domenica 26 marzo 2017

L’ AZZERUOLO (O “LAZZAROLO” O “LAZZERUOLO”)

..un fruttifero minore, poco conosciuto e scarsamente diffuso ma presente nella nostra flora che, per la botanica, la biodiversità, la storia e l’uso dei suoi eduli frutti, sembra opportuno conoscere.



Per tre Italiani su quattro, secondo una indagine della Coldiretti, la frutta in genere non è più buona come in passato e le principali ragioni sono riconducibili: ai frutti raccolti acerbi per durare di più sugli scaffali dei supermercati (65%); ai frutti che arrivano da troppo lontano (20%); alla scomparsa di antiche varietà (10%); ai frutti che non sono più genuini (5%).
Inoltre, in testa alla classifica dei diversi frutti dimenticati risultano quelli dell’azzeruolo, una specie conosciuta solo dal 15% degli Italiani, a cui seguono quelli del sorbo (conosciuti dal 17%), del corbezzolo (dal 27%), del corniolo (dal 32%), della pera volpina (dal 38%), del giuggiolo (dal 40%), del gelso (Morus nigra) (dal 72%), del carrubo (dal 75%), del nespolo (dal 82%), del melograno (dal 89%).

È evidente, comunque, che le “regole” miranti solo ad un profitto esagerato rappresentano, purtroppo, una minaccia per la biodiversità ed è dimostrato, peraltro, da un mercato che, spesso, ci presenta o ci offre prodotti fin troppo accattivanti alla vista, di facile stoccaggio ed idonei ai diversi spostamenti, però decisamente insapori e, quindi, al posto di quelli naturalmente gustosi e dotati di specifiche proprietà organolettiche, oltre che ricchi di qualità nutrizionali e/o virtù salutari.
Gli attuali prodotti alimentari, infatti, sono per lo più artefatti e sempre meno naturali tant’è che le scelte nutrizionali risultano, solitamente, pilotate dalla grande industria anche attraverso la pubblicità.

Ciò che noi consideriamo un cibo “buono” è, spesso, legato solamente alla presenza di aromi artificiali e non alla qualità e sanità delle materie prime. È evidente che i modelli di consumo abbisognano di opportuni mutamenti e considerino prioritarie la qualità dei prodotti oltre che la salute del consumatore. Si rendono altresì necessarie modifiche ai modelli di produzione per poter fornire prodotti sani e ricchi di sapore senza però alterare l’ambiente rurale e quello generale.
Per contro, un rinnovato interesse, di questi ultimi anni, per le tradizioni e gli antichi sapori e le attenzioni degli organi istituzionali verso i vari fruttiferi minori (nespolo, cotogno, melograno, pistacchio, giuggiolo, ficodindia, corbezzolo, corniolo, azzeruolo, ecc.) hanno peraltro favorito la riscoperta ed il recupero di piante abbandonate o dimenticate e, comunque, importanti per un loro più appropriato ed attuale impiego, per la biodiversità e per l’uso dei vari prodotti derivanti anche alla luce delle attuali tecnologie, nei diversi ambiti riguardanti fitoterapia, cosmetica e gastronomia.

L’azzeruolo, tra questi, è una pianta spontanea e sporadica nella nostra flora arborea e non passa inosservata agli hobbisti e ai più attenti amanti di escursioni e di passeggiate terapeutiche. È, infatti, ammirabile quando si manifesta fiorito come il biancospino, del quale è uno stretto parente, e quando ostenta i suoi colorati, decorativi ed eduli frutti, simili a piccole mele (appunto di un colore verde chiaro, oppure giallo o più spesso di un bel rosso vivo) dalla polpa solitamente dolce, croccante e delicatamente profumata; per questo sembra opportuno ricordarlo o meglio conoscerlo!
L’Azzeruolo, ad ogni modo, è una pomacea minore appartenente alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia delle Maloideae, e al genere Crataegus.
Il suo inquadramento sistematico non è facile per l’alto numero (oltre 250) di specie affini e fenomeni (di ibridazione, introgressioni, apomissia, poliplodia) che conferiscono una notevole complessità morfologica al genere Crataegus. Secondo la revisione del genere Crataegus del 1992 (operata dal botanico danese Carl Christensen) la specie azarolus (C. azarolus) comprende quattro varietà botaniche: ‘azarolus’, ‘chlorocarpa’, ‘aronia’ e ‘pontica’, delle quali le prime due risultano diffuse nell’area occidentale del bacino del Mediterraneo (compresa l’Italia) mentre la varietà ‘aronia’ avrebbe una distribuzione più ampia e la varietà ‘pontica’ risulterebbe presente sia nell’Asia Minore che in quella Centrale.

