lunedì 4 marzo 2019

CACCIA: LEGGI E BALISTICA VENATORIA

Nella Determinazione della Regione Lazio G14459 del 13/11/2018, l’Allegato A riporta in intestazione: “Avviso di selezione per l’individuazione dei componenti delle “Commissioni per l’abilitazione all’esercizio dell’attività venatoria” di cui all’art. 40 comma 11 lettere b) e c) della L.R. n. 17/1995, istituite in ciascun capoluogo di Provincia, presso le ex Aree Decentrate Agricoltura del Lazio”.
In tale “Allegato A” si legge: “… omissis … Le nomine dei componenti delle Commissioni per l’abilitazione all’esercizio dell’attività venatoria, ai sensi del comma 13 dell’art. 40 della L.R. n. 17/1995, sono da ritenersi a titolo onorifico, pertanto non sono previsti oneri a carico del Bilancio regionale … omissis …”.
Dato che non si parla di “opera di volontariato”, perché un Professionista dovrebbe lavorare gratis? Lauree, specializzazioni e competenze sono costate sacrifici ed è giusto, pertanto, che chi esercita relative Professioni debba essere remunerato!
Per quanto riguarda il membro della Commissione per la Balistica venatoria, quale laurea viene richiesta? Quali competenze di Balistica venatoria vengono richieste? Non sarebbe opportuno che tale soggetto fosse anche un esperto cacciatore?
Nel trattare la questione relativa alla “morte da shock”, già accennata in un precedente articolo, appare doveroso considerare brevemente i casi in cui un animale cacciabile, colpito con almeno 4-5 pallini, non arresti la sua corsa, ovvero, se fermo, non rimanga sul posto o giù di lì.
Le motivazioni di tale “atteggiamento” possono essere diverse: i pallini potrebbero essere di dimensioni troppo piccole in rapporto all’animale insediato, potrebbero avere scarsa penetrazione, ovvero non riuscire a procurare ferite invalidanti. Un simile fenomeno è riscontrabile quando, ad esempio, dopo avere sparato ad un volatile, si osserva una c.d. “nuvola” di piume ed il volatile continua a volare … Di contro, può accadere che il volatile cada inesorabilmente a terra a causa della rottura di un’ala provocata da un unico pallino.
L’animale non è rimasto sulla fucilata perché il piombo gli è arrivato freddo …”: in merito a tale affermazione non si conoscono trattati di non si conoscono trattati di Balistica terminale che, analizzando il fenomeno dei pallini che colpiscono un animale, riportano casi di visibili bruciature intorno all’area in cui è penetrato il pallino. Quindi la domanda: chi afferma tale rapporto causa (piombo che giunge freddo sull’animale) - effetto (animale che non riporta ferite invalidanti), su quali principi balistici si basa? Ovviamente, quanto detto non riguarda colpi sparati a bruciapelo, in cui non si può neanche parlare della “rosata di pallini”.
Scritto da Renato Bologna e Emanuele Vari - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

FINO A QUI TUTTO BENE

Chiamalo cornetto, chiamalo brioche, chiamalo croissant. Ma postalo sullo stesso social: Instagram. Un interessante articolo di Withney Filloon su Eater sostiene la tesi che la popolare piattaforma basata sull’upload di fotografie stia progressivamente deteriorando la qualità del cibo.
Siamo al conflitto tra il buono e il bello, quello che i greci indicavano nel καλὸς καὶ ἀγαθός (Kalos kai agatos), o meglio nella crasi di kalokagathìa (in greco antico: καλοκαγαθία), il bello e buono, inteso, con riferimento all’uomo, come valoroso in guerra e in possesso di tutte le virtù, il modello di perfezione fisica e morale dell’essere umano.
Oggi, invece, ciò che risulta bello non è necessariamente buono. Per attrarre sempre più l’attenzione dell’utente medio, e mediamente distratto, si tendono a postare foto di cibi stravaganti, il che indurrebbe i fornai a fare croissant con ingredienti sempre più colorati o calorici, inseguendo un arcobaleno di possibilità.
Non troviamo nulla di male nella sperimentazione, anche la più azzardata. In fondo, è soltanto di poche settimane fa la notizia della clonazione di due primati, tra gli esseri viventi più prossimi al genoma umano. La questione è “che cosa induce a sperimentare?”. La fantasia, la curiosità, la ricerca di un gusto migliore oppure l’inseguimento ad ogni costo di un maggior numero di likes? Quale sarà il cliente più soddisfatto? Colui che mangerà o colui che posterà?
Questa è una delle strade in cui si espleta la tendenza al foodporn, una vera e propria pornografia del cibo, che dimentica il senso dell’erotismo.
"Le otturazioni o aggiunte non devono nascondere la qualità del croissant", afferma Yann Ledoux, executive chef fornaio presso la pasticceria di New York Maison Kayser. "Quando produci una brioche bella e sfogliata, non vuoi distruggerla mettendo la crema dentro. È un peccato".
"Non c'è niente di sbagliato nell'innovare il mondo della viennoiserie", afferma Preston. Fa riferimento ai croissant al cioccolato e al lampone fatti dal pasticcere Francois Brunet alla Epicerie Boulud come esempio di un tocco creativo su un croissant che mantiene intatta un tocco creativo su un croissant che mantiene intatta l'integrità della pasticceria classica. Ma, dice, "C'è una linea sottile tra una pasticceria ingannevole e una pasticceria innovativa". Questa è la distrazione, questa è società liquida di Bauman.
A conclusioni analoghe è arrivata la riflessione dello scrittore scozzese Andrew O’ Hagan il quale, in un recente articolo su Rivista Studio, sostiene che “Gli scrittori prosperano nella privacy, non su Twitter, e lo stesso vale per i lettori. Dare via le proprie frasi senza pensarci, e per giunta gratis, danneggia la scrittura come professione, l’idea di pagare qualcuno perché è bravo a scrivere, e uccide la concentrazione. Oggi siamo tutti intrattenitori, i politici sono teatrali in ogni loro mossa, ma anche gli scrittori a malapena passabili hanno molto da perdere in questo campionato mondiale di stupidità”.
E ancora Ballard, autore del profetico libro “Regno a venire”, sosteneva che il ruolo dello scrittore sarebbe venuto meno nella società, visto che una grande quantità di finzione era già disponibile nella realtà stessa. Il mercato della fiction non è più corale o collettivo, ma individuale: costruiamo la nostra storia a colpi di foto e status. La storia perfetta, il cornetto per la colazione perfetta.
E gli uomini come le donne stanno correndo il rischio di diventare come quei croissant. Se non siamo abbastanza buoni e bravi da poter essere incastrati su instagram insieme al nostro partner, da essere presenti non solo davanti ai suoi occhi ma, ogni tanto, anche davanti agli occhi degli altri, allora saremo sostituiti.
Con la prossima brioche.
Scritto da Fabio Appetito - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

