mercoledì 8 novembre 2017

GLI OSTACOLI DEI SOGNI

Un giorno un aquilotto cade in un pollaio, e vive tutta la sua vita insieme ai polli. Arrivato quasi al termine della sua vita alza lo sguardo verso il cielo e vede un aquila, e dice : ”che bello sarebbe volare così come lei!” e il pollo che stava vicino a lui gli risponde: “si, è vero! Ma quella lassù è un’aquila e tu sei un pollo, quindi dovrai vivere e morire come un pollo!”.

Molti di noi si circondano di persone che li supportano nel rimanere come sono. L’infelice verità è che quando qualcuno decide di diventare un “grande spirito”, di perseguire grandi scopi nella propria vita, molte delle persone intorno a lui non lo supporteranno. Spesso con buone intenzioni gli diranno cose come ”sii realista”, “sta con i piedi per terra” oppure “sii cauto”; quante volte abbiamo ascoltato queste parole anche da persone che ci vogliono bene? Quando qualcuno persegue la grandezza rappresenta il coraggio che altre persone non hanno.
Di conseguenza quando si raggiunge il successo, le persone che non hanno deciso di supportarci, non possono più raccontare le loro belle storie sul perché non hanno raggiunto anche loro il successo. Chi raggiunge i propri obiettivi distrugge le scuse di coloro che rimangono in una vita irrealizzata e insoddisfacente. Per questa ragione bisogna circondarsi di “grandi spiriti”, persone che hanno la nostra stessa mentalità, che hanno la nostra stessa visione, che stanno andando nella nostra stessa direzione.

Una grande decisione che una persona può prendere è quella di non passare il suo tempo insieme alle persone come le quali non vorrebbe mai diventare.
Ci sono persone a cui vogliamo bene ma che magari senza rendersene conto ci trattengono indietro. Chi avete nella vostra vita che potrebbe frenarvi nel perseguire i vostri obiettivi? Con chi potete iniziare a passare più tempo di qualità? Chi conoscete che sta andando verso la vostra stessa direzione? 

Vi racconto in breve la storia di un giovane attore italo-americano, che se avesse dato retta a ciò che gli veniva detto, quando all’età di 30 anni nessuna agenzia cinematografica lo prese sul serio, non avrebbe avuto il successo che ha oggi. Si trovava senza soldi per pagare casa e cibo, fu costretto a vendere il suo cane per comprarsi da mangiare. Dei 16 copioni che scrisse in 15 anni solo 1 gli venne accettato, era convinto che per quel copione doveva essere lui l’attore protagonista. Gli offrirono una bella somma solo per il copione e non per essere lui il protagonista del film, ma lui rifiutò l’offerta. Ha insistito così tanto che alla fine ci riuscì anche se per una somma più piccola di denaro. Nessuno credeva in lui e nella riuscita del suo film, ma Rocky fu la miglior pellicola del 1976. Silvester Stallone grazie alla sua perseveranza, grazie al credere in se stesso e non al parere che riceveva dagli altri è diventato l’attore di successo che è oggi. Uomini di valore hanno sempre incontrato violente opposizioni da menti mediocri disse Albert Einstein. È stato visto che a 5 anni da oggi saremo le stesse persone se continueremo a frequentare sempre le stesse persone e gli stessi ambienti. Non è la prova di un vestito, è la vostra vita, ricordatelo sempre! Vivete con passione e aspirate all’eccellenza! (cit. James Ray)  Perché dovremmo continuare a credere di essere un pollo quando invece siamo un’aquila?

Scritto da Claudia Antonetti - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

IMPRESSIONI DI PARIGI

Nell’ottobre del 1974 Georges Perec si recò per tre giorni consecutivi presso la piazza di Saint-Sulpice ad osservare tutto ciò che gli accadeva intorno. Annotò spostamenti di persone, azioni quotidiane, ogni autobus che passava, le innumerevoli variazioni del tempo, della luce, delle foglie che cadevano; come i rumori.
Ne nacque un libro dal titolo “Tentativo di esaurimento di un luogo parigino”. Come una macchina da presa, lo scrittore si era prestato all’osservazione attenta di un luogo della città. Questo metodo di osservazione, credo resti tutt'oggi, un ottimo metodo per vedere e vivere la città francese. Con i suoi colori multiformi che cambiano di stagione in stagione come un quadro di Utrillo, Parigi ha conservato quel seme di tensione artistica, simile a uno slancio interiore, che l’ha governata per secoli.
Nonostante le piaghe inferte dal terrorismo, questa città ha saputo rialzarsi e salvaguardare la la sua aurea di città romantica, città d’arte. Difatti, sebbene le strade e le metropolitane, come i centri di cultura siano attentissimi ai controlli, questo neo di radicalismo religioso pare non aver contrastato il pullulare di turisti, la serenità dei francesi; ci sono mostre ovunque in questo fine anno. Manifestazioni che radunano migliaia di giovani in piazza, concerti come quello di De Gregori tenutosi sabato 21 ottobre o quello della Mannoia a fine novembre presso il Bataclan.

Parigi è l’esempio di una città che continua ad essere il centro d’Europa, una città coraggiosa che continua ad unire persone di cultura e religioni diverse, quasi cosciente del fatto che la paura è soltanto una barriera inutile.

Scritto da Fabio Appetito - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

I CARDIOPOETICA

I Cardiopoetica, gruppo di scrittori coresi formato da Marco de Cave, Mariano Macale e Fabio Appetito hanno realizzato un nuovo progetto editoriale che potete trovare su tutti i circuiti e in tutte le librerie. Questo è all’attivo il loro terzo libro di poesie, che hanno riassunto in questo modo: “Daniil Charms  affermava che “bisogna scrivere versi tali che a gettare una poesia contro la finestra il vetro si deve rompere". 
Può capitare, talune volte, che la finestra sia aperta, che i versi non incontrino nessuna resistenza e allora, la poesia, deve avere lo slancio per precipitare sul cadavere del poeta disteso sul marciapiede sottostante. Ogni poesia porta alla ricongiunzione, a un atto bulimico di gioia per le cose passate, morte.
Il libro «Quanto silenzio, amore mio, per una parola vera» è questo: un senso di pace, una festa funebre, una carezza lasciata tra i monili di vecchie amanti. Soprattutto è la volontà di indagare il silenzio – quel silenzio devoto di chi tenta una rapina – mettendo in dubbio qualsiasi certezza. Nulla più delle cose certe ci allontana dalla verità. Una volta trovata, però, le parole tutte possono diventare il nostro inno. Questo lavoro dunque è per chi di fiato ne ha sprecato molto. Continuiamo a seguire questi giovani ragazzi nel loro percorso artistico che li sta portando in giro per tutta Italia come orgoglio di un paese che ha dato i natali a molti grandi nomi nel campo dell’arte.

Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

LA MIA BANCA

È straordinario pensare a quanta fiducia ci sia nel mondo. Quando attraversiamo la strada, quando mangiamo al bar, quando ci facciamo curare. L’amicizia, l’amore, il rapporto di lavoro: tutto si basa sulla fiducia.
Fidarsi, appoggiarsi agli altri, è un meccanismo naturale: da quando nasce l’uomo è pronto ad affidarsi a qualcuno. Fidarsi è indispensabile, il paradosso è che è anche rischioso. Ma a volte - che volete - in un mondo così complesso, non si può controllare tutto, forse non ne avremmo il tempo e sicuramente non ne abbiamo voglia. In economia e in finanza la fiducia, l’affidabilità e la correttezza delle istituzioni sono alla base degli scambi. Non c’è contratto che potrà mai rassicurarci abbastanza.

Da poco, poi, abbiamo accresciuto la fiducia nelle opinioni altrui, in quelli che scelgono come noi. Ci fidiamo, insomma, di altri, anche se lontani e sconosciuti, che sono generatori di reputazione e di affidabilità. Ma la fiducia si porta dietro la prudenza, quando dubitiamo, ci interroghiamo. Spesso, in modo rapido e inconsapevole, facciamo valutazioni istantanee, basate sul non verbale, o sulle esperienze vissute. È la prudenza che guida il giudizio (Platone la chiamava ‘saggezza’ e la attribuiva all’anima razionale).
Veniamo ai tempi nostri: la fiducia del piccolo risparmiatore tradito, l’ansia di chi ha dei soldi su un conto corrente e ascolta preoccupato un telegiornale. Ci siamo accaniti come belve a Facebookare l’ultimo dei video virali in cui il direttore di un’agenzia promuoveva la banca per cui lavorava. L’invito che vi faccio è a pensare a quell’espressione che si sente tutti i giorni, quando all’amico o al collega sfugge di dire ‘la mia banca’. Non soltanto un slogan pubblicitario fortunato ma una vera e propria esperienza personale capace di generare identificazione, coinvolgimento, senso di gratitudine e, in qualche caso, orgoglio e appartenenza. Da cliente, non da dipendente. Un’esperienza di profonda fiducia, radicata dentro di noi e della quale siamo sempre poco consapevoli. Fiducia, prudenza. Manca un’ultima parola. Memoria. Quella che dobbiamo conservare dei tempi recenti. E’ possibile infatti allenare le menti dei cittadini a dimenticare, a cambiare idea su quello che è successo. Modificando il ricordo, concentrandolo su aspetti meno dolorosi, suggerendo di vivere il presente, costruendo nuovi ricordi felici, superando, insomma, un’esperienza traumatica. E quello che non fa il produttore di ricordi con la fedina sporca lo fa il nostro cervello, pronto a guardare con ottimismo al mondo, anche qui per effetto di meccanismi vitali innati.  Perché di fiducia si vive. Ma si può anche morire.

Scritto da Antonio Cajelli - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

ACQUA POTABILE A CORI

Credo che siano pochi i cittadini di Cori che bevono l’acqua dal proprio rubinetto. Teoricamente è potabile ma nella pratica continuiamo a comprare acqua in bottiglia. La percezione comune sembrerebbe quella che l’acqua che esce dai nostri rubinetti non sia potabile.

La pioggia manda giù acqua più o meno distillata, arrivata al terreno una parte viene trattenuta dalla vegetazione, una parte scorre superficialmente nei fossi, nel nostro caso nelle strade, e una parte si infiltra attraverso i terreni e le rocce che la filtrano e l’arricchiscono di elementi fino a raggiungere la falda basale o principale. La falda è la zona di accumulo e drenaggio sotterraneo delle acque di infiltrazione. Capito quanto sopra esposto si può scegliere con un minimo di logica il punto più appropriato dove costruire un pozzo per l’attingimento dell’acqua dalla falda evitando la contaminazione e l’impoverimento della riserva idrica. Il pozzo attuale, in gestione ai privati, non sembra costruito per i cittadini di Cori ma era probabilmente il pozzo di pertinenza della stazione ferroviaria (quando ne avevamo una). Nessuno con un minimo di logica avrebbe scavato un pozzo a 3 km di distanza dal centro abitato nella sua parte più bassa. La qualità dell’acqua è determinata dai terreni che vengono attraversati dalla falda; peschiamo acqua da una falda sovrastata da terreni vulcanici costituiti da pozzolane e tufi che sono ricchi di minerali anche dannosi per l’uomo (arsenico ed altri). Inoltre nell’intorno del pozzo sono presenti aree agricole con coltivazioni intensive che utilizzano prodotti chimici e attività estrattive di dubbia pericolosità. Dalla carta geologica è facile capire perché peschiamo acqua “all’arsenico”.
Il danno non è solo nella qualità ma si sviluppa su tutto il percorso che porta la stessa fino ai serbatoi posti a monte del paese. L’acquedotto è rotto in più punti e l’acqua in pressione che ne fuoriesce satura i terreni sottostanti le abitazioni provocando, nel tempo, cedimenti e frane. Detto questo c’è poi la beffa di uno strumento da rabdomante come l’inutile ma costosissimo dearsenificatore. Fatti due conti, tra il costo del dearsenificatore, l’obolo che percepiscono i gestori privati, le spese per le bottiglie d’acqua tipo venti euro al mese per circa tremila famiglie che fanno settecentomila euro l’anno più i rifiuti plastici da smaltire, spendiamo, per l’acqua che non abbiamo, cifre da capogiro. Basterebbe costruire un nuovo pozzo a monte del paese evitando così tutti i seri problemi finora esposti. Esistono già due pozzi privati alla stessa quota di dove si dovrebbe scavare il nuovo pozzo comunitario. Le spese sono irrisorie se confrontate a quelle attualmente sostenute dalla comunità di Cori, anche nel caso si dovessero costruire più pozzi per avere meno impatto sulla falda.

