sabato 31 ottobre 2020

STORIA DELLA SCUOLA Tanti modi di fare scuola: Montessori incontra Camillo Bortolato e il Reggio Emilia Approach

Cari lettori, dopo lo scorso articolo in cui abbiamo immaginato un colloquio tra Gianni Rodari e Maria Montessori, propongo ora un nuovo incontro tra persone che hanno rivoluzionato la pedagogia, ma soprattutto la didattica: Maria Montessori incontra, ora, Camillo Bertolato e, successivamente, il Reggio Emilia Approach. Maria Montessori e Camillo Bortolato hanno in comune diverse concezioni didattico/pedagogiche. In particolare, l’educazione attiva e il  concreto come base didattica d’apprendimento. Sia per Montessori che per Bortolato risulta di estrema importanza che la didattica che Bortolato chiama metodo analogico (comprensione del concetto a partire dall’oggetto concreto metodo analogico significa, infatti, che basa la comprensione dei concetti astratti sulla loro analogia con il concreto). Bortolato afferma che la montagna del sapere è formata da tre livelli: 1. alla base c’è il mondo delle cose, del concreto; 2. poco più sopra c’è il mondo delle parole; in cima c’è il mondo dei simboli scritti. Bortolato denuncia la posizione degli insegnanti, che si trovano sempre in cima alla montagna, dimenticandosi delle fondamenta: essi vengono invitati a scendere dalla cima astratta della montagna, per tornare al mondo delle cose, del concreto; è opportuno basarsi sulla comprensione attiva ed autonoma dei bambini dell’oggetto stesso tramite strumenti sensoriali concreti (molti sono stati creati da Montessori). Scarsissima centralità deve assumere astrattezza teorica e l’utilizzo delle parole, limitate il più possibile. Importante strumento è la mano, inteso come importante organo dell’intelligenza, in quanto, attraverso di essa si fa conoscenza dell’ambiente. Ed è proprio attraverso la conoscenza di tale ambiente che si può formare l’intelligenza, la quale poggia dalla comprensione concreta delle cose, dalla quale non può prescindere.  Non a caso, Bortolato realizzerà la Linea del 20, metodo che sviluppa il calcolo mentale simulando il funzionamento delle mani. Altri importanti strumenti sono quelli autocorrettivi.  Tutto ciò risulta assolutamente consustanziato da ovvie ragioni psicologiche, che vedono in tale comportamento il metodo di apprendimento più naturale e fisiologico, in quanto l’intelligenza astratta si basa su conoscenze concrete. Non a caso, ciò comporta il duplice risultato di una didattica più veloce («al volo» dice Bortolato) e più efficace.  Esempio di tale metodo è il il calcolo concreto. L’importanza dell’ordine mentale nell’apprendimento viene così descritta dallo stesso Bertolato: «I bambini che hanno successo a scuola hanno il principio della posizionalità esteso a tutto quello che dicono e pensano. Perciò mettono le informazioni, cioè i file, in cartelle e poi per non perderle costruiscono armadi e stanze e case piene di cartelle. Come una città in crescita aggiungono case ed altre case, collocando ognuna in un luogo preciso. Così, al bisogno, potranno ritrovarle». Maria Montessori ed il Reggio Emilia Approach hanno molto in comune. Prima di iniziare l’analisi, occorre ricordare che il Reggio Emilia Approach è una filosofia educativa elaborata da Loris Malaguzzi che, nel 1963, ha visto la creazione di numerosi asili comunali (sia nidi, che materne), grazie all’aiuto del Comune di Reggio Emilia. Per garantire la promozione del Reggio Emilia Approach a livello nazionale ed internazionale è sorto nel 1994 per volontà del Comune di Reggio Emilia il Reggio Children, una società pubblico-privata che ha sede al Centro Internazionale Loris Malaguzzi. Il più importante punto in comune tra questi due poli didatti è la costruzione di una educazione attiva, basata sull’osservazione dei bisogni del bambino. Osservare i bisogni del bambino è possibile solo se si costruisce un ambiente in grado permettere ai piccoli di esprimersi. Dice la Montessori: «Il metodo di osservazione è stabilito su una sola base: cioè che i bambini possano liberamente esprimersi e così rivelarci bisogni e attitudini che rimangono nascosti o repressi quando non esista un ambiente adatto per permettere la loro attività spontanea». L’ambiente, poi, verrà a sua volta modificato dai bisogni stessi dei bambini, che permetterà ad essi di esprimersi con maggiore spontaneità, in un perenne circolo virtuoso. Direttamente colle-gato a tali temi è il rispetto per la pluralità dei linguaggi con cui essi si esprimono e, dunque, comunicano i propri bisogni. Per pluralità di linguaggi si intende: pluralità di linguaggi comunicativi personali e pluralità di codici linguistici Impor-tante, dunque, risulta in tale aspetto l’impegno democratico. Esempio di tale rispetto è la poesia di Loris Malaguzzi Invece il cento c’è (con richiami rodariani alla pluralità di espressione). “Il bambino è fatto di cento. Il bambino ha cento lingue cento mani cento pensieri cento modi di pensare di giocare e di parlare cento sempre cento modi di ascoltare di stupire di amare cento allegrie per cantare e capire cento mondi da scoprire cento mondi da inventare cento mondi da sognare. Il bambino ha cento lingue (e poi cento cento cento) ma gliene rubano novantanove. Gli dicono: di pensare senza mani di fare senza testa di ascoltare e di non parlare di capire senza allegrie di amare e di stupirsi solo a Pasqua e a Natale. Gli dicono: di scoprire il mondo che già c’è e dicentogliene rubano novantanove. Gli dicono: che il gioco e il lavoro la realtà e la fantasia la scienza e l’immaginazione il cielo e la terra la ragione e il sogno sono cose che non stanno insieme. Gli dicono insomma che il cento non c’è. Il bambino dice: invece il cento c’è.” Viene proposta un’attività osservativa basata sulla documentazione dell’esperienza educativa e dei comportamenti dei bambini mediante l’utilizzo di un taccuino (un quaderno sul quale maestra annota quello che vede succedere nel quotidiano), una griglia osservativa personale e un diario di classe  (un diario in cui annotare gli eventi più importanti - anche per mezzo di una documentazione fotografica, previa liberatoria dei genitori). Tale diario potrà assumere il formato di un quadernone, di un cartellone oppure quello digitale. Nel caso dei primi due formati, si consiglia l’esposizione della documentazione, così che anche i genitori possano essere partecipi delle attività dei propri figli.

Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

IL FICODINDIA

Pianta da secoli naturalizzata e coltivata nei Paesi del Mediterraneo che, per le sue molteplici funzioni agronomiche e produttive, è tuttora di notevole interesse colturale in molte aree difficili


