Si è conclusa da poco la bellissima
mostra tenutasi a Roma presso Palazzo Braschi su “Artemisia
Gentileschi e il suo tempo”. Anna Banti, l’autrice della
biografia ARTEMISIA la definisce una grande dama, una donna che ha
saputo rivendicare il diritto di essere libera come un uomo.
Artemisia nasce a Roma nel 1593, si maschera da uomo per essere
accettata negli ambienti artistici, all’epoca prettamente maschili.
E’ certamente impossibile ignorare quel marzo del 1612 quando fu
intentato da Orazio Gentileschi, padre di Artemisia, quel processo
contro l’amico e collega Agostino Tassi che nel maggio dell’anno
precedente aveva violentato Artemisia.
È stato infatti questo
episodio, spesso a prevalere sulla bravura di Artemisia come pittrice
ricordata e rivalutata, piuttosto come emblema e modello storico da
citare o meglio da utilizzare anacronisticamente per avanzare
rivendicazioni infarcite spesso di retorica femminista. Negli anni
sessanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del
femminismo internazionale. Artemisia, artista d’eccezione è stata
dimenticata, trascurata proprio dagli storici suoi contemporanei, che
per primi si interessarono più alla sua insolita vicenda personale
che non alla sua opera.
Si deve a Roberto Longhi, grande storico dell’arte, che con un suo studio del 1916 fece un primo tentativo serio di analisi della sua produzione artistica nel più vasto contesto del caravaggismo e soprattutto una prima accurata distinzione delle opere della figlia rispetto a quelle del padre.
Artemisia cominciò prestissimo a cimentarsi nella pittura, in parte spinta dalla curiosità per il lavoro del padre, ma soprattutto dalle doti naturali. Già nel 1609, all’età di sedici anni, dipingeva con grande abilità, di quell’epoca è una “Madonna con bambino” di fattura eccezionale; solo due anni dopo Artemisia uno dei suoi capolavori “Susanna e i vecchioni”, è proprio in quel periodo che Orazio lavorava in collaborazione con Agostino Tassi, “lo smagiasso”.
Il Tassi, pittore di talento, ma incostante nel lavoro, si fermava spesso in casa Gentileschi e fu lo stesso Orazio a chiedergli di iniziare Artemisia alla prospettiva. È proprio in una di queste occasioni che il Tassi si infatuò di Artemisia e la violentò, il processo iniziò dopo un anno, nel maggio del 1612 e terminò dopo cinque mesi con una lieve condanna per il Tassi. Artemisia non fu mai creduta, dopo aver subito l’umiliazione di plurime visite ginecologiche fu sottoposta alla tortura dello schiacciamento dei pollici, nonostante ciò non ritrasse mai la sua deposizione.
Gli anni a seguire furono anni di viaggi e anche di grandi soddisfazioni, conobbe e collaborò con gli artisti più stimati del suo tempo, nel 1637 intraprese un lungo viaggio che la portò alla corte di Carlo I dove lavorò al palazzo reale di Greenwich. L’ultimo periodo della sua vita fu uno dei più difficili, aveva molti problemi di salute e di conseguenza problemi economici, l’esaurirsi della vena artistica resero i suoi ultimi quadri meno interessanti, fino alla morte che sopravvenne nel 1652 a soli 59 anni.
Si deve a Roberto Longhi, grande storico dell’arte, che con un suo studio del 1916 fece un primo tentativo serio di analisi della sua produzione artistica nel più vasto contesto del caravaggismo e soprattutto una prima accurata distinzione delle opere della figlia rispetto a quelle del padre.
Artemisia cominciò prestissimo a cimentarsi nella pittura, in parte spinta dalla curiosità per il lavoro del padre, ma soprattutto dalle doti naturali. Già nel 1609, all’età di sedici anni, dipingeva con grande abilità, di quell’epoca è una “Madonna con bambino” di fattura eccezionale; solo due anni dopo Artemisia uno dei suoi capolavori “Susanna e i vecchioni”, è proprio in quel periodo che Orazio lavorava in collaborazione con Agostino Tassi, “lo smagiasso”.
Il Tassi, pittore di talento, ma incostante nel lavoro, si fermava spesso in casa Gentileschi e fu lo stesso Orazio a chiedergli di iniziare Artemisia alla prospettiva. È proprio in una di queste occasioni che il Tassi si infatuò di Artemisia e la violentò, il processo iniziò dopo un anno, nel maggio del 1612 e terminò dopo cinque mesi con una lieve condanna per il Tassi. Artemisia non fu mai creduta, dopo aver subito l’umiliazione di plurime visite ginecologiche fu sottoposta alla tortura dello schiacciamento dei pollici, nonostante ciò non ritrasse mai la sua deposizione.
Gli anni a seguire furono anni di viaggi e anche di grandi soddisfazioni, conobbe e collaborò con gli artisti più stimati del suo tempo, nel 1637 intraprese un lungo viaggio che la portò alla corte di Carlo I dove lavorò al palazzo reale di Greenwich. L’ultimo periodo della sua vita fu uno dei più difficili, aveva molti problemi di salute e di conseguenza problemi economici, l’esaurirsi della vena artistica resero i suoi ultimi quadri meno interessanti, fino alla morte che sopravvenne nel 1652 a soli 59 anni.
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