lunedì 29 marzo 2021

L’ULTIMA INSIDIA: UNA MINACCIA PER I NOSTRI PINI

 l’ennesimo insetto “alieno”, dannoso nemico delle nostre pinete, che ci obbliga a vigilare e ad intervenire opportunamente per preservare i pini, il paesaggio, l’ambiente e un’economia.

Com’è a tutti già noto, a causa dei cambiamenti climatici e della globalizzazione del mercato e, ahimè, forse anche per qualche possibile negligente controllo fitosanitario, si è verificata, particolarmente nell’ultimo decennio, anche nel nostro bel Paese, una rilevante diffusione di agenti patogeni alieni (virus, batteri, funghi, insetti, nematodi) pericolosi per varie piante e capaci di causare seri danni all’agricoltura e all’Uomo. Tuttavia, tenuto conto che T. parvicornis non risulta (per quanto è dato sapere) tra gli organismi elencati dall’EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization), i servizi fitosanitari, nello specifico, al momento dell’ingresso in Italia, non potevano occuparsene nei controlli. Così, da una parte l’interesse culturale ed artistico e dall’altro quello scientifico: in entrambi i casi la salvaguardia di pini, palme, castagni ed olivi italiani dai loro nemici, quasi sempre parassiti che arrivano da altri Continenti, -- [così come il noto batterio (Xylella fastidiosa) il micidiale ed imbattibile nemico dell’Olivo; il Punteruolo rosso delle Palme (Rhynchophorus ferrugineus) ossia il famoso killer delle Palme; l’agente del Cancro batterico dell’actinidia (Pseudomonas syringae pv. Actinidiae); il Cinipide del castagno (Dryocosmus kuriphilus) un Imenottero noto per i gravi danni che può causare; Licenide dei gerani (Cacyreus marshalli), un nemico delle note e diffuse piante ornamentali per balconi e per terrazzi; il Moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzukii); l’attuale famigerata Cimice asiatica (Halyomorpha halys); il Calabrone asiatico (Vespa velutina), un serio nemico delle nostre importanti e amate Api; la Processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa) che rappresenta un’insidia per l’uomo e per vari animali oltre che per la produzione nazionale di pinoli; una cocciniglia (Matsucoccus feytaudi) che attacca esclusivamente il pino marittimo (Pinus pinaster)] coinvolge ed impegna diversi ricercatori oltre che numerosi attivisti in una battaglia dagli esiti incerti ed obbliga noi tutti, purtroppo, a mantenere alta la guardia in questo momento per approntare le opportune, necessarie misure di difesa contro l’ultima insidia aliena identificata come la “Cocciniglia tartaruga (Toumeyella parvicornis) (Cockerell), che è un vero flagello delle Pinete.

Si tratta, infatti, dell’ultimo grido di allarme, contro l’insetto alieno che sta attaccando il pino, un tipico albero del nostro paesaggio quale è il pino, che arriva da Roma laddove peraltro un gruppo di cittadini, guidato da Paolo Salonia, dirigente di ricerca del CNR e consigliere esecutivo di Icomos (International Council on Monuments and Sites), è riuscito con un crowdfunding (finanziamento collettivo ossia un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere degli sforzi di persone ed organizzazioni, ovvero una pratica di micro-finanziamento dal basso e che mobilita persone e risorse) a finanziare l’operazione di disinfestazione per poter salvare, a Saxa Rubra, ben 500 pini, nonostante tali diverse avversità delle nostre piante arrivate da molto lontano siano, tra l’altro, difficili da combattere!