Il Fico d’India, come si può dedurre dall’esame etimologico del suo nome, dovrebbe trarre le sue origini dall’India, ma poiché risulta alquanto dubbio, il ritenerlo indigeno dell’India e delle contrade asiatiche meridionali, l’origine di tale pianta va ricercata nel Continente americano e, in particolare, nel Messico. Da qui, vero-similmente, nell’antichità, il Ficodindia (Opuntia ficus-indica) si diffuse nel Centro America dove veniva coltivato e commercializzato già ai tempi degli Aztechi presso cui era considerato una pianta sacra e con forti valori simbolici: la sua immagine risulta presente sulle monete, su numerose decorazioni e sullo stemma del Messico. I remoti ascendenti degli Aztechi, peraltro, risultano essere i primi popoli che conobbero e utilizzarono il Ficodindia nell’alimentazione umana mentre la produzione di carminio (un pregiato colorante naturale), strettamente correlata alla sua coltivazione, era già diffusa tra gli Incas. Tale carminio, infatti, risulta uno dei beni allora commercializzati e menzionato dal “Codice Mendoza”. Agronomi iberici, nei loro scritti, asserivano anche che nelle Canarie veniva coltivata la Opunzia per l’acido carminico (rosso di cocciniglia) che si otteneva da insetti (Dactylopius coccus) che essa albergava. E secondo Plinio il Vecchio, era conosciuto come Opunzia perché in Grecia, nella zona di Oponzio o Oponte, vicino all’odierna Negroponte, tali piante crescevano spontanee. Fin dall’antichità, inoltre, nelle zone settentrionali dell’Africa si ha notizia di vigorosi esemplari di Ficodindia coltivati non solo per i frutti ma anche per mangime fresco fornito dai cladodi (o pale). O. ficus-indica fu introdotto in Europa probabilmente da Cristoforo Colombo che, di ritorno dalle Americhe, lo portò in Spagna da dove, successivamente, giunse in Italia ad opera di Arabi e Spagnoli che lo diffusero in Sicilia (Valle litoranea del Belice e zone di Trapani, Catania e Messina) dove le ottimali condizioni ambientali ne favoriscono anche la crescita spontanea. Tali località costituirono le pedane di lancio e di propagazione in tutta l’Italia e nelle Isole. Attualmente la specie è naturalizzata in tutti i Paesi del Mediterraneo ove è divenuto elemento caratteristico del paesaggio. Il genere Opuntia è il più noto e rappresentativo dei circa 122 generi appartenenti alla famiglia delle Cactaceae che, a sua volta, comprende più di 1.600 specie. Il Ficodindia fu descritto per la prima volta, nel 1535, da uno studioso spagnolo; fu classificato per la prima volta, nel 1753, ad opera di Linneo che includeva 22 specie nella famiglia delle Cactaceae (oggi, invece, si ritiene possano essere tra 30 e 220 generi e tra 2.100 e oltre 14.000 specie).  Miller nel 1768 definì la specie in Opuntia ficus-indica che rappresenta la denominazione tuttora ufficialmente accettata. Il Ficodindia è una pianta succulenta e arborescente, alta fino a 3-5 metri e caratterizzata dall’articolazione della parte aerea in internodi appiattiti (cladodi, pale o rami), verdi, dotati di un parenchima acquifero e rivestiti di cere. La loro forma è generalmente obovata e le dimensioni  variabili: 30-60 cm in lunghezza, 20-40 cm in larghezza e 19-28 mm di spessore. Le foglie, presenti sui giovani cladodi o sull’asse fiorale sino alla fioritura, sono effimere, avendo una durata di circa 30 giorni, di forma conica e lunghe pochi millimetri. Alla loro base compaiono le areole, gemme ascellari modificate presenti in numero costante per cladodio (in Opuntia ficus-indica 8-9 serie spiralate), il cui meristema si può evolvere in vere spine, glochidi, cladodi, fiori o radici avventizie. Le spine vere e proprie, assenti nelle specie cosiddette inermi, come in alcune cv. di Opuntia ficus-indica, sono sclerificate, di lunghezza e colore diversi. I glochidi, in genere presenti, non essendo sclerificati alla base, sono caduchi, solitamente gialli, lunghi pochi mm e sottili. I cladodi basali tendono a lignificarsi fino a formare un tronco ben definito. L’apparato radicale è piuttosto superficiale, ma nelle piante non sottoposte a coltura appare molto esteso. I fiori, che si differenziano, prevalentemente, dalle areole disposte lungo il margine superiore della corona dei cladodi di un anno, sono ermafroditi, hanno il calice e la corolla formati da sepali poco evidenti e da petali appariscenti di diverso colore, solitamente giallo-aranciato. Gli stami sono numerosi e circondano il gineceo, costituito da un pistillo sormontato da uno stigma multiplo. L’ovario è infero, uniloculare, con diversi ovuli disposti in placentazione parietale. La fioritura del Ficodindia, in ambiente mediterraneo, avviene nel periodo di maggio - giugno. L’antesi (fioritura) si compie in un arco di tempo molto breve, da 24 ore (negli ambienti aridi del Messico) a 36-48 ore (nell’Italia meridionale e insulare). L’auto-impollinazione e l’impollinazione incrociata possono coesistere e diverse specie sono caratterizzate da cleistogamia pre-antesi (fecondazione a porte chiuse), in quanto lo stigma può essere recettivo prima dell’apertura del fiore. Il frutto è una grossa bacca uniloculare, carnosa e polispermica (con molti semi). La polpa si origina dalle cellule papillari dell’epidermide dorsale dell’involucro funicolare e dal funicolo, mentre l’epidermide deriva dal ricettacolo, che è un tessuto vegetativo che circonda l’ovario. Un’elevata variabilità, nella forma, dimensioni, colore dei frutti e caratteristiche organolettiche, è spesso riscontrabile non solo tra le diverse specie e biotipi ma anche nel loro interno. I semi (acheni) sono numerosi (da 100 a 400 circa per frutto), legnosi, di forma discoidale, di diametro pari a circa 3-4 mm e caratterizzati da poliembrionia (sviluppo di più embrioni). La variabilità genetica in questa specie è elevata e l’assenza di un patrimonio varietale standardizzato ha favorito la diffusione di tipi o cloni, classificabili sulla base morfologica dei frutti e dei cladodi. Nei Paesi mediterranei le varietà maggiormente utilizzate in coltura appartengono a O. ficus-indica e, in minor misura, a O. amyclaea. In Italia si sono affermate, in modo particolare,  tre varietà: la gialla (o ‘Sulfarina’) che è la più diffusa, la bianca (o ‘Muscaredda’) e la rossa (o ‘Sanguigna’) le cui denominazioni derivano, ovviamente, dal colore del loro frutto. La maturazione dei frutti avviene solitamente in estate (agostani), ma si possono ottenere frutti  tardivi più grossi e succulenti (bastardoni) mediante la “scozzolatura” una tecnica consistente nell’eliminazione dei fiori della prima fioritura (in maggio-giugno) che consente una seconda fioritura, più abbondante e  con una maturazione più ritardata. Il Ficodindia, da secoli, ha rappresentato una notevole risorsa alimentare per l’uomo e per il bestiame. I frutti, succosi, gustosi e dissetanti, sono dotati di attività antiossidante ed antiulcerosa. Il loro valore nutritivo, dovuto soprattutto al contenuto di zuccheri (18-20%), protidi (4-6%), importanti sali minerali (Ca, K, P, Mg, Fe), vitamine (C, gruppo B, A) e fibre (7,2%), giustifica l’appellativo popolare di: “pane provvidenziale delle regioni aride” ed invita a non sottovalutarli. Che fossero ricchi di acido ascorbico, di polifenoli e flavonoidi era stato già dimostrato dai Ricercatori dell’Università di Messina (2003). Studi recenti dell’Università di Palermo confermano quanto sopra e dimostrano che il consumo di fichidindia riduce il danno ossidativo dei lipidi e migliora lo “stato antiossidante” nelle persone sottoposte al trattamento. È dimostrato, inoltre, che favorisce la diuresi, apporta minerali e vitamine e aiuta le funzioni digestive. I frutti, nei diversi continenti, vengono normalmente consumati freschi ma anche utilizzati per la produzione di numerosi prodotti dolciari come marmellate, sciroppi, gelato e gelatine nonché bevande alcoliche e non. Essiccati vengono usati per preparare conserve e marmellate nonché mostaccioli e mostarda. Uno dei prodotti tipici dell’America Latina è il queso de tuna, che si ottiene per trasformazione dei frutti. Il consumo dei frutti allo stato fresco, che è molto diffuso anche nelle nostre località, è attualmente favorito ed incrementato, non solo per le lavorazioni post-raccolta, tendenti all’eliminazione dei glochidi (spine), tramite apposite spazzolatrici, ma anche per le elaborate tecnologie di frigo-conservazione e i moderni e veloci mezzi di trasporto (treni e aerei). I diversi usi della pianta sono legati, normalmente, alla tradizione sia nei luoghi d’origine sia nelle nuove aree. La varietà d’impiego, spesso, è riferibile alla gastronomia etnica dei diversi Paesi o Regioni in cui il Ficodindia ha rivestito principalmente il ruolo di fonte alimentare sostitutiva di alimenti più ricchi. O. ficus-indica, nel Messico, è per importanza la quinta specie vegetale da cui si producono verdure (nopalitos) tramite la raccolta di giovani cladodi della lunghezza 10-15 cm. I nopalitos ottenuti da diverse specie di Opuntia, che mostrano una notevole ripresa vegetativa e attitudine alla forzatura in tunnel, vengono consumati freschi o cucinati in oltre trecento diverse modalità di preparazione e conservati sottolio o sottaceto. Dai cladodi più adulti si ottengono, per il loro contenuto in fibre, farine particolarmente ricercate per la preparazione di biscotti e composti industriali dietetici ma, vengono anche utilizzati per la preparazione di marmellate e canditi. Riguardo l’uso dell’epidermide dei frutti (buccia) e dei semi (prodotti secondari) sono state messe a punto tecnologie per l’ottenimento, rispettivamente, di canditi e di oli. L’olio estratto dai semi, presenti nei frutti, è ricco di acido oleico e linoleico. Inoltre, come accennato, il Ficodindia permette la presenza e l’alimentazione del bestiame nonché l’insediamento dell’uomo in aree estremamente aride o marginali. Infatti, i cladodi, delle specie inermi e spinose, sono particolarmente appetiti dagli animali poligastrici (bovini e ovini) e possono essere anche insilati insieme al materiale di potatura ottenuto dagli impianti destinati alla produzione frutticola. Il  Ficodindia, in Brasile, Cile, Texas e Africa, costituisce una quota importante nella razione alimentare animale, consentendo notevoli economie nei costi. Nella tradizione europea il frutto di O. ficus-indica veniva utilizzato frequentemente per l’alimentazione di animali monogastrici (suini). Un altro importante aspetto dell’utilizzo del Ficodindia, che consente la sopravvivenza di interi villaggi dell’America centrale e meridionale, è rappresentata dall’allevamento di cocciniglia (Dactylopius coccus) su alcune specie come O. coccinellifera e O. ficus-indica. Tale allevamento, possibile solo in aree con limitata piovosità e con temperature costanti, consente elevate produzioni di acido carminico, che raggiungono persino i 75 kg, ottenibili da 4 raccolte di insetti l’anno, allevati su 20.000 piante/ha. Questo acido, un pregiato colorante naturale, trova nei vari continenti un’ampia utilizzazione, soprattutto, nella cosmesi, nell’industria tessile e nell’agro-alimentare. 