Sono state effettuate due analisi chimiche e batteriologiche; il primo campione d’acqua è stato preso dalla fontana pubblica di San Rocco mentre il secondo campione d’acqua è stato preso in un pozzo privato situato alla stessa quota del pozzo da costruire. L’ubicazione del nuovo pozzo  potrebbe essere vicino alle scuole materne dove si trova attualmente il dearsenificatore e il raccordo dell’acquedotto cittadino. In futuro si potrà agevolmente collegare il pozzo direttamente all’acquedotto. I grafici esposti mostrano il confronto tra i risultati delle analisi dei due campioni d’acqua prendendo in considerazione alcuni elementi principali che differiscono sensibilmente. In grigio sono riportati i valori dell’acqua della fontana pubblica, in nero sono riportati i valori dell’acqua del pozzo privato di riferimento, cioè del pozzo nuovo da costruire. La carica batterica dell’acquedotto è azzerata perché viene immesso un alto quantitativo di disinfettante mentre l’acqua del pozzo da costruire è incontaminata batteriologicamente. Il livello di arsenico presente nell’acquedotto è quasi al limite di legge nonostante il costoso utilizzo del dearsenificatore. Se le analisi sono esatte significa che l’acqua che noi beviamo, prima di passare nel dearsenificatore, contiene presumibilmente un livello di arsenico di molto superiore ai limiti di legge.

Perché pompare acqua velenosa per poi trattarla se possiamo pompare acqua già buona in partenza? Per quanto riguarda l’acquedotto le nuove tubature e le riparazioni di quelle vecchie sono realizzate in materiale sintetico; questo materiale rilascia, nel tempo, quello sgradevole sapore di plastica (sà di tubo!).
Cos’è che dà quel gusto all’acqua? Farà male? E perché la paghiamo come acqua potabile che dovrebbe essere insapore? Purtroppo l’acquedotto è in gestione ad un privato ma il nuovo pozzo comunitario potrebbe essere utilizzato inizialmente come punto di approvvigionamento idrico, invece di comprare acqua in plastica; in pratica è il fontanile di una volta. Vista la poca affidabilità delle analisi una tantum in laboratori certificati il controllo di potabilità potrà essere effettuato tramite l’installazione di sensori automatici in continuo e confermato periodicamente dall’Asl di competenza, se mai ce ne fosse. Con i pochi dati a disposizione non è ancora possibile stabilire con certezza la compatibilità dell’opera qui proposta ma restare fermi ad aspettare che sia un qualsiasi gestore privato a risolvere i nostri problemi mi sembra questa un’utopia. Buona bolletta a tutti.


Scritto da Quirino Alessi - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

CORI, VINI NEI CUORI: UN VIAGGIO NELLA CULTURA E NEL GUSTO

Venerdì 27, sabato 28 e domenica 29 ottobre, si è svolta a Cori con riconosciuto successo la 2^ edizione della manifestazione “CORI, VINI NEI CUORI” - Vetrina di vini e oli di eccellenza, ma anche di prodotti tipici, cultura e arte

Una manifestazione in crescita, rispetto alla prima edizione, che si era svolta a maggio, più lunga e più ricca. È stato coinvolto in questa occasione il centro storico della Città d’Arte e due importanti mostre sono state ospitate nel Complesso Monumentale di Sant’Oliva oltre a visite guidate gratuite tra le bellezze storico-monumentali di Cori e nel Museo della Città e del Territorio, così come momenti di approfondimento scientifico. “Cori, Vini nei Cuori”, iniziativa del Comune di Cori, dal Sindaco agli Assessorati Cultura, Agricoltura e Promozione del Territorio con il sostegno del Consiglio Regionale del Lazio, con la co-organizzazione della Pro Loco di Cori e la collaborazione della Strada del Vino e dell’Olio della Provincia di Latina, del CAPOL e di Sky wine, ha ovviamente avuto nel vino il suo principale protagonista. In primis nei pregiatissimi vini, che fanno apprezzare nel mondo le produzioni ottenute dal recupero di vitigni autoctoni come Bellone e Nero Buono, delle cantine coresi Cincinnato, Marco Carpineti e Pietra Pinta oltre alla nuova cantina di Giulianello Croce del Tufo. L’evento ha dato spazio anche all’altro tesoro delle colline coresi, l’olio extravergine di oliva, e ai prodotti tipici come il prosciutto cotto al vino e la gamma dei vari prodotti artigianali di Cori dai biscotti ai sott’oli.

Una tre giorni dedicata alle eccellenze enogastronomiche ma anche alle bellezze archeologiche e storiche di Cori. I punti degustazione (uno dei quali è stato curato dalle Comunità etniche del territorio con la collaborazione dell’Associazione Festival della Collina di Cori) sono stati dislocati lungo un percorso che ha attraversato il centro storico e ha consentito di ammirare il museo a cielo aperto che Cori è: dalle mura ciclopiche ai templi di epoca romana arrivando agli scorci medievali fino ai palazzi rinascimentali, scoprendo tesori spesso poco conosciuti.
Gli angoli più suggestivi dell’antica Cora sono stati animati da gruppi di musica popolare, folk ed etnica, e dalle band locali che collaborano con il Condominio dell’Arte. Ma non c’è Cori senza folklore, per cui non sono mancati i figuranti in costume rinascimentale del Carosello Storico dei Rioni di Cori, i tre gruppi di Sbandieratori di Cori, Contrade, Rioni e Leoni, e la Compagnia di danza rinascimentale “Tres Lusores”.

Eventi clou della kermesse sono state due mostre ospitate nel Complesso Monumentale di Sant’Oliva. La prima ha presentato le foto di ENRICO APPETITO apprezzatissimo fotografo di scena, di origine corese, di importanti registi, da Antonioni a Monicelli, da Godard a Visconti, da Rosi a Fellini. La mostra ha trattato in particolare foto legate al tema del vino e dell’enogastronomia, in cui compaiono autentiche icone del cinema da Sordi a Omar Sharif, da Sofia Loren alla Vitti. La mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione dell’Archivio Storico Enrico Appetito.
Il chiostro ha accolto poi, a 60 anni dal lancio dello Sputnik, un’esposizione degli scatti inediti fatti a bordo della stazione spaziale internazionale e di materiali illustrativi sulle missioni compiute nello spazio dall’URSS e dalla Russia. Le fotografie provenienti dagli archivi dell’Istituto per i problemi medicobiologici di Mosca dell’Accademia delle scienze russa (IMBP). I materiali illustrativi sulle missioni spaziali sono stati concessi dall’Agenzia spaziale russa Roskosmos.

Il programma ha presentato in particolare degustazioni non stop, guidate ed informate dei vini di qualità creati, in un perfetto connubio fra tradizione millenaria e innovazione, dalle cantine di Cori che, in sinergia con istituzioni, associazioni e operatori economici, hanno promosso il meglio dell’Enogastronomia della Città d’Arte. Si è bevuto e si è mangiato in abbondanza, si è ballato e si è cantato in mezzo a tanta Cultura. Oltre ai Wine&Food Points allestiti tra Palazzo Riozzi, l’Oratorio di Santa Maria della Pietà, Palazzo Prosperi Buzi, piazza Sant’Oliva e Palazzetto Luciani, sono state organizzate le visite guidate gratuite a cura dell’Arcadia, che ha condotto i visitatori alla scoperta del grande patrimonio culturale dell’antica città, custodito nel Museo della Città e del Territorio di Cori e nei principali siti museali all’aperto, dislocati tra i due centri storici e nel loro immediato ridosso. La Chiesa di Sant’Oliva e l’antico chiostro hanno ospitato momenti di confronto e dibattito, culturali ma pure scientifici, sul settore enologico e i suoi principali attori, con la Conferenza “TURISMO ENOGASTRONOMICO” – Le Terre del Vino e dell’Olio “nuove Città d’Arte” - Cultura, Enogastronomia e Agriturismo, strumenti per fare di Cori e dei territori rurali nuove destinazioni turistiche – opportunità del PSR 2014-2020 del Lazio.

Tantissime le presenze contate in questi tre giorni, con visitatori provenienti da Latina e dalle province limitrofe, ma soprattutto da Roma e dai Castelli romani, già dalle prime ore del mattino, presenze che hanno sancito il successo di quest’importante iniziativa legata ai Vini ed ai prodotti di eccellenza agroalimentare e dolciaria.  Tantissimi i partecipanti che, per dimostrare la propria soddisfazione, hanno avuto modo di mettere in evidenza con i propri positivi giudizi nei confronti degli organizzatori la netta differenza con manifestazioni similari del territorio, un evento “Cori, Vini nei Cuori” incentrato esclusivamente sulle Cantine e sulle aziende agroalimentari del Comune di Cori.
Un arrivederci quindi alla terza edizione della manifestazione che si terrà nella primavera del 2018, un evento che si arricchirà in questa prossima occasione della presenza delle imprese e di altre attività artigianali di Cori e del suo territorio. Ad Maiora!

Scritto da Tommaso Ducci - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

OSPEDALE DI CORI A RISCHIO CHIUSURA

Nei piani della Regione sarà una postazione 118 medicalizzata

Il Comune di Cori torna a ribadire la sua ferma opposizione alla chiusura del Punto di Primo Intervento di Via Guglielmo Marconi. Quello che una volta era l’ospedale, ad oggi rimane fondamentale per i residenti di Cori, ma anche per gli abitanti delle località limitrofe: Rocca Massima, Norma e Sermoneta e persino Artena, tutte comunità che si riversano sul punto di Cori in caso di necessità.
Per questo il Punto di Primo Intervento raggiunge punte di 6 mila accessi l’anno. Chiudere o depotenziare ulteriormente l’ex ospedale vorrebbe dire doversi recare a Latina, e andare a gravare ulteriormente la già precaria situazione del Santa Maria Goretti. Ad ogni modo, fino al 2018 il servizio sarà garantito. Ma nei piani della Regione Lazio, i punti di primo intervento dovranno essere chiusi e sostituiti da una postazione del 118 medicalizzata. Una eventualità che il sindaco Mauro De Lillis vuole assolutamente evitare. “L’Amministrazione Comunale – affermano in merito il Sindaco, Mauro De Lillis e il Presidente del Consiglio Comunale con delega alla Sanità, Antonio Betti - intraprenderà tutte le strade possibili per scongiurare la chiusura del Punto di Primo Intervento di Cori, chiederà l’aiuto e l’impegno dei cittadini e dell’opposizione per definire strategie comuni a beneficio di tutta la comunità di Cori e Giulianello”.