Crataegus azarolus var. ‘azarolus’, ad ogni modo, presenta normalmente foglie glabre o sub-glabre e frutti di colore rosso o arancio. Le altre varietà sono caratterizzate da foglie più o meno pubescenti nella pagina inferiore e da frutti gialli, sfumati di rosso (nelle varietà ‘aronia’ e ‘chlorocarpa’) o di giallo o arancio (nella varietà ‘pontica’).
Inoltre, nelle varietà ‘chlorocarpa’ e ‘pontica’ le spine sono rare, sono invece generalmente presenti nelle varietà ‘azarolus’ e ‘aronia’.

Per quanto riguarda l’origine e l’habitat, possiamo dire che C. azarolus è una specie presente da tempi remoti nell’area mediterranea e da secoli risulta coltivato in Italia sia per i suoi frutti eduli e sia come pianta ornamentale. I frutti, che normalmente maturano in settembre-ottobre e che, come già accennato, sono simili a delle piccole mele, erano infatti molto apprezzati nelle tavole rinascimentali per il loro aroma ed il gradevole gusto dolce-acidulo.
Peraltro, fino al secolo scorso, in varie zone italiane, alimentavano altresì un interessante ed apprezzato commercio. L’azzeruolo, comunque, naturalizzato in alcune regioni, risulta attualmente piuttosto raro in Italia oltre che a rischio di estinzione.

La sua area di origine rimane oggi difficile da definirsi con esattezza. Ritenuto generalmente originario dell’Asia Minore o dell’isola di Creta, viene talora considerato, almeno per alcuni ecotipi, nativo dell’area mediterranea. C. azarolus, attualmente, è la specie più diffusa dai Paesi del Mediterraneo (Nord Africa, Spagna, Italia, Sud della Francia, Malta, Creta, isole dell’Egeo) all’Asia Minore e all’Iran, sino all’Asia Centrale (Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan) (Christensen, 1992).
C. azarolus è, comunque, considerato una pianta abbastanza rustica anche se preferisce un clima mite, posizioni soleggiate e suoli ben drenati; teme i terreni eccessivamente argillosi e soggetti a ristagni idrici.

In passato, veniva coltivato soprattutto nelle aree costiere della Francia meridionale e dell’Italia settentrionale, oltre che in quella meridionale e nelle Isole, ed è presente, tuttavia, anche in varie zone a clima più continentale, dove va impiantato in località con esposizioni favorevoli. La presenza di esemplari di azzeruolo è stata recentemente accertata in diverse Regioni italiane tra cui Piemonte, Liguria, EmiliaRomagna, Veneto, Toscana, Lazio (tra cui CoriRocca Massima), Molise, Campania, Puglia e Sicilia. (Biffi e Pelasgi, 1997; Bignami e Kurzmann, 1998).
Tale specie, ad ogni modo, è dotata di una elevata resistenza alla carenza idrica tant’è che alcuni ecotipi sono diffusi anche in steppe aride ed in climi semi-desertici.
Il suo germogliamento risulta piuttosto precoce (marzo-aprile) per cui può essere danneggiato da alcuni ritorni di freddo, mentre la fioritura tardiva (aprile – maggio) riesce a sfuggire, generalmente, alle gelate primaverili.

Da tempo è nota, peraltro, l’influenza delle condizioni climatiche sulle caratteristiche qualitative del frutto: una sufficiente temperatura, infatti, è ritenuta necessaria per ottenere frutti (pomi) zuccherini e non eccessivamente aciduli, in particolare per la varietà ‘Azzeruolo bianco d’Italia’, ‘Azzeruolo rosso d’Italia’ e per ‘Azzeruolo giallo del Canada’ che rappresentano i tre tipi di varietà commerciali più conosciute e presenti in alcune località della nostra estesa penisola.
L’azzeruolo, riguardo l’importanza economica e la diffusione nei Paesi del Mediterraneo, non è oggetto di coltura specializzata per il frutto in questi Paesi, contrariamente a quanto avviene in Cina, dove Crataegus pinnatifida Bunge, è coltivato su circa 26.000 ettari.
Si può dire che, nell’ultimo secolo, tale specie è stata trascurata per cui le azzeruole (frutti) presenti in commercio oggi in Italia provengono dalle poche piante coltivate in alcuni giardini e frutteti familiari.

