di applicazione morale; e politici, che trovano giustificazione nel voler esprimere un parere diverso o semplicemente un ordine da parte dei partiti.
Ci saranno sicuramente altri mormorii, discussioni, problemi e fatti di rilevanza internazionale, e mi viene in mente una riflessione: si critica molto la volontà di Trump di costruire un muro di confine tra Stati Uniti e Sud America lungo circa milleseicento chilometri per bloccare l’immigrazione, che in realtà già aveva preso vita nel lontano 1990 con la Presidenza Bush ed in seguito dalla Presidenza Clinton per agevolare il lavoro della frontiera, dicono alcuni e per evitare invasioni immigratorie rilevanti, dicono altri. Certo è che ci sono stati molti morti nei tentativi di superare tale muro, come il recente suicidio di un clandestino che stava per essere rimpatriato.

Mi pongo delle domande e le faccio anche a voi: davvero Trump è il “mostro” di cui si parla? Non stiamo parlando di una persona che crede nel suo Paese e nelle sue potenzialità, al punto tale da attuare politiche che, sebbene criticabili, potrebbero salvare le imprese statunitensi e creare o confermare posti di lavoro? E’ sbagliato voler assicurare agli immigrati dei diritti, purché questi siano regolari? E’ sbagliato assicurarsi che le persone che visitano l’America, per un breve o lungo periodo, lo facciano nel rispetto delle regole del Paese in cui si trovano, sicuri che non farebbero del male a nessuno? O forse… dovremmo prendere esempio da questo?

Scritto da Eleonora Angelini - Pubblicato sul numero 2 del 2017 nel "Il Corace"

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