Scritto da Eleonora Spagnolo - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

SCONTRO POLITICO NAZIONALE SEMPRE PIU' VIOLENTO

Consoliamoci (si fa per dire) con quello che sta accadendo in Spagna, dove è in atto una crisi statuale con l’indipendentismo catalano, impensabile fino a ieri nella civile moderna Europa protesa (almeno così pensavamo) ad unire ed allargarsi e dove invece la realtà di questi giorni presenta spinte e pulsioni frazionistiche e disgregatrici che avremmo ritenuto anacronistiche. Consoliamoci nel ritenere che in Italia le rivendicazioni autonomiste del lombardo-veneto sono di ben minor tenore (economico-fiscali) e che nessuno pensa seriamente ad una repubblica della serenissima o a una Milano tipo Barcellona punto due. Consoliamoci. Ma non troppo. Perché le pagine politiche che stiamo scrivendo non appaiono non solo brillanti, ma proprio nemmeno tanto belle.
Su tutte le questioni mi preme sottolinearne una, particolarmente significativa, ed in senso negativo: mi riferisco al livello del dibattito e dello scontro politico (non ha più senso riferirsi al confronto, ormai di fatto desueto), dove l’affermazione delle proprie tesi e convinzioni viene fatta con una violenza verbale inaudita e col corollario di insulti e contumelie verso quelli che non sono più antagonisti o competitori, ma odiosi avversari e nemici, senza spazio per riflessioni e composizioni di alcun genere. Questo livello altamente violento dello sconto politico è alimentato dalle classi dirigenti e dai leaders o presunti tali, in primis (ma non solo) delle componenti populiste (Grillo e i suoi pentastellati; Salvini e la sua Lega; la Meloni), ma anche altre componenti non scherzano (a sinistra del PD il rancore verso Renzi arriva a punte inusitate), con accuse che addirittura scomodano troppo spesso e del tutto impropriamente e fuori luogo il fascismo, insomma chi non la pensa come te è quasi sempre un fascista e giù improperi e accuse di ogni tipo.
Se questo dicono le classi dirigenti, non meraviglia il linguaggio che prorompe dai social dove ognuno si reputa autorizzato a lanciare accuse, offese, volgarità verso chi la pensa diversamente o è schierato diversamente, con un livello dialettico scadentissimo e con mancanza di alcun freno inibitorio, anche di quelli imposti dalla legge e dal codice penale, figurarsi il c.d. politically corect che lì non è proprio di casa, e non parliamo di un piano di competenze e conoscenze, perché ognuno ormai discetta di questioni costituzionali, di leggi elettorali, di metodi e quant’altro senza alcuna remora, e meno si è culturalemente attrezzati e più si scrive con l’accetta e si danno legnate verbali. E non mancano anche gli acculturati che spesso nella vita sono persone tranquille e che, su Facebook o altri social, ci vanno giù con insolita durezza e senza vergogna alcuna e dalle aggettivazioni pesanti su quanti in fin dei conti sono colpevoli soltanto di pensarla diversamente o di essere diversamente schierati, e che per questo motivo diventano "delinquenti", "citrulli, "babbei" e via dicendo, oltre che ovviamente "fascisti".

Negli ultimi tempi lo scontro si è acceso soprattutto sulla riforma elettorale, poi divenuta legge in un clima incandescente: una legge non perfetta come tutte le altre, che comunque ha il pregio di dare una risposta a chi a gran voce e da tutte le parti chiedeva di superare le disconnessioni sistemiche esistenti con le norme che erano rimaste in vigore dopo il referendum costituzionale e la mannaia costituzionale. La legge ha avuto anche il merito di trovare ampio consenso tra forze di maggioranza e opposizione (dal PD e dai centristi, fino a Forza Italia e Lega), ma chi non è d’accordo ed è risultato perdente nel voto parlamentare (è così che ci si esprime in democrazia) si sente autorizzato a dirne di tutti i colori agli antagonisti, che sono ovviamente bollati di essere fascisti e via dicendo: e passi se così si comporta il Movimento Cinque Stelle, che è nato in questo modo e ci campa ad aizzare così gli umori della gente, ma dai fuoriusciti del PD si usano epiteti e si lanciano accuse anche peggiori, con un’ossessione anti-renziana rispetto a cui quella anti-berlusconiana di ventennale memoria quasi scompare, e anche l’ossessione verso la Boschi meriterebbe letture psico-analitiche e qui si condisce di aspetti sessisti preoccupanti!
La legge elettorale non risolve i problemi di un panorama politico altamente frazionato e scomposto, ma tenta di salvare un rapporto decente tra maggioritario e proporzionale, favorendo peraltro minimamente le coalizioni e comunque dando ampia rappresentanza anche alle aggregazioni minori, con candidati scelti direttamente dagli elettori ed altri indicati dai partiti, e ciò come in passato e come in tante parti d’Europa. Qualcuno ci sarà sempre tra gli scontenti, ma la legge un proprio equilibrio (politico e tecnico) ce l’ha, e in una situazione come quella nostra, di certo non predetermina alcunché, nel senso che i giochi sono aperti per tutti i competitori, come è giusto che sia. Non c’è alcunché di scandalizzante (e pazienza se qualcuno prestato alla politica e alle istituzioni, dopo aver ricevuto e tanto per cinque anni, sbatte la porta di chi lo ha beneficiato e se ne va urlando, ma senza abbandonare l’alto scranno istituzionale ovviamente) né di problematico per la tenuta democratica del sistema. Ci vorrebbe senso della misura (che non c’e però), e ritorno a schemi del passato dove tra contrapposizioni forti e coinvolgenti (si pensi all’uiltra quarantennale sfida tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, che si dividevano su questioni di grande rilevanza) c’era poi un terreno di rispetto dell’altro e delle altrui convinzioni e dei mondi di appartenenza, nella consapevolezza che la verità non ce l’ha in tasca nessuno e che la politica si fa mediano e componendo ragioni diverse. In questa fase forse questa pacatezza, il senso della misura, questo modo di operare con determinazione nelle proprie convinzioni e con rispetto per quelle degli altri, ce lo testimonia però il Premier Paolo Gentiloni (oltre ovviamente a Presidente della Repubblica Sergio Mattarella), che non a caso ha il massimo gradimento nei sondaggi, e gode di grande autorevolezza in Italia e all’estero.


Scritto da Antonio Bellazzi - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

SI STA ESAGERANDO?

Abbiamo fatto cenno ad una relazione richiesta dalla Regione Lazio, a seguito di un esposto dell"ex Sindaco Bianchi, riguardo alla vicenda EUROSPIN (Permesso a Costruire n.24/2016) e alla DIA n.32/2015. Ebbene ad oggi pare nessuna risposta, tanto che la Regione Lazio, con nota n.0542937 del 26/10/2017, ha sollecitato detta relazione "con l’avviso che, in caso di perdurante omissione ovvero in caso di risposta elusiva o parziale", verrà nominato un Commissario ad Acta con conseguente denuncia alla Corte dei Conti per l’accertamento di eventuali danni erariali. Da considerare anche che il Commissario graverebbe sulle casse comunali. Perché non è stata data risposta? Si teme qualcosa? Chi avrebbe dovuto rispondere? Chi deve rispondere? Secondo noi il Comandante della Polizia Municipale, anche perché su queste vicende ha iniziato da tempo un’attività di natura giudiziaria. Certamente non si è scherzato! Riguardo al Responsabile dell’Area Servizi Urbanistici ed Edilizia del Territorio riteniamo non sia lei a dover rispondere, per una questione di opportunità. Curiosa e particolare una sua richiesta al Gruppo Consiliare "L’altra Città" nell’ambito di una risposta ad una interrogazione consiliare riguardante una vicenda urbanistica.
Ecco testualmente quanto riportato nella nota n.8631 del 15/9/2017: "...La sottoscritta inoltre chiede agli esponenti del Gruppo Consiliare "L’altra Città", che dimostrano anche essi di gradire i prodotti Eurospin, perché in precedenza non hanno mai sollevato dimostranze o lamentele quando sull’area di sedime dove sorge il supermercato, insisteva un fabbricato fatiscente avente la copertura di 1000 mq di eternit degradato, materiale potenzialmente pericoloso per l’ambiente circostante verso il quale gli stessi esponenti manifestano vivo interesse circa la tutela ambientale ed urbanistica. L’ufficio tecnico è aperto, a chiunque abbia titolo, a consultare gli Atti amministrativi e la sottoscritta, nel caso si perpetuassero di nuovo azioni diffamatorie verso il proprio operato successivamente alla Nota in oggetto così gravemente diffamatoria ed infondata, si troverà costretta ad adire le vie legali....". Riteniamo non ci sia bisogno di commento.

Un altro argomento che potrebbe o dovrebbe interessare il Comandante della Polizia Municipale è il seguente. È stato acquistato per l'Ufficio Lavori Pubblici "un personal computer e altro materiale informatico presso l’ufficio Tecnico" perché si rendeva "necessaria la sostituzione del computer presso l’ufficio Tecnico, in quanto quello in dotazione ha avuto problemi e al fine di evitare la perdita dei dati". Motivazione vera? Ci chiediamo se il vecchio computer c’è ancora e se funziona. Dalle informazioni che abbiamo pare di sì. Il personal computer acquistato è stato inventariato? Si trova presso il Comune? Se non dovesse essere presso il Comune dove si trova? Non sembra una gestione alquanto discutibile anche dal punto di vista finanziario stante la grave situazione di bilancio in cui versa il Comune? Ogni Responsabile può fare quello che vuole? Chi controlla? Sarebbe il caso di andare a fondo su questa storia, per noi scandalosa, anche interessando l’Autorità Giudiziaria. Così la minoranza come controllare la regolarità dei rimborsi carburante. A proposito della situazione finanziaria del Comune chiediamo al nuovo Assessore al Bilancio di fare una operazione verità sui conti! Attendiamo risposta. Dal Palazzo filtrano voci su mugugni e frizioni in maggioranza. Si lamenta la mancanza di collegialità nelle decisioni e l’invasione di campo cui ricorre il Sindaco nei vari Assessorati. Vedremo chi intende subire e chi no! Il Sindaco dovrà decidere anche sul famoso progetto del "Borgo Protetto" sul quale torneremo prossimamente. Ad oggi appare un modo di amministrare finalizzato più al potere che allo sviluppo della Città, ci auguriamo tanto di sbagliare. Non sembra che si stia costruendo con la bellezza il nostro futuro. Apprendiamo che si è dimesso il Capo di Gabinetto del Sindaco di Torino per aver fatto annullare una multa ad un suo amico. Dimissioni giuste e opportune. Ma a Cori situazioni simili accadono? Ci auguriamo di no, altrimenti dovrebbero esserci anche qui eventuali dimissioni!