Adesso, comunque, sembra opportuno ed importante, oltre che doveroso, conoscere più approfonditamente tale ennesimo parassita che, come già accennato, risulta scientificamente definito quale Toumeyella parvicornis (Cockerell) e comunemente indicata come Cocciniglia tartaruga, per effetto dei caratteristici segni che compaiono sul dorso della femmina a maturità, simili a quello del guscio (carapace) di una tartaruga. T. parvicornis è un insetto originario del Nord America (Canada, USA, Messico) che all’inizio degli anni 2000 si sarebbe trasferito in America Centrale ed ai Caraibi, per giungere successivamente nel 2014–2015 in Campania, nelle province di Napoli e di Caserta, attaccando le pinete di Napoli, nei comuni dell’Area Flegrea e del Litorale Domizio. Durante quest’ultima primavera-estate (2020) ha esteso verosimilmente il suo areale di infestazione, diventando pertanto una emergenza fitopatologica nell’area di Roma città, a causa dei numerosi diversi focolai sparsi in tutti i quadranti del territorio metropolitano capitolino.

La Cocciniglia tartaruga, ad ogni modo, è uno degli insetti compreso nell’Ordine degli Emitteri e nella Famiglia dei Coccidae; appartiene al Genere Toumeyella e la Specie è parvicornis.


Per quanto riguarda il ciclo biologico e le relative singole caratteristiche morfologiche di questo intruso insetto parassita possiamo dire che risulta presentare delle uova globose, rossastre, lucide e lunghe circa 0,4 mm, le quali vengono deposte all’esterno, dalla femmina fecondata, che peraltro emette, attraverso l’orifizio anale, abbondante melata che, come si potrà meglio capire più avanti, rappresenta uno dei vari danni indiretti che risultano determinati. Le neanidi (vale a dire gli stadi giovanili dello sviluppo post-embrionale di questi organismi, che sgusciano dall’uovo in una forma già abbastanza simile a quella dell’adulto) del primo stadio sono ovali, arancioni o rossastre ed hanno sei zampe, quelle più grandi sono apode (cioè senza zampe), ovali e convesse e di colore verde chiaro, che a maturazione diventano più scure, virando verso il marrone con macchie nerastre.

Riguardo le femmine adulte, si può dire che esistono due diverse forme: le ovali e convesse quando sono ubicate sulla corteccia, le allungate e meno convesse quando invece si nutrono sugli aghi (foglie) dei pini; assumono una colorazione uniforme marrone e raggiungono al massimo una lunghezza di 4,4 mm ed una larghezza di 3,9 mm. Esse sono in grado, inoltre, di secernere grosse quantità di cera in forma polverulenta, che scompaiono rapidamente in caso di vento e di pioggia.

I maschi, da piccole pupe ovali si evolvono in adulti alati, in una o due settimane. Questi si mettono alla ricerca e si accoppiano con le femmine che hanno appena fatto la muta. Le dimensioni di tali femmine fecondate raddoppiano prima dello svernamento. Le femmine presentano tre stadi di neanide ed uno stadio di adulto, mentre i maschi presentano due stadi di neanide, seguiti dagli stadi di pupa (vale a dire uno stadio che negli insetti precede quello di adulto).

Riguardo i danni occorre precisare che, T. parvicornis, nelle zone di origine (Nord America) viene considerata una specie poco dannosa in quanto è frenata, in ambiente naturale, da un andamento stagionale freddo per cui risultano riportati solo sporadici attacchi in vivaio, in zone urbane e nelle piantagioni artificiali. Nell’areale italiano, invece, le diverse temperature hanno favorito il coccide con un ambiente favorevole provocando pertanto notevoli danni nel 2015, l’anno in cui risulta segnalato per la prima volta in Italia ( in Campania e ovviamente su pini).

