martedì 3 ottobre 2017

IL ROVO, LA PIANTA DELLE “MORE”

Arbusto perenne cespuglioso, infestante e con lunghi sarmenti ricchi di insidiose spine che, per i suoi deliziosi e ricercati frutti, benefici e versatili, è attrazione estiva per numerosi amanti e curiosi.

Oltre ai diversi frutti minori, sui quali ci siamo già soffermati, abbiamo, come noto, anche i diversi coloratissimi e virtuosi frutti di bosco che rappresentano altra straordinaria risorsa naturale. I frutti di bosco, tra cui fragola di bosco (Fragaria vesca), lampone (Rubus idaeus), ribes (Ribes sativum), “mora” di Rovo (Rubus ulmifolius), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), gelso bianco (Morus alba), gelso nero (Morus nigra), ecc., sono una categoria di frutta derivante da piante che per lo più si sviluppano nel particolare clima umido del sottobosco.
Con questo termine (frutti di bosco) si identifica, peraltro, un insieme di frutti che non si accomunano tanto per la classificazione botanica quanto, piuttosto, per la compresenza nello stesso habitat naturale (ambiente di crescita); e ovviamente, tutti, in parole povere, sono prodotti del meraviglioso mondo vegetale ma reperibili nel sottobosco o, più in generale, nelle varie macchie di vegetazione selvatica anche se, come noto, attualmente sono oggetto di autentiche colture agrarie.

Essi, infatti, sono apprezzati per la loro ricchezza di vitamina C (anche se non mancano modeste concentrazioni di carotenoidi e di alcune vitamine del gruppo b) ed hanno una interessante dotazione riguardante anche la quantità di acqua, fibre, sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio. I frutti di bosco, soprattutto in estate, hanno un impiego gastronomico incredibilmente diffuso e variegato, anche se dal punto di vista commerciale la compravendita “al dettaglio” risulta assai scarsa rispetto a quella della frutta tradizionale (a causa ovviamente dei costi piuttosto elevati). Tali frutti, come è noto, sono utilizzati per: il consumo fresco (importante per preservarne il contenuto vitaminico ed antiossidante), l’aggiunta a yogurt, mousse e gelati nonché ad altri dolci al cucchiaio; e per aromatizzare liquori, estrazione di succhi di frutta, l’integrazione a dolci lievitati (panettone di S. Margherita Ligure), l’aromatizzazione di pietanze come i brasati di selvaggina ecc.
Le “more”, i lamponi, mirtilli neri e rossi, ribes e fragoline di bosco sono, peraltro, preziosi alleati della nostra salute. Questi straordinari frutti di bosco sono ricchi di antiossidanti e di sostanze benefiche che possono proteggerci da vari mali ed aiutarci a prevenire ed a contrastare infezioni. La scienza infatti riserva sempre più attenzione e conferma le proprietà benefiche dei frutti di bosco. In questa stagione, come noto, non è difficile nel nostro territorio avere a portata di mano le deliziose e tanto ricercate “more” che, dagli immensi selvaggi cespugli, nel bosco e/o lungo i vari percorsi delle salutari passeggiate in montagna, emergono nelle colorate infruttescenze ed invitano i passanti, amanti o pseudo-naturalisti o semplicemente curiosi, alla raccolta per gustarle e non solo!
È capitato sicuramente a molti di noi, almeno una volta, di fermarsi davanti a un rovo (per una passeggiata in montagna, nelle calde giornate estive) per il solo piacere di una mangiata di more oppure è capitato che per una sola mora raccolta, al prezzo di alcuni graffi da spine di rovo, si è rimasti appagati e, comunque, vogliosi di riprovarci. Per questo, e non solo per questo, credo sia opportuno oltre che utile conoscere le peculiarità del perenne arbusto e dei suoi salutari frutti!

