Piemonte, Abruzzo, Lazio ... Sardegna,
Calabria, Campania ... Italia!!! Come ci si sente a stare al sicuro
mentre si vede, da lontano, la montagna devastata dalle fiamme. Come
ci si sente ad essere svegliati di notte dall’urlo “al fuoco, al
fuoco”. Come ci si sente a dover scappare di corsa dalla propria
casa, magari con i figli piccoli, perché l’incendio estivo è
venuto ad urlare vicinissimo a te. E come ci si sente quando si ha la
fortuna di dover solo ripulire la propria casa dalla cenere, perché
comunque è andata bene!
Questo è quello che succede ogni anno,
soprattutto durante il periodo estivo, in molte zone della nostra
amata Italia, in molti angoli di paradiso, e resta negli occhi il
ricordo di ciò che era e la paura di ciò che sarà.
L’entrata in
vigore della Legge Quadro n. 353/2000, che ha tra l’altro previsto
il reato di incendio boschivo come fattispecie penale autonoma (art.
423 bis c.p.), ha segnato una svolta fondamentale sul fronte della
repressione degli incendi boschivi, considerati tra i più gravi
fenomeni delittuosi e di allarme sociale. Il sistema sanzionatorio in
materia, penale ed amministrativo, è disciplinato da una pluralità
di fonti normative e legislative: il codice penale, la Legge quadro
sugli incedi boschivi, la Legge forestale del 1923, il Testo Unico
delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) e la Legge istitutiva
del Ministero dell’Ambiente.
E’ di estrema importanza, in tali
casi, l’individuazione esatta dell’elemento soggettivo del reato,
ovvero la volontà giuridica di delinquere, l’accettazione (e il
rifiuto) del rischio, l’aver
agito con dolo (volontarietà) o con
colpa (imprudenza, negligenza, imperizia): da tale elemento
deriveranno conseguenze notevoli, anche in relazione alla pena da
applicare.
Ad esempio, per comprendere meglio, al soggetto che vuole
bruciare solo delle stoppie, che però si trovano dentro il bosco, si
rappresenta l’eventualità che il bosco stesso possa prendere
fuoco, ma, pur non volendo cagionare un incendio boschivo, questi
accetta ugualmente il rischio perché confida nelle sue possibilità
di controllare il fuoco. Perde però il controllo delle fiamme sulle
stoppie, che si propagano su tutto il bosco: ha commesso il reato di
incendio boschivo, colposo (l’incendio, pur previsto, non è
voluto dall’autore). Se, invece, il soggetto vuole bruciare per
ritorsione una casa che si trova all’interno di un bosco, si
rappresenta la possibilità che dalla sua azione possa bruciare anche
il bosco intorno. Accetta lo stesso tale rischio pur di bruciare la
casa, la quale brucia con tutto il bosco: risponderà penalmente
anche di incendio boschivo, doloso (accettazione del rischio).
Ma
cosa accade per legge ad un terreno percorso dal fuoco, che
impiegherà poi molti anni per guarire, ospitare pascoli, essere
produttivo o rimboscato. La normativa italiana prevede divieti,
prescrizioni da osservare nelle aree e nei periodi a rischio di
incendi, ed, ovviamente, sanzioni amministrative per i trasgressori.
In particolare, le zone boscate ed
i pascoli, i cui soprassuoli siano
stati percorsi dal fuoco, non possono avere una destinazione diversa
da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni.
È,
altresì, vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la
realizzazione di edifici, di strutture e di infrastrutture
finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, salvo
preesistente autorizzazione o concessione, pena l’arresto fino a
due anni ed una ammenda elevata, oltre alla demolizione dell’opera
ed il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile.
Sono, inoltre, vietate per cinque anni sui predetti soprassuoli, le
attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con
finanziamenti pubblici, salvo specifica autorizzazione del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio. E’ anche vietato per
dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorse
dal fuoco, l’esercizio delle attività pastorizie e venatorie.
Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate
tutte le azioni che possono, anche solo potenzialmente, determinare
l’innesco di incendio (anche il semplice fumare una sigaretta). Nel
caso in cui l’autore dell’illecito sia un esercente di attività
turistiche, oltre alla sanzione pecuniaria è disposta anche la
revoca della licenza che consente l’esercizio dell’attività.
Sono poi previste sanzioni da altre fonti legislative, quali il Testo
Unico delle Leggi di Pubblica
Sicurezza - T.U.L.P.S. (R.D.
n.773/1931), la Legge forestale (R.D. n. 3267/1923) ed il suo
Regolamento (R.D. n. 1126/1926), contenente norme sulle Prescrizioni
di Massima e di Polizia Forestale (P.M.P.F.). In particolare, è
vietato accendere fuochi all’aperto nei boschi o a distanza
inferiore a 100 metri, mentre l’abbruciamento delle stoppie e di
altri residui vegetali è permesso soltanto a debita distanza dal
bosco e purché il terreno su cui si effettua sia circoscritto ed
isolato con solchi di aratro o con altro mezzo efficace ad arrestare
il fuoco. Non si può procedere all’abbruciamento quando spira il
vento. E’ comunque previsto il divieto della raccolta della legna
morta da parte degli aventi diritto, fino a quando l’Autorità
forestale lo riterrà necessario per la ricostituzione naturale del
bosco: la legna dovrà essere venduta ed il ricavato reimpiegato per
tale scopo. Chiunque, in occasione di un incendio boschivo, rifiuta
senza giustificato motivo il proprio aiuto o servizio all’opera di
spegnimento, è punito a norma dell’articolo 652 del codice penale
con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda. Qualunque fatto
doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge che
comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo,
deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore
del fatto (l’incendiario) al risarcimento del danno ambientale nei
confronti dello Stato, oltre al ripristino dello stato dei luoghi a
proprie spese. E per questo costante e ripetuto disastro ambientale
il codice penale (cfr. art. 423) prevede la reclusione da tre a sette
anni.
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