QUARANTA GIORNI AL MATTINO DI PASQUA

Le belle giornate iniziano a farsi avanti, anche se come dice il proverbio “una rondine non fa primavera” e il rigido inverno ancora non è cessato. Tutto vero, come è anche vero che ci si avvicina alla primavera e alle feste pasquali, sebbene viste da lontano. Un altro proverbio che è entrato nel linguaggio comune, al di là del credo religioso (anche qualche musulmano lo usa e ciò fa sorridere), è proprio “lungo come una Quaresima” per indicare il molto tempo che ci vuole per raggiungere degli obiettivi o per andare al sodo in una questione. In effetti è così, la Quaresima è un lungo periodo di quaranta giorni che precede la festa di Pasqua. Ma perché è lunga la Quaresima? E come è nata? Marzo sarà interamente vissuto nel pieno di questo particolare periodo liturgico e spirituale. Occorre dire che la nota caratteristica della Quaresima è esattamente la conversione a Dio attraverso la penitenza, un ritorno al Signore mettendo in discussione il proprio vissuto di fede per poter ben disporsi a celebrare il centro di tutto il cristianesimo: la passione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo.
Questo speciale tempo liturgico anticamente non era così lungo e soprattutto per quanto riguarda la chiesa di Roma non si comprende molto bene la sua origine; si può dire che si è andato formando progressivamente. La storia precedente la collega a una prassi penitenziale preparatoria alla Pasqua che ha cominciato ad affermarsi fin dalla metà del II secolo. Finoal IV secolo, l’unica settimana di digiuno e di penitenza era quella cheprecedeva la Pasqua. A metà del IV secolo sono state aggiunte altre tre settimane per comprendere poi complessivamente quattro settimane. L’uso di iscrivere i peccatori alla penitenza pubblica quaranta giorni prima di Pasqua determinò la formazione di una “quadragesima” (quaresima) che cadeva nella sesta domenica prima di Pasqua.
Dal momento che non si celebrava (e non si celebra) l’inizio di un cammino penitenziale in giorno di Domenica, definita fin dall’antichità la Pasqua della settimana, si fissò l’inizio di questo tempo speciale, “forte”, al mercoledì precedente. Ecco l’origine del mercoledì delle ceneri. Le ceneri cosparse sul capo dei fedeli e il parato color viola indossato dal clero durante le liturgie, sono i segni evidenti dell’inizio del periodo di Quaresima. Il digiuno e l’astinenza dalle carni, nato fin dall’inizio, accompagnava anticamente tutto il periodo dei quaranta giorni, con una chiarissima allusione al vangelo dove Gesù fu tentato quaranta giorni e quaranta notti, digiunando nel deserto. Successivamente il digiuno divenne precetto solo il mercoledì delle ceneri e il Venerdì santo, facendo permanere l’astinenza dalle carni tutti i venerdì di Quaresima, tale prassi resta attualmente valida.
La Quaresima però non è compiere una serie di atti religiosi ma vuole essere, come fin dall’antichità, una modalità per revisionarsi di fronte a Dio (con la preghiera personale dunque) cercando di scrollarsi di dosso tutte le pesantezze e le strutture che ci fanno ripiegare su noi stessi e che ci chiudono all’altro e a Dio. La Riscoperta o la scoperta dell’essenziale (Cristo e la sua Volontà da compiere) si attua in Quaresima. Da questo punto di vista diviene un periodo che apre al mistero, alla conoscenza di sé, al discernimento tra ciò che ci fa bene e ciò che ci appesantisce; le cose che ci appesantiscono e ci inquietano nel linguaggio di fede si chiamano peccati. Il sacramento della riconciliazione (la confessione dei peccati) diviene il frutto di tutto questo periodo lungo e ben vissuto che ci permetterà di assaporare fin da subito il “mattino di Pasqua”.
Scritto da Giovanni Grossi - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

MA LA LEGGE È UGUALE PER TUTTI?

Cosa non si fa per il posto fisso o la poltrona in Parlamento, che in questo caso è la stessa cosa... anche le migliori intenzioni, i buoni propositi, le promesse fatte, vengono messi da parte da chiunque posi il suo posteriore su quella poltrona, deve essere proprio comoda! Ed è così che anche il partito "dei cittadini", quello onesto, contro tutti i favoritismi, che fino a qualche anno fa puntavano il dito contro tutto e tutti, ora fa crollare il muro e con esso uno dei pilastri fondamentali della sua campagna elettorale e non. Sì, perché dopo essere stati all'opposizione a gridare e sbraitare contro tutti i privilegi di cui beneficiava la casta, martedì 19 febbraio 2019 Luigi Di Maio & Company hanno votato per evitare al loro compagno di giochi Matteo Salvini, un normale processo per il caso Diciotti.
Facciamo un passo indietro e vediamo cosa successe e perché era stato indagato. Il 16 agosto del 2018 la nave Ubaldo Diciotti della guardia costiera italiana ha soccorso a largo di Malta nelle acque internazionali circa 190 persone, in quanto la barca era in difficoltà e stava iniziando ad imbarcare acqua. Il 20 agosto dopo varie contestazioni tra Italia e Malta per scegliere il porto di sbarco della nave, la Diciotti attracca al porto di Catania, dove il comandande riceve l'ordine di non far scendere i migranti dalla nave. Questi ultimi, infatti, hanno avuto il permesso discendere dalla nave solo il 26 agosto. Questa decisione è stata presa dal Ministero dell'Interno, pertanto la procura di Agrigento, dopo un'attenta indagine, ha iscritto il Ministro Matteo Salvini nel registro degli indagati, con l'accusa di sequestro di persona aggravato. All'interno della nave Diciotti vi erano disperati che sono stati salvati in mare, non si trattava di uno scafista o di trafficanti, erano praticamente già in Italia, perché vorrei ricordare al caro Salvini che le navi militari italiane sono esse stesse territorio italiano, e lui ha deciso volontariamente di bloccare e sequestrare circa 190 persone bisognose di aiuto a bordo della Diciotti. Subito dopo quanto successe, il Ministro Salvini pieno di spavalderia disse che avrebbe rinunciato alla sua immunità parlamentare, perché non aveva paura di essere processato in quanto convinto delle proprie idee. Ma a me sembra che abbia cambiato idea. Oppure la spavalderia del momento è stata sostituita dalla paura perché ha capito che il rischio che il reato fosse stato compiuto era alto?
Comunque anche in questo caso abbiamo appurato che, nonostante il "governo dei cittadini", la legge non è uguale per tutti. I ministri, durante il loro mandato, se compiono reati sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria, salvo autorizzazione del Senato o della Camera. Solo in un caso è possibile negarla, nel caso in cui il ministro in questione "abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per il proseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni di governo". A me sembra evidente che tenere in ostaggio 190 persone per circa 10 giorni a bordo di una nave non è di certo interesse pubblico, anzi io lo valuto come un atto a dir poco disumano e anticostituzionale, contro i diritti garantiti alle persone su tutto il territorio nazionale senza distinzione di sesso, razza e religione. Al Governo gialloverde darei un suggerimento: rileggete almeno gli articoli fondamentali della nostra Costituzione!
Ma vediamo anche come i grillini hanno espresso il loro voto sulla piattaforma online. Già sulla domanda avrei da che ridire "Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per ridistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?". Ma le ipotesi di risposta sono le mie preferite: Sì per votare no e No per dare l'autorizzazione a procedere. I Cinque Stelle non erano quelli chiari e semplici? Il Sì per votare No? Stiamo scherzando?
Abbiamo appurato che i grillini si stanno sabotando da soli e che ormai stanno decisamente perdendo la loro credibilità, erano nati come i paladini della giustizia ma si stanno rilevando dei pecoroni che si mettono a difendere un leghista da un semplicissimo processo. Come dice un vecchio detto: tutti i nodi vengono al pettine. Ed è così che anche il Movimento Cinque Stelle si sta facendo vedere per quello che è realmente, il potere ha dato alla testa anche a loro e cercano tutti i modi per restare al Governo e mantenersi il posto sulla "famosa" poltrona.
Scritto da Costanza Placidi - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