A – Particolari della bellezza e dei colori riguardanti il fiore e il frutto di Opuntia ficus-indica;

B – La Sicilia, vista dalla Calabria con dei Ficodindia (‘simbolo’ della Regione) in primo piano. È . spettacolare ammirare il verde intenso, spruzzato da mille sfumature di rosso, giallo e arancio …..dei frutti, che si fonde armoniosamente con il cielo azzurro delle calde giornate estive siciliane;

C – Il Ficodindia rappresentato nello stemma del Messico, terra di origine di tale Cactaceae;

D – Frutti di Ficodindia bianchi, gialli e rossi relativi alle tre varietà coltivate più diffuse in Italia;

E – Frutti di Opuntia ficus-indica presenti sul margine della corona del cladodio (pala) della pianta.


O. ficus-indica è utilizzato dall’industria, nelle sue diverse parti, per l’estrazione delle mucillaggini, dotate di resistenza alle alte temperature, delle pectine e per la produzione di biogas e concimi organici. Dal settore farmaceutico, che ha rivolto la sua attenzione ai fiori e ai frutti, per la produzione di creme, saponi, shampoo, lozioni astringenti per il corpo e rossetti. Riguardo le proprietà medicinali, la pianta è utile per la cura delle affezioni infiammatorie, del diabete e dell’obesità. La polpa dei cladodi, infatti, grazie alla frazione polisaccaridica presente, ha la capacità di legare i grassi e gli zuccheri ingeriti che, resi non assorbibili, vengono eliminati tal quali, con risvolti positivi sul metabolismo glico-lipidico e nella sindrome metabolica. La vitamina B3, inoltre, potenzia l’azione ipoglicemizzante impedendo la trasformazione del glucosio ematico in colesterolo e favorendo la trasformazione del colesterolo LDL (dannoso) in HDL (buono), così da ridurre la colesterolemia e, di conseguenza, il rischio cardiovascolare. Le mucillagini sono in grado di controllare l’eccessiva acidità gastrica e di regolarizzare il transito intestinale. Tra i vecchi e vari rimedi della tradizione siciliana risultano menzionati: a) l’utilizzo di giovani cladodi riscaldati al forno come emollienti; b) l’applicazione diretta di ‘polpa’ di cladodi, su ferite, piaghe ed ulcere cutanee, come rimedio antiflogistico e cicatrizzante; c) il decotto di fiori con proprietà diuretiche. Pianta arido-resistente, poco esigente e adattabile a tutti i terreni O. ficus-indica è diffuso qua e là nelle nostre zone, ai margini dei campi, nei giardini e negli orti famigliari assolati ed è coltivato in Italia, soprattutto, in Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Il 70% circa delle coltivazioni è concentrato nell’area di San Cono (Catania), Belpasso (pendici dell’Etna), Valle del Belice e nell’Agrigentano. Metà della produzione nazionale proviene da S. Cono i cui frutti sono noti per le pregiate qualità morfologiche ed organolettiche. La coltura specializzata, che negli ultimi anni ha trovato interesse anche nell’entroterra del Palermitano, si estende su una superficie di 100 ha circa. In ambito agronomico, il Ficodindia, è spesso utilizzato come frangivento, per la difesa del suolo e per la produzione di compost ma anche come demarcazione di confini tra i fondi, per creare siepi invalicabili e per scopi ornamentali. Le Opuntie, infatti, costituiscono le essenze più rappresentative, nella realizzazione di giardini di tipo mediterraneo, con le svariate forme di cladodi  e le sgargianti fioriture, con il pregio di richiedere bassi consumi idrici e ridotte cure colturali. In nessuna altra parte del Mediterraneo, il Ficodindia, si è diffuso come in Sicilia e Malta dove, oltre a rappresentare un elemento costante nel paesaggio naturale, è divenuto anche un elemento ricorrente nelle iconografiche, fino a diventare in un certo qual modo il simbolo, e nelle  rappresentazioni letterarie: <<… erano di pietra celeste, tutti fichidindia, e quando si incontrava anima viva era un ragazzo che andava e tornava, lungo la linea, per cogliere i frutti coronati di spine che crescevano, corallo, sulla pietra … >> ( Elio Vittoriani, da Conversazione in Sicilia).

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

SESSUALITA' E AFFETTIVITA'

Buongiorno, scrivo per avere un consiglio in merito alla situazione che sto attualmente vivendo. Frequento un uomo di 38 anni (io ne ho 35) da qualche mese, siamo entrambi sposati ma con situazioni matrimoniali infelici. Ci vediamo poco, perché viviamo lontani ed abbiamo impegni familiari e lavorativi ma ci sentiamo continuamente e ci vediamo appena possibile sul web. Quando ci vediamo passiamo splendide giornate insieme e stiamo benissimo, solo che c’è un aspetto nella sfera sessuale che mi lascia perplessa. Ogni volta che lui sta per raggiungere il piacere, si ferma e finisce da solo. La prima volta che gli ho chiesto perché mi ha risposto un po’ imbarazzato e ridendo che non ci si può lasciare andare così, e che “se fossimo stati sposati sarebbe stata un'altra cosa”. Lui riferisce di non avere rapporti con la moglie da diverso tempo, perché non ne è più attratto. È accaduto ancora e chiedendo ancora perché, mi ha detto che lui si sente più a suo agio così, che lo ha sempre fatto anche con la moglie in passato, e che non è naturale per lui fare diversamente. Mi chiedo se sia qualcosa su cui riflettere o a cui dare importanza. Gli ho chiesto se possiamo provare a fare diversamente, mi ha risposto forse, ma lo vedo molto restio a lasciarsi “andare”. Non so cosa pensare, e ammetto che la risposta che mi ha dato la prima volta continua a lasciarmi perplessa. Non credo di essere un’avventura per lui, la nostra storia richiede impegno e rischi che sarebbe sciocchi sostenere per una sola avventura; inoltre, progettiamo spesso il nostro futuro insieme. Vorrei qualche chiarimento in merito, se possibile, e sapere come possa approcciare questa situazione sinceramente un po’ strana. Grazie, Flaminia