CREAZIONE MUSEO ALESSANDRO MARCHETTI


È di poche settimane fa la visita di una delegazione del Comune di Cori a Sesto Calende (VA).
L’occasione l’ha fornita la proiezione del mediometraggio di Angelo Bianchi, "Con gli occhi pieni di cielo", liberamente tratto dagli anni giovanili dell’ingegnere aeronautico Alessandro Marchetti, nell’ambito della manifestazione "Nuove Ali sopra Sesto Calende".
Si è trattato di un momento importante per ricordare la figura di un corese eccellente, colui che è stato definito il più grande progettista aeronautico italiano. Non a caso, nel 2003 lo Stato italiano ha emesso un francobollo che celebra questo nostro illustre concittadino. La figura di Marchetti, che intendiamo valorizzare sempre di più, è di tale rilievo che l’amministrazione comunale, come già annunciato la scorsa estate in occasione della presentazione corese del mediometraggio di Angelo Bianchi, vuole dare vita nella nostra città a un museo a lui dedicato, in cui siano raccolti e custoditi foto, documenti, materiale d’archivio, filmati d’epoca, disegni/progetti, modelli di aerei e tutto ciò che possa testimoniare dell’opera dell’ingegner Marchetti come contribuito all’evoluzione del volo umano.
Inoltre, a Sesto Calende, è stata lanciata dal sindaco Mauro De Lillis, ed accolta con molto calore dagli amministratori locali, la proposta di un gemellaggio tra Cori, dove Marchetti è nato e riposa, e Sesto Calende, dove la sua inventiva e la sua capacità tecnica si sono espresse pienamente e dove tra le due guerre mondiali l’ingegnere corese fece della SIAI Marchetti la più famosa industria aereonautica del mondo arrivando ad occupare migliaia di persone. Ciò consentirà di realizzare una collaborazione tra i due Comuni che sarà fondamentale anche in vista della creazione a Cori del museo Alessandro Marchetti. E anzi, sempre a tal riguardo, sarà costituito un comitato promotore per curare l’allestimento del museo e comunque valorizzare la figura dell’ingegner Marchetti.

Scritto da Il Capogruppo di maggioranza, Elisa Massotti - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

RESOCONTO DEL SOPRALLUOGO ALLA PISCINA COMUNALE DI STOZA DEL 19/10/2017


Il 19 Ottobre 2017 alle ore 10.00 su nostra richiesta Prot. N. 8598 del 14.09.2017 abbiamo effettuato insieme all’ufficio tecnico del Comune di Cori un sopralluogo agli impianti sportivi di Stoza per "la verifica dello stato dei luoghi e dei lavori svolti" e per cercare di farci spiegare e capire come dovrebbero venire spesi i 350 mila euro chiesti come Mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti per rimettere in funzione quello che resta della Piscina Comunale.
Ad aspettarci, con nostra meraviglia non c’era il Responsabile dell’area tecnica come da noi richiesto, con tanto di Progetto alla mano per farci vedere dove si andrà ad intervenire. Non c’era neanche l’Assessore ai LL.PP., come si vuole in questi casi, visto che la minoranza ha fatto una richiesta rigorosamente "politica" e di controllo. Ma ad aspettarci c’erano un vigile ed un geometra comunale, inoltre fresco, di nuova assunzione, quindi all’oscuro di tutto il progetto di ristrutturazione.

Ecco quale è la considerazione per la minoranza, ma soprattutto questa è la considerazione che hanno per il "bene pubblico" e per i Cittadini di Cori e Giulianello. Ma noi lo sapevamo già, sapevamo con quale arroganza stanno amministrando questo "Paese" da 10 anni e non ci meraviglieremo di come lo faranno in questi altri 5. Una Piscina, un bene dei Coresi, costato fino ad oggi ben 550mila euro e dove ne vogliono spendere altri 350mila e dove non è dato sapere, come e soprattutto quando inizieranno questi lavori di ristrutturazione. Quello che possiamo dire è che secondo noi ci sarà un ulteriore spreco di denaro pubblico. Perché come denunciato in campagna elettorale troviamo assurdo spendere 850mila euro (diventati 900 mila con i 50mila degli infissi, spesi fuori gara) per avere poi una "vasca ludica" al posto della piscina olimpionica esistente e, in questa versione, profonda poco più di una bagnarola (0,85 ml di altezza). Una bagnarola, che inoltre perde acqua e che a parere dei nostri tecnici, ma anche per l’ingegnere che ha redatto il progetto, non è ad oggi cantierabile, perché i lavori fatti con i finanziamenti precedenti sono andati in parte perduti, perché i luoghi sono stati lasciati senza custode, aperti ed alla mercé di tutti.
Infatti abbiamo trovato murales, sporcizia e la guaina della vasca "tagliata" in vari punti, praticamente "sfonnata". Negli spogliatoi abbiamo notato che alcune rubinetterie sono state rubate, i muri pieni di umidità con evidenti infiltrazioni dal soffitto e locali in evidente stato di abbandono. Abbiamo notato inoltre che sul soffitto della Piscina incomincia ad apparire l’acciaio arrugginito delle travi portanti segno anche questo, di incuria e abbandono.

Volevamo chiedere al tecnico, il perché ancora non sono stati assegnati i lavori, visto che c’è stata una gara fatta durante la campagna elettorale e dove ci risulta che le buste dei partecipanti non sono ancora state aperte, ma non si è presentato al suo posto ha mandato un subalterno. Perché? Sono passati più di 4 mesi… Noi siamo pronti a consegnare una busta con le nostre 5 firme (di consiglieri Comunali) al Segretario Generale, Garante della Trasparenza e dell’Anticorruzione con decreto del Sindaco n.14 del 6.07.2017 con dentro scritto il nome della ditta che "presumibilmente" vincerà la gara d’appalto, chi sarà stato il tecnico (del PD ?) che ha formulato l’offerta e quali saranno gli eventuali conflitti d’interesse in campo!!! E aspettiamo ancora, con grandi sorrisi, che ci venga consegnato il verbale del sopralluogo effettuato da qualche giorno, per verificare se quello che riporteranno, farà fede con la realtà vista all’interno della "ex-Piscina".


Scritto da Il Capogruppo di minoranza Angelo Sorcecchi - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"


RENZI CONTRO VISCO PER INDEBOLIRE GENTILONI, MA PERDE GRASSO


La tregua armata tra il Segretario del PD e il Premier, firmata a Napoli nella giornata dello scorso sabato nel corso della conferenza programmatica dem, forse al momento in cui leggete questo articolo è già saltata. O forse no. Ma è solo apparente. Le ultime settimane dell’agenda politica del Segretario PD sono state una collana di gaffe, volendo essere eufemistici. Quella che doveva essere una grande vittoria del PD, l’approvazione della legge elettorale, talmente strampalata che persino chi l’ha votata e sin anche chi l’ha scritta, l’On Rosato (da cui rosatellum), pare disconoscerne la paternità, giustificandola come la meno peggio, ha dato inizio, dal momento dell’approvazione in Senato, ad una rovinosa sequela di incidenti di percorso. Ed anche qui siamo generosi.
Si è iniziati con il sostegno dei verdiniani alla legge i cui voti si sono rivelati, ancora una volta, indispensabili e bene ha fatto, con il suo consueto cinismo, Denis Verdini a dichiararlo nel suo intervento in aula: "Noi siamo sempre stati indispensabili, lo siamo e lo saremo". Insomma, i verdiniani sono parte integrante del governo, ed a nulla è servito la non convinta stigmatizzazione del Segretario PD che dal suo treno, che pare salti sempre più stazioni per evitare le contestazioni, ha cercato di dimostrare l’indimostrabile: che non era e non è cosi.

Nel frattempo, al momento del voto, era già scoppiata la vicenda Visco. Con una procedura diciamo anomala, il PD ha pensato bene di presentare una mozione con la quale si chiedeva al governo di non rinnovare l’incarico a Visco come Governatore della Banca d’Italia, cioè di una delle massime Istituzioni dello Stato indipendente e per la quale la designazione del Governatore spetta solo ed esclusivamente all’esecutivo. Renzi lo sapeva bene, e sapeva bene che quella mozione era una sfida a Gentiloni: qui si fa quello che dico io perché io ti ho messo lì. E, dato che come diceva Andreotti, "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca" i dubbi di autorevolissimi opinionisti, anche di area moderata, e non solo del solo del solito "Fatto Quotidiano" o del "Manifesto" si sono subito palesati intorno ad una domanda: vuoi vedere che questa provocazione è stata concepita proprio perché il segretario dem voleva che il contrasto con Gentiloni venisse fuori, in modo da arrivare subito ad una resa dei conti, ad una conta nel governo per capire su chi fidarsi e su chi non fidarsi?
Dubbi leciti convalidati dal tormentone del leader di maggioranza, sempre dal suo treno "destinazione Italia": "tra i risparmiatori e i poteri forti preferisco i risparmiatori perché il PD è di sinistra". Facile la replica dei suoi oppositori. "E lo scopre a pochi mesi dalle elezioni, quando si è accorto che se non recupera a sinistra ci sta il rischio concreto che con questa legge che si regge sulle coalizioni vince la destra?". Senza considerare che far passare una mozione, cioè un atto formale e sostanziale, come legittima critica (che tra l’altro è venuta da quasi tutte le forze politiche) all’operato di Visco nel controllo delle banche, ha una credibilità pari allo zero. Se l’obiettivo era questo, provocare Gentiloni, c’è riuscito in pieno perché il Premier ha ignorato l’emendamento del PD, di cui neanche era a conoscenza, ed ha riproposto Visco alla guida di Bankitalia. D’intesa con il Capo dello Stato Mattarella e forte anche di un inusuale e forte intervento del Presidente emerito Napolitano.
La reazione di Renzi è stata quella di ordinare ai Ministri a lui fedeli, quattro in tutto (Boschi, Martina vicesegretario PD, Del Rio e Lotti), di boicottare il cdm. Cosa che ha creato ancor più malessere nel PD, in modo particolare in Veltroni e soprattutto in Franceschini, sempre più critico verso il Segretario e con ambizioni altrettanto palesi di avere un ruolo di primissimo piano nella futura dirigenza del Partito. Ma il capolavoro maggiore il Segretario lo ha avuto con le inattese dimissioni di Grasso dal PD, non appena la legge elettorale è stata approvata. Quel giovedì sarà per Renzi il "giovedì Grasso" fuori stagione di cui non si dimenticherà facilmente.

Le riflessioni di fondo sono due: la prima che Matteo non ha capito nulla della lezione del 4 dicembre e dell’esito referendario, la seconda che non ha appreso la lezione che fu impartita a Berlusconi (con il quale sembra quasi inevitabile andrà al governo dopo l’esito del voto che proporrà un paese ingovernabile se non con un inciucio devastante), quando si schierò contro i poteri forti: europei, banche, finanza, governi centrali etc., e nel giro di poco tempo (complice Confindustria, il Sole 24 Ore, Napolitano, Bankitalia) fu fatto cadere e sostituito con Mario Monti. Lo capirà.

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

LO ZENZERO


Influenza stagionale? Disturbi gastrici? Ecco un rimedio naturale per combatterli.

La calda stagione è ormai alle spalle e ci stiamo imbattendo nei primi freddi e con quest’ultimi ecco le prime influenze stagionali. Tosse, raffreddore o febbre che sia, sono molto fastidiose e pertanto cerchiamo di combatterle con qualsiasi cosa. Ma perché riempirci di medicinali quando potremmo usare rimedi naturali? Per questo problema ci viene in aiuto una radice di origine orientale: lo zenzero.