IL SERVILISMO FA CURRICULUM

Mi capita sovente di incontrare in un bar di Cori o a spasso per le sue piazze e viuzze...il Sindaco. Salutato spesso con deferenza e con parole confidenziali che lasciano immaginare una conoscenza quasi parentale con il suddetto. Bella sta cosa mi dico, una forma di rispetto che mi fa capire che l’autorità gode di ampio consenso qui. Il Sindaco ci rappresenta, ci tutela... non ci protegge (la protezione sa di preferenzialità).
Poi una scena che mi turba non poco azzera il quadretto idilliaco. Al Sindaco si avvicina un codazzo che nell’andargli incontro si ingobbisce sempre più, fino ad una prossemica che mima la genuflessione.Tutto questo ha come spettatori me ed un vegliardo poco propenso alla sottomissione (forse solo con la moglie) e che deve averne viste tante di cose del genere. Per lui forse mutava il sembiante dei tipi, l’epoca, ma il movimento verso il “potente” da parte di cittadini proni per opportunismo, era il medesimo. Lo guardo. Non parla. Sorride amaramente. Ci capiamo. Continuiamo a guardare curiosi e ad un certo punto il “gruppetto” emette suoni tipici del branco sottomesso al “lupo alfa”, pacche sulle spalle, “passa a trovarmi”, “poi parliamo di quella cosa”...nulla di proibito ovviamente ma la riflessione che mi sovviene va oltre la scena osservata e mi porta ad un tema sempiterno che riguarda tutti noi.
Il servilismo innato nella natura umana. Gli antichi Greci disprezzavano gli schiavi perché avevano preferito servire anziché morire. Il feudalesimo, un regime da non rimpiangere e che ricorda la nostra epoca, era fondato su un patto personale che implicava l’asservimento a tutti i livelli gerarchici. Ma quella fedeltà era regolata da un codice che impegnava tanto il signore che il vassallo. Oggi invece il servilismo è “nomade”: si offre di volta in volta a seconda delle convenienze del momento Impera il tutti contro tutti. Affermarsi a spese degli altri, costi quel che costi. Dignità? Questa sconosciuta. Rispetto delle regole? Me ne frego!!
Il servilismo è il trionfo di un’affermazione personale, anche minima, anche irrisoria; solo ben remunerata e a detrimento della propria autonomia. Ci si mette a disposizione del “padrone” di turno per utilitarismo spicciolo. Si bacia la mano a chi può darci benefici potenziali o reali. Il “potente” ci dice cosa dobbiamo pensare e per premiarci ci procura un piccolo appalto, una nomina come direttore dei lavori, la presidenza di un ente, una corsia preferenziale ad uso esclusivo, l’azzeramento di ogni ente, una corsia preferenziale ad uso esclusivo, l’azzeramento di ogni graduatoria, il marameo allo spettante di diritto. Fa male vedere scene come quella descritta sommariamente nell’apertura del mio scritto. Mi fa strano pensare che un vecchietto possa tristemente indignarsi ed un giovane avvicinarsi con un sorriso ebete a chi può “fargli un favore” che eluda il tanto sbandierato merito. Ci può stare la segnalazione di “uno bravo” che abbia dimostrato competenza e preparazione ma mettere la propria persona a disposizione di un’autorità mi pare vergognoso e avvilente.
Vorrei tanto vedere un Sindaco camminare per un paese immaginario senza i “servi sciocchi” al seguito. Una canea amorfa in attesa di un osso da spolpare. Dammi che ti dó. Meglio sarebbe un fai che ti dai. Alla domanda “cosa sai fare?” si risponde.. “servo da dio”, “so blandire come pochi”, “amor proprio non ne ho”. Laurea in servilismo. 110 senza lode.
Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

CORI E BETLEMME VERSO IL GEMELLAGGIO, L’ACCORDO SARÀ SIGLATO A GIULIANELLO

Cori e Betlemme saranno presto gemellate. Si sono incontrati proprio nella città palestinese i due sindaci Mauro De Lillis e Anton Salman. Lo scorso 15 febbraio al Peace Center di Betlemme i due hanno firmato la dichiarazione di intenti alla sottoscrizione del Patto di Gemellaggio tra le città di Betlemme e Cori.
Della delegazione corese facevano parte gli assessori Ennio Afilani e Chiara Cochi; le consigliere comunali Sabrina Pistilli e Annamaria Tebaldi; il parroco della Parrocchia San Giovanni Battista, don Khuder Saadi; la Dirigente vicaria dell'Istituto Comprensivo Statale “Cesare Chiominto”, Fiorella Marchetti; il Presidente dell'Associazione culturale “Il Giulianese”, Raffaele Sciarretta. Hanno fatto da cornice alla visita istituzionale le esibizioni degli Storici Sbandieratori delle Contrade di Cori e del cantante Roberto Bernardi.
Il gemellaggio con Betlemme sarà definitivamente suggellato a Giulianello, dove sarà siglato l’accordo.
L’idea del gemellaggio tra Cori e Betlemme si fonda sul legame storico-religioso che unisce la comunità di Giulianello alla Terra Santa, e in particolare alla Casa della Natività, e trova la sua massima espressione nel Bambinello, la statuetta del Bambin Gesù, scolpita nel XVI secolo da un devoto francescano sul legno d’ulivo del Getsemani. Benedetta nel 1998 da Papa Giovanni Paolo II, la statua è custodita nella sacra cappella della Chiesa di San Giovanni Battista, dove è venerata con speciale devozione e dal 1798 fulcro del tradizionale Bacio del 6 Gennaio. I primi contatti in questa direzione sono stati una iniziativa di Raffaele Sciarretta.
Un’amicizia, quella tra Cori e Betlemme, certificata anche dalle varie esibizioni degli sbandieratori di Cori in Cisgiordania.
I due attuali sindaci, con l'approvazione di entrambi i consigli comunali, hanno ritenuto i rapporti maturi per poter essere formalizzati e sviluppati anche a livello economico, turistico, culturale, scolastico ed istituzionale.
Per Cori questo gemellaggio si aggiunge a quello con Pefki (Grecia),Oświęcim/Auschwitz (Polonia), Sesto Calende (Italia).
“Ognuno dei gemellaggi della città di Cori ha le sue specificità, ma tutti sono costruiti nell’ottica del dialogo, della reciproca conoscenza e della promozione della pace – spiega il sindaco Mauro De Lillis – e in questo territorio affascinante che soffre la mancanza di pace anche noi vogliamo contribuire a costruire ponti e non erigere muri. Per fare ciò è necessario il coinvolgimento delle popolazioni e progetti che vedano protagonisti gli studenti e le organizzazioni culturali”.
Scritto da Eleonora Spagnolo - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