Gentile Flaminia, la situazione che descrive in queste sue righe fa pensare ad una tendenza, da parte di quest'uomo, a non vivere "fino in fondo" (in senso simbolico) un aspetto relazionale importante, quale quello della condivisione sessuo-affettiva. Dal momento che la vita sessuale comprende aspetti sia fisici che emotivi, è plausibile pensare che nel momento in cui il piacere aumenta e raggiunge un picco massimo questi si senta impossibilitato nel condividere con la partner questo spazio condiviso. L'orgasmo infatti, sia nell'uomo che nella donna, sebbene sia associato a grande piacere, porta anche con sé l'idea del lasciarsi andare e di “perdere il controllo”. Per qualcuno, questa perdita di controllo può essere un'esperienza carica di ansia e angosce (più o meno consapevoli). Di conseguenza, se da un lato è possibile che andando avanti con la costruzione dell'intimità le cose possano gradualmente migliorare, è anche possibile dall'altro lato che lui abbia questa modalità da sempre e che quindi ci siano ragioni e cause più profonde alla base del comportamento stesso. Da quello che riporta, non sembra quindi che dipenda strettamente dalla sua persona ma dal significato che per lui assume lo stare in una relazione intima con qualcuno. Infine, andrebbero anche esplorate eventuali motivazioni (più o meno inconsce) che rimandano alla paura di una gravidanza indesiderata. Sperando di aver risposto in maniera esaustiva alla sua richiesta le ricordo che al numero 0645540806 è attivo il servizio di consulenza telefonica anonimo e gratuito, dove esperti psico-sessuologi potranno ascoltarla. Un cordiale saluto

Gaetano Gambino

Società Italiana di Sessuologia e Psicologia (SISP)

 Ogni mese diversi esperti risponderanno alle vostre domande su qualsiasi tematica legata alla sessualità e all’affettività, che potranno essere inviate all’indirizzo e-mail: corace@sisponline.it

CACCIA: LEGGI E BALISTICA VENATORIA

Questo mese accenniamo un importante tema relativo alla Balistica: i “residui di sparo”. Lo “stub” è un metodo per rilevare la presenza di nitrati, possibili residui di uso di polvere da sparo, sulle mani o sui vestiti di un sospettato. Si presenta come un grosso stick di colla, che viene passato sulle parti da ispezionare e poi sigillato; è monouso e dopo il rilievo viene inviato al laboratorio per l'analisi. Va precisato che lo “stub”, come a suo tempo il cosiddetto "guanto di paraffina", del quale è solo un pronipote più sofisticato, rileva eventuali tracce di nitrati, ma questo non vuole dire, in senso assoluto, che in caso di positività il sospettato debba aver per forza sparato. La tecnica di uso frequente per la rilevazione dei residui da sparo (Gun Shot Residue) è il metodo “SEM-EDX”, ossia della micro-scopia elettronica abbinata alla microanalisi a dispersione di raggi X. La parte che interessa le problematiche processuali oggetto di questo contributo riguarda la procedura iniziale di prelievo dei residui da sparo a mezzo di uno speciale tampone adesivo detto STUB (o tampone a freddo), costituito da un cilindro chiuso da due tappi (uno per la mano destra e l’altro per la sinistra) sui quali sono inseriti due porta-campione in alluminio ricoperti da uno speciale nastro adesivo. Il prelievo delle particelle si effettua premendo ripetutamente il tampone nelle zone delle mani maggiormente esposte al deposito dei residui da sparo - dette “zone elettive” - quali la superficie dorsale dell’indice e del pollice. L’analisi successiva, tendente a rilevare la presenza dei residui da sparo, comprende l’osservazione al microscopio elettronico a scansione (SEM) e l’analisi con microsonda a raggi X (EDX). Successivamente all’esplosione di un colpo di arma da fuoco si realizza intorno all’arma stessa una nube costituita dai gas di propulsione, accompagnata sia dai residui combusti che non combusti delle cariche di lancio, nonché da altri residui di Bario, Antimonio e Piombo; sostanze comunque altamente volatili che, con ogni probabilità, sono capaci di disperdersi e scomparire già dopo il primo lavaggio, specie se eseguito con sostanze detergenti. Sperimentazioni approfondite hanno invariabilmente dimostrato la generalmente bassissima persistenza temporale sulle mani dei residui di sparo. A questo proposito rimandiamo alla pubblicazione SEM/MPA FIREARMS DISCHARGES RESIDUES - VOL. I, edita nel 1980 dal Metropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra (Scotland Yard), dove a pag. 12 si legge: "FIREARMS DISCHARGES RESIDUES…omissis…", ovvero “RESIDUI DI SPARO DI ARMI DA FUOCO”. I residui di sparo possono essere individuati sui prelievi effettuati sulle mani di chi ha sparato; anche se risulta improbabile che vengano individuati quando i prelievi vengono effettuati dopo due ore dallo sparo, eccettuato nei casi di suicidio. Residui di sparo possono anche essere ritrovati sulle aree frontali del viso e della testa (il numero dei tamponi necessari per saggiare le aree importanti è contenuto nel FDR kit). La quantità di residui depositati varia in funzione del tipo di arma sparata. La ricerca sulle mani viene eseguita solo se il prelievo avviene nella certa immediatezza dello sparo. Nel lavoro di J.S. Wallace - uno dei "padri" riconosciuti di questa tecnica di ricerca e individuazione dei residui di sparo - e di J. McQuillan - Discharge Residues from Cartridgeoperated Industrial Tools in: Journal of Forensic Science Society 1984, si può leggere “Statistiche ottenute dalle indagini svolte mostrano che il 98% di tutti gli indiziati sulle cui mani sono stati trovati residui di sparo erano stati fermati (e sottoposti a prelievo) entro due ore dall'episodio delittuoso. Come conseguenza non sottoponiamo più a ricerca i prelievi che sono stati eseguiti ad oltre due ore dallo sparo".

Scritto da Renato Bologna ed Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

COME AGGIUNGERE MASSA MUSCOLARE CONSISTENTE ANCHE DURANTE LA NOTTE


Rimanere piacevolmente sorpresi nell'accorgersi che usando alcune piccole strategie si può tranquillamente guadagnare muscolo anche durante la notte è ormai stato ampiamente dimostrato in questi ultimi anni da diversi studi effettuati in atleti di svariate discipline. Una miscela di proteine del siero del latte e delle caseine sembra infatti attualmente dare i risultati migliori per quanto concerne il mantenimento della massa muscolare durante il digiuno forzato, quindi presumibilmente durante la notte. Mentre nelle prime ore di sonno il corpo secerne l'ormone della crescita (GH), che mantiene ben conservati i nostri muscoli durante la prima fase di digiuno notturno, nelle ore successive che portano a notte inoltrata e poi successivamente alla sveglia mattutina gradatamente il nostro fisico si incammina verso un pericoloso stato di catabolismo generale, che purtroppo a nostra insaputa induce a catabolizzare i muscoli. La miscela di proteine che sensatamente quindi potremmo ingerire poco prima di coricarci, ci aiuterebbe ad evitare perciò questa probabile disgregazione muscolare; infatti, le frazioni proteiche della proteina del siero entrerebbero nel sangue abbastanza velocemente lasciandoci in un bilancio azotato positivo per un bel po' di tempo, evitando così di farci trovare impreparati durante queste ore di digiuno forzato. Le caseine, diversamente, che producono un effetto anticatabolico per più tempo, entrerebbero nel flusso ematico molto più lentamente, protraendo il loro effetto per circa 4 - 6 ore. Il nostro corpo individuando gli amminoacidi presenti nel sangue eviterebbe perciò per lungo tempo di disgregare le proteine muscolari salvaguardando così i muscoli da questa inesorabile condizione. Tuttavia quando anche la caseina completa il suo effetto "preservante e ricostituente" per evitare il ripetersi del passaggio ad un nuovo stato di "sofferenza fisica", potrebbe essere consigliabile assumere una nuova e ricca bevanda. Ecco perché molti bodybuilder, anche nel bel mezzo della notte, preferiscono interrompere il loro sonno per assumere un buon beverone a base di proteine del siero, delle caseine e proteine delle uova. Senza dubbio non è sicuramente facile abituarsi a delle sistematiche levatacce notturne e probabilmente molteplici sono anche le eventuali alternative alle buste proteiche che in questo frangente ci consentirebbero comunque di conservare per quanto possibile la massa muscolare magra. Tenendo però sempre presente che rimane molto difficile e impegnativo costruire e migliorare il nostro fisico e le nostre performance pur seguendo tutte le migliori regole imposte ad ogni atleta che si allena e si impegna costantemente nell'intento di migliorare e migliorarsi, potrebbe essere una buona idea, un’alternativa valida e un efficace consiglio interagire con il nostro corpo anche attraverso questa facile e semplice soluzione.