Cos’è questa spezia? Lo zenzero è una pianta erbacea originaria dell’estremo Oriente: viene coltivata in tutta la fascia tropicale e subtropicale. Molto usato nella cucina orientale, nelle preparazioni di zuppe e varie pietanze, nella preparazione dell’esame tisane. Una spezia dotata di numerose proprietà curative e dimagranti, nelle pratiche orientali viene anche indicata come una pianta dai molteplici effetti miracolosi. Da qualche anno si è diffusa anche in Occidente: si usa prima principalmente per insaporire pietanze, ma anche per i suoi effetti legati ai disturbi gastrici e nevralgici. Infatti stimola la digestione e la circolazione periferica. La possiamo trovare sia sotto forma di radice fresca che essiccata o in polvere.

Scopriamo tutte le proprietà dello zenzero. Questa spezia ha ottime proprietà digestive, ideale per chi ha problemi di reflusso gastrico e gastriti; è anche usato frequentemente per dispepsia e coliche. Aiuta a combattere la flautolenza ed il meteorismo, o i disturbi intestinali come la diarrea e la stitichezza. Per chi soffre di mal d’auto provate a masticare un pezzo di radice prima di viaggiare per aiutarvi contro la nausea. Lo zenzero è utile per dolori muscolari, come strappi e distorsioni, in quanto questa radice aiuta a far assorbire il trauma e contrasta sia il gonfiore che i dolori. Grazie a queste proprietà antinfiammatorie è utile anche contro le ustioni ed eruzioni cutanee. Inoltre ha ottime proprietà anticoagulanti e aiuta ad abbassare il colesterolo, pertanto può essere utile per il trattamento delle cardiopatie. Lo zenzero essendo un ottimo antinevralgico aiuta a combattere il mal di testa ed il mal di denti, basterà preparare un decotto con 250 gr. di acqua e 10 gr. di radice di zenzero fresco, far bollire per una decina di minuti e bere il contenuto. Per prevenire e curare influenza, mal di gola, infiammazione delle vie respiratorie ed raffreddore, è possibile fare una tisana con zenzero, miele e limone.

Effetti collaterali. Lo zenzero, così come tutte le altre erbe officinali, va usato con cautela, in quanto un uso improprio potrebbe avere ripercussioni nel nostro organismo: bruciori di stomaco, gonfiori all’intestino ed acidità di stomaco. Sconsigliato inoltre per chi soffre di calcoli biliari in quanto stimola il rilascio della bile. Le donne in gravidanza dovrebbero evitare di assumere zenzero in quanto il gingerolo contenuto in questa spezia, ha proprietà abortive, le quali stimolano contrazioni uterine e dilatazione.


Scritto da Costanza Placidi - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"

IMPRENDITORI: NUOVA SOGLIA DI MILLE EURO AL GIORNO PER I PRELIEVI DAL CONTO CORRENTE

Il Governo italiano, con il D.L. n. 193/2016, ha modificato la disciplina dei prelevamenti dal conto corrente bancario, introducendo, solo per gli imprenditori, un tetto massimo di prelievo, oltre il quale potrà scattare l’allerta del fisco, il quale sarà legittimato a considerare tali importi quali "ricavi non dichiarati". Per i versamenti su conto corrente è prevista la libertà di deposito di qualsiasi somma, anche superiore a tremila euro, dato che il divieto di utilizzo del denaro contante per somme superiori a tale indice non si applica nei rapporti con la banca. I versamenti in conto corrente, pertanto, non hanno limiti e possono essere disposti per qualsiasi importo, a condizione che il contribuente sappia dimostrare, in caso di richiesta di chiarimenti, da dove provengono i soldi.
L’Agenzia delle Entrate, infatti, sarà sempre e comunque legittimata a richiedere informazioni sulla provenienza di tale denaro, soprattutto quando manchi una proporzionalità tra la disponibilità di tali somme ed il reddito prodotto. L’art. 32, comma 1, numero 2) del DPR n. 600/1973 attribuisce al fisco il potere di effettuare tutte le indagini ritenute opportune su cui basare le proprie rettifiche del reddito e gli accertamenti fiscali, imponendo al contribuente di dimostrare la fonte dei propri redditi versati sul proprio conto corrente bancario. Un versamento non giustificato attiverà il controllo del fisco, con conseguente rettifica della tassazione del reddito ed applicazione delle relative sanzioni. Tale norma è una disposizione generica, in quanto applicabile a tutti i contribuenti, a prescindere dall’attività svolta: imprenditori, professionisti, lavoratori dipendenti, ecc. Anche se la Corte di Cassazione ha stabilito che tale norma non è applicabile ai professionisti (cfr Cass. sentt. n. 23041/2015, n. 12779/2016, n. 12781/2016, n. 16440/2016), la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 228/2014 ha chiarito che l’esclusione delle indagini per i professionisti riguarda unicamente i prelievi in conto corrente e non anche i versamenti.

Più complicata, al contrario, appare la disciplina dei prelevamenti dal conto corrente bancario. Anche in tali ipotesi non si applicano le norme sulla tracciabilità dei pagamenti, con limite di utilizzo del denaro contante di euro tremila, ed il correntista sarà libero di prelevare dal proprio conto qualsiasi somma di cui possa disporre. Il problema, anche in questo caso, si pone per i rapporti con il fisco quando si tratta di prelievi di denaro contante non giustificati, allorquando non viene dichiarato il beneficiario di tali somme.
Per i lavoratori dipendenti non ci sono limiti, né possibilità di controlli fiscali. Tali lavoratori sono liberi di prelevare dal proprio conto senza dover preoccuparsi di eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per i professionisti, cui inizialmente i prelievi non giustificati erano ritenuti al pari di ricavi, tali da giustificare l’accertamento fiscale, attualmente, come i lavoratori dipendenti, sono liberi di effettuare prelievi senza dover tenere traccia del beneficiario delle somme (cfr. Corte Cost. sent. n. 228/2014). Unicamente per gli imprenditori, per i quali era previsto l’obbligo di dover sempre giustificare i prelievi in conto corrente, con conseguente presunzione di acquisti e vendite "in nero", il decreto fiscale approvato prevede dei limiti (cd. "tetti") che, soltanto se superati, comportano l’obbligo di fornire chiarimenti sul beneficiario dei prelievi. Solo i prelievi non giustificati superiori a mille euro giornalieri e comunque superiori a cinquemila euro mensili potranno eventualmente generare un accertamento fiscale. Quelli invece inferiori a tali importi restano liberi.

Scritto da Manuela Rapino - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "il Corace"

L'AUTONOMIA REGIONALE


Questo fenomeno, avviato prima in Spagna e poi in Italia, sta portando grande scompiglio ai Governi dei Paesi interessati. In entrambe i casi è stato indetto un referendum (strumento che permette al popolo di esprimere la sua opinione su un fatto di interesse nazionale o territoriale) al quale la popolazione ha partecipato attivamente e che ha avuto esito positivo.
Anche se le motivazioni delle Regioni italiane sono diverse dal quelle della Catalogna, il movimento innescatosi è lo stesso; il popolo italiano interessato ha votato in modo favorevole e si dovrà procedere con le trattative tra le stesse ed il Governo sulle modalità e le misure di autonomia concesse e richieste.

Come sempre, il nostro scenario politico è diviso sul fatto; ma perché ci sono tanti pareri discordanti? L’ autonomia regionale implica che il Governo accetti che le Regioni interessate possano godere di alcune libertà inerenti la politica economica territoriale; se accettato, potrebbe essere concesso loro l’applicazione di diverse aliquote regionali sulla tassazione ed una diversa redistribuzione della ricchezza.
Sembra un fatto da poco limitato alle zone interessate, ma non è così. Si potrebbe assistere ad una sorta di emigrazione verso quelle Regioni, ove le condizioni economiche siano più favorevoli, sia da parte dei cittadini (caso estremo ma possibile) sia da parte delle imprese, come successo in Spagna, che scelgono di spostare le loro sedi per evitare "sorprese" a livello burocratico ed economico, mettendo a rischio lo stato sociale della popolazione. Inoltre si potrebbe avere un certo isolamento economico che genera problemi di carattere sociale, culturale e politico; si potrebbe assistere ad un’emarginazione territoriale inutile e poco sensata.

Ma in fondo per quale motivo queste Regioni non dovrebbero volere la loro autonomia? Perché non potrebbero avere la possibilità di offrire condizioni diverse alla popolazione territoriale? O magari.. avranno la possibilità di peggiorare la situazione?

Scritto da Eleonora Angelini - Pubblicato sul numero 8 del 2017 del "Il Corace"

PARCO FRATELLI CERVI: IPOTESI DI RECUPERO


Il nostro paese è ricco di storia e di monumenti, ha una struttura urbana molto interessante. Il centro storico sorge su una collina molto ripida con due fossi che lo fiancheggiano (fosso della Pezza e del Formale), un tempo erano le difese naturali del paese, legata tramite una sorta di "sella" ai monti Lepini (con accesso diretto dall’attuale piazza Signina). Attraverso le carte IGM (cartografie dell’ Istituto Geografico Militare), sappiamo che il centro storico di Cori alto (monte) e Cori basso (valle) hanno mantenuto nei secoli e tutt'oggi, una porzione importante di verde non edificata che divide il paese in due distinti nuclei.

Il centro di Cori monte, se lo osserviamo bene dall’alto, è circondato da una "cintura" verde, composta più a nord dal parco Fratelli Cervi (noto come "l’impero" per noi coresi) e tra sud ed ovest da aree adibite ad orti lungo i tratti della circonvallazione di Via Matteotti e Via dei Lavoratori, chiudendo questa cinta fino in piazza Signina dove ci sono gli attuali "giardini bianchi". L’area più consistente del verde la troviamo nel tratto di pendenza esposto a Nord, più precisamente il tratto che va dall’attuale "Museo della Città e del Territorio", fino a raggiungere piazza Signina (un lembo verde di circa 2,7ettari). Parliamo del Parco Fratelli Cervi o meglio conosciuto come "l’impero" (che presenta un’orografia decisamente in pendenza, trovandosi sul fianco nord del centro storico), basti pensare che dal punto più alto nei pressi di Piazza Signina fino al punto più basso sul curvone della circonvallazione Gramsci ci sono circa 60 metri di dislivello.
Data la sua particolare pendenza, l’ipotesi più accreditata per un possibile recupero è ricavare dei terrazzamenti, come fu già anticipato da un primo progetto risalente agli anni ‘50-’60 e tuttora visibile dove oltre a dei campi per il gioco delle bocce, era stato realizzato un campo da calcetto con annesso spogliatoio, insieme a degli spazi di sosta con funzione di luogo di riposo e dello stare.
Ma da 20 anni a questa parte, l’intera area è in stato di forte degrado, dove un’illuminazione quasi assente, staccionate divelte, erba alta, rifiuti etc.. rendono il luogo poco decoroso, difficile da vivere appieno e poco sicuro soprattutto di notte.
Se ci soffermiamo a pensare alle sue potenzialità di certo quest’area ha molto da offrire, non solo a livello urbanistico, ma soprattutto sull’impatto della vita sociale e collettiva. E’ un punto focale che connette l’area del Comune e piazza Signina una delle due piazze principali di Cori. Per la popolazione è importante avere un’area verde attrezzata per il proprio benessere psicofisico, dove poter ritrovare un "locus amenus", socializzare, assistere a spettacoli, e perché no magari fare dello sport… un luogo dove ne gioverebbero tutti, grandi e piccini.