PIAZZA SIGNINA: INCONTRO PUBBLICO TRA AMMINISTRAZIONE,PROGETTISTI E CITTADINI

La presentazione delle idee di progetto per la riqualificazione di piazza Signina si è svolta al teatro comunale ‘Luigi Pistilli’, in un incontro pubblico che ha permesso il confronto dei progettisti e la possibilità di raccontare ai tanti cittadini presenti quale idea si potesse meglio addossare alla realtà di Piazza Signina. La manifestazione è stata organizzata dal consigliere delegato all’Urbanistica Elisa Massotti e dall’assessore ai Lavori Pubblici Ennio Afilani, secondo i quali “il convegno ha rappresentato non soltanto la conclusione dei lavori del concorso, ma anche un momento importante in cui è stato restituito e raccontato all’intera comunità il percorso intrapreso in un’ottica di progettazione partecipata”.  Erano presenti, oltre al sindaco di Cori, Mauro De Lillis, il direttore scientifico della Casa dell’Architettura diLatina, Pietro Cefaly, in qualità di presidente della commissione esaminatrice, e il presidente dell’Ordine degli Architetti di Latina, Massimo Rosolini, in qualità di membro della commissione, i quali hanno motivato i criteri di selezione delle proposte e spiegato le specificità di carattere sociale e di carattere tecnico che contraddistinguono il luogo, piazza Signina, sulla cui riqualificazione si sono confrontati gli architetti.
“La partecipazione dei cittadini – ha detto il sindaco Mauro De Lillis – al dibattito, anche culturale, che si aperto in paese con questo concorso di idee ci rende soddisfatti degli sforzi compiuti e ci spinge a proseguire su questa strada”.
L’Amministrazione comunale ha bandito il Concorso di Idee, attualmente disciplinato dall’art. 156 del Codice degli Appalti D.Lgs 50/2016 con il fine di acquisire una proposta ideativa, per cui appare evidente la principale differenza con il concorso di progettazione Art. 154 D.Lgs 50/2016: con il concorso di idee l'amministrazione cerca di ottenere la migliore impostazione possibile per la problematica cui il progetto è chiamato a dare risposta; una volta premiata la migliore proposta ideativa, essa è posta a base di un successivo concorso o appalto di progettazione.
Perché un Concorso di Idee su Piazza Signina? Nell’assetto urbano della nostra città Piazza Signina assume una posizione strategica per il centrostorico di Cori Monte, ricopre un ruolo funzionale importante per la concentrazione di funzioni, servizi, commercio i quali perimetrano buona parte delle “piazze” ma allo stesso tempo in questa porzione di città non è stata costituita una configurazione spaziale che abbia un funzionamento proprio. Nel corso dell’incontro sono state esposte innanzitutto le tre idee vincitrici e, a seguire, tutte le altre.
L’architetto Luca Zecchin, primo classificato, ha presentato un progetto che tende ad alleggerire gli elementi caratterizzanti la conformazione dell’attuale piazza; nello specifico, l’idea è quella di valorizzare l’intero invaso come spazio pubblico unitario, come una “piazza-parco” continua, il che vorrebbe dire passare da una netta separazione delle parti a un’unica figura pavimentata e fruibile. Molto apprezzati anche i progetti del team Atelier Acciarito (secondo classificato) – composto dagli architetti Emanuel e Alessio Acciarito, Fernando e Riccardo Bernardi – che ha proposto un’idea di “piazza-giardino” basata su alcuni importanti principi, come la multifunzionalità e l’accessibilità, e quello (terzo classificato) degli architetti sezzesi Giampaolo Carlesimo e Lia Maenza.
È stato possibile visionare gli elaborati grafici di tutte le proposte di progetto all’interno di palazzetto Luciani.
Scritto dal capogruppo di maggioranza Elisa Massotti - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

L'IMPLOSIONE DEI CINQUE STELLE E IL RAPPORTO CON LA DEMOCRAZIA REALE

C'è una rivoluzione in corso nel MoVimento 5 Stelle. Tale rivoluzione riguarda in una prima lettura la nuova organizzazione che i pentastellati intendono darsi: strutture territoriali, segretari regionali, possibilità di andare oltre i due mandati, alleanze con liste civiche, una cabina di regia che di fatto sarebbe una segreteria nazionale. Insomma un Partito. In questa prima lettura si manifesta l'esigenza di rispondere a quella che loro chiamano una frenata alle regionali in Abruzzo e Molise, ma che in realtà trattasi di una vera e propria batosta se si raffrontano quei dati con quelli del 4 marzo dello scorso anno. Elezioni politiche dalle quali sembrano essere trascorsi non dodici mesi ma anni, tanti sono stati gli scenari politici stravolti; prima di tutto l'avanzata travolgente della "Lega" dal 17% al 32%.
Ma non è del voto del Molise che intendiamo scrivere: è evidente che lì la destra ha stravinto trainata dal partito di Salvini, abilissimo nel tenere insieme Berlusconi e la Meloni, alla quale ha concesso il nuovo governatore della Regione, e nel contempo nel rinsaldare, anche se solo formalmente l'alleanza di governo con i Cinque Stelle. Quello su cui intendiamo ragionare è la seconda lettura della rivoluzione in casa grillina o ex grillina. Intendiamo per seconda lettura l'approfondimento delle motivazioni vere della crisi dei pentastellati e della loro perdita graduale di identità. La nostra opinione è che dentro questa perdita ci stanno anche le ragioni della palese subalternità alla Lega e lo smarrimento conseguente del suo elettorato.
Come spesso accade in politica la crisi cova, camuffata, sotto le ceneri della demagogia (o anche di provvedimenti non del tutto negativi, qualcuno positivo, come il reddito di cittadinanza e la caparbietà nel volerci vedere chiaro sulla Tav); per poi esplodere nelle sue fondamenta strutturali su episodi specifici. In questo caso la scintilla è stata la decisione da dover prendere se consentire alla Magistratura il procedimento contro Matteo Salvini per "sequestro di persona" a proposito della vicenda della nave "Diciotti". Di Maio e il suo entourage avevano due possibilità: autorizzare o non autorizzare. Un "Sì" o un "No". Di solito la democrazia parlamentare funziona così. Anzi sempre, non di solito. C'è una richiesta, la Commissione Parlamentare preposta si riunisce e valuta. Ed a valutare sono i parlamentari che essendo tali sono stati eletti dal popolo. Cioè lo rappresentano, come è ben descritto nel primo articolo della Costituzione. I Cinque Stelle avevano un dilemma: o essere coerenti con uno dei principi fondamentali del loro "non statuto" (come lo definiscono) per il quale tutti sono uguali dinanzi alla legge, e votare sì alla richiesta, lasciando poi che la giustizia facesse il suo corso; oppure opporsi, salvando il Ministro dell'Interno. Per farlo dovevano rispondere ad un quesito: se l'operato del Ministro dell'Interno era stato dettato da preminente interesse pubblico per lo Stato o da motivazioni personali.
In due parole: per farsi propaganda politica. Una decisione impegnativa perché un "sì" alla richiesta avrebbe potuto anche provocare la caduta del Governo. Bene, la linea scelta da Di Maio è stata quella, inedita nella storia delle Repubblica, di affidarsi alla piattaforma Rousseau, cioè al voto dei militanti: un referendum (con un sì che era no e viceversa) su una vicenda delicatissima che sarebbe spettata alla competenza della Politica. Una decisione che sarebbe piaciuta a Ponzio Pilato che, un paio di migliaia di anni fa ebbe la stessa strepitosa idea rivolgendo al popolo la fatidica domanda: volete libero Cristo o Barabba? È finita come tutti sappiamo. Lungi da noi qualunque opinione e paragone, i lettori se ne saranno fatta una loro, ma è evidente che l'esito del voto, di per sé preceduto già da una valanga di polemiche non solo esterne ma anche e soprattutto interne al Movimento, ha fatto esplodere, con il suo esito, un movimento spaccato quasi metà, (ben 40% per l'autorizzazione a procedere) la domanda irrisolta e non più rinviabile del rapporto tra Cinque Stelle e Democrazia: per davvero una forza di Governo, con le sue legittime ambizioni, pensa di bypassare la corretta rappresentanza democratica, uscendo fuori dalle pratiche che la nostra Costituzione prevede? E si pensa per davvero dif arlo ricorrendo costantemente al ricorso referendario su di una piattaforma, diciamolo pure, ambigua ed approssimativa (che anche nel corso delle votazioni ha mostrato tutti suoi limiti?).
Una roba del genere non sta né in cielo né in terra: al massimo in quel purgatorio dove le "anime belle" dei "Cinque Stelle" rischiano di restarci a lungo se non mettono mano in modo concreto, e non solo a parole, alla rivoluzione annunciata che deve servire a raggiungere tre obiettivi: ritrovare una identità ponendo fine al vassallaggio verso la Lega; decidere se essere veramente forza di governo e muoversi dentro i binari delle democrazie europee, ritornando ad essere una forza di popolo, anche antagonista all'attuale "ordine europeo" ma facendo da argine alle derive populiste reazionarie ed eversive, impregnate di razzismo e xenofobia, e non alleandosi con esse, ominimizzare il loro pericolo; riconoscere non semplicemente il dissenso interno, ma la ragion d'essere della dialettica e del pluralismo come punto forte della crescita del Partito. Insomma, devono scegliere cosa vogliono fare da grandi. Altrimenti corrono il rischio serio di non arrivarci neanche alla maggiore età.
Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