ATTENZIONE Le informazioni contenute in questo sito sono presentate a solo scopo informativo, in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento, e non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica. Si raccomanda di chiedere sempre il parere del proprio medico curante e/o di specialisti riguardo qualsiasi indicazione riportata. Se si hanno dubbi o quesiti sull'uso di un farmaco è necessario contattare il proprio medico.

Scritto da Andrea Pistilli - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

L'AVVOCATO RISPONDE: MULTE COVID

Egregio Avvocato, visto che è entrato in vigore il nuovo provvedimento del Consiglio dei Ministri sul Covid-19, vorrei cortesemente una spiegazione di quali sono le sanzioni applicate in caso di mancato rispetto di tali regole. La ringrazio. Giorgio.

Caro Signor Giorgio, in un primo momento, all’inizio della pandemia, le sanzioni per le violazioni Covid-19 assumevano carattere penale; erano, cioè, applicate per la condanna di reati. Successivamente, nell’ottica di una maggiore incisività della pena inflitta, il Governo ha deciso di depenalizzare la materia, attribuendo al fatto compiuto il carattere di “illecito amministrativo”. In tal modo, diversamente da quanto si verifica in ambito penale, viene notificata alla persona una sanzione amministrativa (massimo entro 90 giorni dall’infrazione), senza necessità di un processo, senza il rischio di prescrizione e con onere per il cittadino di proporre opposizione alla sanzione comminata, ricorrendo al giudice entro 60 giorni dalla notifica. L’ultimo ed attuale DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), emesso dal Presidente Conte il 18 ottobre 2020, oltre ad indicare le misure (divieti e obblighi) per contenere il contagio da Covid-19, contiene anche le sanzioni per chi non rispetta quanto imposto dal Governo per frenare la pandemia nel nostro Paese. Pertanto, salvo il caso in cui il fatto costituisca un reato, la violazione dolosa (volontaria) o colposa (negligenza, imprudenza, imperizia) delle disposizioni del DPCM, comporterà l’applicazione, quale illecito amministrativo, di una sanzione pecuniaria da uro 400,00 ad euro 3.000,00. Tale sanzione è raddoppiata (da euro 800,00 ad euro 6.000,00) in caso di doppia violazione della stessa regola; mentre aumenterà di un terzo se il mancato rispetto degli obblighi o dei divieti avviene con l’uso di un veicolo. Nell’ipotesi di concorso di più persone nella violazione (es. partita di calcetto tra amici), ognuna di esse risponderà del fatto, con conseguente applicazione della relativa sanzione. Inoltre, i locali pubblici che non rispettano le determinazioni del decreto (es. uso della mascherina) rischiano, oltre alla applicazione della sanzione pecuniaria, la chiusura dell’attività, da 5 a 30 giorni (30 giorni in caso di “doppia” violazione). La responsabilità, al contrario, è esclusa nel caso in cui la norma sia violata a seguito di un errore incolpevole oppure per necessità, per l’adempimento di un dovere, per legittima difesa o nell’esercizio di una facoltà legittima. Attualmente, quindi, le sanzioni per Covid-19 sono disposte dal Prefetto ed hanno carattere amministrativo (sono equiparabili alle comuni multe stradali). Per tale motivo, in caso di mancato pagamento, l’Autorità che ha elevato il verbale iscrive “a ruolo” la multa e la invia all’Agenzia delle Entrate per la riscossione, la quale procederà con la notificazione della cartella esattoriale al trasgressore che non ha pagato. In caso di mancato pagamento, la cartella esattoriale diventa esecutiva dopo 60 giorni dalla notifica e l’esattore potrà pignorare i beni del trasgressore, tra cui il suo conto corrente ed il quinto del suo stipendio o della sua pensione. Le cartelle esattoriali per le sanzioni amministrative si prescrivono dopo cinque anni; ma una semplice lettera raccomandata di sollecito inviata dall’Ente creditore farà decorrere nuovamente il termine dei cinque anni: quindi, diversamente dai reati, le multe Covid-19 potrebbero non cadere mai in prescrizione. Decorsi i 60 giorni per pagare senza aver depositato ricorso contro la sanzione, non sarà più possibile impugnare la cartella esattoriale, salvo contestare eventuali vizi di procedura, come la notifica della cartella o l’intervenuta prescrizione. Insomma, chi non paga le sanzioni Covid-19 e non le impugna al Giudice di Pace, rischia il pignoramento dei propri beni.

Scritto da Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

UN LIBRO, UNA CANZONE, UN FILM E ALTRE STORIE

Caro lettore, tutti (o quasi) almeno una volta nella vita abbiamo avuto modo di vedere l'emblematica scena di Totòtruffa '62, nella quale un Totò più istrionico che mai tenta di vendere nientemeno che la Fontana di Trevi a un malcapitato turista in visita a Roma, riuscendoci e intascando 500mila lire (cifra niente male per l'epoca), impacchettando alla perfezione una truffa bella e buona. Totòtruffa '62 è solo un film, eppure un fatto alquanto simile è accaduto veramente. In Francia, precisamente a Parigi, nel 1925. A pochi anni dalla sua inaugurazione avvenuta il 31 marzo 1889, la Tour Eiffel era ridotta in condizioni disastrose a causa del logorarsi del ferro, tanto che diversi giornali pubblicarono articoli su una possibile demolizione. La notizia giunse alle orecchie di Victor Lustig, noto truffatore ceco, che decise di sfruttare la cosa a suo vantaggio. Grazie all'aiuto di un complice, Robert Tourbillon, Lustig si procurò della carta da lettera con l'intestazione del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, ente responsabile della torre, e si mise in contatto con diversi commercianti di rottami di ferro parigini, sostenendo che a causa delle sue cattive condizioni la Tour Eiffel sarebbe stata demolita e di conseguenza venduta molta merce. Il più ingenuo dei commercianti, un tale chiamato André Poisson, si fece abbagliare dalle false credenziali del truffatore e decise di corromperlo per avere il privilegio di comprare i residui metallici. La moglie di Poisson aveva dei forti dubbi sull'acquisto, tanto che provò in tutti i modi a convincere il marito a ritirare la sua offerta. Ci volle tutta l'abilità persuasiva di Lustig per convincere entrambi i coniugi: il truffatore disse di essere un funzionario sottopagato dal governo e di fare molta fatica ad arrivare a fine mese. Poisson e la moglie capirono di dover quindi pagare una tangente e gli consegnarono, oltre al denaro già dato come offerta per i residui della torre, anche un'elevata tangente. I coniugi Poisson pensarono di aver concluso l'affare del secolo. Ma una volta ottenuto il denaro, Victor Lustig fece perdere le sue tracce. Il commerciante si rese presto conto di essere stato raggirato, ma provò una tale vergogna che decise di non sporgere denuncia, rimanendo così con un pugno di mosche in mano. Negli anni successivi, Lustig continuò con il suo “lavoro” da truffatore in giro per il mondo: assieme alla Tour Eiffel, un'altra truffa degna di nota fu quella della Rumanian Box, ovvero una macchina in grado di produrre copie autentiche di banconote. E non solo: il truffatore ceco riuscì a far cadere nei propri inganni persino il famigerato Al Capone. Ma questa è un'altra storia. Lustig trascorse gli ultimi anni di vita nel carcere di Alcatraz. Trasferito nel centro medico per prigionieri federali di Springfield a causa di una polmonite, morì l'11 marzo 1947. Ancora oggi Victor Lustig è conosciuto come l'uomo che vendette la Tour Eiffel. Mica male.