La cocciniglia tartaruga (T. parvicornis) è un parassita che vive 
esclusivamente a carico delle diverse specie del genere Pinus (Pinaceae) e soprattutto sul Punus pinea, il noto pino domestico, e sul Pinus pinaster, il pino marittimo, i quali risultano i più suscettibili, mentre Pinus halepensis sarebbe quello meno suscettibile (secondo il Prof. Garonna – Università di Napoli).
Quella del pinolo, come già noto, è sicuramente una coltura di nicchia, ma la richiesta da parte dei consumatori (e del mercato) è comunque in crescita tanto che per l’elevato prezzo al dettaglio ne fanno tra l’altro una coltivazione da reddito interessante. Apprezzato già dagli Etruschi e dagli Antichi Romani, il pinolo risulta tuttora un seme alla base di molti piatti della tradizione e di diverse preparazioni gastronomiche, a cominciare dal pesto. Le sue peculiari proprietà nutraceutiche lo fanno, peraltro, rientrare a buon diritto tra i cosiddetti super-cibi.
È doveroso anche evidenziare che, spesso, si fa presto a parlare di pinoli, ma è bene sapere che le varietà non sono poche e realizzare una coltivazione richiede davvero del tempo oltre che un’analisi razionale e dettagliata dei costi e dei benefici! In Italia e nell’area mediterranea, Pinus pinea (detto anche, come già accennato, pino domestico, pino da pinoli, pino d’Italia) è un grande albero sempre verde, resinoso, con le tipiche foglie (aghi) sottili e allungate e che può vivere oltre 200 anni. È una specie di rapida crescita che può raggiungere anche i 25-30 metri di altezza ed è peraltro caratterizzata dalla rinomata e vistosa chioma ad ombrello che, realmente, la caratterizza e la distingue nelle più svariate e differenti belle aree della nostra Italia. Tuttavia, ad interessare i nostri coltivatori sono le pigne, frutti lunghi 8-15 cm, che maturano nel giro di tre anni dalla fecondazione liberando i semi (pinoli), racchiusi in un tegumento legnoso e molto duro.
Il nostro pino da pinoli comincia a fruttificare, purtroppo, intorno al decimo anno mentre il picco massimo risulta tra il quarantesimo e l’ottantesimo anno. La produttività dipende da numerose variabili per cui una pineta in buona salute può produrre 7-8 t di pigne all’anno, ad ettaro, e da un albero si possono ricavare in media circa 1,2 kg di pinoli. La raccolta è peraltro anche dispendiosa!
Il volume d’affari dello scorso anno è stato di circa 50 milioni di euro, più 0,9 % rispetto al precedente tenendo tuttavia presente l’affronto del prodotto cinese (che è del 62% su scala globale) che sebbene di qualità inferiore (Pinus koraiensis) compete per i prezzi inferiori rispetto ai nostri.
I principali danni della cocciniglia tartaruga sono: a) di tipo diretto per la riduzione del vigore delle piante ospiti e la minore produzione di seme, per la sottrazione di linfa; si ha inoltre un avvizzimento apicale con alti livelli di mortalità delle piante; b) di tipo indiretto invece che è rappresentato da una abbondante produzione di melata, una sostanza densa e zuccherina che funge da substrato per la crescita di vari funghi, agenti della fumaggine che contribuisce a ridurre la superficie foto-sintetizzante, causa della chioma scura dei pini e dei getti di nuova vegetazione, con accrescimento stentato, in ultimo imbrattano e soffocano grande parte delle piante del sotto bosco.
Ulteriori sintomi della infestazione relativamente al pino domestico si riferiscono ad: - un ridotto sviluppo dei ricacci della parte superiore della chioma; - un impoverimento dei nuovi germogli e, soprattutto, di quelli dei palchi più bassi, fino ad arrivare al mancato nuovo ricaccio e, quindi, al precoce disseccamento dei rami basali; - un possibile disseccamento di intere branche.
Si può dire, circa le misure fitosanitarie, che le azioni o interventi previsti dai piani per il monitoraggio ed il contenimento di (T. parvicornis) nelle pinete, non prevedono trattamenti fitosanitari in questi ambiti per cui sono previsti trattamenti, con prodotti specifici autorizzati, esclusivamente nei vivai e solo per casi particolari riferiti a poche piante, in cui risultano compromessi pini di alto valore paesaggistico e naturalistico. Tutto ciò ovviamente allo scopo di non ostacolare un controllo naturale della temibile cocciniglia, così come avviene nella zona originaria di provenienza. Le sostanze attive utilizzate, comunemente, sono quelle a base di oli minerali bianchi (detti anche “leggeri” od “esivi”), il Pyriproxyfen, come inibitore della muta, ed il piretro naturale. Sembra opportuno sottolineare che questi trattamenti vanno eseguiti contro i primi stadi di sviluppo (vale a dire contro le neanidi di prima e di seconda età), orientativamente tra fine aprile e maggio in quanto, una volta che gli adulti iniziano a rivestirsi di cera ed a produrre le sostanze zuccherine (causando conseguentemente la fumaggine), diventano molto meno efficaci.
Per poter eliminare la fumaggine e per permettere, tra l’altro, un diretto contatto dell’insetticida con l’insetto, i trattamenti dovrebbero essere effettuati con dei getti di acqua ad alta pressione, per poter agire anche meccanicamente sugli stadi fissi, preceduti però, almeno di una settimana, da un lavaggio di rami e di chioma con acqua e tensioattivi autorizzati o sali di potassio.
Esistono oggi, ad ogni modo, metodologie che hanno dimostrato una buona efficacia nella lotta a tale parassita, con un impatto nullo sull’ambiente, e si tratta di sistemi che usano la tecnica dell’endoterapia, cioè iniettando direttamente nel sistema vascolare della pianta, attraverso piccoli fori, delle miscele contenenti prodotti curativi e bio-stimolanti con lo scopo di sfruttare il flusso xilematico della pianta, che si occuperà di traslocare in tutta la chioma il principio attivo iniettato.
Per contrastare la diffusione di tale insidiosa cocciniglia è comunque previsto: a) il divieto di trasportare al di fuori dell’area focolaio il legname e gli scarti di potatura di pini infestati, che andrebbe cippato sul posto per essere sottoposto a trattamento termico; b) che i vivai ubicati in zona focolaio che producono e commercializzano piante adottino un protocollo tecnico che assicuri mediante specifici trattamenti l’assenza dell’insetto. Tali vivai sono sottoposti a monitoraggi del SFR (Servizio Fitosanitario Regionale) affinché sia assicurato il rispetto del protocollo e che la commercializzazione delle piante ospiti avvenga senza la presenza del pericoloso parassita alieno.