LA MINORANZA RISPONDE AL SINDACO

Leggendo la risposta del Sindaco De Lillis ci aspettavamo di leggere almeno qualche riga di chiarimento sulla situazione amministrativa del nostro Comune, invece da buon soldato ha cercato di difendere quell’apparato di “Partito” che lo ha sostenuto in questi ultimi 10 anni. E certo che i tempi ed i contesti erano diversi, caro Sindaco, quello che purtroppo è restato uguale nel tempo è stato lo sperpero di denaro pubblico, lo spreco fatto con opere restate incompiute e che non hanno prodotto niente, che non hanno portato benefici per la collettività, questo era il punto evidenziato nel mio articolo.
Poi descrivere la parentesi dell’Amministrazione Bianchi come il male del mondo mi sembra esagerato. Anche perché dopo 50 anni è stata l’unica Amministrazione che ha rimesso mano al tessuto Urbanistico di questo Comune cercando in quel poco di tempo, un mandato scarso (4 anni), di ridare una parvenza di Città a questo nostro Comune. Cito alcuni esempi per non ripetermi, è stato riqualificato il percorso del centro-storico, è stato adottato il PRG dopo più di 30 anni ed infine oggi attualissima con la riorganizzazione urbana di Piazza Signina con l’ormai famosa “Piazza Verde” che quasi tutti i progetti presentati nel Concorso di Idee, hanno preso come spunto, dimostrando che “l’idea” era ed è ancora valida. Poi parla di atrocità amministrative portando ad esempio la vendita del “Parcheggio di Piazza Romana”, sventolando la bandiera della “mancanza di parcheggi” nel centro storico, dimenticando di dire però che l’Amministrazione Bianchi ha venduto un “parcheggio” e che lui nell’Amministrazione Conti ha permesso che si trasformasse in unità abitative. Con regolare permesso oppure no?
Poi cerca di sdrammatizzare il fatto che ultimamente Cori sia alla ribalta delle cronache per alcuni abusi edilizi interessati da provvedimenti da parte della Procura. Parla di “grande Bluff”, dice che non esiste un “sistema”, questo lo si poteva credere Sindaco se c’era un solo caso ma qui ad oggi esiste una curiosa ed alquanto grave serie di abusi e noi giustamente ne siamo preoccupati. Certo sarà la magistratura a decidere ma credo che sia arrivata già più di qualche ordinanza di demolizione e quindi qualche abuso è già stato accertato, siamo sicuri che non ne arriveranno altri? Poi Sindaco e questolo dico con tutta franchezza ci aspettavamo un gesto vero di responsabilità politica. E’ troppo facile scaricare sugli altri le colpe di atti amministrativi dicendo che tutte le “eventuali irregolarità e gli errori di cui si parla sono stati emessi prima di questa consiliatura” e sono da attribuire ai tecnici e non alla politica.
Ma come, Sindaco, sei stato Assessore al Bilancio per due mandati nella giunta Conti e non ti sei accorto che prima di questa “consiliatura” c’eri tu ad amministrare il Comune di Cori? E di chi sarebbero le colpe di queste sviste amministrative? Oppure le colpe sono solo dei Sindaci e non dei “compagni” di giunta? Ma come può un “personaggio di spicco” poi successore alla carica di Sindaco scaricare sulle spalle a questo punto pensiamo noi di Tommaso Conti tutte le responsabilità di quello che è stato fatto in 10 anni di Amministrazione di cui “lui” è stato corresponsabile? Ed a proposito di responsabilità ci aspettiamo oggi dal Sindaco un chiarimento sulla “disastrosa situazione finanziaria” del Comune di Cori, visto che per la prima volta nella storia di questo Comune credo, nel mese di Gennaio non sono stati pagati gli stipendi ai dipendenti comunali. Oppure anche qui le responsabilità sono degli altri, magari del neo Assessore al Bilancio, dopo che il neo Sindaco per 10 anni ha ricoperto quella carica? Chi amministra caro Sindaco deve avere il coraggio di prendersi tutte le responsabilità politiche del caso, il tecnico non agisce da solo, ma su indirizzi politici e programmatici che la Giunta o la maggioranza gli indica di seguire, altrimenti le macchine burocratiche non avrebbero bisogno della Politica e potrebbero benissimo camminare da sole. Quindi gli errori e le irregolarità degli atti hanno tutti una responsabilità di matrice politica, perché un buon amministratore deve controllare tutto quello che esce dalla propria amministrazione, se non lo fa allora è inadeguato a ricoprire quel ruolo.
Chiudo raccogliendo l’invito finale del Sindaco, cioè quello di contribuire in modo propositivo per poter migliorare la nostra Città e qui devo ancora correggere il Sindaco perché dimentica di menzionare che il nostro gruppo è sempre stato disponibile a collaborare, quando coinvolto, su temi cheinteressano il bene della collettività, facendosi promotore dell’ordine del giorno sulla salvaguardia del nostro Punto di Primo Intervento e non ultimo il voto favorevole al gemellaggio con la Città di Betlemme. Certo questo non vuol dire che dobbiamo entrare nel merito delle scelte che questa amministrazione adotta, anche perché come abbiamo sempre sostenuto noi abbiamo un’altra visione di Città. Noi Caro Sindaco e concludo non abbiamo nessuna intenzione di screditare la tua amministrazione, ci è stato relegato il compito di stare all’opposizione/minoranza e stare da questa parte non è facile perché spesso ci si trova anche in posizioni scomode, perché il cittadino è interessato a farci rilevare più i problemi personaliche quelli che interessano la collettività, ma devo dire che gli attestati positivi che ci arrivano da parte di quei cittadini che sono interessati al bene comune piuttosto che a quello personale ci invogliano a continuare su questa strada ed invito e sprono a tal proposito la Maggioranza ad una maggiore attenzione verso l’amministrazione della cosa pubblica e mi rivolgo soprattutto a quei consiglieri che siedono per la prima volta in Consiglio Comunale, vigilate, cercate di imparare anche dagli errori per fare in modo così di non doverli ripetere. “Il livello di allarme si raggiunge quando lo scadimento etico della politica non è neppure più percepito come dannoso”.
Scritto dal capogruppo di minoranza Angelo Sorcecchi - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

SINDACO DA CHE PARTE SI STA?

