martedì 7 febbraio 2017

CONCORSO ''AD HOC''

Sono stati selezionati, tramite concorso indetto dalla Regione Lazio riservato a soli medici non obiettori, i due medici che prenderanno servizio al S. Camillo di Roma per garantire la piena applicazione della legge 194, in materia di interruzione volontaria della gravidanza.

“Se chi ha vinto il concorso farà obiezione nei primi sei mesi dopo l’assunzione, potrebbe rischiare il licenziamento perché sarebbe inadempiente rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato’’, sono le parole del Direttore Sanitario.
L’iniziativa della Regione Lazio è del tutto nuova ed ha suscitato diverse reazioni: chi la vorrebbe estesa alle altre regioni come garanzia della libertà di scelta della donna; chi invece la contesta per diversi motivi tra cui quello discriminatorio.

Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse indetto un concorso per soli obiettori?
Allora sì che si sarebbe trattato di discriminazione! La Ministra della Salute ha criticato tale iniziativa non ritenendo possibile “reclutare personale sanitario con contratti a tempo indeterminato chiedendo tra i requisiti l’essere non obiettore. Si tratterebbe di una modalità discriminatoria di reclutamento del personale”, in quanto per legge il medico può cambiare idea nel corso della sua carriera.
Critiche arrivano anche dal fronte della difesa della vita. In particolare la Conferenza Episcopale Italiana ritiene che “la decisione di assumere al S. Camillo di Roma medici dedicati all’interruzione di gravidanza, impedendo loro dunque l’obiezione di coscienza, snatura l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre all’aborto ma prevenirlo.
Predisporre medici appositamente a questo ruolo è un’indicazione chiara ... Con il bando non si rispetta un diritto di natura istituzionale quale è l’obiezione di coscienza.

Il Ministero della Salute ha fatto recentemente un’indagine (2015) appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente per coprire ampiamente la domanda di interruzioni volontarie di gravidanza”.
Infatti gli aborti volontari sono il 20%, le nascite il 70%, pertanto il numero dei medici non obiettori risulta adeguato alle esigenze. Il Presidente nazionale dei ginecologi cattolici ritiene che ci sia “una cultura di fondo che vuole impedire di obiettare e, ad esempio, di aiutare le donne, informandole sui traumi che seguono all’aborto”.

Il ricatto sottile è finalizzato a sanzionare la coscienza: si parla di libertà e diritto della donna, ma non si nomina mai il figlio, perché?
In fondo l’obiezione è rispetto a questo, cioè è obiezione alla soppressione di una vita. Vedremo i risvolti di questa ennesima forzatura e distorsione, fatta per garantire libertà e diritti a senso unico, della donna (?) e mai del bambino, invocata per garantire piena attuazione di una legge che è “licenza di uccidere”.

“Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano... io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente... Che la vita è sacra è ovvio: è un principio più forte ancora che ogni principio della democrazia... Io considero non reali i principi su cui in genere i progressisti fondano la loro lotta per la legalizzazione dell’aborto... che è una enorme comodità per la maggioranza... ma la maggioranza... ha sempre torto: perché il suo conformismo è sempre, per propria natura, brutalmente repressivo”.
(Pier Paolo Pasolini, 1975)

Scritto da Letizia Carpineti - Pubblicato sul numero 2 del 2017 nel "Il Corace"

Nessun commento:

Posta un commento