lunedì 29 marzo 2021

RICORDARE QUESTI TEMPI INCERTI

Stando al celebre detto di George Santayana, coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo. In conseguenza di ciò, sottolinea David Rieff, in un pezzo per il Guardian, il ricordo si è trasformato in una sorta di moralità, in una delle devozioni più inattaccabili dell’epoca odierna. Non è tanto il contenuto della memoria in sé ad essere venerato, quanto l’imperativo stesso di ricordare. Ma la vera domanda è: perché uno Stato fa appello alla memoria storica collettiva? Di solito l’obiettivo è il rafforzamento dell’unità nazionale. In taluni casi si è assistito a vere e proprie competizioni per appropriarsi di un particolare evento o personaggio storico. In tal senso è un esempio calzante Giovanna d’Arco: da una parte è stata vista quale emblema della determinazione della Francia a respingere gli invasori stranieri, dall’altra come un’anticlericale di sinistra, vittima della Chiesa. Eppure la “memoria” di Giovanna d'Arco ha continuato ad essere usata. È diventato un punto di riferimento prima per il movimento estremo conservatore cattolico, l'Action Française, e il governo di Vichy durante la seconda guerra mondiale, poi, a partire alla fine del 1980, per il partito di estrema destra francese, il Fronte Nazionale. Il FN ricorda Giovanna d'Arco ogni 1 maggio, non a caso la data di ferie annuali più importanti della sinistra. Ad oggi questo sforzo di memoria collettiva è rivolto dal Front National avverso i musulmani e gli altri immigrati. Allo stesso modo il Partito Nazionale Scozzese vuole appropriarsi della figura di William Wallace, uno dei primi leader delle guerre medievali di indipedenza della Scozia. E in tal senso il recupero della memoria storica passa anche attraverso Hollywood: basterà ricordare che a seguito dell’uscita del film Braveheart con Mel Gibson nel 1995, vi è stato un aumento nel tesseramento del partito, tanto che i volontari distribuivano volantini agli spettatori all’uscita dal cinema. Lo storico Tzevan Todorov ha parlato del nuovo culto del 21° secolo, quello della memoria. Oggi, in campo medico, è stata individuata anche una sindrome nota come ipertimesia: ne è affetto l’individuo che spende una buona quantità del proprio tempo a pensare al proprio passato personale, e possiede al tempo stesso una straordinaria capacità di ricordare eventi del proprio passato. La collettività del 21° secolo è in tal senso afflitta da una ipertimesia in senso sociale. Il pericolo sotteso a questo processo non è quello che lo storico Yosef Hayim Yerushalmi chiama il terrore dell’oblio, bensì consiste nel terrore del ricordo troppo preciso. Il che potrebbe equivalere a un’incapacità di dimenticare, di perdonare. È il caso del Pacto del Olvido, il patto dell’oblio tra la destra e sinistra che ha restituito alla Spagna la democrazia dopo la dittatura franchista. Altro esempio, quando le forze israeliane hanno circondato Beirut nel 1982, l’allora primo ministro israeliano, Menachem Begin, ha annunciato che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno “circondato i nazisti nel loro bunker”, ma si trattava di Yasser Arafat e di Fatah ad essere stati intrappolati nella capitale libanese. È stato un esempio paradigmatico di ciò che accade quando la memoria collettiva che nasce da un trauma politico è convertita in espressione militare. D’altronde Enrico IV, con l’editto di Nantes, nel 1598, per porre fine alle guerre religiose in Francia, dichiarò che il ricordo sarebbe dovuto restare spento e quanto accaduto trattato come se non avesse mai avuto luogo. Anche questa potrebbe essere una posizione estrema, ed infatti Enrico IV fu assassinato da un estremista cattolico nel 1610, pochi anni dopo l’editto. Non possiamo che augurarci, allora, che di tutti questi giorni che sono intercorsi tra oggi e l’ultimo anno, non resti che il pensiero di un virus che non è mai accaduto.

Scritto da Fabio Appetito - Pubblicato sul numero 3 del 2021 del Il Corace


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