martedì 1 dicembre 2020

FOTOGRAFARE L'AUTUNNO

Cari lettori, ci troviamo nel bel mezzo del “foliage autunnale”, quel momento in cui gli alberi danno spettacolo, colorando le foglie dal giallo al marrone passando per il rosso e l’arancio, fino alle sfumature del prugna e del viola, trasformando il panorama in una tavolozza di colori caldi e rassicuranti. Uno spettacolo di cui noi cittadini di Cori e Giulianello abbiamo un posto gratuito in prima fila, infatti siamo circondati da un paesaggio autunnale incantevole, dove vigneti, boschi, ed alberi presenti nel nostro paese e territorio si colorano donandoci dei quadri meravigliosi e delle tinte uniche. È il momento perfetto per gli appassionati di fotografia, nel catturare scatti mozzafiato, ricordi di un autunno che ancora una volta ci sta lasciando traghettandoci alle porte dell’inverno. A tutti noi è capitato di osservare anche durante una semplice passeggiata uno scorcio, un paesaggio meraviglioso, provare delle sensazioni e delle esperienze straordinarie e fare delle fotografie con uno smartphone di ultima generazione o con una macchina fotografica, per poi rivivere quelle emozioni con le persone a noi care, o pubblicarle sui social e condividerle con il mondo. Una volta tornati a casa e visionate le foto, ci si rende conto di avere solo decine e decine di foto piatte, che non dicono nulla. A quel punto sorge un’interrogativa: “sono io che non ho avuto la capacità di imprimere quelle emozioni in una foto, o tutto quell’entusiasmo per quel luogo era immotivato?”. La domanda è assolutamente lecita e la risposta molto spesso sta nel fatto che non si è stati in grado tecnicamente di scattare quella fotografia. I nostri occhi percepiscono tre diverse dimensioni e le immagini vengono spesso accompagnate da una miriade di altri fattori, quali la compagnia di una donna o di amici, il vento, i profumi, il silenzio, ecc.. sensazioni esterne che non possono essere riportate in modo diretto su di una fotografia. 

Paesaggio autunnale a Cori foto Fernando Bernardi



Come fare, quindi? Prima di tutto, dobbiamo ricordarci che la macchina fotografica lavora su due dimensioni (non tre come i nostri occhi) e che, a differenza nostra, non vi è un cervello capace di dare attenzione ad un dettaglio piuttosto che un altro. Dobbiamo quindi capire (nel momento dello scatto) quali sono gli elementi compositivi che più ci piacciono. Prendete il vostro tempo, non andate di fretta, sedetevi se necessario e osservate la bellezza di tutto quello che vi sta attorno. Sentite il rumore delle foglie che cadono, il fruscio del vento e il tepore del sole. Questi elementi dovrete riportarli in un singolo click e tentare di catturarli è quanto di più difficile possa esistere. Quando vi fermate a fare una fotografia, deve esserci qualcosa che vi ha spinto a fermarvi. Come mai? Su cosa è caduta la vostra attenzione? Una strada sinuosa? Un tramonto mozzafiato? Un albero particolare? Un bosco colorato dal foliage?… non ha importanza in sé per sé cosa vi abbia colpito, è importante però tenere a mente che è quello l’elemento a cui dovrete dare risalto. L’esplorazione, il contatto con la natura sono parte integrante del fotografo che ama i paesaggi. La necessità di trovare un punto di vista perfetto, la luce adatta, ci spingono a muoverci e non scattare da un semplice belvedere progettato da qualche ingegnere. Ci spinge a stenderci per terra, in mezzo al fango o alla neve se necessario; a salire su di un albero o a rimanere immobili ore e ore in attesa della luce perfetta. Non ha senso fermarsi, fare una foto affrettata e poi scappare via. Potete anche farlo, ma vi rimarrà ben poco quando tornerete a casa. L’immaginazione è una componente molto importante per un fotografo. Una volta capito cosa vi ha spinto a fermarvi e quali sono gli elementi compositivi di maggiore interesse, dovete scegliere cosa inglobare all’interno dello scatto e cosa no. Immaginate la vostra fotografia, come se l’aveste già fatta. Questo vi aiuterà a scegliere l’obbiettivo migliore per la foto. Non è vero che per i paesaggi si adopera unicamente una lente grandangolare, assolutamente. Non abbiate paura di sperimentare e di fare sempre nuove prove. Il risultato potrebbe sorprendervi. Basiamo la fotografia paesaggistica su tre fondamentali regole: la prima è l’evitare il soggetto centrale, dove la composizione fotografica con un soggetto al centro è uno degli errori più comuni di chi approccia il mondo della fotografia. Lo sguardo di chi osserva la foto ricade immediatamente al centro e dopo pochi secondi si stanca, senza “viaggiare” all’interno della nostra scena. Tutti gli altri elementi compositivi andranno in secondo piano e la fotografia risulterà di scarso interesse. Tentate di isolare quell’elemento, di dargli rilievo, ma di creargli una scena, un background, una cornice. La regola dei terzi è sicuramente un valido aiuto. Il discorso è molto semplice, cercate di decentrare il soggetto posizionandolo ad 1/3 della scena, in modo da creare anche una profondità all’immagine e di far correre l’occhio qua e là in cerca di altri elementi. Altra regola fondamentale è la profondità e spazi vuoti. Spesso nelle foto di panorami c’è troppo spazio vuoto sullo sfondo, questo è un difetto. Il cielo limpido e vuoto aggiunge sicuramente una sensazione di spazio e di libertà… ma troppo non serve a nulla. Esattamente come la regola dei terzi e del soggetto centrale, anche questa può essere infranta. Prendete ad esempio un deserto o una vecchia barca in mezzo a un lago, in questi casi il vuoto si trasforma in “elemento”, diventa quasi un oggetto che vogliamo inserire nella foto per trasmettere la sensazione di isolamento e di solitudine. Ultima ed importantissima regola la profondità di campo. La profondità di campo è un elemento molto importante quando si vuole fotografare un panorama. Dobbiamo tentare di lavorare con un diaframma il più chiuso possibile, in maniera da estendere l’area di messa a fuoco e quindi creare una tridimensionalità all’interno dello scatto. Ovviamente, secondo la legge di reciprocità, se noi chiudiamo il diaframma il tempo di scatto aumenta. Qui entra in gioco l’accessorio che non può assolutamente mancare ad un fotografo di paesaggi: un treppiede. Ci aiuta nel rimuovere il micromosso, ci dà la possibilità di lavorare con tempi molto lunghi e soprattutto rende possibile l’utilizzo del bracketing. Ricordate che gli obbiettivi grandangolari tendono ad offrire molta tridimensionalità oltre ad un angolo di visuale enorme e molta profondità di campo. I teleobbiettivi, al contrario, tendono a “schiacciare” le nostre fotografie e renderle piatte. Ora non vi resta che andare a caccia di paesaggi, di bellezze, di scorci, di vita, il nostro territorio è un ottimo campo di pratica!

Scritto da Fernando Bernardi - Pubblicato sul numero 8 del 2020 del "Il Corace"

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