Dall’Ufficio Tecnico pare non esserci ancora chiarezza sul da farsi relativamente al provvedimento di demolizione che dovrebbe essere adottato nei confronti dell’EUROSPIN. Tutto nasce dal Permesso a Costruire n.24/2016 riguardante “demolizione di fabbricati esistenti e ricostruzione di un fabbricato per attività commerciale”. Riportiamo quanto scritto nel numero di ottobre 2016: «...Innanzitutto appare singolare che il Permesso risulta essere stato richiesto dal soggetto proprietario dei fabbricati da demolire e rilasciata ad altro soggetto, pare senza alcuna richiesta di quest’ultimo per il quale non si evince neanche a quale titolo interviene. Risulta essere stata rilasciata anche una “Autorizzazione amministrativa per l’apertura di una media struttura di vendita” (la n.1102/2016) all’EUROSPIN. Quindi sono intervenuti soggetti diversi. Altro aspetto da approfondire sono le date di presentazione per il rilascio del Permesso e dell’Autorizzazione, entrambe rilasciate il 1° luglio 2016. L’intervento di demolizione e ricostruzione sembra ricadere in zona D1 del PRG (Attività Produttive). In tali aree, secondo l’art.21 delle NTA pare siano consentite tra l’altro attività commerciali sino a 1000 mq. coperti.
Nel Permesso a Costruire si parla di superficie commerciale coperta pari a mq.1560. Perché? Da verificare anche se c’è il parere della Regione Lazio ex art.13 Legge 64/74, l’effettiva superficie destinata alla vendita, l’esistenza o meno delle aree destinate al parcheggio, il rispetto della distanza della costruzione dalla strada (a proposito la declassificazione del tratto stradale ove insiste l’opera è regolare?), e poi la correttezza del calcolo degli oneri di urbanizzazione. Un’altra operazione da fare è quella diaccertare se gli immobili oggetto di demolizione risultano legittimamente realizzati. È stato rispettato l’art.11 delle NTA? E’ stato approvato il Piano Particolareggiato per detta opera? L’eventuale non approvazione potrebbe comportare la responsabilità diretta degli amministratori. La compensazione degli oneri di urbanizzazione compreso l’impegno (da parte dichi?) di migliorare il tratto di strada che va da Via Annunziata fino all’incrocio di Via Stoza, è tutto nella norma? Il miglioramento di detto tratto di strada (concordato al fine di estinguere il diritto enfiteutico che grava sul terreno sul quale si sta costruendo) la cui superficie risulta pari a mq.4770, è stato quantificato in 25 euro quando normalmente per simili opere se ne spendono circa 10, qual è il motivo di questo più che raddoppio dei costi? Non sarebbe opportuno procedere ad una opportuna che raddoppio dei costi? Non sarebbe opportuno procedere ad una opportuna verifica? Inoltre chiediamo perché c’è un asterisco sulle tavole del PRG relativamente agli immobili oggetto di demolizione? Che significa?...».
Su quanto da noi scritto riguardo gli eventuali abusi edilizi e sulla vicenda dell’EUROSPIN in particolare, l’ex Comandante della Polizia Municipale Dott. Cartelli aprì una procedura di natura giudiziaria sentendo Renzo Dolci per “Il Corace” e i dipendenti comunali Ing. Luca Cerbara e Arch.Vincenza Ballerini. Di questa vicenda al momento non se ne sa nulla. Nel frattempo è intervenuto il NIPAF di Latina riscontrando, a quanto ci risulta, ipotesi di reato di abuso d’ufficio, lottizzazione abusiva e abusivismo edilizio per illegittimità del Permesso a Costruire. Nel mese di ottobre scorso il Responsabile dell’Ufficio Urbanistica dell’epoca (poi dimessosi) sembra abbia avviato il procedimento di revoca del Permesso Illegittimo e di acquisizione dell’area al patrimonio Comunale, comunicando il tutto alla Procura, alla Vigilanza della Regione Lazio e al Sindaco. A distanza di mesi non è accaduto nulla. Chiediamo al Sindaco, che ha anche la delega all’Edilizia Privata, quali sono i motivi di questo immobilismo. Si ha paura di intervenire e rischiare eventuale risarcimento danni in caso di richiesta della proprietà? Se così fosse sembrerebbe tanto un alibi di fronte ad una manifesta “illegittimità”. Si spera forse che intervengano altri a togliere le castagne dal fuoco e non ci si rende conto che sarebbe opportuno, secondo noi costituirsi parte civile all’eventuale processo? Da che parte si sta? Da quella dei cittadini in regola o da quella degli abusivi? Cosa penserà la Procura della Repubblica di fronte ad una eventuale omissione? E questo non riguarda solo il caso EUROSPIN.
Ci preme fare una ulteriore domanda al Sindaco di carattere generale. Se un dipendente comunale dovesse risultare indagato in materia di abusivismo edilizio, forse perché risulta aver contravvenuto ai doveri istituzionali cui è stato preposto, Il Comune è parte lesa o no? Dovrà costituirsi parte civile in un eventuale processo? Potrà in questo caso offrire assistenza legale al dipendente indagato?
A proposito di abusivismo edilizio, che fine ha fatto la nota n.141/2016 a firma dell'Ing Luca Cerbara con la quale venivano evidenziate irregolarità relativamente a Permessi e/o Autorizzazioni a Costruire? Pare si riferisse ai Permessi a Costruire nn.30/2015, 31/2015, 33/2015, 37/2015 e altro (e Cerbara, dopo essere tornato Responsabile dell'Urbanistica che fa? Ora è tutto regolare?).

Ora parliamo un attimo delle difficoltà finanziarie in cui versa il Comune. L’attuale difficoltà finanziarie in cui versa il Comune. L’attuale Assessore al Bilancio e l’ex Assessore al Bilancio ora Sindaco non ci degnano di nessuna risposta. Ci meraviglia l'attuale Assessore al Bilancio,il suo comportamento è come quello dell'ex Assessore al Bilancio ora Sindaco, dov'è la novità? Tutti uguali? Il Comune è in pre dissesto. Oggi la situazione è questa, per pagare gli stipendi non si pagano regolarmente i fornitori, tentando di pagare regolarmente i fornitori non si possono pagare gli stipendi. Giudicate voi! Anzi riferiscono che ci saranno aumenti di imposte e tasse comunali per cercare di tamponare la grave crisi finanziaria. Quindi?
Riguardo al Carosello Storico ancora non si provvedead indire le elezioni per il rinnovo del Comitato di Porta Romana. Quando saremo in distribuzione forse ci saranno novità. Il 1° marzo 2019 risulta scaduto il contratto di locazione dei locali utilizzati per la Taverna di Porta Ninfina. È stato rinnovato o si porterà la Taverna nel Centro Storico come dovrebbe? È più forte di noi, ci sono seri motivi per insistere sul personal computer sparito e poi ritrovato. Chiediamo al Sindaco se il Comune ha la disponibilità di quel computer, come detto prima sparito e poi ritrovato. Chiediamo nuovamente di procedere al controllo sulla regolarità dei rimborsi carburante richiesti dai dipendenti comunali da qualche anno a questa parte. Sindaco, da che parte si sta?

Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

RELAZIONI FAMILIARI NELL’ANORESSIA NERVOSA

Negli ultimi anni, l’anoressia nervosa sta diventando un problema emergente della nostra società. Si tratta di un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da rifiuto del cibo, quindi ridotto introito alimentare, paura ossessiva di ingrassare e alterata percezione di sé e del proprio corpo. Questa patologia colpisce le ragazze giovani in piena età adolescenziale; in base agli ultimi dati, pare che in Italia l’1% delle ragazze di età compresa tra i 15 e i 25 anni sia affetta da questa malattia.
L’anoressia viene definita “malattia del benessere”, infatti, si riscontra nei Paesi ricchi; è raro trovare ragazze anoressiche nei Paesi sotto sviluppati.
L’eziologia, quindi la causa di questa patologia, è da ricercare negli aspetti culturali della nostra società, ovvero una società che esalta la magrezza e il bello aspetto, fino ad elevarli a status symbol, in relazione all’affermazione e al successo generale, a cui la maggior parte delle giovani ragazze aspira. Tuttavia, l’anoressia ha radici molto più profonde che vanno oltre l’emulazione. Spesso, le ragazze anoressiche tendono ad essere accomunate da un senso di vuoto interiore, dal bisogno continuo di avere conferme positive ed essere accettate da tutti, dal sentirsi dipendenti e impotenti nel determinare il proprio destino. Queste ragazze non riescono a chiedere aiuto e tendono a chiudersi in un loro mondo, prigioniere di se stesse. Il più delle volte, tutto questo disagio nasce nel contesto familiare, dove esistono già difficoltà comunicative tra i membri. La distruzione del proprio corpo, rinunciando al cibo, rappresenta, per queste giovani malate, un grido d’aiuto, a testimonianza di una società ed una famiglia disattente e indifferenti.
Di solito, in queste famiglie, si hanno una mamma ed un papà assenti, che creano un vuoto dentro alla giovane figlia che non si sente apprezzata e stimata per quello che è e che riesce a fare nella sua vita. Spesso, il problema nasce nella relazione con il genitore che, troppo preso dalle proprie preoccupazioni e dai propri problemi, non riesce a “vedere” ed aiutare la figlia, ma anzi tende ad avere un atteggiamento distaccato e anaffettivo.
Ecco, dunque, che è importante intervenire non solo sulla psiche della giovane malata, ma anche e soprattutto sul contesto familiare, sulla dinamica familiare e sui genitori stessi e le loro relazioni, al fine di ristabilire il giusto equilibrio, che permetta alla ragazza anoressica di non sentirsi più vuota, ma anzi piena di vita e di voglia di vivere almeglio.
Scritto da Emanuela Cappa - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

