lunedì 5 febbraio 2018

I NUOVI RAPPORTI SOCIALI

Le potenzialità della tecnologia sono note, e la vita quotidiana di ogni utente radicata nelle relazioni sociali, ha modificato la sua ragion d’essere. Il rapporto tra le persone e internet o più comunemente con i Social Network ha nettamente alterato le abitudini degli utenti, portandoli ad una febbre Social che fa connettere 6 italiani su 10. L’ISTAT ha rivelato il rapporto tra le famiglie italiane e le nuove tecnologie, ammettendo che sono collegate quotidianamente al web 15 milioni e 138 mila nuclei familiari. I Social Network restano in vetta alla classifica, mostrando una presenza di utenti altissima.
C’è un però: l’uso indiscriminato di Internet ha risvolti negativi per le nuove generazioni con annessa perdita della memoria culturale. La verità è che per molti utenti, Internet è una fonte di svago e di distrazione, che li allontana dalla vita comune e dalle relazioni sociali, sostituite da quelle virtuali.

Non più ricerche con manuali ed enciclopedie che producevano effetti benefici sulla memoria e sulla cultura, ma ricerche copiate e incollate da internet che non fanno altro che degenerare il quoziente intellettivo, rendendo tutto più disponibile, semplice e intuitivo. Non più giochi nel cortile di casa con gli amici del paese, ma giochi in virtuale con sfide anche tra chi abita a due metri di distanza. Non più inseguimenti dell’amata/amato nel locale che frequenta con la speranza di trovarla/a, ma contatti Facebook, che rendono più semplice l’approccio e il corteggiamento. L’amore ai tempi di internet è meno personale e intimo e l’idea di identità viene oscurata da un’icona che identifica l’utente. Il timido ha più possibilità di approcciarsi attraverso il Social, ma limita la possibilità di migliorare le sue potenzialità perché nascosto dietro al monitor del pc è meno capace di relazionarsi nel mondo reale. Non più curriculum portati a mano bussando alla porta dell’agenzia, ma invii random spersonalizzanti. La comunicazione tradizionale del faccia a faccia è stata sostituita da metodi più semplici e intuitivi, ma superficiali e opposte al senso comune di identità sociale.

Internet è un modo per crearsi una seconda identità, ma allo stesso tempo uno strumento che non ci fa individuare punti di riferimenti condivisi come le piazze, il bar, la piazzetta del vicinato, la casa dell’amico dei giochi, ma un nuovo luogo di ritrovo mediatico che limita fortemente la personalità. E’ vero che Internet e i Social ci aiutano a trovare persone che non si trovano da tempo e a stringere nuovi legami, ma il cyberspazio è una realtà virtuale, non reale. Non dimenticatelo.

Scritto da Valentina Borro - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

ELEZIONI: A CORI IN PISTA TOMMASO CONTI PER LA CAMERA E RENZO DOLCI PER LE REGIONALI

Scriviamo mentre la bolgia per le candidature è alle sue ultime battute in un clima che, con tutta la buona volontà, è da “comiche finali”. Peccato che i fuochi artificiali, che da tutte le parti politiche stanno illuminando in un finale pirotecnico il grigio cielo elettorale, sono tutt’altro che divertenti per un elettorato già da tempo disaffezionato ai Partiti e che in questa corsa al seggio vede confermato le ragioni del proprio distacco. Quando leggerete questa nota i giochi saranno fatti e la campagna elettorale in pieno svolgimento, ma un vincitore, riconosciuto già ci stà, ed è il partito dell’astensione.
Una campagna elettorale che a dire di tutti gli opinionisti, ma proprio tutti, per scarsità di contenuti, per scorrettezza di confronto, e per le modalità con le quali le liste sono state compilate, si presenta di una mediocrità assoluta e c’è da chiedersi, appellandosi semplicemente al buonsenso, con quale coraggio i leader, o presunti tali, dei partiti lanciano appelli contro l’astensionismo se poi danno prova quotidiana di quanto la politica, nelle sue pratiche, ancora una volta abbia dimostrato di essere distante e scollata dai problemi reali della Nazione. Una pioggia, anzi un’ alluvione di promesse, è piovuta sulla testa dei cittadini che ormai non credono più a nulla; anche perché la dimensione delle promesse è talmente inverosimile. I sondaggi disegnano un futuro incerto, con maggioranze improbabili, se non impossibili, e sembra che, mettendo le cose in fila, alla fine si andrà, in assenza di maggioranze, a quello che viene definito “un governo del presidente”. Espressione costituzionalmente opaca perché tutti i governi sono del Capo dello Stato, ma in questo caso si intende un governo di emergenza, accettato da un’ampia maggioranza, di durata media per poi andare a nuove elezioni possibilmente con una legge elettorale degna di questo nome. A questa ipotesi stanno lavorando dietro le quinte Renzi e Berlusconi che punterebbero al prosieguo dell’esecutivo Gentiloni, con accorgimenti di ministeri e mettendo nel conto una probabile ma non sicura opposizione delle ali estreme del centro destra (Fratelli d’Italia e Lega) e della sinistra (Liberi e Uguali). Ipotesi questa che anche D’Alema, nel suo noto realismo politico, al limite del cinismo, ha preso in considerazione. Sempre che il centro destra, tenuto insieme da una alleanza solida come la gelatina della Simmenthal, non faccia cappotto e riesca a superate quel 40% che dovrebbe farlo governare.
Condizionale d’obbligo perché con una coalizione divisa su tutto vincere è un discorso, governare è cosa ben diversa. Soprattutto con una destra neofascista ed una Lega lepeniana e populista che agita lo spettro della paura e ritorna a parlare di razza bianca, sovranismo, etc.. In zona PD si va verso la débâcle con un PD incollato ad un 24% forse 25, cioè stessa percentuale raggiunta con la segreteria Bersani, ed una coalizione che si ferma al 27%. L’ultima direzione, quella di venerdì notte, si è conclusa all’alba con la rottura con la minoranza interna.