Scritto da Tommaso Guernacci  - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

IL TURISMO ITALIANO NEL PERIODO POSTUMO AL CORONAVIRUS

Partendo col presupposto che, in ogni caso, la priorità si volge verso il settore sanitario, senza il quale non ci sarebbero possibilità di ritornare ai ritmi di quando ancora ci si poteva abbracciare non rischiando di contagiarci. Si può però dire che la questione non sarà facile, e sicuramente il turismo si ritroverà ad essere stravolto rispetto a come lo si era immaginato poiché si vedono già da ora, gli effetti che il corona virus sta portando alla luce in questo settore. La Germania, paese che secondo i numeri, era quello che sceglieva l’Italia come meta turistica più gettonata rispetto a tutti gli altri paesi europei, probabilmente smetterà di farlo dato che, per buona misura, tutto il turismo incoming in generale, si ghiaccerà, facendo risultare una diminuzione di incassi e vendite sul settore turistico e non solo. Fattispecie per l’Italia, il turismo risulta una delle più grandi fonti di guadagno per la nazione, se non proprio la più grande fonte di guadagno, dato che le nostre opere d’arte fanno gola a diverse nazioni europee e mondiali, le quali erano disposte a spendere enormi quantità di soldi per poterle visitare. Così come le opere d’arte, anche i siti archeologici, i musei, le chiese e tanti altri fattori, spingevano ad incrementare il turismo incoming. Lo Stato Vaticano, era anch’esso meta turistica, e, trovandosi in Italia, portava conseguentemente risorse monetarie alla nazione. A differenza del turismo incoming, il turismo domestico, a mio parere, potrebbe tendere al miglioramento perché, quando sarà indetta la fine del periodo di contagiosità attuale, non ritengo che ci sarà la possibilità di poter viaggiare all’estero, né per ragioni di svago, né per ragioni lavorative. Ad ogni modo, il fattore psicologico che è entrato in gioco al momento del D.P.C.M (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) che ha costretto alla reclusione in casa per i cittadini italiani e stranieri presenti in Italia, non ha stimolato verso le persone nulla di positivo, dunque, è quasi certo che, alla fine della reclusione, chi è in possibilità di farlo, probabilmente si prenderà un periodo di vacanza dal luogo in cui si svolge l’attuale vita quotidiana, per rilassarsi e liberarsi dello stress accumulato e dello stato depressivo che era stato raggiunto standosene a casa. Attuandosi ciò, non appena le strutture ricettive ospitanti torneranno parzialmente o totalmente operative, il turismo domestico potrebbe nuovamente essere la forma di guadagno maggiore, rispetto ad un turismo incoming che è perlopiù stazionario e stagnante, data l’evidente situazione in declino. Per l’America però, sarà ancor più tragica la questione, dato che essendo essa una federazione di stati abitati da molte e molte più persone rispetto all’Italia e qualsiasi altro stato, è più difficile che venga debellato il virus, dato che la capacità di contagio è più alta rispetto a noi, sia per clima, sia per lo stile di vita degli americani, che è quasi completamente diverso dal nostro, a maggior ragione poiché tra il nord e il sud degli Stati Uniti, si denotano diverse differenze a livello persino culturale. Un altro settore attaccato maggiormente dagli effetti catastrofici portati dal corona virus, è quello dei trasporti, specialmente quelli che si occupano del turismo incoming e outgoing, come gli aerei e le navi da crociera, e che lavora a stretto contatto con il settore turistico, che giova a quest’ultimo poiché favorisce il viaggio ai clienti di altre nazioni presso la nostra. Tra gli aerei e le crociere, le più colpite per l’Italia, sono proprio le crociere, che rappresentano uno dei più grandi prodotti di maggior successo negli ultimi decenni, poiché in Italia sono presenti otto dei venti più importanti porti navali, per i passeggeri movimentati, questi si trovano a: Civitavecchia, Venezia, Napoli, Genova, Savona, Livorno, Palermo e Bari. Purtroppo, però essendo il turismo considerato per definizione “trasversale”, provoca un impatto ingente anche sul commercio, toccando significativamente l’economia nazionale, che come spiegavo precedentemente, verte in particolar modo, sulla cultura e l’arte italiana, rinomate in tutto il mondo, senza contare la cucina, che si tenta di replicare in più zone del globo, molte volte senza successo. A mio parere, come credo sia quello di altri, la questione è più seria dei dati riportati attualmente, sennonché proprio tragica. Pensare a quando tutto questo finirà, mi risulta difficile, e si complica ancor di più quando ascolto i telegiornali e leggo i quotidiani, grazie ai quali ho potuto tirare fuori questi pensieri fondati su dati effettivi, sperando però fino in fondo che siano solo mie paure e che presto mi possa risvegliare scoprendo che sia stato solo un incubo orribile.

Scritto da Natalino Pistilli - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

DOPO L'INGANNO, LO STERMINIO

Per almeno un secolo, dalla scoperta dell'America da parte di Colombo, i conquistadores spagnoli avevano di fatto sterminato il 70% delle popolazioni indigene del sud e Mesoamerica. Grandi civiltà come quella Inca del Perù o quella Azteca del Messico, erano sparite sotto i colpi degli archibugi e delle malattie portate dagli europei. L'impero spagnolo aveva colonizzato in brevissimo tempo gran parte del nuovo continente. A nord le cose andarono in maniera leggermente diversa. Nel 1607 i primi coloni inglesi sbarcarono in Virginia. Alle orecchie dei nativi era giunta la voce dei metodi di civilizzazione degli spagnoli. Le tribù erano preparate a diffidare degli stranieri venuti dal mare. Gli inglesi all'inizio, cautamente, strinsero alleanze commerciali con gli indigeni e nominarono re di tutte le tribù della Virginia il Capo Powhatan. Egli fu convinto a far lavorare il suo popolo per i nuovi coloni bianchi, e acconsentì addirittura al battesimo e matrimonio cristiano di sua figlia, Pocahontas, con un latifondista inglese, John Rolfe. Tuttavia, nonostante le buone condizioni con le quali convivevano nativi e coloni, dopo la morte del Capo Powhatan, gli indiani ribelli che mai avevano digerito la politica filo-inglese del loro capo, vennero inevitabilmente a scontrarsi con gli europei. Il risultato fu la decimazione della popolazione indigena. Più a nord, in Massachussetts, nel 1620, il rigido inverno americano stava minacciando la sopravvivenza di nuovi coloni inglesi. Gli indigeni di quei posti aiutarono gli europei, altrimenti spacciati, a superare il freddo, e insegnarono loro come coltivare e dove pescare. Molti altri coloni arrivarono in seguito su quelle coste, e le foreste iniziarono a scomparire. Gli inglesi vollero mettere tutto nero su bianco, alla maniera europea, e comprarono decine di migliaia di acri di terra dalla tribù dei Pemaquid. Gli indiani assecondarono quelle che a loro sembravano delle strane usanze, dato che per loro la terra non apparteneva a nessun uomo, ma solo al Grande Spirito. Quella fu la prima cessione di terra indiana agli inglesi. Dal 1662 gli europei iniziarono a respingere sempre più nella foresta i nativi, e iniziarono a chiamare quella terra Nuova Inghilterra. Il capo tribù Metacom, nonostante fosse osannato dai coloni e incoronato da questi re Filippo, per tutta la sua vita lavorò a una grande alleanza indiana per respingere gli invasori bianchi. Gli scontri culminano nel 1675 quando Metacom fu sconfitto e ucciso in battaglia, e la sua testa esposta nella piazza principale della città di Plymouth per ben venti anni. Gli Olandesi si rivelarono anche loro come dei grandi ingannatori per i nativi: acquistarono l'intera isola di Manhattan dai nativi per perline di vetro e ami da pesca, ottenendo di continuare a scambiare con loro le pregiate pelli in cambio di beni effimeri. Willem Kieft, abile mercante e politico olandese, impose ai Mohicani un tributo e punì ingiustamente i Raritan per alcuni crimini commessi però da coloni bianchi. I Raritan ovviamente si opposero con tutte le loro forze e intrapresero degli scontri con gli olandesi. Questi in poco tempo misero a ferro e a fuoco diversi villaggi e massacrarono la popolazione indigena, facendo vilipendi dei cadaveri di uomini donne e bambini. I seguenti due secoli furono caratterizzati da episodi di questo genere in tutto il nord America. La potenza militare degli europei, diventati poi i nuovi americani, costrinse le tribù native a ritirarsi verso ovest. La minaccia delle rappresaglie indiane favorì la stipula di accordi che limitassero l'autonomia politica delle diverse tribù in cambio di nuove terre fertili. Inizia così la lenta e sanguinosa deportazione indiana oltre il Mississipi, verso il selvaggio ovest americano, dove i nativi non trovarono terre o pace, ma solo altri campi di filo spinato e pallide baionette.