Così, pur manifestando un certo incremento negli ultimi anni, la vendita di tali frutti e la loro trasformazione artigianale in marmellate e gelatine risultano fenomeni sporadici, al contrario di quanto si verifica per il citato C. pinnatifida e per C. mexicana, diffuso in Messico.

Pertanto, l’attuale importanza economica di tali specie la si può definire estremamente marginale.

Botanicamente, C. azarolus è un piccolo albero (o arbusto) deciduo, di lenta crescita, con tronco scuro e solcato che può raggiungere oltre i 4 m di altezza. La chioma presenta una forma arrotondata o piramidale ed i rami sono più o meno tomentosi, inermi o con rare spine nelle varietà coltivate. Le foglie, caduche, alterne, lobate e coriacee, hanno un peduncolo breve e sono dotate di stipole poco resistenti. La forma del lembo fogliare e della stipola varia in base al tipo di ramo (a legno o a frutto) su cui è inserita. Nel ramo a frutto la lamina è cuneata o arrotondata alla base, lobata, con 1-3 paia di lobi a seconda della varietà.
Il margine è pressoché intero o inciso all’apice. La pagina superiore è generalmente verde lucida e glabra; quella inferiore verde pallido-grigiastro, glabra o pubescente. I fiori, bianchi, con peduncolo breve e tomentoso, sono riuniti in corimbi in numero di 5-25. Il fiore è pentamero, con calice tomentoso di 5 sepali brevi e triangolari; i petali arrotondati, con 2-3 stili e 16-27 stami. La fioritura si verifica generalmente da fine aprile alla prima quindicina di maggio, in maniera scalare nel corimbo e nella pianta e con differenze tra le varietà. I fiori ed i frutti si sviluppano normalmente all’apice di un germoglio dell’anno originatosi da una gemma mista.

Dopo la raccolta dei frutti, l’apice dissecca e una gemma laterale sottostante dà origine alla crescita dell’anno successivo. Ciò conferisce ai rami un andamento a zig zag dando alla chioma una struttura contorta e complessa che, tuttavia, risulta di alto effetto ornamentale.
Il frutto, un pomo sferoidale (o falso frutto), sferico-appiattito o quasi piriforme, con un diametro di circa 2-3 cm ed un’altezza fino a 3,5 cm, contiene normalmente 2-3 semi rivestiti da tegumenti spessi e legnosi. Il peso del frutto varia nelle varietà coltivate da 2-3 g a 10-12 g. Il colore della buccia va dal giallo pallido al giallo intenso, talora soffuso di rosso, all’arancio rosso e al rosso. La polpa è dolce, più o meno acidula, succosa, saporita e aromatica a seconda della varietà. La maturazione avviene da agosto ad ottobre ed i frutti possono essere conservati per qualche mese.

Ritenuto un toccasana, l’azzeruolo risulta utile per gli stati di esaurimento fisico e mentale, e può essere definito anche una pianta multifunzionale.
È, infatti, una pianta ornamentale, da frutto e medicinale. Come pianta decorativa, in parchi e in giardini, unisce ai pregi estetici, nelle fasi di fioritura e di maturazione, l’edulità del frutto utilmente consumato dall’uomo, ma che può avere anche l’importante funzione per l’alimentazione dell’avifauna (il complesso degli uccelli che vivono in una certa regione). Come pianta da frutto si può coltivare in frutteti familiari e nei giardini in esemplari isolati o in filari ed innestati in siepi di biancospini.
I frutti, come già accennato, possono essere trovati in vendita (settembre – ottobre), spesso a prezzi da “amatore”, nei mercati locali e nei negozi di primizie di alcune città.
Vengono talora riproposti come ingredienti di antiche e nuove ricette, come confetture, marmellate e gelatine, insalate e macedonie di frutta; si utilizzano in pasticceria e si conservano sotto spirito o grappa.
Le azzeruole consumate fresche sono dissetanti, rinfrescanti, diuretiche ed ipotensive. La polpa ha proprietà antianemiche ed oftalmiche per il contenuto di provitamina A ed in cosmesi è ritenuta rivitalizzante delle pelli sciupate.
Per le proprietà medicinali entra nella farmacopea europea come costituente della droga, “Crataegi folium cum flore”, contenente germogli fioriti essiccati di differenti specie di Crataegus.

Infatti, i fiori raccolti all’inizio della fioritura ed i frutti a maturazione completa sono dotati (come il biancospino) di importanti qualità medicinali:
a) i fiori svolgono una efficace azione sedativa del sistema nervoso;
b) come cardiotonici, regolano la pressione sanguigna ed il ritmo delle pulsazioni del cuore;
c) risultano ottimi ipotensivi e sedativi per cui sono indicati, tra l’altro, nella cura delle arteriosclerosi e nei casi di insonnie nervose, di ronzii alle orecchie e di disturbi della menopausa.