Regionali: nel Lazio una destra litigiosa ha puntato su Parisi che dopo aver perso a Milano contro Sala, si accinge a perdere nella nostra Regione contro Zingaretti, che si avvale dell’appoggio anche di “Liberi e Uguali” e della lista “Centro Solidale per Zingaretti”. Una candidatura strana quella di Parisi, che sembra fatta apposta per bruciarlo definitivamente, considerato anche che Pirozzi, che resta candidato, può drenare voti dagli scontenti. Abbiamo provato, in modo sintetico, ad esporvi il quadro dello situazione. Ma ora preoccupiamoci di Cori.
Qui abbiamo due candidature importanti: L’ex sindaco Tommaso Conti, da tempo uscito dal PD ed in quota “Liberi e Uguali” è ufficialmente candidato alla Camera dei Deputati: in campo mette la sua esperienza, e una indiscussa stima di cui gode nella comunità. L’uomo ha carattere, carisma e soprattutto tanta passione che di questi tempi è merce rara. Una candidatura che non farà piacere certo al PD locale, in questi mesi completamente assente dal territorio, con iniziative politiche pari allo zero ed un gruppo dirigente più o meno anonimo.
Altro candidato di punta Renzo Dolci, democristiano doc con appartenenza mai rinnegata, che scende in campo con “Centro Solidale per Zingaretti”. Le alchimie della politica portano anche a convergenze non previste. E in questo caso la convergenza tra Tommaso Conti e Renzo Dolci di fatto c’è tutta perché “Liberi e Uguali” nel Lazio sostiene, con accordo con il PD, il Governatore uscente. E la lista di Dolci converge anch’essa su Zingaretti.

Ma questa candidatura riapre anche un campo: quello del centro non renziano corese, che alcuni fuoriusciti dall’orbita dichiaravano morto e sepolto: fuoriusciti che ora si godono il meritato oblio dalla scena politica e che avevano espresso un giudizio affrettato, forse incauto. Quell’area politica semplicemente alle ultime elezioni ha deciso di non schierarsi, ma di certo non ha deciso di assentarsi sul piano politico dando anche prova, nel sostegno a qualche candidatura ritenuta valida, di un consistente bacino elettorale. Due candidature delle quali sarà difficile non tenerne conto. Tommaso Conti e Renzo Dolci sono due protagonisti della comunità corese: persone che incontri ogni giorno, che vivono sul territorio, con le quali parli, comunichi, discuti e polemizzi se necessario. Ma stanno qui. Candidati Doc. Un cittadino corese cosa preferisce: un candidato paracadutato, catapultato da Latina che viene qui ogni tanto per fare passerella o uno conosciuto che sta “écchi”? Ecco perché questi due nomi potrebbero spaventare. Perché Conti e Dolci non hanno neanche bisogno di fare appelli: loro stanno a Cori. Gli altri no. E vi sembra poco?

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

PROLOCO ENTE PROMOTORE O CONCORRENTE?

Come anticipato nella Campagna Elettorale delle ultime amministrative dove in caso di una nostra vittoria avremmo dato atto ad una totale revisione dei rapporti tra Amministrazione ed Associazioni operanti nel nostro Comune, oggi da forza di opposizione non intendiamo venire meno a questa nostro punto programmatico. Quindi iniziamo questo percorso da quella che riteniamo sia l’associazione più importante del territorio perché dovrebbe rivestire un ruolo non indifferente quale la promozione ed il coordinamento di tutte quelle attività culturali, dal rilancio turistico, alla valorizzazione dei prodotti tipici ma soprattutto farsi promotore per curare il rapporto con le altre associazioni operanti nel Comune di Cori, la PRO LOCO.

