Scriviamo mentre la
bolgia per le candidature è alle sue ultime battute in un clima che,
con tutta la buona volontà, è da “comiche finali”. Peccato che
i fuochi artificiali, che da tutte le parti politiche stanno
illuminando in un finale pirotecnico il grigio cielo elettorale, sono
tutt’altro che divertenti per un elettorato già da tempo
disaffezionato ai Partiti e che in questa corsa al seggio vede
confermato le ragioni del proprio distacco. Quando leggerete questa
nota i giochi saranno fatti e la campagna elettorale in pieno
svolgimento, ma un vincitore, riconosciuto già ci stà, ed è il
partito dell’astensione.
Una campagna elettorale che a dire di
tutti gli opinionisti, ma proprio tutti, per scarsità di contenuti,
per scorrettezza di confronto, e per le modalità con le quali le
liste sono state compilate, si presenta di una mediocrità assoluta e
c’è da chiedersi, appellandosi semplicemente al buonsenso, con
quale coraggio i leader, o presunti tali, dei partiti lanciano
appelli contro l’astensionismo se poi danno prova quotidiana di
quanto la politica, nelle sue pratiche, ancora una volta abbia
dimostrato di essere distante e scollata dai problemi reali della
Nazione. Una pioggia, anzi un’ alluvione di promesse, è piovuta
sulla testa dei cittadini che ormai non credono più a nulla; anche
perché la dimensione delle promesse è talmente inverosimile. I
sondaggi disegnano un futuro incerto, con maggioranze improbabili, se
non impossibili, e sembra che, mettendo le cose in fila, alla fine si
andrà, in assenza di maggioranze, a quello che viene definito “un
governo del presidente”. Espressione costituzionalmente opaca
perché tutti i governi sono del Capo dello Stato, ma in questo caso
si intende un governo di emergenza, accettato da un’ampia
maggioranza, di durata media per poi andare a nuove elezioni
possibilmente con una legge elettorale degna di questo nome. A questa
ipotesi stanno lavorando dietro le quinte Renzi e Berlusconi che
punterebbero al prosieguo dell’esecutivo Gentiloni, con
accorgimenti di ministeri e mettendo nel conto una probabile ma non
sicura opposizione delle ali estreme del centro destra (Fratelli
d’Italia e Lega) e della sinistra (Liberi e Uguali). Ipotesi questa
che anche D’Alema, nel suo noto realismo politico, al limite del
cinismo, ha preso in considerazione. Sempre che il centro destra,
tenuto insieme da una alleanza solida come la gelatina della
Simmenthal, non faccia cappotto e riesca a superate quel 40% che
dovrebbe farlo governare.
Condizionale d’obbligo perché con una
coalizione divisa su tutto vincere è un discorso, governare è cosa
ben diversa. Soprattutto con una destra neofascista ed una Lega
lepeniana e populista che agita lo spettro della paura e ritorna a
parlare di razza bianca, sovranismo, etc.. In zona PD si va verso la
débâcle con un PD incollato ad un 24% forse 25, cioè stessa
percentuale raggiunta con la segreteria Bersani, ed una coalizione
che si ferma al 27%. L’ultima direzione, quella di venerdì notte,
si è conclusa all’alba con la rottura con la minoranza interna.
Regionali: nel Lazio una destra litigiosa ha puntato su Parisi che
dopo aver perso a Milano contro Sala, si accinge a perdere nella
nostra Regione contro Zingaretti, che si avvale dell’appoggio anche
di “Liberi e Uguali” e della lista “Centro Solidale per
Zingaretti”. Una candidatura strana quella di Parisi, che sembra
fatta apposta per bruciarlo definitivamente, considerato anche che
Pirozzi, che resta candidato, può drenare voti dagli scontenti.
Abbiamo provato, in modo sintetico, ad esporvi il quadro dello
situazione. Ma ora preoccupiamoci di Cori.
Qui abbiamo due
candidature importanti: L’ex sindaco Tommaso Conti, da tempo uscito
dal PD ed in quota “Liberi e Uguali” è ufficialmente candidato
alla Camera dei Deputati: in campo mette la sua esperienza, e una
indiscussa stima di cui gode nella comunità. L’uomo ha carattere,
carisma e soprattutto tanta passione che di questi tempi è merce
rara. Una candidatura che non farà piacere certo al PD locale, in
questi mesi completamente assente dal territorio, con iniziative
politiche pari allo zero ed un gruppo dirigente più o meno anonimo.
Altro candidato di punta Renzo Dolci, democristiano doc con
appartenenza mai rinnegata, che scende in campo con “Centro
Solidale per Zingaretti”. Le alchimie della politica portano anche
a convergenze non previste. E in questo caso la convergenza tra
Tommaso Conti e Renzo Dolci di fatto c’è tutta perché “Liberi e
Uguali” nel Lazio sostiene, con accordo con il PD, il Governatore
uscente. E la lista di Dolci converge anch’essa su Zingaretti.
Ma
questa candidatura riapre anche un campo: quello del centro non
renziano corese, che alcuni fuoriusciti dall’orbita dichiaravano
morto e sepolto: fuoriusciti che ora si godono il meritato oblio
dalla scena politica e che avevano espresso un giudizio affrettato,
forse incauto. Quell’area politica semplicemente alle ultime
elezioni ha deciso di non schierarsi, ma di certo non ha deciso di
assentarsi sul piano politico dando anche prova, nel sostegno a
qualche candidatura ritenuta valida, di un consistente bacino
elettorale. Due candidature delle quali sarà difficile non tenerne
conto. Tommaso Conti e Renzo Dolci sono due protagonisti della
comunità corese: persone che incontri ogni giorno, che vivono sul
territorio, con le quali parli, comunichi, discuti e polemizzi se
necessario. Ma stanno qui. Candidati Doc. Un cittadino corese cosa
preferisce: un candidato paracadutato, catapultato da Latina che
viene qui ogni tanto per fare passerella o uno conosciuto che sta
“écchi”? Ecco perché questi due nomi potrebbero spaventare.
Perché Conti e Dolci non hanno neanche bisogno di fare appelli: loro
stanno a Cori. Gli altri no. E vi sembra poco?
Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel "Il Corace"