martedì 1 dicembre 2020

“E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”

 Sono queste dell’uscita dall’Inferno, in questi giorni senza aria e senza cielo, le parole di Dante che più vorremmo sospirare, come se tutto il resto fosse ormai un ricordo passato……Viviamo tempi bui che non dureranno poco (non giorni né settimane, purtroppo). In queste condizioni, può apparire futile parlare di argomenti che non siano legati all’attualità giornaliera del coronavirus, a quello che ogni giorno ascoltiamo, vediamo e leggiamo attraverso i media, alle conseguenze che la pandemia genera nei nostri pensieri e nei nostri comportamenti, alle molte domande senza risposta che affollano la nostra mente. Ma no, forse possiamo provare ad evadere dal buio che ha intrappolato le nostre anime, forse possiamo reagire all’incubo che stiamo attraversando, facendo ricorso agli esempi che vengono dalla nostra storia e dai grandi del passato, cercando spunti di riflessione nelle opere che narrano le angosce che altri prima di noi hanno fronteggiato, vivendo in periodi difficili come quello che ora viviamo noi. Per esempio, potrebbe aiutare a riflettere sulla situazione attuale la lettura dei capitoli XXXI e XXXII dei Promessi Sposi del Manzoni, capitoli in cui l’autore riscostruisce la vicenda della peste che colpì Milano nel 1630. «La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia». Il racconto manzoniano è una descrizione realistica della malattia, tragedia terrena in cui comportamenti irrazionali contribuiscono a facilitare la diffusione del morbo. Per capirne di più si potrebbe leggere  il Decameron di Boccaccio, ed in particolare l’introduzione all’opera, nella quale Boccaccio descrive i comportamenti individuali e collettivi dei fiorentini di fronte alla mortalità che non si sapeva fronteggiare. Le prime manifestazioni del morbo «nelle parti orientali»; l’ampliamento «verso l’Occidente»; il mutare delle manifestazioni esterne dell’infezione; le incertezze della medicina di fronte a una malattia sconosciuta; le modalità del contagio; i variabilissimi comportamenti umani, dalla sobrietà estrema fino alla sconsideratezza; l’isolamento degli ammalati e la solitudine estrema dei morti. Tante cose sono identiche a quel che accade oggi, perché gli uomini ripetono sempre sé stessi. Ma più di tutti dovremmo leggere il padre della lingua italiana, colui che ha plasmato e modellato l’identità del nostro Popolo. Dante Alighieri, interprete dei complessi sentimenti che attraversano la nostra mente e la nostra anima, vero e proprio stigma di umanità, Dante nella Commedia ha mostrato in maniera mirabile la capacità dell’umanità di uscire da una situazione terribilmente difficile, che «fa tremar le vene e i polsi», e di arrivare «a riveder le stelle». Anche noi ci riusciremo, ne saremo capaci.

Scritto da Alessia Pieri - Pubblicato sul numero 8 del 2020 del "Il Corace"

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