MATERA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019

Per l’intero anno i riflettori si accenderanno su Matera, designata Capitale Europea della Cultura 2019. La "Città dei sassi" è stata scelta tra candidate d’eccezione quali Ravenna, Perugia, Siena, Lecce e Cagliari e da subito appare chiaro che il titolo, oltre ad essere un’occasione di sviluppo e promozione dal forte impatto economico, assume un importante valore simbolico di riscatto del Sud. Lo ha sottolineato il Presidente del Consiglio Conte e il Ministro per i Beni Culturali Bonisoli, l’ha così ribadito il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la cerimonia di inaugurazione del 19 gennaio “Questa città è un simbolo del Mezzogiorno italiano che vuole innovare e crescere, sanando fratture e sollecitando iniziative”.
Matera 2019 Open Future” lo slogan che sintetizza lo spirito del progetto volto a “costruire attraverso la cultura che ci tiene insieme un futuro aperto in tutte le sue molteplici declinazioni”, per usare le parole di Salvatore Adduce, Presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019 “il programma di Matera 2019 è una grande operazione collettiva basata su un processo di cocreazione, ovvero di lavoro fatto insieme a tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla scrittura del dossier fino ad arrivare alla progettazione e alla realizzazione di tutte le attività del 2019. Nel loro complesso queste non rappresentano un semplice festival di eventi, ma il frutto di un lavoro inedito per una Capitale Europea della Cultura che vede costantemente dialogare gli operatori della scena creativa locali, i partner europei, le istituzioni, le imprese e i cittadini. Il nostro obiettivo è far sì che questo trend continui a crescere e a portare i suoi frutti anche oltre il 2019”. Lungo le strade si alterneranno 54 bande musicali, nei vari angoli della città si svolgeranno spettacoli, laboratori, dibattiti e iniziative “che avranno l’ambizione di contribuire a prefigurare il futuro cercando di dare risposte alle domande poste dai 5 temi del dossier di candidatura: radici e percorsi, continuità e rotture, futuro remoto, utopie e distopie, riflessioni e connessioni”. Sono previste quattro mostre che condurranno i visitatori in un viaggio dal passato al futuro, “Ars Excavandi” sulle città rupestri, “Rinascimento visto da sud” sulle principali emergenze culturali, “La poetica dei numeri primi” con focus su Pitagora e “Stratigrafie. Osservatorio dell’Antropocene” dedicata all’era geologica definita dalle azioni umane. Filo conduttore della manifestazione sarà la condivisione, la partecipazione attiva della comunità dei materani, cittadini permanenti definiti “abitanti culturali”, e dei turisti, se ne stimano oltre settecentomila, considerati “cittadini temporanei”. La cittadinanza temporanea conferisce, oltre al diritto di vivere l’offerta culturale, anche il dovere di lasciare un oggetto espressione della propria idea di cultura (ad esempio un libro, una foto, un cd musicale ecc.) che verrà esposto nella quinta e ultima mostra di Matera 2019 Open Future.
Quarantotto settimane per abbandonare luoghi comuni e riscoprire un gioiello del nostro paese, con l’augurio che il percorso di sviluppo in atto possa proseguire anche “dopo” questo anno da capitale della cultura.
Scritto da Roberta Adolfi - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

IO SONO MIA

È il 1989. Quarantotto ore prima del Festival di Sanremo, l'anno del grande ritorno di Mia Martini. C'è chi sussurra alle spalle. Chi stringe un corno rosso in una mano. Chi sospira e chi cerca di aggrapparsi a tutto ciò che l'ha sempre mantenuto in vita: la musica. Si, perché Domenica Rita Adriana Bertè, chiamata dagli amici Mimì, non ha mai avuto paura di dire: "Se non canto muoio", perché per lei la cosa più importante è sempre stata quella, la sua musica, la sua voce, il suo cantare. Ed è questo che l'ha mantenuta in vita fino alla fine, fino a quel tragico 14 Maggio 1995, dove è stata ritrovata priva di vita, nella sua casa/rifugio, ascoltando la sua musica.
Il film è un ritratto intimista di una donna con una grandissima umanità, tradita dal suo stesso mondo, ma che fino alla fine ha combattuto tenendo la testa alta, anche quando non ne poteva più degli altri, facendo l'unica cosa di cui non avrebbe mai potuto fare a meno: cantare. Il 1989 è stato l'anno in cui questa grande voce del panorama italiano, riconosciuta e amata in tutto il mondo, torna a solcare il palco dell'Ariston provando, con tutta se stessa, ad abbandonare l'ombra di angoscia, le ferite e la delusione, che gente appartenente a quello stesso palco le ha gettato contro, per invidia o forse per paura del coraggio e dell'emancipazione di una donna forte e scomoda, costringendola alla reclusione per quasi quindici anni. La vita di Mia Martini non è stata una vita facile. Riccardo Donna prova, riuscendoci, ad omaggiare questo personaggio complesso con una pellicola che sembra essere quasi una lettera di scuse nei confronti di Mimì per non aver fatto abbastanza, per non esserle stati più vicini e aver lasciato che una bugia, una parola sbagliata, la portasse lontana da quel mondo, che nei suoi pregi e difetti aveva sempre amato. IO SONO MIA porta sul grande schermo e trasmette al pubblico il ritratto di un'artista, il profilo unico e inimitabile di una donna appassionata e tenace, ma al tempo stesso arrabbiata e delusa; una donna ferita ma che non ha mai voluto smettere davvero di combattere, una "piccola" e fragile donna che chiedeva due semplici cose: di essere amata e di essere ascoltata. Complessa, capricciosa, ribelle. Irriverente, caotica, immensa.
Chi era davvero Mia Martini? Anzi, chi era Mimì? Quella ragazzina che cantava da bambina chiusa nella sua stanza con una spazzola in mano e un giradischi in funzione, lasciando le urla di un padre troppo burbero fuori dalla sua esistenza. Un padre con il quale Mimì si è sempre scontrata, un padre al quale ha chiesto scusa cento volte per quella canzone, quella prima canzone che ha iniziato a farla conoscere al mondo; un padre che, in fondo, ha amato con tutta se stessa, portando quelle sopracciglia così folte e distintive proprio per lui. Mimì è quella ragazza arrivata a Roma a soli vent'anni per rincorrere il suo sogno: cantare. C'è stato il jazz, poi la prima grande etichetta discografica, quella di Crocetta (nel film interpretato da Antonio Gerardi). Il primo singolo e il primo successo con "Piccolo Uomo". I primi cambiamenti, dal lungo capello nero al biondo dalle sopracciglia fini. La scelta del nome, Mia come la sua attrice preferita, e Martini come il famoso cocktail. E dopo l'arrivo di Minuetto, il successo internazionale e la ricerca spasmodica di un grande amore. Tutto questo raccontato dalla stessa Martini, in quell'89, tra le strade di Sanremo, in un'intervista con una giornalista che non era venuta lì neanche per lei ma per Ray Charles, e che poi ha scoperto l'ennesima sfumatura di Mimì Bertè.
Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