Tutte le Pro Loco o quasi nascono per ovviare al bisogno di cittadini ed operatori turistici di avere uno strumento valido per tutelare e possibilmente migliorare la qualità della vita, difendendo e valorizzando il patrimonio culturale, ambientale e storico del paese, innescando un meccanismo di potenziamento delle attività legate al turismo, all’enogastronomia, all’artigianato locale e alle tradizioni popolari, oltre che alla tutela e la salvaguardia del patrimonio storico, artistico, architettonico ed ambientale.
Fin qui tutto bene, il problema è che a Cori, come al solito si rischia di portare tutto sul “PIANO POLITICO”. Si tende a centralizzare troppo sulla politica qualsiasi gestione del territorio, anche quando questo rischia di esasperare gli animi venendo poi meno a quello che è il principale scopo di un “Ente” o Associazione, tendenza questa che porta poi ad una scarsa risposta di quelle che sono le forze sociali e culturali del Paese e che in alcune manifestazioni, creano un problema di coesione e collaborazione per la buona riuscita delle attività stesse. A Cori, in parole povere, si cerca di accentrare troppo su persone amiche o vicine all’amministrazione comunale a discapito di chi non è allineato politicamente. Faccio degli esempi e pongo delle domande a voi cittadini che guardate da fuori.

  • Vi sembra possibile che l’attuale Presidente della Pro Loco, possa ricoprire anche cariche di Presidente di altre associazioni Culturali che operano sul territorio Corese?
  • Non vi sembra che possa esserci una qualche incompatibilità o conflitto d’interessi, con il ruolo che ricopre nella Pro Loco?
  • Potrebbe in qualche modo favorire le associazioni di cui è stato Presidente o lo è ancora di fatto, promuovendo gli eventi organizzati da queste a discapito di altre?
  • Non vi sembra inoltre inopportuno che alcuni Assessori, come gli attuali Simonetta Imperia (Bilancio) e Paolo Fantini (Cultura) facciano parte del direttivo o ricoprano cariche all’interno della stessa Pro Loco?
Credo che anche in questo caso ci siano delle incompatibilità o dei conflitti che devono essere sanati al più presto, per il bene dell’ASSOCIAZIONE. Evitando così quel coinvolgimento “POLITICO” di cui parlavo prima. Evitando di colorare troppo l’Associazione. Anche perché qualcuno delle altre Associazioni potrebbe pensare male e farsi venire dei dubbi. Abbiamo cercato nel sito della Pro Loco, lo statuto di cui non c’è traccia infatti ne abbiamo richiesta ed ottenuto una copia dagli uffici comunali. E se nel caso qualcuno volesse diventare socio della Pro Loco e capire quali sono le regole per farlo, cosa deve fare?
Ci chiediamo per esempio se esiste un programmazione per sviluppare le attività Culturali o se si và a braccio, se si vive alla giornata, puntando soltanto su alcune manifestazioni, giriamo la domanda l’attuale Assessore alla Cultura. Ci chiediamo se c’è trasparenza nella gestione dei Bilanci della Pro Loco e dopo tutto incominciamo a dubitare su chi sia il vero Assessore alla Cultura del Comune di Cori, Paolo Fantini appunto, oppure Tommaso Ducci? Inoltre ci giungono notizie anche di rapporti non troppo idilliaci con i produttori di vino locali? Perché è successo qualcosa durante l’ultima manifestazione “Cori Vini nei Cuori 2”? E cogliamo l’attimo, come si dice prendendo proprio ad esempio questa manifestazione, una delle ultime organizzate e finanziate dalla Regione e dal Comune con ben 33.400 euro Det. N. 91 del 23/01/18 dove le “Associazioni vicine” al Presidente della Pro Loco T. Ducci e di cui fa parte anche qualche Consigliere con delega che siede nei banchi della maggioranza hanno preso ben quasi 5.000 euro ( Ass. Tres Lusores 600 euro e Ass. Festival della Collina 4.147 euro).
Ci risulta inoltre che l’Associazione Festival della Collina occupi alcuni spazi con del materiale (materassi e suppellettili) all’interno del Museo, li occupa a titolo gratuito oppure paga un regolare affitto? Continueremo a vigilare sulle attività della Pro Loco, e chiediamo che vengano risolte queste che secondo noi sono delle incongruenze, in modo di evitare qualsiasi coinvolgimento politico dell’associazione, perché crediamo che così facendo avrà una vita breve. Auspichiamo quindi un cambio di rotta sperando che l’associazione torni ad operare per il bene della COMUNITA’ in modo che la popolazione la possa identificare come punto di riferimento sociale e culturale da tutelare e non uno strumento politico per creare il solito consenso elettorale per qualcuno.

Scritto dal Capogruppo di minoranza Angelo Sorcecchi - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

CONTRASTO AL DISSESTO IDROGEOLOGICO

Il dissesto idrogeologico rappresenta un’urgenza divenuta emergenza, su cui noi oggi lavoriamo nella consapevolezza di essere di fronte, quando parliamo di messa in sicurezza, a un dovere morale prima ancora che politico e istituzionale.
Il Comune di Cori è stato inserito nella graduatoria definitiva dei progetti finanziabili e attinenti al dissesto gravitativo, graduatoria Direzione Regionale Risorse Idriche e Difesa del Suolo - Area Difesa del Suolo e Consorzi di Irrigazione, per un progetto che punta a mitigare il pericolo di frane del versante sottostante via delle Rimesse e via Ninfina, al quale è stato accordato uno stanziamento di 4 milioni e mezzo di euro nell’ambito del programma POR-FESR 2014-2020. La comunicazione ufficiale dalla Pisana è arrivata pochi giorni fa. “La Regione Lazio ha riconosciuto la fattibilità delle nostre idee per il paese – spiegano il Sindaco di Cori, Mauro De Lillis, e l’Assessore ai Lavori Pubblici, Ennio Afilani – in questo caso usufruiremo di risorse importanti da investire in un settore chiave come il contrasto al dissesto idrogeologico, compiendo un altro passo verso la realizzazione di interventi fondamentali per la sicurezza del nostro territorio”.

