L’ho scoperto in vari episodi e la
perentorietà della mia affermazione ha avuto molteplici conferme.
Tre elementi epifanici in particolare...Mattina presto, ore 7.
Capolinea Cotral. Sonnacchioso attendo bus in mezzo ad una pletora di
ragazzi vocianti...Partono i primi moccoli. A gratis direi... Porco
qui, Porco là, La natura suina del Creatore più volte espressa.
Secondo esempio. Abito nei pressi del Beato Tommaso.. Serate che
precedono il Carosello, per sfortuna nera sotto casa c’è la sede
degli ultras di Porta Signina... Ragazzi e ragazze, la meglio
gioventù corese si raduna, Preparano coreografie e strombazzano
euforici. Tutto normale. Poi il turpiloquio più becero fa capolino.
Il povero Beato citato più volte non certo per essere invocato,
tanto che il mattino seguente mi pare di vedere la sua espressione
dolente e risentita. Allucinazioni estive?
Terzo episodio, Bar del
centro. Amo i vecchietti. Da sempre li ascolto con venerazione, certi
nostri vecchi sono divini e mi ricordano divinità antiche che
difendono la memoria della comunità... Certi...alcuni.. Poi ci son
certi anziani coresi che tra un caffè e una chiacchiera scomodano
Santi ed affini senza motivo, ed allora capisco il perché qui a Cori
si è particolarmente portati in materia di bestemmia.
Mi pare sia un
esercizio linguistico piuttosto che il frutto di una reazione
scomposta e rabbiosa. Io divento bestemmiatore per protestare
istintivamente contro un dolore fisico e non, parolacce e saette
contro il cielo le scaglio se mi si altera la pressione, qui, invece,
accade di tendere alla coprolalia e alle sue diramazioni, anche solo
per salutarsi e raccontare un fatto accaduto.
Nessun monito da parte
mia ai Coresi! Ognuno fa le “citazioni” che vuole. Ho solo colto
quello che mi pare un tratto antropologico diffuso non solo da queste
parti. Pulsioni che attengono non solo al campo irrazionale della
religione e delle motivazioni inconsce che rendono funzionale il
mondo degli dei, ma che riguardano il mondo relazionale più
autentico.
Bestemmio quindi sono. Se bestemmio appartengo. Esisto.
Il
tema perciò è molto più complesso a mio avviso. Dio e madri e
figli e santi son solo un mezzo per affermare la propria esistenza in
vita, per interagire con gli altri, per fare gruppo. Ingrandendo il
campo si può dire che siamo artisti della bestemmia noi italiani,
poi ci son gli spagnoli...le altre culture non concepiscono il
significato della bestemmia. Indiani d’America, polinesiani ad
esempio non la praticano per niente. Da noi invece tira che è una
bellezza. Pure qualche pretaccio vi ricorre per protestare contro il
Padrone.
Ritornando al nostro paesello lepino ho provato a chiedere a
qualche corese doc perché qui si smoccola a gogó. Ecco la summa
delle risposte avendo come unico filo rosso non la componente etico/
religiosa, ma quella psicologica: La blasfemia ha significato
eminentemente terapeutico, praticandola si scarica la tensione
emotiva, si arriva alla catarsi, la pace trionfa sulla guerra. Ci si
libera dall’ombra del patire, la negatività viene portata
all’esterno e fugata. Troppo complicato? Ho cercato di dare un
carattere un po’ aulico alle risposte dei coresi che ho
interpellato.
Tutti han sorriso compiaciuti quando ho chiesto loro
del perché si bestemmiasse. Quasi orgogliosi di questa peculiarità
orale locale. Nessuna vergogna. Nessuna risposta anodina. Pane e
bestemmia mi ha detto una gentile corese. Quasi come se accanto al
vino e all’olio prodotti qui ci fosse posto tra i marchi di origine
pure la D.O.C.B., acronimo di Bestemmia d’origine controllata...
Può essere un’idea per valorizzare ancor di più questo
territorio?
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