Scritto da Matteo D'Achille - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

PIRANESI A CORI: taglio del nastro per la mostra dedicata al genio veneziano dell’incisione

Accolti nel giardino del Museo della Città e Territorio di Cori, si è tenuta questa mattina l’inaugurazione in anteprima dell’esposizione delle Antichità di Cora. I Rami Originali, l’eccezionale evento con cui la città celebra il 300° anniversario della nascita di Giovambattista Piranesi, eclettica figura di architetto, incisore, archeologo e designer. La cerimonia, riservata alle istituzioni, ai partner ed agli sponsor, è stata gestita nel ferreo rispetto delle norme di sicurezza per il contenimento della pandemia. Stante, infatti, la copiosa risposta agli inviti, si è reso necessario contingentare le presenze alla cerimonia e all’esposizione. Accanto al sindaco di Cori, Mauro Primio De Lillis, e al prof. Domenico Palombi (università Sapienza di Roma), curatore della mostra, erano presenti, oltre ad una rappresentanza dell’Amministrazione e del gruppo consiliare L’Altra Città, il consigliere regionale Salvatore la Penna, in rappresentanza della Regione Lazio, il prefetto di Latina, dott. Maurizio Falco, il questore di Latina, dott. Michele Maria Spina, il presidente della Provincia, dott. Carlo Medici, il comandante provinciale dei Carabinieri di Latina, colonnello Lorenzo D’Aloia, il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Latina, il capitano Gerardo Totaro, e una rappresentanza dei sindaci del territorio. Nutrita anche la presenza di studiosi di assoluto livello: il prof. Mario Bevilacqua dell’Università di Firenze e la prof.ssa Clare Hornsby, entrambi studiosi piranesiani di fama internazionale, e Ginevra Mariani, massima conoscitrice della tecnica piranesiana, da anni impegnata nell’edizione dei rami di Piranesi. In apertura di cerimonia l’assessore alla Cultura del Comune di Cori Paolo Fantini ha narrato l’”ambizione di raccogliere il testimone del Piranesi stesso che con le sue incisioni diffuse in Europa l’immagine della nostra terra, contribuendo in modo determinante a fondare l’identità di questi luoghi. Raccoglierne il testimone significa promuovere il nostro territorio “come” lo fece Piranesi”. “È un onore per la Città ospitare questo evento – ha esordito il sindaco De Lillis - e poter accogliere così illustri ospiti la cui presenza rende il giusto merito a un’iniziativa che abbiamo voluto comunque realizzare nonostante il nostro pensiero costante vada alla situazione sanitaria e alla tutela della salute dei cittadini. Cori dice grazie a Piranesi che ha reso noti alcuni autentici gioielli della nostra città, all’Istituto Nazionale per la Grafica che ne conserva i rami originali e ci ha consentito questo allestimento, al prof. Palombi che lo ha ideato e curato e alla Regione Lazio che ci ha sostenuto in questo impegno”. “Il bello è di tutti – così il prefetto Falco – e iniziative come questa servono a stringere la comunità attorno alle sue migliori origini, fondamentale soprattutto in un tempo difficile come quello che viviamo. Me ne complimento con il sindaco – ha aggiunto –, la persona peraltro che dal primo giorno del mio arrivo ha dimostrato la volontà di collaborare con lo Stato”. Di “cultura come porto sicuro” ha parlato il presidente Medici e di come “la risposta culturale a un periodo di crisi sia il modo migliore per affrontarlo”. Ha dal canto suo lodato l’idea il consigliere regionale La Penna sottolineando “quanto sia importante questa mostra per il territorio e per reagire al difficile momento che stiamo vivendo. La Regione ha saputo cogliere l’importanza di questa sfida per il suo valore culturale, artistico e di valorizzazione di questi luoghi. Come segno di vita e vitalità rispetto alla situazione attuale. Le istituzioni hanno lavorato in modo sinergico, nella costante preoccupazione di procedere nella massima sicurezza”. “La cultura e il bello non sono un orpello superfluo – ha affermato il prof. Palombi, curatore della mostra – né qualcosa da relegare in coda ai TG”. “Abbiamo pensato a questo evento un anno fa – ha poi raccontato -, prima dell’esplosione della pandemia, eppure abbiamo deciso di lavorare comunque al progetto nella consapevolezza di ciò che stavamo facendo. La scuola e l’università, che costituisce il mio ambito, sono presidi fondamentali – ha detto ancora – il dialogo tra istituzioni e luoghi della ricerca e della cultura è fondamentale. Mi piace infine ricordare che oggi Piranesi torna a Cori per la terza volta: la prima nel ’79 con l’evento ‘Piranesi nei luoghi di Piranesi’, poi per l’inaugurazione del museo che compie 20 anni e ora, nel convento agostiniano di Sant’Oliva, unico luogo della città moderna che Piranesi cita nelle Antichità di Cora”. Dopo la cerimonia, gli invitati sono stati accompagnati alla visita riservata. All’ingresso dell’esposizione si viene accolti dal sintetico racconto per immagini dell’intera opera del Piranesi, e i mega-pannelli raccontano l’epoca, la storia e la tecnica del Piranesi. I rami sono esposti al terzo piano del Museo con un allestimento di grande effetto, curato dall’arch. Paolo Sellaroli, che mette a confronto le lastre incise con le loro relative stampe. Il viaggio piranesiano continua poi con i suoi eredi e successori di cui il Museo della Città e del Territorio di Cori già conserva numerose testimonianza: da Rossini a  Theodore Labrouste. Per l’occasione sono inoltre state predisposte eleganti cartelle con le riproduzioni delle 15 incisioni del maestro e il catalogo della mostra con i contributi dei professori Bevilacqua e Palombi. L’esposizione durerà 3 mesi (dal 17 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021) e sarà accompagnata da un fitto programma di iniziative. Solo nei prossimi tre mesi saranno proposte 9 conferenze scientifiche che tracciano l’intero percorso artistico e personale dell’artista veneziano, 7 concerti, a cura del Conservatorio di Musica di Latina Ottorino Respighi – Dipartimento di Musica Antica, e ancora spettacoli, percorsi urbani (anche in notturna), installazioni, visite guidate, narrazioni itineranti, degustazioni, progetti didattici, mostre di design, architettura e grafica contemporanee. La manifestazione, realizzata anche grazie alla collaborazione e al patrocinio di Istituzioni e Fondazioni: dalla Regione Lazio alla Provincia di Latina, dall’Istituto Centrale per la Grafica alla Fondazione Caetani, al FAI regionale e alla sua Delegazione di Latina, agli Ordini degli Architetti di Lazio e Latina, è stato reso possibile anche dalla generosità di tanti moderni mecenati, in primis dalle più rilevanti realtà del settore vitivinicolo del territorio: l’Az. Agricola Molino7Cento che ha anche offerto nel proprio agriturismo il light lunch; Cincinnato, Carpineti, Pietra Pinta. Oltre alle aziende NAICI, REIA, FUNGHIDEA.

Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

LA PAURA DELL'ALTRO DA SE'

In questi tempi di pandemia e di costante chiusura, lì dove le coste si affacciano sul Mediterraneo, mi pare chiaro come la paura dell’altro sia un problema che, subdolo, si sta insinuando dentro di noi. La paura dell’altro da sé, amplificata da le dovute precauzioni che bisogna necessariamente e moralmente adottare per evitare qualsiasi contagio dovuto al Covid-19, potrebbe domani farci alzare con un sentimento di chiusura ancora maggiore, specie verso coloro che non desiderano altro che una vita migliore dall’altra parte del mare, giacché il loro futuro sta tutto nel giorno presente che vivono. Così ho ripensato ad un anno fa, che ero in viaggio verso Marsiglia. Giunto in quella città dove ogni cosa è attraversata, quasi trafitta, da un sentire differente e simultaneo, mi apparve chiaro sin da subito l’insegnamento che questa città porta in grembo. A Marsiglia l'anima torna ad essere duale. A Marsiglia tutto è meticcio, tutto è incrocio, incontro. Il solo dramma culturale e razziale che si rischia è quello che ci vede convinti di una patria quando, da sempre, l'uomo proviene ed è diretto da un luogo chiamato dappertutto. Ma questo i Marsigliesi lo hanno appreso con il tempo e una cultura basata sull’accoglienza. In quei giorni mi tornò alla mente che, nell’argot popolare francese, c’è un termine: “Ritals”. È un termine dispregiativo che i Francesi utilizzavano per etichettare gli italiani che approdavano a Marsiglia. Lo scrittore Jean Claude Izzo, in un’intervista, ha spiegato il senso e il peso  di quest’ultimo. Di padre salernitano e madre spagnola, giunti a Marsiglia, i genitori gli avevano proibito di parlare la lingua paterna e materna per imparare il più in fretta possibile il Francese, in modo che i suoi coetanei la smettessero di insultarlo, e chiamarlo, appunto, “Ritals”. Io credo che non dovremmo dimenticarci questo concetto tanto semplice quanto umano: emigriamo tutti da qualcosa o da qualcuno, e così come la natura e la Storia ci insegna, è ciò che ci salvaguardia come specie e come esseri umani.