Voglio mostrarvi un possibile progetto di recupero, partendo dalla base esistente: implementando nuovi percorsi di collegamento, installando una nuova illuminazione con tecnologia a led e sviluppando nuovi terrazzamenti dove poter creare spazi attrezzati per l’attività sportiva (anche all’aperto), un piccolo anfiteatro dove poter assistere a spettacoli di vario genere e soprattutto un ripensamento efficace sulla piantumazione del verde. L’area è esposta a nord, quindi nel periodo invernale è quasi priva di luce solare diretta mentre nel periodo estivo rimane soleggiata fino al tramonto.
Per quanto riguarda la vegetazione, gli alberi presenti attualmente sono dei tigli (Tilia corda L.), con fronde molto alte, che pur essendo caducifoglie riducono l’irradiazione solare, per ovviare a questa mancanza di comfort climatico si può optare su una scelta di piante molto più basse oppure basterebbe avere una maggiore manutenzione delle specie presenti. Infine per rendere più sicuro e fruibile il posto (anche per i pedoni) andrebbe aggiunto un collegamento diretto fra l’area museale e piazza signina, magari con un attraversamento nel cuore del parco. Tutto ciò fa parte di un sistema di ripensamento delle aree verdi del centro storico di Cori, ormai da anni in abbandono o con poca manutenzione, che possano in un domani essere il punto di ritrovo di attività ludico/sportive per molti cittadini e non solo. Un tema che se affrontato oggi verrà vissuto/ mantenuto dalle generazioni di oggi e future.

Scritto da Fernando Bernardi - Pubblicato sul numero 8 del 2018 del "Il Corace"

NEL SOPRANNOME DEL PADRE


Il modo più antico ed ancora più diffuso nel mondo di indicare una persona sta nel darle un nome proprio e subito dopo di farlo seguire dal soprannome di uno dei genitori (quasi sempre quello paterno). Addirittura presso i Romani si adoperavano tre nomi: il prenome, che era personalizzato; il nome, che era quello della discendenza di appartenenza; il cognome, che corrispondeva al nostro soprannome, ed indicava caratteristiche fisiche o morali del nominato. Oggi in molti paesi e paeselli della nostra penisola si indica con il "supernomen" un concittadino, tanto da far nascere all’interno della comunità una sorta di anagrafe ufficiosa...ed addirittura in molti casi nell’anagrafe ufficiale si può leggere accanto a nome e cognome della persona anche il patronimico con cui appellarlo e riconoscerlo. Del resto basta guardare i necrologi... Non passa a miglior vita Mario Rossi.. ma il suo soprannome! Chi ha frequentato le "scuole alte" definisce questa materia "antroponimia popolare", e qui mi fermo e mi scuso per la citazione inutilmente dotta.

Tutto questo poderoso preambolo per introdurre un argomento sfizioso ed una domanda retoricissima.. Poteva mai Cori non ereditare questa usanza dell’uso del soprannome in vece del nome e cognome? No. Ciondolando per il nostro paesello con occhi ed orecchie "appizzate"...ascolto e guardo spesso gli "antichi" locali. Parlano una lingua affascinante ed oscura e pur sforzandomi ho imparato soltanto "ecchi", "me so rizzato", "iatta ", "scolemareglio", "corteggio" ed altre parole sfuse.... Poi ho scoperto i soprannomi coresi… Una vera folgorazione lessicale. Un mondo vastissimo popolato da figure mitologiche...
Ecco apparire nei racconti di un nobile vecchio del posto... Asso di spade, Bazzicotto, Bubbù, Pio nono, Poca luce, Schiattacavagli, Barilotto... Eroi ai miei occhi di un mondo che non deve sparire... Pietro Vitelli, ho saputo, ex sindaco ed intellettuale locale, ha dedicato un libro a questa pratica onomastica... Interessante sarebbe capire e sapere i soprannomi coresi da quali motivazioni arrivino.

La mia fonte del posto mi ha dato qualche piccola spiegazione. Brocchitto (un corese amante del buon bere), Tetté (suono emesso per chiamare a sè i cani), Jo mpiccio (ca va sans dire), su Palle d’oro ho preferito glissare...

Mentre il racconto dell’arzillo vecchietto stava carburando, dopo un’iniziale diffidenza, ecco arrivare un altro ottuagenario a farci compagnia ma d’incanto l’elenco si interrompe... Nessuna altra rivelazione. Deve essere un segreto custodito gelosamente. Mi piacerebbe tanto scrivere ancora dei soprannomi coresi ed è da queste colonne che lancio un appello a chi mi legge.

Inviate i vostri soprannomi e la storia di coresi anziani della vostra famiglia a mtrifari@hotmail.it. Insieme ai vostri racconti vorrei dare un po’ di meritata attenzione a chi per voi e per questa comunità ha significato qualcosa di significativo. Proverò a scriverne con rispetto e sguardo tenero. Una sorta di Spoon river lepina non solo di chi non è che un ricordo, ma anche di chi vive e sgambetta, seppur con l’ausilio di un bastone, nella nostra cittadina.


Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero 8 del 2017 nel "Il Corace"



IL NUOVO NUMERO DI OTTOBRE E' ORA ONLINE

martedì 3 ottobre 2017

IL ROVO, LA PIANTA DELLE “MORE”

Arbusto perenne cespuglioso, infestante e con lunghi sarmenti ricchi di insidiose spine che, per i suoi deliziosi e ricercati frutti, benefici e versatili, è attrazione estiva per numerosi amanti e curiosi.

Oltre ai diversi frutti minori, sui quali ci siamo già soffermati, abbiamo, come noto, anche i diversi coloratissimi e virtuosi frutti di bosco che rappresentano altra straordinaria risorsa naturale. I frutti di bosco, tra cui fragola di bosco (Fragaria vesca), lampone (Rubus idaeus), ribes (Ribes sativum), “mora” di Rovo (Rubus ulmifolius), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), gelso bianco (Morus alba), gelso nero (Morus nigra), ecc., sono una categoria di frutta derivante da piante che per lo più si sviluppano nel particolare clima umido del sottobosco.
Con questo termine (frutti di bosco) si identifica, peraltro, un insieme di frutti che non si accomunano tanto per la classificazione botanica quanto, piuttosto, per la compresenza nello stesso habitat naturale (ambiente di crescita); e ovviamente, tutti, in parole povere, sono prodotti del meraviglioso mondo vegetale ma reperibili nel sottobosco o, più in generale, nelle varie macchie di vegetazione selvatica anche se, come noto, attualmente sono oggetto di autentiche colture agrarie.

Essi, infatti, sono apprezzati per la loro ricchezza di vitamina C (anche se non mancano modeste concentrazioni di carotenoidi e di alcune vitamine del gruppo b) ed hanno una interessante dotazione riguardante anche la quantità di acqua, fibre, sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio. I frutti di bosco, soprattutto in estate, hanno un impiego gastronomico incredibilmente diffuso e variegato, anche se dal punto di vista commerciale la compravendita “al dettaglio” risulta assai scarsa rispetto a quella della frutta tradizionale (a causa ovviamente dei costi piuttosto elevati). Tali frutti, come è noto, sono utilizzati per: il consumo fresco (importante per preservarne il contenuto vitaminico ed antiossidante), l’aggiunta a yogurt, mousse e gelati nonché ad altri dolci al cucchiaio; e per aromatizzare liquori, estrazione di succhi di frutta, l’integrazione a dolci lievitati (panettone di S. Margherita Ligure), l’aromatizzazione di pietanze come i brasati di selvaggina ecc.
Le “more”, i lamponi, mirtilli neri e rossi, ribes e fragoline di bosco sono, peraltro, preziosi alleati della nostra salute. Questi straordinari frutti di bosco sono ricchi di antiossidanti e di sostanze benefiche che possono proteggerci da vari mali ed aiutarci a prevenire ed a contrastare infezioni. La scienza infatti riserva sempre più attenzione e conferma le proprietà benefiche dei frutti di bosco. In questa stagione, come noto, non è difficile nel nostro territorio avere a portata di mano le deliziose e tanto ricercate “more” che, dagli immensi selvaggi cespugli, nel bosco e/o lungo i vari percorsi delle salutari passeggiate in montagna, emergono nelle colorate infruttescenze ed invitano i passanti, amanti o pseudo-naturalisti o semplicemente curiosi, alla raccolta per gustarle e non solo!
È capitato sicuramente a molti di noi, almeno una volta, di fermarsi davanti a un rovo (per una passeggiata in montagna, nelle calde giornate estive) per il solo piacere di una mangiata di more oppure è capitato che per una sola mora raccolta, al prezzo di alcuni graffi da spine di rovo, si è rimasti appagati e, comunque, vogliosi di riprovarci. Per questo, e non solo per questo, credo sia opportuno oltre che utile conoscere le peculiarità del perenne arbusto e dei suoi salutari frutti!

Va anzitutto precisato che la pianta (o il cespuglio) delle “more” è il Rovo (Rubus), il quale è un genere di piante Dicotiledoni appartenente alla famiglia delle Rosacee e che comprende circa 300 specie diffuse, soprattutto, nell’emisfero boreale e particolarmente rappresentato in Europa, regione himalayana, Cina, Giappone, USA e Messico. Non è estraneo, tuttavia, all’emisfero australe essendo noto con diverse specie dell’Africa meridionale, dell’Australia e della Nuova Zelanda. Il rovo di macchia (Rubus ulmifolius) [Rubus dal latino = rosso e potrebbe riferirsi al colore dei frutti maturi di altre specie dello stesso genere (come il lampone) o direttamente al colore del frutto immaturo di tale stessa specie; ulmifolius dal latino = olmo e foglia e deriva dalla similitudine con le foglie dell’albero Ulmus minor] è una specie a noi assai nota essendo diffusa spontaneamente nel nostro variegato territorio. R. ulmifolius (come tutti i Rovi), ad ogni modo, è una pianta perenne o arbusto cespuglioso con fusti sotterranei e con fusti aerei sarmentosi molto lunghi e provvisti di numerose arcuate spine. È ritenuta altresì una semi-caducifoglia in quanto molte foglie permangono attaccate alla pianta anche durante l’inverno.
Così il rovo di macchia (R. ulmifolius), unitamente a Rubus fruticosus (che è anche una delle specie coltivate) e a Rubus tomentosus, Rubus caesius, Rubus saxatilis, Rubus idaesus (Lampone), Rubus canadensis (una specie che porta nel carattere “l’assenza di spine” e diffuso nell’America del Nord), Rubus chamaemorus (il Lampone di Lapponia che è comune in Europa settentrionale e differente dal nostro Lampone, anche se di sapore simile), rappresentano le specie più conosciute di Rubus oltre che maggiormente frequenti nel nostro bel Paese. Tra le varietà di interesse generale, derivanti da specie di origine americana, invece, si può menzionare la ‘Thornfree’, la ‘Black Satin’, la ‘Dirksen’, ‘Thornless’ e ‘Hull Thornless blackberry’.Le loro foglie, alterne e imparipennate, sono variabilmente costituite da 3-5 foglioline a margine seghettato, di colore verde scuro, ellittiche od obovate e bruscamente acuminate, con la pagina superiore glabra e quella inferiore tomentosa con peli bianchi. I fiori, di colore bianco o rosa tenue, risultano composti da cinque sepali e da cinque petali e sono raggruppati in grappoli o racemi che formano delle infiorescenze terminali di forma oblunga o piramidale. Il colore dei petali può variare nei diversi esemplari mentre le dimensioni risultano comprese tra 10 e 15 mm. Il frutto, commestibile e gustoso, è un sorosio giallo, rosso e più sovente nero-violaceo e viene volgarmente chiamato mora di rovo o mora di macchia [per distinguerlo dai frutti del “moro” o Gelso (nero e bianco)]; risulta formato da numerose piccole drupe (derivanti ognuna da carpelli separati e facenti parte di uno stesso gineceo) di colore verde al principio che, come accennato, diventano poi rosse ed infine nerastre a maturità (more).

