martedì 3 ottobre 2017

A CORI LA BESTEMMIA SI PRATICA SOVENTE...

L’ho scoperto in vari episodi e la perentorietà della mia affermazione ha avuto molteplici conferme.
Tre elementi epifanici in particolare...Mattina presto, ore 7. Capolinea Cotral. Sonnacchioso attendo bus in mezzo ad una pletora di ragazzi vocianti...Partono i primi moccoli. A gratis direi... Porco qui, Porco là, La natura suina del Creatore più volte espressa.
Secondo esempio. Abito nei pressi del Beato Tommaso.. Serate che precedono il Carosello, per sfortuna nera sotto casa c’è la sede degli ultras di Porta Signina... Ragazzi e ragazze, la meglio gioventù corese si raduna, Preparano coreografie e strombazzano euforici. Tutto normale. Poi il turpiloquio più becero fa capolino. Il povero Beato citato più volte non certo per essere invocato, tanto che il mattino seguente mi pare di vedere la sua espressione dolente e risentita. Allucinazioni estive?
Terzo episodio, Bar del centro. Amo i vecchietti. Da sempre li ascolto con venerazione, certi nostri vecchi sono divini e mi ricordano divinità antiche che difendono la memoria della comunità... Certi...alcuni.. Poi ci son certi anziani coresi che tra un caffè e una chiacchiera scomodano Santi ed affini senza motivo, ed allora capisco il perché qui a Cori si è particolarmente portati in materia di bestemmia.

Mi pare sia un esercizio linguistico piuttosto che il frutto di una reazione scomposta e rabbiosa. Io divento bestemmiatore per protestare istintivamente contro un dolore fisico e non, parolacce e saette contro il cielo le scaglio se mi si altera la pressione, qui, invece, accade di tendere alla coprolalia e alle sue diramazioni, anche solo per salutarsi e raccontare un fatto accaduto.
Nessun monito da parte mia ai Coresi! Ognuno fa le “citazioni” che vuole. Ho solo colto quello che mi pare un tratto antropologico diffuso non solo da queste parti. Pulsioni che attengono non solo al campo irrazionale della religione e delle motivazioni inconsce che rendono funzionale il mondo degli dei, ma che riguardano il mondo relazionale più autentico.
Bestemmio quindi sono. Se bestemmio appartengo. Esisto.

Il tema perciò è molto più complesso a mio avviso. Dio e madri e figli e santi son solo un mezzo per affermare la propria esistenza in vita, per interagire con gli altri, per fare gruppo. Ingrandendo il campo si può dire che siamo artisti della bestemmia noi italiani, poi ci son gli spagnoli...le altre culture non concepiscono il significato della bestemmia. Indiani d’America, polinesiani ad esempio non la praticano per niente. Da noi invece tira che è una bellezza. Pure qualche pretaccio vi ricorre per protestare contro il Padrone.
Ritornando al nostro paesello lepino ho provato a chiedere a qualche corese doc perché qui si smoccola a gogó. Ecco la summa delle risposte avendo come unico filo rosso non la componente etico/ religiosa, ma quella psicologica: La blasfemia ha significato eminentemente terapeutico, praticandola si scarica la tensione emotiva, si arriva alla catarsi, la pace trionfa sulla guerra. Ci si libera dall’ombra del patire, la negatività viene portata all’esterno e fugata. Troppo complicato? Ho cercato di dare un carattere un po’ aulico alle risposte dei coresi che ho interpellato.
Tutti han sorriso compiaciuti quando ho chiesto loro del perché si bestemmiasse. Quasi orgogliosi di questa peculiarità orale locale. Nessuna vergogna. Nessuna risposta anodina. Pane e bestemmia mi ha detto una gentile corese. Quasi come se accanto al vino e all’olio prodotti qui ci fosse posto tra i marchi di origine pure la D.O.C.B., acronimo di Bestemmia d’origine controllata... Può essere un’idea per valorizzare ancor di più questo territorio?

Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

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