martedì 1 dicembre 2020

GIALLO A CORI

 Me ne andavo “scazzarienno” per il borgo avvertendo la confortante consapevolezza di essere un privilegiato. Sole ed aria fresca. Caffè di qualità da Ciotto e Gigi. Saluti educati da parte delle vecchiette sedute a “capare” verdure e fagioli. Dall’alto l’ubertosa distesa pontina la cui visione mi faceva riconciliare con “Madre terra” troppo spesso sfigurata e saccheggiata. Cori mé bbéglio! Vivere qui per un “metropolitano” incallito come me suona come un premio immeritato. Ovviamente luci ed ombre qui, ma le prime son di gran lunga superiori alle seconde. Insomma...vedi Cori e poi ci resti (se puoi). Toh! Guarda quei bei bidoni giallo limone fuori alcune case... i soliti raccomandati penso con disincanto...hanno addirittura i contenitori per differenziare gli agrumi penso d’acchito o saranno per i noccioli delle squisite olive locali? Prima o poi arriveranno a tutta la cittadinanza queste macchie di colore plastificate che sanno di pulito. Che ideona avallata dall’amministrazione comunale o da qualche ente locale. Pochi soldi nelle casse ma grande attenzione alla raccolta dei rifiuti. Li morté..che efficienza. Chiedo, complimentandomi per la genialata, ad un “indigeno” (archetipo universale) che sa tutto di tutti e mi becco un perentorio “te tesse ncorbo, cucco!” che punisce giustamente la mia ingenuità. Scopro con stupore che quei contenitori giallo abbacinante sono destinati ai coresi la cui positività al Covid è stata registrata. Una specie di "hic sunt dracones" che certifica la presenza in quello stabile di uno sventurato che si scopre malato e additato. Ci sarà di sicuro qualcuno che, a differenza mia, plaudirà a questa iniziativa e da parte mia massimo rispetto, ma io sono di opinione opposta. Avevo solennemente giurato di non parlare più di pandemia e c. sulle colonne di questo mensile ed anzi mi ero ufficialmente espresso sulla eccessiva proliferazione di articoli sull’argomento. Ma qui il Covid c’azzecca zero. Il tema centrale e direi unico è, in questa vicenda, il diritto alla tanto conclamata Privacy. I rifiuti di un malato (qualunque sia la patologia) vanno diversificati da un sano? Ma soprattutto, sul malato va accesso un “occhio di bue” pubblico che ne indica lo stato? A mio avviso NO! Sono segnali cromatici inquietanti. La stampa nazionale di sicuro sottolineerà questa trovata con interventi politico-sociologici che facilmente sfoceranno in accuse, velate e non, di sprovvedutezza e insipienza umana e politica. La delicatezza e la cura verso chi si è preso il Covid sono il primo dovere di una comunità. La malattia non è una colpa che va ufficializzata “coram populo”. In un tempo cattivo si segnavano le case “pericolose” con scritte e simboli, oggi si usa un innocuo bidoncino, il cui valore (disvalore) è intriso di tristezza e avvilimento. Si poteva consegnare ai "covidosi" una busta capiente e anonima da ritirare con discrezione e solidarietà concreta. Bastava un po’ di Grazia. La quarantena non è un reato e chi la vive merita accudimento da parte della comunità intera. “Dagli addosso all’untore” sa di giustizialismo e persecuzione. Il giallo lasciamolo al sole che presto riscalderà i nostri cuori malati. 


Pubblicato sul numero 8 del 2020 del "Il Corace"

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