Si tratta di un lavoro corposo e impegnativo, molto atteso dalla popolazione che abita le zone interessate. Un intervento che andrà a rispondere alle legittime esigenze di sicurezza dei cittadini. Le criticità geologiche e geomorfologiche della zona soprastante una delle sponde del Fosso della Catena rendono necessario il consolidamento strutturale dell’intera area, ma anche e soprattutto la bonifica dei movimenti franosi diffusi che la rendono particolarmente sensibile, perché pronti a riattivarsi nelle situazioni di intensa piovosità. Si interverrà con ancoraggi, palizzate, tecniche ed opere di ingegneria naturalistica che possano contenere gli smottamenti del terreno, ma si tratterà anche di captare, drenare e convogliare adeguatamente le acque meteoriche. A tutto questo, seguirà un’operazione di recupero ambientale e di rinverdimento con la piantumazione di essenze vegetali autoctone. Non dimentichiamo che viviamo in un Paese “fragile” dal punto di vista della difesa del suolo: quello del dissesto idrogeologico è un problema che in Italia produce numeri importanti e che ha interessato e interessa vari territori della nostra stessa provincia.
L’obiettivo principe è, dunque, la prevenzione e, accanto ad essa, la rimozione delle situazioni di rischio. Con il cospicuo finanziamento ottenuto dalla Regione potremo compiere un passo decisivo in tal senso e portare a termine un’operazione rilevante e concreta diretta alla tutela e alla conservazione del territorio, che consideriamo di primaria importanza e su cui continueremo a mantenere alta l’attenzione. Vogliamo, però, fare di più. Cercheremo, infatti, di porre in essere un intervento di carattere più ampio, che metta sì in sicurezza l’intera area, ma che sia anche funzionale in termini di riqualificazione del centro storico. Pensiamo, ad esempio, alla realizzazione di un percorso che dalla torre sillana di piazza della Croce arrivi fino alla zona delle vecchie Acli e di piazza Ninfina con delle arterie di accesso al centro storico che consentano ai coresi e ai visitatori di inoltrarsi agevolmente in alcune parti del centro abitato di Cori valle magari finora meno battute ma che meritano invece di essere riscoperte e apprezzate da chi ancora non le conosce.

Scritto dal Capogruppo di maggioranza Elisa Massotti - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

CHE SUCCEDE?

Innanzitutto vogliamo rassicurare qualche lettore e lettrice che noi, collaboratori del Corace, siamo tutti felici, qualche volta esprimiamo opinioni e giudizi su fatti e circostanze poco graditi, fa parte del gioco.
In questi giorni abbiano appreso di denunce e di indagati su questioni di natura urbanistica, una lottizzazione in una cava dismessa e la vicenda cosiddetta EUROSPIN. Con ogni probabilità si indagherà anche su altre vicende urbanistiche e potrebbero essere accertati ulteriori abusi edilizi.

Per quanto ci riguarda lo abbiano sempre detto. Il Sindaco, sul problema dell'abusivismo edilizio, ha sempre minimizzato. Prima delle elezioni ad una nostra precisa domanda rispose "...Quanto all'abusivismo edilizio: non vediamo il particolare allarme dell'abusivismo edilizio a Cori, anzi, tale fenomeno nel nostro paese è puramente casuale e accidentale. Di tratta di alcuni episodi non allarmanti dal punto di vista politico e urbanistico, bensì legati a vicende di carattere burocratico".

Sarà davvero così? Prima che sia troppo tardi rinnoviamo l'invito a verificare la regolarità dei rimborsi carburante, sulla sparizione di un personal computer recentemente acquistato e su altre questioni da tempo evidenziate. Un altro aspetto a dir poco singolare è il ritardo per l'assegnazione dei lavori per il completamento della piscina comunale (vorremmo conoscere il costo complessivo per la funzionalità della piscina). A suo tempo scrivemmo che dal Palazzo filtravano voci riguardanti l'esecuzione dei lavori, chi gradirebbe una ditta di Lariano, chi invece una ditta di Frosinone. È questo il motivo del ritardo?

Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

UN LIBRO, UNA CANZONE, UN FILM E ALTRE STORIE

Caro lettore, dò il via ad una rubrica che mensilmente troverai su queste pagine. Ti parlerò di libri, canzoni, film, di vicende che magari non conosci e da cui puoi prendere spunto per impiegare il tuo tempo e imparare cose nuove.
Sono sicuro che nelle pagine di un libro, nelle note di una canzone o nelle immagini di un film, ci troverai dentro un qualcosa di te, della tua vita. Di solito funziona così. In questi anni zero c’è bisogno che ognuno di noi ricominci ad immaginare, a sognare; perché no! Di tempo per stare con i piedi per terra ne abbiamo fin troppo. Dobbiamo imparare a circondarci di cose belle: viaggiare, amare, desiderare, nuotare, ridere, ascoltare, piangere... E poi ricominciare da capo, ed ancora per tutte le volte che ne abbiamo bisogno. Hai letto bene. Persino piangere può essere una cosa bella, possiamo imparare a risorgere e riprenderci il nostro piccolo posto nel mondo; perché è proprio qui, in questo momento, che bisogna stare. Perché contrariamente a quello che ci vogliono far credere - sarà proprio la bellezza che ci salverà, tutti quanti.

