lunedì 4 marzo 2019

IL SERVILISMO FA CURRICULUM

Mi capita sovente di incontrare in un bar di Cori o a spasso per le sue piazze e viuzze...il Sindaco. Salutato spesso con deferenza e con parole confidenziali che lasciano immaginare una conoscenza quasi parentale con il suddetto. Bella sta cosa mi dico, una forma di rispetto che mi fa capire che l’autorità gode di ampio consenso qui. Il Sindaco ci rappresenta, ci tutela... non ci protegge (la protezione sa di preferenzialità).
Poi una scena che mi turba non poco azzera il quadretto idilliaco. Al Sindaco si avvicina un codazzo che nell’andargli incontro si ingobbisce sempre più, fino ad una prossemica che mima la genuflessione.Tutto questo ha come spettatori me ed un vegliardo poco propenso alla sottomissione (forse solo con la moglie) e che deve averne viste tante di cose del genere. Per lui forse mutava il sembiante dei tipi, l’epoca, ma il movimento verso il “potente” da parte di cittadini proni per opportunismo, era il medesimo. Lo guardo. Non parla. Sorride amaramente. Ci capiamo. Continuiamo a guardare curiosi e ad un certo punto il “gruppetto” emette suoni tipici del branco sottomesso al “lupo alfa”, pacche sulle spalle, “passa a trovarmi”, “poi parliamo di quella cosa”...nulla di proibito ovviamente ma la riflessione che mi sovviene va oltre la scena osservata e mi porta ad un tema sempiterno che riguarda tutti noi.
Il servilismo innato nella natura umana. Gli antichi Greci disprezzavano gli schiavi perché avevano preferito servire anziché morire. Il feudalesimo, un regime da non rimpiangere e che ricorda la nostra epoca, era fondato su un patto personale che implicava l’asservimento a tutti i livelli gerarchici. Ma quella fedeltà era regolata da un codice che impegnava tanto il signore che il vassallo. Oggi invece il servilismo è “nomade”: si offre di volta in volta a seconda delle convenienze del momento Impera il tutti contro tutti. Affermarsi a spese degli altri, costi quel che costi. Dignità? Questa sconosciuta. Rispetto delle regole? Me ne frego!!
Il servilismo è il trionfo di un’affermazione personale, anche minima, anche irrisoria; solo ben remunerata e a detrimento della propria autonomia. Ci si mette a disposizione del “padrone” di turno per utilitarismo spicciolo. Si bacia la mano a chi può darci benefici potenziali o reali. Il “potente” ci dice cosa dobbiamo pensare e per premiarci ci procura un piccolo appalto, una nomina come direttore dei lavori, la presidenza di un ente, una corsia preferenziale ad uso esclusivo, l’azzeramento di ogni ente, una corsia preferenziale ad uso esclusivo, l’azzeramento di ogni graduatoria, il marameo allo spettante di diritto. Fa male vedere scene come quella descritta sommariamente nell’apertura del mio scritto. Mi fa strano pensare che un vecchietto possa tristemente indignarsi ed un giovane avvicinarsi con un sorriso ebete a chi può “fargli un favore” che eluda il tanto sbandierato merito. Ci può stare la segnalazione di “uno bravo” che abbia dimostrato competenza e preparazione ma mettere la propria persona a disposizione di un’autorità mi pare vergognoso e avvilente.
Vorrei tanto vedere un Sindaco camminare per un paese immaginario senza i “servi sciocchi” al seguito. Una canea amorfa in attesa di un osso da spolpare. Dammi che ti dó. Meglio sarebbe un fai che ti dai. Alla domanda “cosa sai fare?” si risponde.. “servo da dio”, “so blandire come pochi”, “amor proprio non ne ho”. Laurea in servilismo. 110 senza lode.
Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero di Febbraio 2019 del Il Corace

Nessun commento:

Posta un commento