Sono stati selezionati,
tramite concorso indetto dalla Regione Lazio riservato a soli medici
non obiettori, i due medici che prenderanno servizio al S. Camillo di
Roma per garantire la piena applicazione della legge 194, in materia
di interruzione volontaria della gravidanza.
“Se chi ha vinto il
concorso farà obiezione nei primi sei mesi dopo l’assunzione,
potrebbe rischiare il licenziamento perché sarebbe inadempiente
rispetto al compito specifico per cui è stato chiamato’’, sono
le parole del Direttore Sanitario.
L’iniziativa della Regione Lazio
è del tutto nuova ed ha suscitato diverse reazioni: chi la vorrebbe
estesa alle altre regioni come garanzia della libertà di scelta
della donna; chi invece la contesta per diversi motivi tra cui quello
discriminatorio.
Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse
indetto un concorso per soli obiettori?
Allora sì che si sarebbe
trattato di discriminazione! La Ministra della Salute ha criticato
tale iniziativa non ritenendo possibile “reclutare personale
sanitario con contratti a tempo indeterminato chiedendo tra i
requisiti l’essere non obiettore. Si tratterebbe di una modalità
discriminatoria di reclutamento del personale”, in quanto per legge
il medico può cambiare idea nel corso della sua carriera.
Critiche
arrivano anche dal fronte della difesa della vita. In particolare la
Conferenza Episcopale Italiana ritiene che “la decisione di
assumere al S. Camillo di Roma medici dedicati all’interruzione di
gravidanza, impedendo loro dunque l’obiezione di coscienza, snatura
l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre
all’aborto ma prevenirlo.
Predisporre medici appositamente a questo
ruolo è un’indicazione chiara ... Con il bando non si rispetta un
diritto di natura istituzionale quale è l’obiezione di coscienza.
Il Ministero della Salute ha fatto recentemente un’indagine (2015)
appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente
per coprire ampiamente la domanda di interruzioni volontarie di
gravidanza”.
Infatti gli aborti volontari sono il 20%, le nascite
il 70%, pertanto il numero dei medici non obiettori risulta adeguato
alle esigenze. Il Presidente nazionale dei ginecologi cattolici
ritiene che ci sia “una cultura di fondo che vuole impedire di
obiettare e, ad esempio, di aiutare le donne, informandole sui traumi
che seguono all’aborto”.
Il ricatto sottile è finalizzato a
sanzionare la coscienza: si parla di libertà e diritto della donna,
ma non si nomina mai il figlio, perché?
In fondo l’obiezione è
rispetto a questo, cioè è obiezione alla soppressione di una vita.
Vedremo i risvolti di questa ennesima forzatura e distorsione, fatta
per garantire libertà e diritti a senso unico, della donna (?) e
mai del bambino, invocata per garantire piena attuazione di una legge
che è “licenza di uccidere”.
“Sono traumatizzato dalla
legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una
legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento
quotidiano... io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione
nelle acque materne: so che là io ero esistente... Che la vita è
sacra è ovvio: è un principio più forte ancora che ogni principio
della democrazia... Io considero non reali i principi su cui in
genere i progressisti fondano la loro lotta per la legalizzazione
dell’aborto... che è una enorme comodità per la maggioranza... ma
la maggioranza... ha sempre torto: perché il suo conformismo è
sempre, per propria natura, brutalmente repressivo”.
(Pier Paolo
Pasolini, 1975)
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