Per questa prima volta voglio partire da un libro che ho letto recentemente, un romanzo sulla strada: A Dime a Dozen, di Stefano Marelli. Nel 1922, Hadley Richardson - famosa per la sua sbadataggine e per essere stata la prima moglie di Ernest Hemingway - dimenticò su di un taxi una valigetta contenente tutto ciò che suo marito (all’epoca ancora un giovane aspirante romanziere) aveva scritto fino a quel momento. Tutto andò perduto e di quei manoscritti non se ne seppe più nulla. La giovane donna raccontò che la valigetta le venne rubata appena arrivata alla stazione. L’accaduto gettò nello sconforto più totale il giovane Ernest, che in un primo momento pensò addirittura di abbandonare per sempre la sua passione per la scrittura; anche se poi sappiamo tutti come è andata. Questo episodio realmente accaduto fa da sfondo al racconto di Marelli, un romanzo on the road sui passi di Miller e il suo amore sfrenato per la letteratura di Hemingway: amore tramandatogli da suo padre, un soldato americano giunto in Italia per via della guerra. Il Montana, la Lombardia degli anni ‘60, la Parigi degli anni ‘20 e il deserto tunisino sono i luoghi di Miller e della sua famiglia, i luoghi nei quali le pagine del romanzo prendono vita e portano il lettore ad immaginarsi in quei momenti e in quei luoghi. Buona lettura! A Dime a Dozen, di Stefano Marelli – Rubettino Editore, 2016

Scritto da Tommaso Guernacci - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

UOMINI SENZA

Nel poco tempo libero che ho mi dedico ad aiutare famiglie che devono tirare a campare (e spesso, inspiegabilmente, ce la fanno) con quattro miseri soldi in croce, raggranellati attraverso lavori a singhiozzo, aiuti sociali e qualche gesto di carità. E mi si è dischiuso davanti un mondo che vi voglio raccontare. Premesso che uso poco e mal volentieri la parola ‘povertà’ (infatti eviterò di farlo anche questa volta), vorrei specificare che non sto parlando dei working poors (che possono contare su un’occupazione, magari parziale, magari sottopagata) né di quelli che perdono progressivamente benessere.
Parlo di coloro che hanno perso il lavoro o non lo hanno avuto per molto tempo. E che oggi lo cercano. Una nazione nella nazione di donne e uomini che sudano fatica di vivere. In silenzio. Pochi tra loro sanno come cercare un lavoro. Sì, perché un metodo per la ricerca del lavoro c’è e dà i suoi frutti, se applicato. Quello che mi sorprende, semmai, è che anche quelli che lavorano per far trovare lavoro agli altri non sappiano cosa fare. E, peggio ancora, alcuni di loro non ci credono più.

Se cominciamo a studiare la rivoluzione che ha travolto il nostro mondo della ricerca del lavoro, ci accorgiamo di ciò che di diverso c’è, oltre il numero, apparentemente costante, di 23 milioni di occupati. In 10 anni sono cambiati i lavori, le forme e i livelli di retribuzione. Tutto un altro paese che lavora. Udite udite. Servono sempre meno operai nelle manifatture (-400.000) e non ce ne facciamo più nulla di molti operai edili (se muoiono le imprese edili diventano inutili anche 500.000 loro lavoratori). Aggiungiamo 200.000 dipendenti pubblici e dell’esercito e superiamo di slancio il milione di persone che in 10 anni non lavora più. Scompaiono dei lavori. E’ un fatto, è sempre stato così ma oggi è tutto così veloce…
Se non hai una specializzazione sembri non interessare più al mondo del lavoro. Operai generici, senza qualifiche. Impiegati generici, senza specializzazioni. Addetti senza preparazione specifica. Lavoratori che non conoscono altre lingue. Uomini e donne senza: non vi vuole più nessuno. Cercate pure quello che non c’è più, fino a quando non vi vinceranno lo sconforto, il senso di fallimento e quell’energia che oggi giorno si assottiglia. Un destino che non è soltanto dei ‘senza’, credete.