Come spesso è dato sapere, c’è anche chi vede come “nemici” delle nostre piante non soltanto gli insetti: I peggiori nemici del verde sono gli organismi pubblici – attacca così il Dr. Paolo Salonia del CNR - che dovrebbero svolgere il loro ruolo di protezione e non lo fanno. Per salvare i pini di Saxa Rubra ho tempestato di email gli uffici capitolini che avrebbero dovuto prendersene cura. Poi ho pensato che dovevo comunque agire, perché sono convinto che i cittadini debbano assumere un ruolo proattivo e non solamente denunciare e lamentarsi dell’assenza della pubblica amministrazione. Infatti, la risposta dei cittadini all’appello di Salonia è stata immediata, ed è la prova che le piante sono davvero un patrimonio culturaleL’importanza degli alberi per l’ambiente è ormai nota a tutti ribadisce ancora P. Salonia - ma il loro valore culturale, storico e paesaggistico è altrettanto fondamentale. Possiamo dire che se i pini sparissero dalle coste italiane sarebbe un danno incommensurabile per il nostro paesaggio, una vera perdita di identità culturale, per cui prendersi cura delle nostre piante è anche un discorso di civiltà. Spero che la nostra iniziativa romana sia davvero un inizio, un esempio di modello replicabile in altre diverse realtà.

È l’occasione, questa, per un ennesimo appello alla consapevolezza, alla responsabilità ed al rispetto non solo per i Pini, - alberi vistosi ed “autorevoli” che, oltre all’importanza già evidenziata, caratterizzano spesso il percorso di importanti strade e dimostrano altresì la loro diversa utilità e la capacità ornamentale in molti giardini, ville e aree pubbliche e private, - ma per il mondo vegetale!

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 3 del 2021 del Il Corace

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