Ci sono momenti straordinari, nella
storia di un paese, momenti in cui si realizzano cose che in altri
tempi sembravano impensabili. Convergono gli interessi, si battono
strade mai percorse prima e più soggetti - apparentemente distanti
nella quotidiana ricerca della propria sopravvivenza - si ritrovano a
cooperare. Si sovvertono le consuete prassi. Si scrivono strategie
unitarie, nazionali.
E’ il caso del battesimo dei nuovi strumenti di
investimento pensati per i piccoli investitori italiani, i Piani
Individuali Risparmio - P.I.R. - o piani di risparmi a lungo termine,
come li chiama la legge.
E’ già iniziata la stagione delle
telefonate della banca o del consulente perché se ne valuti
l’acquisto ma ciò che segnalo è che non si tratta di una misura
individuale quanto piuttosto di un fenomeno che interessa una
collettività di persone. Annunciati dai governi succedutisi negli
ultimi anni e regolarmente riposti in soffitta, i P.I.R. sono stati
introdotti con l’ultima legge di stabilità.
Lo schema ricalca
quello collaudato in altri paesi ed è utile riassumerne i principali
aspetti di novità.
Per incentivarne la diffusione lo Stato solerte
fa una prima mossa, favorendo l’investitore attraverso la leva
fiscale sugli eventuali guadagni e sull’esenzione dall’imposta di
successione. La grande novità di questo strumento tuttavia, sta nel
fatto che esso raccoglie i risparmi delle famiglie italiane per
prestarli alle piccole e medie imprese, con l’intermediazione della
banca, naturalmente.
E con il risultato (atteso) di stimolare
l’economia nazionale.
Altra regola è quella che vengano
rispettate, nella composizione degli asset, le limitazioni di legge.
Perché la legge ha prescritto che almeno il 70% del capitale sia
obbligatoriamente investito in aziende con sede in Italia o in
imprese che possono avere sede all’estero (entro il perimetro dello
spazio economico europeo) ma che hanno organizzazioni stabili in
Italia. Inoltre almeno il 30% di questa quota (e quindi il 21% ca.
del totale) dovrà inoltre essere investita in strumenti finanziari
emessi da aziende che non sono quotate nella nostra Borsa.
Ultima
limitazione, la quota investita su un singolo emittente non può
superare il 10% del totale.
Che cosa capisco io?
Molte cose. In modo
quasi sorprendente mi accorgo che è possibile - per legge - porre
delle regole a un operatore privato su come investire i soldi di
tante persone e mi chiedo perché questa idea non sia arrivata prima.
Prima, cioè, di quelle vicende che in passato hanno fatto perdere
molti soldi a molti risparmiatori. Quindi una bella notizia a cui se
ne affianca subito una seconda, quando si dice di voler favorire
l’investimento o il finanziamento diretto alle imprese ‘piccole’
e ‘medie’, anche se vi assicuro che il ‘piccolo’ e il ‘medio’
che intendo io (e a cui forse pensate voi che leggete) è diverso da
quello che si intende per legge.
Per capirci: non sarà il negozietto
vicino casa o l’impresa artigianale a ricevere i benefici di questa
azione, quanto piuttosto imprese strutturate di medie dimensioni (per
fatturato e numero di addetti). Tanto per essere chiari. Qui si apre
però un nuovo scenario: sempre grazie a questa legge si può sapere
dove finiscono i nostri soldi risparmiati.
Non conosciamo i nomi
delle imprese sostenute anche se - lo ricordo - è possibile farlo:
lo fa Banca Popolare Etica (per chi ancora non lo sa) sul cui sito
potete leggere i nomi delle imprese sociali che la banca sostiene con
i soldi detenuti su quei conti correnti.
Con i P.I.R. quello che
possiamo sapere è quale tipo di imprese se ne avvantaggerà.
E io mi
chiedo: perché per legge non chiediamo alle banche di scriverlo nei
loro bilanci da qui in avanti?
Basterebbe una lettura per categorie
(definite per legge), perché se io sono un piccolo correntista,
vorrei poter scegliere la mia banca a partire da questa informazione:
tra le altre cose vorrei sapere se sostiene una certa fetta di
mercato o un’altra. Tanto per scegliere. Le considerazioni da fare
sono tante e vanno oltre lo spazio che mi è consentito e le farò ovunque mi sia
possibile.
Qui chiudo questo articolo con considerazioni sul perché
sia il momento di dire: “P.I.R.? No, grazie, semmai ci penso e sto
a guardare per un po’”.
Cinque considerazione, una per ogni dito
della mano:
- Pollice.
Da anni mi batto per far capire che la
famosissima diversificazione è difficile da ottenere in pratica. I
P.I.R. di certo non offrono un aiuto nella diversificazione
geografica dell’investimento esponendo di fatto i risparmi ai
rischi del ‘sistema Italia’, senza la possibilità di bilanciare
le scelte verso altre aree in caso di necessità.
- Dito indice.
Al
rischio geografico si unisce al rischio specifico generato dalla
presenza, in portafoglio, di strumenti emessi da imprese italiane a
piccola e media capitalizzazione (peraltro principalmente soltanto
azioni e obbligazioni). Strumenti generalmente molto volatili e poco
liquidi. Restare vincolati a questo tipo di prodotti significa
segnare l’investimento con livelli di rischio alti, forse eccessivi
per i più, con probabilità di intaccare il capitale. Basta capirlo.
Ho detto ‘capirlo’, non scriverlo in un prospetto informativo che
pochi leggono o comprendono fino in fondo…
- Dito medio.
L’incentivo
fiscale è vincolato a una durata almeno quinquennale
dell’investimento. Qualora aveste necessità ritirare in anticipo
la vostra posizione, vi trovereste a pagare la normale aliquota sulle
plusvalenze. Il dito medio, in questo caso, richiamo di vedercelo
mostrare noi investitori che abbiamo fatto una valutazione errata…
- Anulare.
I P.I.R. si affacciano al mondo finanziario come strumenti
dedicati a investitori molto esperti e il panorama delle piccole e
medie imprese italiane è molto complesso ed estremamente volatile.
Inoltre, la novità dello strumento non permette di valutare
performance passate e il regime dei costi faticherà ad essere
trasparente.
- Mignolo.
C’è una disponibilità infinita o quasi di
denaro, nel mondo. La macchina che stampa soldi ha prodotto una
disponibilità quasi illimitata per 10 anni di crisi. Mi dite perché
adesso dobbiamo andare a bussare alla porta della signora Maria per
sostenere l’economia reale? Il nostro povero dito mignolo rischia
di veder alzato il dito indice in parallelo, tutte le altre dita
piegate, in un gesto mostrato a braccio teso e con vigore a chi
promuove iniziative come quelle dei P.I.R. pensandoci incapaci di
riflettere.
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