Da noi, le “more” diventano mature nel periodo di agosto e settembre; il loro gusto, come accennato, è decisamente gradevole e varia dal dolce all’acidulo. Il rovo si trova in ogni dove: lungo le strade, fra le macerie dove forma ampie colonie, al margine dei boschi e fino alle zone di media montagna. Fiorisce, come noto, nella tarda primavera. Il rovo, peraltro, è una pianta indicativa dei terreni profondi e leggermente umidi; la sua moltiplicazione è gamica mediante i semi contenuti nelle piccole drupe, ma è anche vegetativa attraverso l’interramento di rami che danno origine ad una pianta nuova. È considerata una temibile infestante in quanto non solo tende a diffondersi rapidamente ma anche perché risulta di difficile eradicazione tanto è vero che né il taglio e né l’incendio risultano efficaci a tal fine. Infatti, nemmeno con i diversi erbicidi (o diserbanti) si riescono ad ottenere i risultati sperati. Inoltre, proprio perché è una pianta eliofila (tollera poco l’ombra degli altri alberi) il rovo, come accennato, risulta presente normalmente ai margini dei boschi, lungo i sentieri, nelle siepi e in diverse macchie. R. ulmifolius e i rovi in genere formano spesso, nei boschi, delle vere e proprie barriere intransitabili.
Essi, specialmente in associazione con la Vitalba (Clematis vitalba), possono creare dei grovigli inestricabili a danno, a volte, della vegetazione arborea che viene in pratica aggredita e soffocata.

Anche nel nostro territorio sono stati osservati olivi severamente aggrediti da rovi e tali situazioni, ad ogni modo, sono quasi sempre l’espressione reale di un abbandono e di un degrado. R. ulmifolius, comunque, è una pianta utilizzata anche per delimitare proprietà e poderi, con funzioni principalmente difensive, sia per le numerose e robuste spine di cui sono dotati fusti e sarmenti sia per il fitto e tenace intrico che essi formano creando, peraltro, una barriera invalicabile. Altre funzioni delle siepi di rovo riguardano la fornitura di nettare per la produzione del miele (anche monoflorale), come in Spagna e in Italia, nonché una associazione di specie antagoniste di parassiti delle colture (ad esempio le viticole) e la formazione di “corridoi” ecologici per specie animali. Il frutto di R. ulmifolius e di R. fruticosus, come già accennato, è annoverato tra i cosiddetti frutti di bosco e, come questi, è dotato di importanti proprietà nutrizionali e salutari con una marcata presenza di vitamina C e di vitamina A. Infatti, 100 grammi di parte edibile di more fresche, possono sviluppare circa 36 kcal, contengono 85 % di acqua, 1,3 g di proteine, tracce di lipidi, 0 colesterolo, 8,1 g di zuccheri solubili, 3,2 g di fibra totale, 2 mg di sodio, 260 mg di potassio, 36 mg di calcio, 1,6 mg di ferro, 48 mg di fosforo, 0,03 mg di tiamina, 0,05 di riboflavina, 0,07 di niacina, 2 mg di retinolo o vitamina A e 19 mg di vitamina C oltre che acido folico, luteina e zeaxantina.
Si tratta, comunque, di un frutto ricco di acqua, di fibre, di sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio ma abbastanza delicato, che mal si presta a lunghe conservazioni per cui le deliziose more, normalmente, vengono commercializzate per scopi alimentari al naturale (fresche) e, in particolare, per la guarnizione dei svariati dolci, nella preparazione di yogurt e di gelati o in diverse ricette gastronomiche e per ottenere succhi di frutta, marmellate, gelatine, sciroppi, vino ed acquavite. Le radici, i fusti e le foglie contengono tannini, acido ossalico, zucchero, sostanze coloranti, essenze e vitamina A. Pertanto le foglie, ad esempio, vengono utilizzate per preparare un gradevole the (tè). Gli apprezzati frutti vengono impiegati anche in ambito farmaceutico (previa separazione del ricettacolo e del calice) per la preparazione, tra l’altro, dello sciroppo di rovo (usato come purgante molto blando) o fermentati nel vino di more; in ambito cosmetico, invece, per ottenere maschere emollienti e rivitalizzanti utili per pelli stanche e sensibili. Invece, aceti balsamici aromatizzati con i frutti di bosco, inoltre, risultano particolarmente noti sul mercato inglese. Inoltre, da germogli primaverili, colti a sole alto e lasciati a macerare in una brocca di acqua fredda tutta la notte, si ottiene un’aromatica e deliziosa acqua depurativa, tradizionalmente usata per favorire le funzioni intestinali e per depurare l’organismo dalle tossine accumulate durante l’inverno.

Nell’uso popolare, peraltro, i giovani germogli, raccolti in primavera, risultano ottimi lessati brevemente e poi consumati con olio, sale e limone, come molte altre erbe selvatiche commestibili. Per quanto riguarda le specie e le varietà coltivate in coltura protetta (tunnel non riscaldati) la raccolta, invece, inizia a luglio, spuntando migliori prezzi sul mercato del fresco, e si protrae fino a settembre con una ottima produzione che riesce a superare anche i cento quintali per ogni ettaro. Le specie spontanee presenti e diffuse in Italia sono circa 40 per cui le more, la cui consistenza va dal croccante al gommoso, si raccolgono durante tutto il periodo estivo e, a seconda della specie e della varietà, possono avere un contenuto di acqua e di zuccheri variabile che possono renderle adatte ad impieghi diversificati oltre che al consumo fresco.
Le “more”, ad ogni modo, come tutti i frutti di bosco rappresentano una importante risorsa alimentare e terapeutica capace di contribuire a preservare la salute dell’uomo da importanti disturbi e patologie come quelle cardiovascolari e quelle legate all’invecchiamento. Secondo i diversi studi e ricerche, un regolare consumo di tali virtuosi frutti, grazie alla dotazione di importanti composti, ha facoltà depurative ed aiuta a prevenire i disturbi cardiovascolari per la loro capacità di mantenere le arterie pulite; essi sono efficaci anche contro i tumori e, secondo un’altra ricerca (di Ohio State University) prevengono il cancro della bocca ed hanno la capacità di rallentare la crescita di cellule tumorali nel colon. Le “more”, normalmente, sono consigliate anche nel periodo della gravidanza in quanto contengono acido folico, una sostanza ritenuta indispensabile per la crescita del feto. Così le more, come i frutti di bosco, in generale, sono considerate astringenti, depurativi e tonici; secondo i numerosi studi e ricerche effettuate fanno bene al cuore; prevengono l’invecchiamento (come evidenzia uno studio dell’Università di Parma); aiutano peraltro a dimagrire per la funzione e l’effetto degli antiossidanti (come il resveratrolo); prevengono le infezioni urinarie; contribuiscono a mantenere sotto controllo il colesterolo alto; hanno facoltà antinfiammatorie; aiutano a preservare la memoria degli anziani, grazie alla presenza degli antociani; riducono il rischio di ammalarsi di Alzheimer e sono importante fonte di acido folico.

Oggi (ma ormai da diverso tempo) i frutti di bosco non sono solamente di natura selvatica in quanto la crescente richiesta ha favorito altresì la coltivazione di piante i cui frutti (bacche nella maggior parte dei casi) si fanno sviluppare nelle particolari condizioni di umidità tipiche o simili a quelle del sottobosco. Sebbene, infatti, ciascuna specie e varietà possieda un’origine geografica, tali frutti si possono ben produrre in ogni parte del mondo laddove si ricreano le specifiche condizioni. Le loro proprietà nutrizionali, le virtù terapeutiche, la loro versatilità, la delicatezza del gusto, la diversità degli intensi colori e la peculiarità delle loro piccole dimensioni, li hanno elevati ad alimenti affascinanti e meno comuni. Tanto è vero che una semplice confettura di sambuco o una crostata alle more o ai lamponi, o un gelato alle more o un’insalata di frutti di bosco risulta, decisamente, sempre più accattivante di qualsiasi altra preparazione a base di frutta tradizionale!

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

SESSUALITA' E AFFETTIVITA'

Salve, sono un ragazzo di 18 anni, non ho mai avuto problemi di erezione, a volte basta parlare con una bella ragazza per procurarmela. Sono ancora vergine anche se ho fatto dei preliminari in precedenza. L’altra sera in discoteca ho conosciuto una ragazza, a primo impatto non mi è piaciuta moltissimo fisicamente ma conoscendola bene ho iniziato ad affezionarmi. Ad un certo punto, baciandoci e ballando, lei mi dice di andare a casa per fare sesso e devo dire che essendo la prima volta la cosa mi ha messo un po’ d’ansia. Facendola breve, all’inizio andava tutto benissimo; ci siamo ritrovati a letto a fare preliminari e in quel momento avevo l’erezione perfetta, ma non appena siamo passati alla penetrazione è stato come se avessi perso la concentrazione e il pene si è afflosciato. Lei l’ha presa male e di conseguenza io pure. La cosa è finita lì. I primi giorni non facevo altro che pensare alla brutta figura perché mi sono sentito ferito nell’orgoglio. Nei giorni a seguire però mi sono ripreso confortandomi con le tante prime esperienze che ho letto su internet. Riflettendo anche sul fatto che la ragazza in questione non era il mio tipo ideale, mi sono completamente ripreso. Il problema arriva qua perché dopo circa 3 settimane, in cui le cose sembravano essere ritornate normali, ha iniziato a frullarmi in testa una domanda: “E se la prossima volta mi ricapita di nuovo?” Devo ammettere che io sono andato a letto con lei per togliermi il pensiero della verginità perché la ragazza in questione non mi piaceva moltissimo fisicamente (anche se era una ragazza dolcissima), ma ora la mia paura è di fallire in un prossimo rapporto con una ragazza che mi piace veramente. Grazie per l’aiuto che vorrete offrirmi Nicola Gentile

Nicola, è possibile che quello che ha sperimentato sia un naturale calo dell’erezione dovuto ad ansia e preoccupazione verso il rapporto sessuale stesso, una condizione questa che può verificarsi di frequente soprattutto in giovane età e alle prime esperienze sessuali. Inoltre, da quello che scrive in queste sue righe, sembra che ci sia da parte sua una visione a tratti meccanicistica della sessualità e della vita sessuo-affettiva più in generale. Forse, rispetto all’approccio con l’altro sesso, sarebbe importante focalizzarsi non tanto sugli aspetti fisici/prestazionali (ad es., il doversi sbrigare ad avere il primo rapporto sessuale!), quanto sugli aspetti anche emotivi e relazionali; il rapporto con l’altro, infatti, si base anche su tanti elementi di natura più psicologica che giocano un ruolo altrettanto importante. È possibile, come è naturale che accada, che lei avesse bisogno di approfondire il rapporto umano con una ragazza e non di essere catapultato così rapidamente in una situazione evidentemente troppo ansiogena per lei. Coniugare gli aspetti sessuali con quelli più affettivi e relazionali è il primo passaggio fondamentale per godere, in qualsiasi fase della propria vita, di una sessualità appagante e soddisfacente.
Sperando di aver risposto almeno in parte alla sua richiesta, le invio un cordiale saluto e augurio e le ricordo che qualora lo desiderasse può usufruire del nostro servizio di consulenza telefonica, anonimo e gratuito (tel. 0645540806, lun., mart., giov. dalle 14 alle 19) dove esperti psicologi potranno ascoltarla.