I frutti, invece, ricchi di zuccheri e di vitamine, sono ritenuti ottimi ricostituenti e tonici per l’intero organismo, per cui sono utili nelle carenze di vitamine, negli stati di debilitazione generale o di esaurimento fisico e mentale. Agiscono inoltre come antinfiammatori dell’apparato digerente e come astringenti intestinali favorendo la diuresi in caso di litiasi e di ritenzione di urina o di liquidi.

Nelle erboristerie e nelle farmacie fitoterapiche è possibile acquistare anche dell’ottima tintura di azzeruolo, diversamente da un infuso di fiori e da un decotto di frutti, il processo di preparazione della tintura, in casa, risulta infatti complesso.

I frutti freschi (azzeruole) si possono consumare a volontà, senza alcuna limitazione poiché sono squisiti mangiati tal quali oppure, come già accennato, in macedonie, in confetture e in marmellate.

Sembra opportuno precisare che, per la rarità della specie, le attuali conoscenze sulla variabilità genetica esistenti, tra le piante spontanee e quelle un tempo coltivate, sono scarse. Le caratteristiche varietali non sono ben note e l’identità del materiale disponibile sul mercato vivaistico è spesso incerta.
La confusione, talora, è alimentata dalla vendita, con il nome di azzeruoli, di piante appartenenti a specie affini (come Crataegus crus-galli, Crataegus prunifolia, ecc.) di notevole valore ornamentale, ma con caratteristiche qualitative comunque nettamente inferiori.
Riguardo le varietà coltivate, le scarse descrizioni pomologiche dei vecchi testi riportano per l’Italia: ‘Azzeruolo rosso d’Italia’, ‘Azzeruolo bianco d’Italia’, ‘Azzeruolo giallo del Canada’; per la Spagna ‘Monstruoso’ e ‘Fruto Blanco’. Esse differiscono soprattutto per le dimensioni, la forma del frutto e per il colore della buccia. Singoli esemplari risultano presenti in orti e giardini botanici, in Italia e all’estero, mentre rarissimi sono i casi di vere e proprie collezioni oltre a quella realizzata a Viterbo dal Dipartimento di produzione vegetale; l’unico caso, di cui si è venuti a conoscenza nel corso del Progetto UE “Genres 29”, è quello che fa riferimento all’Istituto di coltivazioni arboree di Bari, presso il quale risultano conservate accessioni rappresentative del germoplasma pugliese.

Riguardo la tecnica colturale, C. azarolus è una pianta che viene normalmente propagata agamicamente per innesto, una tecnica che mantiene invariate le caratteristiche varietali. Il porta-innesto più diffuso è il biancospino (Crataegus monogyna) che ha una ottima affinità e favorisce una precoce entrata in produzione anche se con numerosi succhioni e polloni oltre che uno sviluppo più limitato rispetto al nesto (azzeruolcon evidente differenza diametrale nei due bionti. I vivaisti talora utilizzano il cotogno (Cydonia oblonga) per la rapida crescita in vivaio, ma le piante hanno vita più breve anche per la disaffinità.
Risulta impiegato anche il franco e con buoni risultati. Di recente sono state studiate le potenzialità come portainnesto per il pero e melo idonei ad aree aride.

Circa le principali malattie ed avversità segnalate sull’azzeruolo possiamo ricordare l’oidio (Podosphaera clandestina), la ruggine delle pomacee (Gymnosporangium clavariaeforme) e la moniliosi (Monilia fructigena) riguardo i funghi; Cydia molesta e Euproctis chrysorrhaca tra gli insetti parassiti; il colpo di fuoco da Erwinia amylovora tra i batteri patogeni.

Tale Giacomo Castelvetro, nel XVI secolo, chiamava tali frutti “lazzeroni” e sosteneva che erano: “un frutto non soltanto bello e piacevole all’occhio ma anche buono e di gusto e molto sano per i corpi indisposti”.
Al frutto, inoltre, attribuiva virtù curative: “il suo sapore è agrodolce ed è fuor di dubbio che allevia la sete delle febbri ardenti e per questa ragione i medici lo danno agli affebbrati”. Era così convinto delle diverse proprietà di questo piccolo pomo che ne fece addirittura dono a Sir Arrigo Wottoni, il quale era un diplomatico inglese che rese numerose visite all’Italia.

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

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