L’ormai consueta stagione autunnale
dei nubifragi e delle alluvioni devastanti si è inaugurata come al
solito con frane, inondazioni, allagamenti, smottamenti e ancora
tante vittime tra morti, feriti e persone rimaste senza un tetto.
L’ironia della sorte è che di fronte ai nuovi disastri alluvionali
– che anticipano l’autunno con piogge intense – ci si lava la
coscienza parlando, ai Tg e altrove, di “bombe d’acqua”.
Quest’ultimo termine lo si può usare legittimamente per
l’alluvione che ha invaso di nuovo la Toscana e qualche altra
regione d’Italia.
La “bomba d’acqua” è un fenomeno che si
manifesta in pianura laddove l’agricoltura è divenuta da promiscua
che era, specializzata e industriale. Ciò ha comportato la tombatura
e la eliminazione di tutta una rete di canali e canalette, nonché di
siepi e di filari, di “piantate” che comunque rallentavano e
disperdevano in più rivoli le acque piovane. La loro concentrazione
in alcuni pochi canali o torrenti, insieme alla caduta della pioggia
ben più veloce dalle strade collinari. A grandi linee le aree colpite
sono sempre le stesse, a conferma del fatto che le cosiddette
catastrofi naturali in ultima analisi non sono naturali affatto.
All’origine di tutto ciò che rovinosamente sta accadendo, a Genova
come in Maremma e altrove ci sono alcune cause:
a) un abusivismo
edilizio spaventoso e suicida e una “legalità edilizia”
avventurosa (vedi Genova e dintorni);
b) la mancata cura degli alvei
montani e collinari dei corsi d’acqua e l’occupazione di quelli
di pianura con costruzioni di ogni tipo nelle aree golenali e oltre;
c) la latitanza di un piano generale nazionale di riassetto
idrogeologico, di messa in sicurezza idrogeologica e sismica insieme.
Bisogna riportare in onore la pianificazione e attuarla anno dopo
anno, altrimenti tutta l’Italia viene giù fra i lamenti degli
stessi responsabili, spesso, dei mille pazzeschi abusi.
Ma si possono
spendere soldi di tutti per indennizzare degli abusivi scriteriati?
Si può continuare a rincorrere disperatamente ogni emergenza per non
averla saputa prevenire?
Non possiamo dimenticare che le cause delle
frequenti conseguenze catastrofiche delle intense piogge autunnali
sono sempre le stesse, e sono ben note a chi governa: da in lato il
venir meno della cura del territorio a monte e degli alvei dei fiumi
e dei torrenti, e dall’altro l’edificazione in zone a rischio.
Sulle cause non c’è più nulla da scoprire: esiste al riguardo una
quantità più che esauriente di rilevazioni e di studi. I guai
cominciano quando dal campo delle cause si passa a quello dei rimedi.
Senza dubbio gli stanziamenti sono di gran lunga inferiori alle
necessità. In pratica sono briciole: a questo ritmo occorrerebbero
25 anni solo per realizzare tutti gli interventi di cui si è
attualmente accertata la necessità. Se poi si considera che, a causa
di una legislazione e della burocrazia che abbiamo, nel settore delle
opere pubbliche lo Stato non riesce mai a spendere tutto ciò che
stanzia, quei 25 anni potrebbero facilmente diventare un secolo.
La
disponibilità di adeguati stanziamenti statali è necessaria, ma
ancora una volta non è sufficiente. Anche in questo campo, che a
prima vista sembra così tecnico, emerge il problema chiave del
nostro tempo, che è quello della persona e della sua responsabilità.
Senza un ampio consenso popolare nessun governo può procedere a una
spesa così ingente come quella occorrente per porre rimedio al
dissesto idro-geologico, e così pure per finanziare l’adeguamento
antisismico di quel terzo del nostro territorio nazionale che è a
rischio di terremoti.
Si tratta di spese che, da un lato, non
rispondono a bisogni immediatamente percepiti come urgenti, e che
dall’altro sono così rilevanti da implicare tagli in altri
settori. Senza dunque un vasto e stabile consenso popolare in pratica
diventano impossibili. Decenni di storia recente del nostro Paese lo
confermano.
S’impone pertanto l’urgenza di ciò che l’attuale
governo non fa, ma che peraltro non hanno fatto nemmeno i governi che
l’hanno preceduto, ossia un lavoro da un lato di stimolo allo
sviluppo del consenso diffuso di cui si diceva, e dall’altro di
riforma radicale dell’azione amministrativa dello Stato e
dell’organizzazione dei suoi uffici.
Senza queste premesse andare
in televisione o in Parlamento ad annunciare nuove leggi e nuovi
stanziamenti non serve a nulla. Finché le cose restano come sono si
può stare certi che circa ogni anno, di sicuro in autunno ma senza
escludere la primavera, quasi sempre in Liguria e nelle province
toscane e poi da qualche parte o nelle Marche o in Calabria o in
Sicilia ci saranno esondazioni e frane con gravi danni.
D’altra
parte se è vero come è vero che alla radice del problema ci sono la
persona e la sua responsabilità, da ciò consegue che non basta un
governo, quale che esso sia, a cambiare le cose. Senza dimenticare
che queste problematiche riguardano anche il nostro territorio
corese.
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