Nel 2011 scrivevo che sarebbero scomparsi decine di migliaia di bancari. Non a causa della crisi ma approfittando della crisi, perché il modello economico adottato dalle nostre banche non era sostenibile. Avrei voluto scriverlo io - al posto dell’Economist - quel titolo di articolo che recitava: “In Italia ci sono più banche che pizzerie!”. Cambia il modello economico, molte persone non lavorano più. E non sanno perché.
Vince il cellulare con tutte le sue funzioni. Lo stringiamo tra le mani e non capiamo quanto determini indirettamente la mancanza di lavoro di altre persone che conosciamo e che magari confortiamo attraverso quello stesso telefono. Ci sono lavori che, per adesso, tirano. Un po’ di cuochi, qualche addetto alla ristorazione (potete immaginare quanto pagati) ma soprattutto molti operatori socio sanitari, il vero boom atteso di un paese che statisticamente invecchia. Ci sono infine lavori ‘sicuri’. Credetemi, ad oggi veramente sicuri. Hanno nomi inglesi, naturalmente, sconosciuti ai più: data scientist, blockchain expert, chief digital expert tra gli altri: non più una nicchia ma molto materiale umano indispensabile per assecondare e potenziare le evoluzioni tecnologiche. Serve qualcuno che sappia farsene qualcosa dei big data, di tutte le informazioni, cioè, che ognuno di noi sparge sul web, qualcuno che lavori sulla tecnologia sottostante le criptovalute (blockchain) e qualcuno che traghetti le imprese nell’inevitabile processo di trasformazione digitale. E poi chi si occupa di sicurezza informatica (cybersecurity expert), chi costruisce business digitali…
Merce preziosa per la quale si è disposti a pagare molto. Cambiano i lavori, cambiano le forme contrattuali, ovviamente. Meno lavoratori indipendenti e anche meno dipendenti, perché sono sempre più i lavoratori ‘a termine’ e il termine si accorcia, nel tempo, tra l’altro. Impazza la gig economy, “l’economia dei lavoretti”, tradurrebbe qualcuno. E il diritto del lavoro insegue il mondo dei lavori opachi che spuntano come funghi. E non ce la fa a star dietro a questo mondo di bassi salari che corre veloce.

Io non ho una ricetta, vedo quello che vedete voi. Sento invocare il rilancio dei nostri tesori sommersi, tra i quali il turismo e l’agroalimentare. Protetti e rilanciati dalle nuove tecnologie, ovviamente. Una ricetta non ce l’ho ma, quando guardo le persone che incontro, sento che non sono poi così inutili. Certo conviene smettere di cercare in loro ‘quello che manca’ e provare a ripartire dai talenti che hanno, spesso importanti. Sento dire di molti adulti ‘fragili’ che non hanno risorse (chi frequenta il sociale incontra quotidianamente questa espressione): credo invece che, presi al ritmo a cui andiamo, non siamo più capaci di indossare gli occhiali che ci fanno vedere quello che sanno e che possono fare gli altri, magari sopperendo al talento con maggior metodo e costanza. Non più ‘quelli che sono fuori’, non più ‘uomini senza’ ma ‘uomini con’.

Scritto da Antonio Cajelli - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

BABYGANG: ALLARME SOCIALE

Da tempo si assiste ad una escalation di criminalità ad opera di babygang con una crescente violenza tale da essere diventata ormai un vero e proprio allarme sociale. Inutile ricordare gli episodi che hanno avuto come protagonista in questi giorni sempre la stessa babygang di Napoli, ma le modalità utilizzate da questi ragazzi per commettere violenze e crimini di ogni genere fanno sorgere comunque la domanda su cosa scatti nelle menti di un giovane nel momento in cui si trova a far parte di un gruppo sociale il cui unico scopo è quello di delinquere.

Nel tentativo di dare una spiegazione razionale a tale fenomeno, psicologi, giuristi, educatori sociali sono partiti da una direttrice comune ovvero la crisi generazionale e l’adolescenza. L’adolescenza rappresenta sicuramente una delle fasi della vita maggiormente delicate, durante la quale qualsiasi evento può lasciare un segno indelebile. L’adolescente che commette un reato sperimenta nei fatti il superamento del limite rappresentato in questo specifico caso dalla Norma, dalla Legge, che tutta la comunità a cui lui stesso appartiene rispetta in forma convenzionale. È molto complicato descrivere le dinamiche e le cause alla base di un comportamento deviante, quale il reato. In linea generale è possibile affermare che in frequenti casi alla base della delinquenza minorile si trovano contesti socio-culturali abbastanza carenti e deficitari, spesso aggravati da situazioni familiari di disagio o insufficiente investimento educativo. Certamente, i motivi per il quale un minore diventa autore di reato non sono rintracciabili soltanto nel suo contesto di appartenenza, ma anche in predisposizioni caratteriali che trasformano la sperimentazione di sé e dei limiti imposti dall’adulto e dalla comunità all’estremizzazione.
Nel caso di specie, ovvero Napoli è illuminante anche quanto riportato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Napoli ovvero: “Purtroppo c’è una condizione dei giovani che vivono nella città di Napoli e che vivono nell’hinterland che è molto grave in taluni quartieri sono totalmente abbandonati, ci sono pochi servizi sociali. La città di Napoli ancora ancora ha una sua organizzazione dei servizi sociali, pur nelle gravi carenze che registra, ma la periferia e soprattutto i comuni limitrofi sono in situazione ancora molto più grave.” Per de Luzenberger i problemi sono “certamente famiglie di livello culturale molto basso, ragazzi che frequentano poco la scuola e un alta densità criminale perché poi, ovviamente, la delinquenza minorile in qualche modo è collegata alla delinquenza degli adulti, cioè ci sono quartieri dove i ragazzi crescono assistendo quotidianamente ad attività illegali, attività di spaccio o quant’altro o addirittura queste attività si svolgono anche in casa e quindi i ragazzi crescono in questa realtà e non hanno riferimenti diversi perché non ci sono centri di aggregazione, non ci sono appunto servizi sociali, manca tutto in realtà”.