Gaetano Gambino Società Italiana di Sessuologia e Psicologia (SISP) Ogni mese diversi esperti risponderanno alle vostre domande su qualsiasi tematica legata alla sessualità e all’affettività, che potranno essere inviate all’indirizzo e-mail: corace@sisponline.it

Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

ARRIVA IL CAMBIO DI STAGIONE E …. CADONO I CAPELLI

I capelli sono un tratto distintivo dell’aspetto fisico: differiscono da individuo a individuo e spesso servono a valorizzare la nostra bellezza. Diverse volte nell’arco della vita di ogni essere umano si verifica il ricambio dei capelli, un processo che si ripete ciclicamente e si può intensificare durante i cambi di stagione.
L’autunno è la stagione per eccellenza in cui si verifica questo fenomeno, coinvolgendo indistintamente sia uomini che donne. Infatti nei mesi autunnali gli organismi viventi si adattano in vario modo all’imminente cambiamento delle temperature: gli alberi perdono le foglie, gli animali cambiano il pelo e gli esseri umani perdono i capelli.

Diversi sono i fattori che predispongono alla caduta dei capelli: l’ereditarietà genetica che spiega la calvizie; le variazioni nel rapporto tra ore di luce e ore di buio che influenzano l’equilibrio ormonale; lo stress di una vita frenetica e/o l’eccessiva esposizione del cuoio capelluto al calore e ai raggi solari che possono provocare l’indebolimento dei capelli e la loro disidratazione.

Per contrastare efficacemente la caduta stagionale dei capelli possiamo prendere in considerazione vari rimedi:
- seguire una corretta alimentazione assumendo frutta e verdura di stagione, pesce (in particolare quello azzurro) e uova;
- integrare l’alimentazione con vitamine specifiche (vitamina B e vitamina E) arricchite di zinco e sali minerali;
- ridurre il consumo di sigarette, di alcool e di caffeina;
- condurre una vita regolare e ridurre lo stress;
- prendersi cura dei propri capelli: massaggiare a lungo il cuoio capelluto con i polpastrelli; utilizzare lozioni e shampoo specifici per rinforzare i capelli e limitare il fenomeno della caduta; non pettinarli troppe volte e bruscamente; mantenerli sciolti il più possibile; limitare le tinte e le permanenti per evitare di rompere la fibra capillare.

Scritto da Emanuele Nobili - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

IL LAVORO DURO IN PALESTRA

Il fondamento dell’allenamento sensato senza doping è il lavoro intenso su routine abbreviate che comprendono movimenti multiarticolari fondamentali. La miglior filosofia e il migliore programma del mondo saranno di valore piccolo o nullo se non si “lavora sul programma” con ogni grammo di forza che si riesce a chiamare a raccolta. Sono fermamente convinto che allenarsi con intensità sufficiente da produrre guadagni di forza e di misura costanti sia l’aspetto più difficile da mettere a posto nello sport dei pesi.

Cosa si intende per allenamento duro?
Essenzialmente implica spingersi ad eseguire quelle ripetizioni quasi impossibili, senza fermarsi prima o senza adattarsi a meno del meglio dei propri sforzi. Non importa se preferite serie multiple con numero di ripetizioni basso, una sola serie con molte ripetizioni all’incapacità muscolare, o dei pesanti massimali su una ripetizione. Il concetto finale è che bisogna continuare a spingere, continuare ad allenarsi finché non si ha letteralmente più nulla da dare. La sfida è di trovare metodi per spingersi a questo livello di intensità quanto più spesso è possibile. Andrebbe notato che allenarsi veramente duro in palestra richiede pratica, pazienza e perseveranza. In realtà può essere decisamente pericoloso se passate direttamente all’esercizio fisico ad altissima intensità senza prima padroneggiare completamente la forma di esecuzione dell’esercizio. Impiegate tutto il tempo necessario per sistemare la vostra forma di esecuzione prima di preoccuparvi troppo dell’intensità. Quelle che seguono sono alcune tecniche per produrre intensità che potreste trovare utili nel vostro allenamento.
Tutto comincia nella mente - Lavorare veramente duro in palestra richiede la chiarezza di propositi e la forza di volontà di non accontentarsi mai di meno del proprio sforzo migliore. E’ necessario determinare per se stessi esattamente perché ci si vuole allenare e quel che si desidera trarre dall’allenamento.

Uno degli aspetti eccezionali dell’allenamento duro in palestra è il modo in cui ciò influisce anche su altre aree della vita. Insegna il valore di sforzo, disciplina, costanza e dedizione. Concentrarsi sugli esercizi fondamentali - Sono i movimenti compositi fondamentali che costruiscono i muscoli (es.: stacchi da terra, squat e trazioni alla sbarra), è lo sforzo che richiedono. Pensare sempre in progressione - Sforzarsi sempre di aggiungere peso o ripetizioni a ogni esercizio che si fa. La cosa importante è di avere la mentalità di voler aggiungere peso o ripetizioni quando si può. Sperimentare ripetizioni più lente - Rallentare la velocità delle ripetizioni è un modo molto efficace per rendere più duri gli esercizi. Eliminando l’influenza dello slancio si aumenta veramente lo sforzo sui muscoli che vengono interessati. Trovare un buon compagno - Sebbene sia possibile allenarsi duramente da soli, è molto più facile e divertente se ci si può allenare con un compagno di allenamento. Fare delle interruzioni - Allenarsi duro richiede molto a corpo e mente. Sono convinto che coloro che si allenano in modo veramente duro richiedano più riposo dall’attività della maggior parte dei praticanti. Allenarsi quando si è pronti - Se si lavora veramente duro in palestra non ci si può preoccupare di allenarsi secondo un calendario precostituito. Basate la decisione se allenarvi o meno su come vi sentite, non sul fatto che sono passati un certo numero di giorni dall’ultima sessione. Ridurre il numero di esercizi - Provate a ridurre il volume di allenamento e a concentrarvi sull’allenarsi più intensamente con la routine ultra abbreviata. Quello che conta è la qualità del lavoro fatto in palestra e non la quantità. Ridurre il riposo tra le serie - Se si riduce il tempo di riposo tra gli esercizi si innalza grandemente il livello di intensità. Ciò fornisce anche l’ulteriore beneficio di allenare il sistema cardiovascolare.
Infatti il beneficio aerobico dell’allenamento con i pesi ad alta intensità è molto sottovalutato. Sperimentare serie allenanti singole - E’ più probabile mettercela tutta quando si deve fare solo una serie, una possibilità, per produrre la stimolazione della crescita con un dato esercizio. Fate lavorare l’ultima serie - Allenare una serie all’incapacità muscolare e poi continuare a spingere la resistenza per altri 15-30 secondi. Essere realistici e pazienti - Aumentare l’intensità di allenamento è un’abilità tecnica che può essere imparata se si ha il desiderio di dedicarci tempo e si è realistici. In conclusione - Quando ci si allena duramente con costanza in palestra, la sfida è di eseguire quanti meno esercizi possibili, quanto più infrequentemente possibile, per produrre guadagni consistenti. Eseguite la quantità minore di allenamento veramente duro necessaria per continuare a migliorare. Ogni sforzo in più incide sul recupero e costituisce superallenamento.

Sforzatevi di “Fare meno, più duramente” e non potrete che avere risultati positivi. (di Kevin Fontaine Dal. n. 3 - Olympian’s News)

Scritto da Andrea Pistilli - Istruttore FIF - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace

L'AVVOCATO RISPONDE

Egregio Avvocato, mio figlio quest’anno frequenta il primo anno delle scuole superiori presso un Istituto scolastico fuori dal Paese dove viviamo. Ho quindi pensato di comprargli un telefono cellulare, per usarlo all’occorrenza. Mi sono recato in più negozi di telefonia dove, all’atto della sottoscrizione del contratto, i vari operatori mi hanno riferito che la fatturazione della fornitura era prevista ogni 28 giorni. Questa scelta, adottata da tutte le compagnie telefoniche, è legittima? La ringrazio. Antonio P.

Egregio Signore,
i pagamenti delle bollette delle utenze telefoniche presentano spesso delle problematiche, anche in considerazione dei molteplici episodi in cui, per vari motivi, gli importi che vengono richiesti non corrispondono ai reali consumi, ovvero per errore negli invii da parte dei gestori, i quali, indifferentemente, cercano di riscuotere quanto richiesto. Le compagnie telefoniche, oltre alla pretesa di pagamenti per contratti mai sottoscritti, o conguagli ed acconti fantasiosi, da qualche periodo usano la prassi di fatturare le bollette non più mensilmente ma ogni 28 giorni, sia per la telefonia mobile che per quella fissa. E questo potrebbe sembrare agli utenti assolutamente non rilevante né troppo dispendioso. In realtà, questo “trucchetto” viene adottato dalle compagnie per aumentare i propri guadagni: l’emissione della bolletta telefonica ogni 28 giorni obbliga, in definitiva, al pagamento di una bolletta in più, non dovuta, con un rincaro per il cittadino dell’8,6 % circa annuo. Nella telefonia mobile questo metodo è utilizzato già da qualche anno. Ma ora che i gestori lo hanno esteso anche alla telefonia fissa, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) è intervenuta, invitando gli stessi a porre fine a tale pratica, ed a “mettersi in regola” entro il termine di 90 giorni. I gestori, di contro, hanno presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), cui si sono rivolti impugnando la delibera dell’Autorità, così, di fatto, non adeguandosi alle determinazioni impartite dall’organo di controllo. L’Agcom, dato il mancato adeguamento, ha manifestato l’intenzione di avviare l’applicazione di pesanti sanzioni nei confronti delle compagnie che non hanno rispettato l’adeguamento alla fatturazione mensile. La preoccupazione maggiore per l’Autorità è quella di evitare che tali condotte possano coinvolgere anche altri settori, caratterizzati dalle stesse modalità di fruizione periodica dei servizi. Per la telefonia fissa l’Autorità si è mostrata irremovibile, prevedendo oltre alla sanzione da irrogare, anche una sorta di rimborso in favore delle famiglie, danneggiate da tale comportamento. Anche il Governo ha annunciato interventi normativi atti a rendere i contratti telefonici e la tariffazione più trasparente. Nel frattempo che gli operatori si adeguino a pratiche più corrette, gli utenti ben potrebbero manifestare la propria volontà di recedere dai contratti in essere, optando per compagnie telefoniche che non adottino tale tipologia di fatturazione. Resta comunque fermo il diritto degli utenti di ottenere il rimborso di quanto indebitamente pagato in eccedenza, con ricorso ai Comitati Regionali per le Comunicazioni (Co.re.com) ovvero mediante reclamo diretto alla propria compagnia telefonica.

Scritto da Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"