Va anzitutto precisato che la pianta (o il cespuglio) delle “more” è il Rovo (Rubus), il quale è un genere di piante Dicotiledoni appartenente alla famiglia delle Rosacee e che comprende circa 300 specie diffuse, soprattutto, nell’emisfero boreale e particolarmente rappresentato in Europa, regione himalayana, Cina, Giappone, USA e Messico. Non è estraneo, tuttavia, all’emisfero australe essendo noto con diverse specie dell’Africa meridionale, dell’Australia e della Nuova Zelanda. Il rovo di macchia (Rubus ulmifolius) [Rubus dal latino = rosso e potrebbe riferirsi al colore dei frutti maturi di altre specie dello stesso genere (come il lampone) o direttamente al colore del frutto immaturo di tale stessa specie; ulmifolius dal latino = olmo e foglia e deriva dalla similitudine con le foglie dell’albero Ulmus minor] è una specie a noi assai nota essendo diffusa spontaneamente nel nostro variegato territorio. R. ulmifolius (come tutti i Rovi), ad ogni modo, è una pianta perenne o arbusto cespuglioso con fusti sotterranei e con fusti aerei sarmentosi molto lunghi e provvisti di numerose arcuate spine. È ritenuta altresì una semi-caducifoglia in quanto molte foglie permangono attaccate alla pianta anche durante l’inverno.
Così il rovo di macchia (R. ulmifolius), unitamente a Rubus fruticosus (che è anche una delle specie coltivate) e a Rubus tomentosus, Rubus caesius, Rubus saxatilis, Rubus idaesus (Lampone), Rubus canadensis (una specie che porta nel carattere “l’assenza di spine” e diffuso nell’America del Nord), Rubus chamaemorus (il Lampone di Lapponia che è comune in Europa settentrionale e differente dal nostro Lampone, anche se di sapore simile), rappresentano le specie più conosciute di Rubus oltre che maggiormente frequenti nel nostro bel Paese. Tra le varietà di interesse generale, derivanti da specie di origine americana, invece, si può menzionare la ‘Thornfree’, la ‘Black Satin’, la ‘Dirksen’, ‘Thornless’ e ‘Hull Thornless blackberry’.Le loro foglie, alterne e imparipennate, sono variabilmente costituite da 3-5 foglioline a margine seghettato, di colore verde scuro, ellittiche od obovate e bruscamente acuminate, con la pagina superiore glabra e quella inferiore tomentosa con peli bianchi. I fiori, di colore bianco o rosa tenue, risultano composti da cinque sepali e da cinque petali e sono raggruppati in grappoli o racemi che formano delle infiorescenze terminali di forma oblunga o piramidale. Il colore dei petali può variare nei diversi esemplari mentre le dimensioni risultano comprese tra 10 e 15 mm. Il frutto, commestibile e gustoso, è un sorosio giallo, rosso e più sovente nero-violaceo e viene volgarmente chiamato mora di rovo o mora di macchia [per distinguerlo dai frutti del “moro” o Gelso (nero e bianco)]; risulta formato da numerose piccole drupe (derivanti ognuna da carpelli separati e facenti parte di uno stesso gineceo) di colore verde al principio che, come accennato, diventano poi rosse ed infine nerastre a maturità (more).

Da noi, le “more” diventano mature nel periodo di agosto e settembre; il loro gusto, come accennato, è decisamente gradevole e varia dal dolce all’acidulo. Il rovo si trova in ogni dove: lungo le strade, fra le macerie dove forma ampie colonie, al margine dei boschi e fino alle zone di media montagna. Fiorisce, come noto, nella tarda primavera. Il rovo, peraltro, è una pianta indicativa dei terreni profondi e leggermente umidi; la sua moltiplicazione è gamica mediante i semi contenuti nelle piccole drupe, ma è anche vegetativa attraverso l’interramento di rami che danno origine ad una pianta nuova. È considerata una temibile infestante in quanto non solo tende a diffondersi rapidamente ma anche perché risulta di difficile eradicazione tanto è vero che né il taglio e né l’incendio risultano efficaci a tal fine. Infatti, nemmeno con i diversi erbicidi (o diserbanti) si riescono ad ottenere i risultati sperati. Inoltre, proprio perché è una pianta eliofila (tollera poco l’ombra degli altri alberi) il rovo, come accennato, risulta presente normalmente ai margini dei boschi, lungo i sentieri, nelle siepi e in diverse macchie. R. ulmifolius e i rovi in genere formano spesso, nei boschi, delle vere e proprie barriere intransitabili.
Essi, specialmente in associazione con la Vitalba (Clematis vitalba), possono creare dei grovigli inestricabili a danno, a volte, della vegetazione arborea che viene in pratica aggredita e soffocata.