Allargando però il discorso ad un contesto più generale non può non riconoscersi che oggi si cresce sicuramente più in fretta, bruciando le tappe e rivelando una personalità più fragile. Come mai? Spesso, i contesti familiari nei quali si ritrovano i ragazzi, sono altamente problematici e sono la causa di un disagio generazionale sempre più diffuso. Si apre uno scenario fatto di conflitti, separazioni, divorzi, composto da famiglie con situazioni sociali gravi, con scarsità di mezzi economici e culturali ma, anche da famiglie “normali”, economicamente agiate.
I “bulli” quindi, possono essere loro stessi vittime di stili di vita in cui prevalgono educazioni violente e autoritarie, frutto di contesti sociali deviati ma, anche giovani di “buona famiglia”, annoiati, lasciati soli, con figure genitoriali mancanti, che spesso compensano la loro latitanza con il benessere o con un atteggiamento iperprotettivo e giustificativo. A questo, possiamo aggiungere l’influenza della società dei consumi e dell’immagine, che, attraverso modelli aggressivi, dalla condotta spesso criminale, contribuiscono ad abbassare nei giovani la percezione della soglia della legalità, fornendo un esempio di leader prevaricante e violento. In questa desertificazione di valori e di falsi miti, i giovani si ritrovano senza confini che indichino loro dove fermarsi, senza avere dei “paletti” che li aiutino a delimitare il campo di gioco della crescita e dell’affermazione individuale. L’adolescente lasciato solo, trova nella “gang”, sia un senso di appartenenza e di affiliazione che non trova altrove, sia una perdita dell’individualità, permettendogli di sviluppare una sorta di copertura che lo fa sentire meno responsabile nelle azioni. Il disagio sociale e la solitudine esistenziale che avvolgono l’adolescente, diventano quindi, terreno fertile per lo sviluppo di comportamenti disadattivi tipo il bullismo, fino ad arrivare alla vera e propria “devianza sociale” che porta il minore a compiere reati.

Cosa fare allora? Sarebbe auspicabile da parte degli adulti, compiere una vera e propria azione di prevenzione attraverso i maggiori punti di riferimento dei ragazzi, tra cui la famiglia in primo luogo, la scuola, la tv, i social. Prevenzione, volta a farli sentire meno soli, fornendo loro strumenti per essere capaci di incontrare e rispettare “l’altro” senza sentirsi inadeguati e aiutandoli infine, a riscoprire la fiducia in sé stessi e nei loro mezzi.

Scritto da Alessia Pieri - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

RETI TEMATICHE COME SVILUPPO TURISTICO DEL TERRITORIO

Nel mese passato, ho avuto l’onore di discutere presso la città di Trikala in Grecia nell’ambito del progetto DenCupid, il lavoro di tesi che ho sviluppato in collaborazione con la facoltà di Architettura di Roma dell’Università “La Sapienza” nell’ambito del Master di II°livello in ACT “Valorizzazione e Gestione dei Centri Storici minori – Azioni Integrate, Cultura e Territorio”, riguardante un progetto di sviluppo turistico e valorizzazione del territorio lepino attraverso dei percorsi tematici, generati dalle potenzialità che offre il territorio locale, coinvolgendo alcuni paesi dei monti Lepini tra cui Cori. Lo studio nasce dalla necessità di contrastare le problematiche che stanno riguardando ormai da anni i centri storici minori italiani ed il loro territorio, ovvero lo spopolamento di essi, causato da diversi fattori: come il lavoro e lo studio (incentrato verso le grandi città metropolitane), eventi naturali catastrofici come terremoti, difficoltà di collegamento e di posizionamento geografico, degrado del paesaggio, turismo minore e poca visibilità….

I territori comunali presi in considerazione nel progetto sono stati Cori e la frazione Giulianello, Rocca Massima, Sermoneta, Bassiano e Norma (per ragioni di tempistiche), ma il progetto può essere naturalmente esteso anche agli altri comuni lepini presenti che qui non vengono citati.
Il lavoro è stato suddiviso in due parti: una di analisi e una progettuale. Nella fase analitica sono stati presi in considerazione diversi fattori: indice di accessibilità al territorio (analisi delle infrastrutture per raggiungerlo dalle grandi città o capoluoghi kilometraggio, tempi di percorrenza sia con servizi privati che pubblici, costi dei mezzi pubblici…), collegamento interno tra i centri storici interessati e qualità delle infrastrutture esistenti, analisi demografica attraverso dati (instat) reali e numeri riguardanti l’affluenza turistica, mappatura delle potenzialità dal punto di vista monumentale, culturale, storico, naturale, paesaggistico, agricolo ed enogastronimico…