UN “PIANO DEL VERDE URBANO” PER LA CITTÀ DI CORI

Qualche settimana fa, quando Renzo Dolci mi ha invitato a scrivere su queste importanti pagine de “Il Corace” articoli di opinione sullo stato dell’arte dell’architettura del nostro territorio, ho accolto con molto piacere l’invito e con altrettanto piacere mi sono messo subito a pensare quale fosse stato il tema migliore da affrontare per iniziare questo ciclo di opinioni.
Nel farlo, non ho avuto nessun dubbio che la migliore partenza fosse quella di legare al concetto di “bellezza naturale” offerta quotidianamente dalla città di Cori, una riflessione, dentro la quale, iniziare a coltivare l’idea di redigere un Piano del Verde Urbano come soluzione cardine per la sua tutela e salvaguardia nel tempo.
Al giorno d’oggi non possiamo più trattare il tema dell’urbanistica e quello dell’architettura della città senza avere l’accortezza di farlo inglobando nell’analisi complessiva delle azioni da adottare, anche il tema dell’architettura del verde “strutturale”, perché il tema del verde deve essere inteso come la futura veste di qualità anche di una città di provincia come è quella di Cori. E la città di Cori ha tutte le potenzialità naturali per poter essere una importante capofila del territorio Lepino su questo fronte, se aprirà gli occhi ai nuovi orizzonti offerti dallo strumento del “Piano del Verde Urbano”. Perché è anche conesso che la struttura urbana contemporanea ha le potenzialità per rinnovare attraverso un nuovo disegno, la qualità della vita della città e di tutto il suo territorio.
L’idea di avere una città più sana, più a dimensione di uomo, più bella ed accogliente di quanto, a mio avviso, riesca ad esserlo oggi, solamente con la sua naturale bellezza, è la strada che va percorsa dai cittadini, dai professionisti e dagli amministratori.
Il verde è il colore simbolo della natura e dell’ambiente in cui la vita cresce naturalmente in maniera sana. Il verde è per questo motivo un simbolo di speranza, di opportunità, e forse unica via libera di salvezza che c’è rimasta nel nostro tempo, che possiamo ancora percorrere per desiderare con fiducia, speranza ed ottimismo, una futura qualità urbana migliore, dove chiunque intorno ad essa, senza nessuna restrizione, può abitare, lavorare o semplicemente trascorrere il proprio tempo libero.
Concentrare in ogni parte della struttura urbana della città di Cori il concetto del tema del verde anche come simbolo di una potenziale soluzione da adottare per risolvere il problema del nostro tempo, che riguarda il cattivo uso del suolo, è secondo me un dovere che dobbiamo ai nostri avi ma soprattutto un obbligo che dobbiamo alle nostre future generazioni.
La bellezza di una città non è data da un concetto astratto, ma da un’idea maturata da un disegno lungimirante che deve essere composto da regole, forme e funzioni che ne sappiano gestire nel tempo, in ogni angolo urbano il suo miglioramento.
È per questo motivo che sono convinto che il Piano del Verde Urbano resta lo strumento strategico più efficace che manca alla città di Cori per tutelare il proprio territorio urbano.
Cori non è indubbiamente, l’unica città che non ha ancora adottato questo strumento, anzi, in Italia in generale, a parte qualche comune innovativo, tanti sono i comuni che nonostante riconoscano il “verde urbano” importante, fanno fatica ad inserirlo negli strumenti di pianificazione, perché lo considerano ancora un elemento trascurabile nei processi di programmazione territoriale. Invece lo strumento del Piano del Verde Urbano è innovativo e in quanto tale è molto importante da adottare, perché è conesso che si possono configurare nuove prospettive favorevoli a migliorare con strategie mirate, la qualità della vita nelle città. Cori potrà diventare un esempio per tutto il territorio, se crederà fermamente che la sua bellezza naturale potrà continuare a tutelarla attraverso questo importante strumento di pianificazione territoriale.
Scritto da Emanuel Acciarito - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

STRADE DI PLASTICA

Questo mese vorrei affrontare con voi lettori, un tema di grande attualità che ognuno di noi vive quotidianamente, ovvero la mancata manutenzione delle principali arterie stradali. Un argomento molto importante, che riguarda in primis la sicurezza del guidatore e che può comportare danni non solo alle automobili ma in alcuni casi, incidenti ben più gravi (se pensiamo a ciclisti e motociclisti). Sicuramente riasfaltare completamente una strada ha costi elevati, parliamo di circa 12€ al mq. fino a raggiungere i 19€ al mq. per l’asfalto drenante e molte volte la soluzione più veloce è quella di riempire la buca con asfalto a freddo in busta, che ha una durata limitata, diciamo il tempo della prossima avversità meteorologica. Insomma, se non viene fatta una manutenzione ordinaria, e non viene riasfaltata una strada a regola d’arte, con un fondo ben consolidato, canalette di raccolta e deflusso dell’acqua laterali, si rischia che dopo un paio d’anni, il lavoro di ripristino svanisca quasi del tutto.
E se l’asfalto fosse sostituito con qualcosa di innovativo (almeno in città), per creare il fondo stradale?
Domanda che mi sono posto molte volte, e che facendo delle ricerche, ha trovato delle risposte. Infatti ho scoperto che in Olanda e precisamente a Rotterdam il progetto “Plastic Road” presto potrebbe diventare realtà. Strade realizzate con plastica riciclata! Plastic Road è stata ideata e sviluppata dalla società olandesedi costruzioni stradali Volker Wessels, gruppo KWS, che sostiene anche il progetto “The Ocean CleanUp” di Bovan Slat per eliminare le microplastiche dagli oceani. Si tratta di una strada, urbana o anche extraurbana, costruita interamente con i rifiuti a base di PET, plastica e tappi di bottigliette. Un modello unico al mondo che, se dovesse funzionare, potrebbe aprire una nuova frontiera in questo settore dell’edilizia pubblica. Quali sono i vantaggi di una strada costruita con la plastica riciclata? Innanzitutto, le strade di plastica sono più leggere, riducendo il carico sul terreno e rendendo più facile l’installazione di cavi sottola loro superficie. Poi c’è un effetto ambientale molto significativo. Per ogni tonnellata di asfalto infatti si contano 27 chilogrammi di C02, dunque parliamo di un materiale responsabile, a suo modo, delle emissioni e del surriscaldamento. La strada in plastica riciclata invece è a emissioni zero. E regge molto meglio alle alte temperature estive ed al gelo dell’inverno. Un altro vantaggio è che su questo tipo di materiale è molto più facile poter fare tutta la segnaletica. Si presta meglio, rispetto all’asfalto, alle varie sovrapposizioni con la scrittura, pensate ad esempio alle strisce pedonali. E una segnaletica più visibile è una garanzia di maggiore sicurezza per gli automobilisti e per i pedoni. Plastic Road è inoltre dotata di uno spazio vuoto che può essere utilizzatoper conservare (temporaneamente) l’acqua ed evitare la possibilità di inondazione in caso di forti precipitazioni, per il passaggio di cavi e tubi, evitando così danni allo scavo, oppure per la ricarica dei veicoli elettrici. Infine, il manto in plastica riciclata dura circa 3 volte in più rispetto a quello a base di asfalto. E ciò comporta un notevole risparmio in termini di manutenzione. A Zwolle (Olanda) saranno costruiti i primi due tratti di pista ciclabile della lunghezza di trenta metri, che serviranno a testare la validità del progetto in reali condizioni di utilizzo. Dopo essere stata utilizzata con successo per costruire campi di calcio e parchi giochi per bambini, la plastica riciclata adesso diventa preziosa anche nel settore stradale.
Un progetto ambizioso, che forse potrebbe realmente risolvere almeno in città, problemi legati alla manutenzione delle strade. Non ci resta che attendere per capire se l'idea di riutilizzare la plastica per rivestire le strade possa avere davvero un successo. E voi cosa ne pensate?
Scritto da Fernando Bernardi - Pubblicato sul numero di Febbraio del Il Corace