martedì 3 ottobre 2017

L’URLO DEGLI INCENDI

Piemonte, Abruzzo, Lazio ... Sardegna, Calabria, Campania ... Italia!!! Come ci si sente a stare al sicuro mentre si vede, da lontano, la montagna devastata dalle fiamme. Come ci si sente ad essere svegliati di notte dall’urlo “al fuoco, al fuoco”. Come ci si sente a dover scappare di corsa dalla propria casa, magari con i figli piccoli, perché l’incendio estivo è venuto ad urlare vicinissimo a te. E come ci si sente quando si ha la fortuna di dover solo ripulire la propria casa dalla cenere, perché comunque è andata bene!
Questo è quello che succede ogni anno, soprattutto durante il periodo estivo, in molte zone della nostra amata Italia, in molti angoli di paradiso, e resta negli occhi il ricordo di ciò che era e la paura di ciò che sarà.

L’entrata in vigore della Legge Quadro n. 353/2000, che ha tra l’altro previsto il reato di incendio boschivo come fattispecie penale autonoma (art. 423 bis c.p.), ha segnato una svolta fondamentale sul fronte della repressione degli incendi boschivi, considerati tra i più gravi fenomeni delittuosi e di allarme sociale. Il sistema sanzionatorio in materia, penale ed amministrativo, è disciplinato da una pluralità di fonti normative e legislative: il codice penale, la Legge quadro sugli incedi boschivi, la Legge forestale del 1923, il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) e la Legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente.
E’ di estrema importanza, in tali casi, l’individuazione esatta dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la volontà giuridica di delinquere, l’accettazione (e il rifiuto) del rischio, l’aver agito con dolo (volontarietà) o con colpa (imprudenza, negligenza, imperizia): da tale elemento deriveranno conseguenze notevoli, anche in relazione alla pena da applicare.
Ad esempio, per comprendere meglio, al soggetto che vuole bruciare solo delle stoppie, che però si trovano dentro il bosco, si rappresenta l’eventualità che il bosco stesso possa prendere fuoco, ma, pur non volendo cagionare un incendio boschivo, questi accetta ugualmente il rischio perché confida nelle sue possibilità di controllare il fuoco. Perde però il controllo delle fiamme sulle stoppie, che si propagano su tutto il bosco: ha commesso il reato di incendio boschivo, colposo (l’incendio, pur previsto, non è voluto dall’autore). Se, invece, il soggetto vuole bruciare per ritorsione una casa che si trova all’interno di un bosco, si rappresenta la possibilità che dalla sua azione possa bruciare anche il bosco intorno. Accetta lo stesso tale rischio pur di bruciare la casa, la quale brucia con tutto il bosco: risponderà penalmente anche di incendio boschivo, doloso (accettazione del rischio).

Ma cosa accade per legge ad un terreno percorso dal fuoco, che impiegherà poi molti anni per guarire, ospitare pascoli, essere produttivo o rimboscato. La normativa italiana prevede divieti, prescrizioni da osservare nelle aree e nei periodi a rischio di incendi, ed, ovviamente, sanzioni amministrative per i trasgressori. In particolare, le zone boscate ed i pascoli, i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco, non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni.
È, altresì, vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici, di strutture e di infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, salvo preesistente autorizzazione o concessione, pena l’arresto fino a due anni ed una ammenda elevata, oltre alla demolizione dell’opera ed il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. Sono, inoltre, vietate per cinque anni sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con finanziamenti pubblici, salvo specifica autorizzazione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. E’ anche vietato per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorse dal fuoco, l’esercizio delle attività pastorizie e venatorie. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni che possono, anche solo potenzialmente, determinare l’innesco di incendio (anche il semplice fumare una sigaretta). Nel caso in cui l’autore dell’illecito sia un esercente di attività turistiche, oltre alla sanzione pecuniaria è disposta anche la revoca della licenza che consente l’esercizio dell’attività.

Sono poi previste sanzioni da altre fonti legislative, quali il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza - T.U.L.P.S. (R.D. n.773/1931), la Legge forestale (R.D. n. 3267/1923) ed il suo Regolamento (R.D. n. 1126/1926), contenente norme sulle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (P.M.P.F.). In particolare, è vietato accendere fuochi all’aperto nei boschi o a distanza inferiore a 100 metri, mentre l’abbruciamento delle stoppie e di altri residui vegetali è permesso soltanto a debita distanza dal bosco e purché il terreno su cui si effettua sia circoscritto ed isolato con solchi di aratro o con altro mezzo efficace ad arrestare il fuoco. Non si può procedere all’abbruciamento quando spira il vento. E’ comunque previsto il divieto della raccolta della legna morta da parte degli aventi diritto, fino a quando l’Autorità forestale lo riterrà necessario per la ricostituzione naturale del bosco: la legna dovrà essere venduta ed il ricavato reimpiegato per tale scopo. Chiunque, in occasione di un incendio boschivo, rifiuta senza giustificato motivo il proprio aiuto o servizio all’opera di spegnimento, è punito a norma dell’articolo 652 del codice penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda. Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto (l’incendiario) al risarcimento del danno ambientale nei confronti dello Stato, oltre al ripristino dello stato dei luoghi a proprie spese. E per questo costante e ripetuto disastro ambientale il codice penale (cfr. art. 423) prevede la reclusione da tre a sette anni.

Scritto da Manuela Rapino - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

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