I risultati di queste indagini sul turismo, evincono come il giardino di Ninfa sia un faro catalizzatore per il territorio, con i suoi circa 50.000 visitatori annui aperto solo in determinate giornate/weekend, un sito trainante con numeri pazzeschi, limitato al luogo e alla vicina Sermoneta. La strategia di progetto, è stata quella di tracciare sul territorio, una rete di collegamenti divisa per tematismi sfruttandone le varie potenzialità che esso ci offre, come ad esempio: le bellezze naturali, monumentali, enogastronomiche, e potenziarne i percorsi esistenti, progettarne di nuovi, implementandoli dove non ce ne sono, collegati alla ferrovia Roma-Napoli, l’infrastruttura più importante per raggiungere la nostra area. Viene progettato un percorso Tematico Storico, con l’obiettivo di unire e far scoprire attraverso un percorso dedicato i centri storici, ricchi di storia e di monumenti, con eventuali collegamenti tra di essi attraverso servizi di Navetta, o di car sharing con stazioni di ricarica presenti in ogni borgo; percorsi tematici naturalistici, con obiettivi di promuovere e far conoscere le bellezze naturalistiche e paesaggistiche, attraverso una rete di connessione tra le più importanti attrazioni presenti nell’area dal lago di Giulianello, passando per Ninfa ed il parco Pantanello fino a giungere all’area di Monticchio, tutti monumenti naturali; infine un percorso dedicato al tema dell’enogastronomia, con l’obiettivo di portare il turista alla scoperta dei prodotti tipici locali, dalla fase di produzione agricola e di allevamento, alle tecniche innovative utilizzate fino alla degustazione, individuando nella rete location adeguate ad accogliere tali eventi, sempre con l’implementazione di servizi di spostamento sopra citati.

L’obiettivo finale (del masterplan) è racchiudere il tutto attraverso la creazione di un parco vero e proprio, che possa da una parte tutelare in modo definitivo tutto quello presente al suo interno e che possa diventare un modus operandi da esportare in tutto il mondo, un po’ come è avvenuto in altre realtà italiane, come ad esempio la Val d’Orcia.

Scritto da Fernando Bernardi - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"

LA DIREZIONE DELLA VITA

C’è un principio che non molti di noi conoscono ma che influenza la nostra vita ogni giorno: è la “direzione” e non l'intensione” che determina la “destinazione”.

Vi faccio un esempio pratico, a livello economico, ci sono molte persone che vorrebbero risparmiare dei soldi per poterli investire in modo saggio, ma si trovano poi ogni giorno a comprare cose di cui non hanno effettivamente bisogno, ed ecco che si ritrovano alla fine del mese senza più soldi. L’intensione è di mettere da parte dei soldi, ma la direzione di spenderli su spese inutili porta alla destinazione di ritrovarsi senza soldi.
Un altro esempio può essere portato sulla salute, quante persone vogliono essere in forma sognando di avere un bel fisico, ma poi non fanno mai attività fisica! Purtroppo non è l’intensione a portarci ad avere un fisico come magari i personaggi del grande schermo o quelli che si vedono sui social network, ma è sempre la “direzione” che determina la destinazione, e non basta il pensiero di dire: ”un giorno accadrà!”

A volte ci sono persone che rimangono sorprese quando si accorgono che la direzione che sta prendendo la loro vita dipende da loro stessi, e non è come se qualcuno per dispetto le avesse messe nella situazione in cui si trovano. Martin Luther King diceva: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”.
Se ognuno di noi si fermasse ad esaminare la propria vita si accorgerebbe che è esattamente tutto fondato sul “principio del percorso”, tutto dipende da come direzioniamo la nostra vita.

Vi faccio un altro esempio, se ci trovassimo a Milano e vogliamo andare a Roma, ma con la macchina prendiamo l’autostrada per andare a Bologna, è normale che per quanto desideriamo di andare a Roma l’autostrada ci porterà a Bologna. Nella vita abbiamo una disconnessione totale tra quello che facciamo e quello che vorremmo avere, ecco perché a volte alcune persone si sentono frustrate. Ci sono persone a cui non piace il proprio lavoro per vari motivi, molte volte il lavoro ci porta via tempo che vorremmo dedicare alla famiglia, ai figli, agli hobby, ma se vogliamo uno stipendio ogni mese bisognerà fare delle rinunce, ed ecco che viene fuori la frustrazione.
Perché ci sono molte persone frustrate e poche persone felici? La felicità ha molto poco a che fare con il raggiungimento di un traguardo, ma ha a che fare con l’essere consapevoli di trovarsi nella direzione in cui veramente desideriamo andare. La vita è come vedere una grande clessidra dove il tempo scorre imperterrito, i minuti e giorni passano e di vita ne abbiamo una sola, almeno per ora.
Quindi è molto importante, domandarsi ogni tanto, se si sta vivendo la vita come ciascuno di noi vorrebbe o si sta vivendo la vita che qualcun altro ci sta programmando. Jim Rohn dice: “Tutto quello che hai in questo momento nella vita, lo hai attratto dalla persona che sei”.
Se si è senza soldi, se non si gode di una buona salute, se si hanno problemi a lavoro o in famiglia, dipende tutto dalla direzione dei nostri pensieri e delle nostre azioni giornaliere.


Scritto da Claudia Antonetti - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"