Anche nel nostro territorio sono stati osservati olivi severamente aggrediti da rovi e tali situazioni, ad ogni modo, sono quasi sempre l’espressione reale di un abbandono e di un degrado. R. ulmifolius, comunque, è una pianta utilizzata anche per delimitare proprietà e poderi, con funzioni principalmente difensive, sia per le numerose e robuste spine di cui sono dotati fusti e sarmenti sia per il fitto e tenace intrico che essi formano creando, peraltro, una barriera invalicabile. Altre funzioni delle siepi di rovo riguardano la fornitura di nettare per la produzione del miele (anche monoflorale), come in Spagna e in Italia, nonché una associazione di specie antagoniste di parassiti delle colture (ad esempio le viticole) e la formazione di “corridoi” ecologici per specie animali. Il frutto di R. ulmifolius e di R. fruticosus, come già accennato, è annoverato tra i cosiddetti frutti di bosco e, come questi, è dotato di importanti proprietà nutrizionali e salutari con una marcata presenza di vitamina C e di vitamina A. Infatti, 100 grammi di parte edibile di more fresche, possono sviluppare circa 36 kcal, contengono 85 % di acqua, 1,3 g di proteine, tracce di lipidi, 0 colesterolo, 8,1 g di zuccheri solubili, 3,2 g di fibra totale, 2 mg di sodio, 260 mg di potassio, 36 mg di calcio, 1,6 mg di ferro, 48 mg di fosforo, 0,03 mg di tiamina, 0,05 di riboflavina, 0,07 di niacina, 2 mg di retinolo o vitamina A e 19 mg di vitamina C oltre che acido folico, luteina e zeaxantina.
Si tratta, comunque, di un frutto ricco di acqua, di fibre, di sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio ma abbastanza delicato, che mal si presta a lunghe conservazioni per cui le deliziose more, normalmente, vengono commercializzate per scopi alimentari al naturale (fresche) e, in particolare, per la guarnizione dei svariati dolci, nella preparazione di yogurt e di gelati o in diverse ricette gastronomiche e per ottenere succhi di frutta, marmellate, gelatine, sciroppi, vino ed acquavite. Le radici, i fusti e le foglie contengono tannini, acido ossalico, zucchero, sostanze coloranti, essenze e vitamina A. Pertanto le foglie, ad esempio, vengono utilizzate per preparare un gradevole the (tè). Gli apprezzati frutti vengono impiegati anche in ambito farmaceutico (previa separazione del ricettacolo e del calice) per la preparazione, tra l’altro, dello sciroppo di rovo (usato come purgante molto blando) o fermentati nel vino di more; in ambito cosmetico, invece, per ottenere maschere emollienti e rivitalizzanti utili per pelli stanche e sensibili. Invece, aceti balsamici aromatizzati con i frutti di bosco, inoltre, risultano particolarmente noti sul mercato inglese. Inoltre, da germogli primaverili, colti a sole alto e lasciati a macerare in una brocca di acqua fredda tutta la notte, si ottiene un’aromatica e deliziosa acqua depurativa, tradizionalmente usata per favorire le funzioni intestinali e per depurare l’organismo dalle tossine accumulate durante l’inverno.

Nell’uso popolare, peraltro, i giovani germogli, raccolti in primavera, risultano ottimi lessati brevemente e poi consumati con olio, sale e limone, come molte altre erbe selvatiche commestibili. Per quanto riguarda le specie e le varietà coltivate in coltura protetta (tunnel non riscaldati) la raccolta, invece, inizia a luglio, spuntando migliori prezzi sul mercato del fresco, e si protrae fino a settembre con una ottima produzione che riesce a superare anche i cento quintali per ogni ettaro. Le specie spontanee presenti e diffuse in Italia sono circa 40 per cui le more, la cui consistenza va dal croccante al gommoso, si raccolgono durante tutto il periodo estivo e, a seconda della specie e della varietà, possono avere un contenuto di acqua e di zuccheri variabile che possono renderle adatte ad impieghi diversificati oltre che al consumo fresco.
Le “more”, ad ogni modo, come tutti i frutti di bosco rappresentano una importante risorsa alimentare e terapeutica capace di contribuire a preservare la salute dell’uomo da importanti disturbi e patologie come quelle cardiovascolari e quelle legate all’invecchiamento. Secondo i diversi studi e ricerche, un regolare consumo di tali virtuosi frutti, grazie alla dotazione di importanti composti, ha facoltà depurative ed aiuta a prevenire i disturbi cardiovascolari per la loro capacità di mantenere le arterie pulite; essi sono efficaci anche contro i tumori e, secondo un’altra ricerca (di Ohio State University) prevengono il cancro della bocca ed hanno la capacità di rallentare la crescita di cellule tumorali nel colon. Le “more”, normalmente, sono consigliate anche nel periodo della gravidanza in quanto contengono acido folico, una sostanza ritenuta indispensabile per la crescita del feto. Così le more, come i frutti di bosco, in generale, sono considerate astringenti, depurativi e tonici; secondo i numerosi studi e ricerche effettuate fanno bene al cuore; prevengono l’invecchiamento (come evidenzia uno studio dell’Università di Parma); aiutano peraltro a dimagrire per la funzione e l’effetto degli antiossidanti (come il resveratrolo); prevengono le infezioni urinarie; contribuiscono a mantenere sotto controllo il colesterolo alto; hanno facoltà antinfiammatorie; aiutano a preservare la memoria degli anziani, grazie alla presenza degli antociani; riducono il rischio di ammalarsi di Alzheimer e sono importante fonte di acido folico.

Oggi (ma ormai da diverso tempo) i frutti di bosco non sono solamente di natura selvatica in quanto la crescente richiesta ha favorito altresì la coltivazione di piante i cui frutti (bacche nella maggior parte dei casi) si fanno sviluppare nelle particolari condizioni di umidità tipiche o simili a quelle del sottobosco. Sebbene, infatti, ciascuna specie e varietà possieda un’origine geografica, tali frutti si possono ben produrre in ogni parte del mondo laddove si ricreano le specifiche condizioni. Le loro proprietà nutrizionali, le virtù terapeutiche, la loro versatilità, la delicatezza del gusto, la diversità degli intensi colori e la peculiarità delle loro piccole dimensioni, li hanno elevati ad alimenti affascinanti e meno comuni. Tanto è vero che una semplice confettura di sambuco o una crostata alle more o ai lamponi, o un gelato alle more o un’insalata di frutti di bosco risulta, decisamente, sempre più accattivante di qualsiasi altra preparazione a base di frutta tradizionale!

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

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