lunedì 2 ottobre 2017

DISSESTO IDROGEOLOGICO, PROBLEMA IRRISOLTO

L’ormai consueta stagione autunnale dei nubifragi e delle alluvioni devastanti si è inaugurata come al solito con frane, inondazioni, allagamenti, smottamenti e ancora tante vittime tra morti, feriti e persone rimaste senza un tetto.

L’ironia della sorte è che di fronte ai nuovi disastri alluvionali – che anticipano l’autunno con piogge intense – ci si lava la coscienza parlando, ai Tg e altrove, di “bombe d’acqua”. Quest’ultimo termine lo si può usare legittimamente per l’alluvione che ha invaso di nuovo la Toscana e qualche altra regione d’Italia.
La “bomba d’acqua” è un fenomeno che si manifesta in pianura laddove l’agricoltura è divenuta da promiscua che era, specializzata e industriale. Ciò ha comportato la tombatura e la eliminazione di tutta una rete di canali e canalette, nonché di siepi e di filari, di “piantate” che comunque rallentavano e disperdevano in più rivoli le acque piovane. La loro concentrazione in alcuni pochi canali o torrenti, insieme alla caduta della pioggia ben più veloce dalle strade collinari. A grandi linee le aree colpite sono sempre le stesse, a conferma del fatto che le cosiddette catastrofi naturali in ultima analisi non sono naturali affatto.



All’origine di tutto ciò che rovinosamente sta accadendo, a Genova come in Maremma e altrove ci sono alcune cause:
a) un abusivismo edilizio spaventoso e suicida e una “legalità edilizia” avventurosa (vedi Genova e dintorni);
b) la mancata cura degli alvei montani e collinari dei corsi d’acqua e l’occupazione di quelli di pianura con costruzioni di ogni tipo nelle aree golenali e oltre;
c) la latitanza di un piano generale nazionale di riassetto idrogeologico, di messa in sicurezza idrogeologica e sismica insieme.

Bisogna riportare in onore la pianificazione e attuarla anno dopo anno, altrimenti tutta l’Italia viene giù fra i lamenti degli stessi responsabili, spesso, dei mille pazzeschi abusi.

Ma si possono spendere soldi di tutti per indennizzare degli abusivi scriteriati? Si può continuare a rincorrere disperatamente ogni emergenza per non averla saputa prevenire?

Non possiamo dimenticare che le cause delle frequenti conseguenze catastrofiche delle intense piogge autunnali sono sempre le stesse, e sono ben note a chi governa: da in lato il venir meno della cura del territorio a monte e degli alvei dei fiumi e dei torrenti, e dall’altro l’edificazione in zone a rischio. Sulle cause non c’è più nulla da scoprire: esiste al riguardo una quantità più che esauriente di rilevazioni e di studi. I guai cominciano quando dal campo delle cause si passa a quello dei rimedi.
Senza dubbio gli stanziamenti sono di gran lunga inferiori alle necessità. In pratica sono briciole: a questo ritmo occorrerebbero 25 anni solo per realizzare tutti gli interventi di cui si è attualmente accertata la necessità. Se poi si considera che, a causa di una legislazione e della burocrazia che abbiamo, nel settore delle opere pubbliche lo Stato non riesce mai a spendere tutto ciò che stanzia, quei 25 anni potrebbero facilmente diventare un secolo.

La disponibilità di adeguati stanziamenti statali è necessaria, ma ancora una volta non è sufficiente. Anche in questo campo, che a prima vista sembra così tecnico, emerge il problema chiave del nostro tempo, che è quello della persona e della sua responsabilità. Senza un ampio consenso popolare nessun governo può procedere a una spesa così ingente come quella occorrente per porre rimedio al dissesto idro-geologico, e così pure per finanziare l’adeguamento antisismico di quel terzo del nostro territorio nazionale che è a rischio di terremoti.
Si tratta di spese che, da un lato, non rispondono a bisogni immediatamente percepiti come urgenti, e che dall’altro sono così rilevanti da implicare tagli in altri settori. Senza dunque un vasto e stabile consenso popolare in pratica diventano impossibili. Decenni di storia recente del nostro Paese lo confermano.
S’impone pertanto l’urgenza di ciò che l’attuale governo non fa, ma che peraltro non hanno fatto nemmeno i governi che l’hanno preceduto, ossia un lavoro da un lato di stimolo allo sviluppo del consenso diffuso di cui si diceva, e dall’altro di riforma radicale dell’azione amministrativa dello Stato e dell’organizzazione dei suoi uffici.

Senza queste premesse andare in televisione o in Parlamento ad annunciare nuove leggi e nuovi stanziamenti non serve a nulla. Finché le cose restano come sono si può stare certi che circa ogni anno, di sicuro in autunno ma senza escludere la primavera, quasi sempre in Liguria e nelle province toscane e poi da qualche parte o nelle Marche o in Calabria o in Sicilia ci saranno esondazioni e frane con gravi danni.

D’altra parte se è vero come è vero che alla radice del problema ci sono la persona e la sua responsabilità, da ciò consegue che non basta un governo, quale che esso sia, a cambiare le cose. Senza dimenticare che queste problematiche riguardano anche il nostro territorio corese.

Scritto da Alessia Pieri - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

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