mercoledì 8 novembre 2017

ACQUA POTABILE A CORI

Credo che siano pochi i cittadini di Cori che bevono l’acqua dal proprio rubinetto. Teoricamente è potabile ma nella pratica continuiamo a comprare acqua in bottiglia. La percezione comune sembrerebbe quella che l’acqua che esce dai nostri rubinetti non sia potabile.

La pioggia manda giù acqua più o meno distillata, arrivata al terreno una parte viene trattenuta dalla vegetazione, una parte scorre superficialmente nei fossi, nel nostro caso nelle strade, e una parte si infiltra attraverso i terreni e le rocce che la filtrano e l’arricchiscono di elementi fino a raggiungere la falda basale o principale. La falda è la zona di accumulo e drenaggio sotterraneo delle acque di infiltrazione. Capito quanto sopra esposto si può scegliere con un minimo di logica il punto più appropriato dove costruire un pozzo per l’attingimento dell’acqua dalla falda evitando la contaminazione e l’impoverimento della riserva idrica. Il pozzo attuale, in gestione ai privati, non sembra costruito per i cittadini di Cori ma era probabilmente il pozzo di pertinenza della stazione ferroviaria (quando ne avevamo una). Nessuno con un minimo di logica avrebbe scavato un pozzo a 3 km di distanza dal centro abitato nella sua parte più bassa. La qualità dell’acqua è determinata dai terreni che vengono attraversati dalla falda; peschiamo acqua da una falda sovrastata da terreni vulcanici costituiti da pozzolane e tufi che sono ricchi di minerali anche dannosi per l’uomo (arsenico ed altri). Inoltre nell’intorno del pozzo sono presenti aree agricole con coltivazioni intensive che utilizzano prodotti chimici e attività estrattive di dubbia pericolosità. Dalla carta geologica è facile capire perché peschiamo acqua “all’arsenico”.
Il danno non è solo nella qualità ma si sviluppa su tutto il percorso che porta la stessa fino ai serbatoi posti a monte del paese. L’acquedotto è rotto in più punti e l’acqua in pressione che ne fuoriesce satura i terreni sottostanti le abitazioni provocando, nel tempo, cedimenti e frane. Detto questo c’è poi la beffa di uno strumento da rabdomante come l’inutile ma costosissimo dearsenificatore. Fatti due conti, tra il costo del dearsenificatore, l’obolo che percepiscono i gestori privati, le spese per le bottiglie d’acqua tipo venti euro al mese per circa tremila famiglie che fanno settecentomila euro l’anno più i rifiuti plastici da smaltire, spendiamo, per l’acqua che non abbiamo, cifre da capogiro. Basterebbe costruire un nuovo pozzo a monte del paese evitando così tutti i seri problemi finora esposti. Esistono già due pozzi privati alla stessa quota di dove si dovrebbe scavare il nuovo pozzo comunitario. Le spese sono irrisorie se confrontate a quelle attualmente sostenute dalla comunità di Cori, anche nel caso si dovessero costruire più pozzi per avere meno impatto sulla falda.

Sono state effettuate due analisi chimiche e batteriologiche; il primo campione d’acqua è stato preso dalla fontana pubblica di San Rocco mentre il secondo campione d’acqua è stato preso in un pozzo privato situato alla stessa quota del pozzo da costruire. L’ubicazione del nuovo pozzo  potrebbe essere vicino alle scuole materne dove si trova attualmente il dearsenificatore e il raccordo dell’acquedotto cittadino. In futuro si potrà agevolmente collegare il pozzo direttamente all’acquedotto. I grafici esposti mostrano il confronto tra i risultati delle analisi dei due campioni d’acqua prendendo in considerazione alcuni elementi principali che differiscono sensibilmente. In grigio sono riportati i valori dell’acqua della fontana pubblica, in nero sono riportati i valori dell’acqua del pozzo privato di riferimento, cioè del pozzo nuovo da costruire. La carica batterica dell’acquedotto è azzerata perché viene immesso un alto quantitativo di disinfettante mentre l’acqua del pozzo da costruire è incontaminata batteriologicamente. Il livello di arsenico presente nell’acquedotto è quasi al limite di legge nonostante il costoso utilizzo del dearsenificatore. Se le analisi sono esatte significa che l’acqua che noi beviamo, prima di passare nel dearsenificatore, contiene presumibilmente un livello di arsenico di molto superiore ai limiti di legge.

Perché pompare acqua velenosa per poi trattarla se possiamo pompare acqua già buona in partenza? Per quanto riguarda l’acquedotto le nuove tubature e le riparazioni di quelle vecchie sono realizzate in materiale sintetico; questo materiale rilascia, nel tempo, quello sgradevole sapore di plastica (sà di tubo!).
Cos’è che dà quel gusto all’acqua? Farà male? E perché la paghiamo come acqua potabile che dovrebbe essere insapore? Purtroppo l’acquedotto è in gestione ad un privato ma il nuovo pozzo comunitario potrebbe essere utilizzato inizialmente come punto di approvvigionamento idrico, invece di comprare acqua in plastica; in pratica è il fontanile di una volta. Vista la poca affidabilità delle analisi una tantum in laboratori certificati il controllo di potabilità potrà essere effettuato tramite l’installazione di sensori automatici in continuo e confermato periodicamente dall’Asl di competenza, se mai ce ne fosse. Con i pochi dati a disposizione non è ancora possibile stabilire con certezza la compatibilità dell’opera qui proposta ma restare fermi ad aspettare che sia un qualsiasi gestore privato a risolvere i nostri problemi mi sembra questa un’utopia. Buona bolletta a tutti.


Scritto da Quirino Alessi - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

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