Scritto da Fabio Appetito - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

COSA CAMBIA IN REGIONE CON IL NUOVO DPCM

Il Dpcm del Governo firmato il 24 ottobre e in vigore fino al 24 novembre introduce delle misure restrittive, primi provvedimenti per contrastare la diffusione del coronavirus, che continua a far registrare numeri in costante crescita. Nel Lazio una prima stretta è arrivata il 21 ottobre, con l'ordinanza firmata dal governatore Nicola Zingaretti, con durata di trenta giorni, che ha imposto alcune misure prima che si pronunciasse il premier, in vista all'aumento dei contagi all'interno del territorio della regione. Per quanto riguarda la Capitale, è di venerdì scorso l'ordinanza della sindaca Virginia Raggi che vieta la vendita di alcolici da asporto in città dalle ore 21. Ecco le differenze, tema per tema, tra ordinanza regionale e Dpcm e cosa cambia nel Lazio a partire da lunedì 26 ottobre con le nuove misure annunciate domenica pomeriggio in conferenza stampa. Chiusure anticipata delle attività commerciali. Il Dpcm del 24 ottobre a differenza dell'ordinanza della Regione Lazio prevede la chiusura anticipata alle ore 18 di ristoranti, bar, pizzerie, pasticcerie che potranno aprire alle 5 di mattina. I ristoranti potranno essere aperti la domenica a pranzo. Stop a sport, cinema e teatri. Le chiusure riguarderanno palestre, piscine, centri termali, sale gioco sale bingo discoteche e parchi divertimento, cinema, teatri e sale da concerto. Resteranno invece aperti i musei. Le feste restano vietate, insieme ai festeggiamenti in occasione delle cerimonie religiose, che prima invece erano concessi fino ad un massimo di trenta persone. Sospesi anche convegni e fiere, così come le competizioni sportive, tranne quelle professionistiche a livello nazionale, mentre è concessa l'attività sportiva non da contatto al di fuori di palestre e piscine. Coprifuoco. Sul fronte degli spostamenti, il Dpcm del 24 ottobre non prevede l'inserimento del coprifuoco sul territorio nazionale. Il premier Conte ha fatto appello "alla responsabilità individuale" raccomandando alla popolazione di limitarli ad "esigenze necessarie di lavoro, studio e salute". Restano inoltre consentiti gli sposta-menti tra regioni. Nel Lazio resta, come da ordinanza, invece valido almeno fino al 21 novembre il divieto agli spostamenti tra le ore 24 fino alle 5 del giorno seguente, eccezione fatta per comprovate esigenze di lavoro e serve munirsi di autocertificazione. Incremento della didattica a distanza fino al 75% e dello smart working. Per quanto riguarda la scuola, il Dpcm come l'ordinanza regionale prevede il mantenimento della didattica in presenza per elementari e medie, mentre un incremento della didattica a distanza per le superiori fino al 75 per cento, a fronte del 50 per cento previsto dal provvedimento di Zingaretti. Sul posto di lavoro caldamente racco-mandato lo smart working per la pubblica amministrazione ma anche per le aziende private.

Scritto da Roberta Adolfi - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

LINEA VELOCE A CORI... MA NON PER TUTTI

Cari lettori, questo mese vorrei esporre alcuni problemi di attualità, che alcuni nostri concittadini stanno affrontando, relativi ad un bene prezioso che ormai da anni ci offre la possibilità di lavorare, studiare, informarci, esplorare, intrattenerci…etc. ovvero internet. Mai come oggi internet, ai tempi del covid-19, è fondamentale soprattutto in ambito di lavoro, da ormai sette mesi con l’inizio dell’emergenza sanitaria, dove tutti noi siamo stati costretti (a causa del lockdown) a lavorare da casa. Avere una connessione stabile e soprattutto veloce, è il minimo che si può richiedere per affrontare nel miglior modo lo smart working. Fortunatamente nel nostro paese, Cori, da Ottobre 2017 sono comparse le prime colonnine della Tim, (quelle grigie con il tetto rosso) con affisso il logo “Fibra Ottica”, e la banda larga ha iniziato a diffondersi pian piano, in tutto il centro storico e nelle aree limitrofe del nostro comune con il completamento dell’infrastruttura da parte di Tim a fine 2018. L’infrastruttura della rete in fibra a Cori, ma in generale nei paesi e la classica FTTC “fiber to the cabinet”, cioè cavi in fibra ottica dalla centrale agli armadietti dislocati per strada e l’ultimo miglio dall’armadietto alle nostre abitazioni, collegato con il classico doppino in rame. Questo tipo di infrastruttura, ci permette di raggiungere velocità di download importanti, si parla dei 100/200 mega in download per i più fortunati, sino ai 30 mega per chi ha un’abitazione posizionata ad una distanza maggiore rispetto dove è situato l’armadio di strada, per il semplice fatto che il rame presenta dispersione del segnale man mano che si è più lontani dall’armadio servito dalla fibra ottica. Ora tralasciando questa breve informazione tecnica, vorrei tornare al titolo dell’articolo, linea veloce a Cori, ma non per tutti. Ormai sono passati due anni da quando si sono conclusi i lavori di posa della fibra e la conseguente attivazione del servizio, ma non per tutte le aree del nostro paese. Infatti, risulta che gran parte del centro storico di Cori, che interessa: Via Pelasga, Via della Libertà, Via Don Minzoni, un tratto di Via Giacomo Matteotti, Via Laurienti, Piazza Papa Leone XIII (piazza del Comune)… ad oggi sono ancora prive della linea veloce, e l’unica connessione possibile sia una debolissima adsl 10 mega, che a volte funziona ed altre no, influenzata da diversi fattori cui il meteo. Lo stesso palazzo comunale da qualche anno si è dotato con altro operatore di connessione veloce via radio. Ci sono giunte diverse segnalazioni e dopo diverse pec inviate alla Tim (proprietaria e realizzatrice dell’infrastruttura dove si evidenziava il problema) senza alcuna risposta, dopo essere stato segnalato al Comune di Cori (riportato durante una seduta anche in consiglio comunale), ad oggi il problema ancora non è stato risolto senza opportuna motivazione. Spero che questo breve appello, esposto qui sulle pagine de “Il Corace”, possa in qualche modo giungere nuovamente all’amministrazione comunale, capire quale sia il problema e soprattutto sollecitare nuovamente il proprietario e colui che ha realizzato l’infrastruttura in fibra cioè TIM, cosi che molti cittadini e famiglie possano avere una connessione internet, veloce, stabile per poter affrontare la quotidianità in questo momento di emergenza.

Scritto da Fernando Bernardi - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

PER DANILA


Danila amava Patty Pravo. Amava cantare perché amava la vita. E la musica è vita. Danila la vita non l'ha semplicemente vissuta: l'ha aggredita per tenersela stretta, mentre il male aggrediva lei. Non si aggrappava alla vita. Era l'opposto: la volontà di vivere aggrappata a lei, alla sua forza, alla sua sfida di tutti i giorni, ormai da tre anni, dignitosa e tenace. Ricordare Danila vuol dire ricordare una persona normale che della sua quotidianità ne ha fatto una cosa straordinaria, fuori dagli schemi ma sempre dentro il rispetto per gli altri. Un carattere deciso e determinato, a volte scontroso, sempre socievole. Non c'è corese che non abbia qualche ricordo legato a lei. Chi firma questa nota ne ricorda, per esempio, l'entusiasmo e la gioia ma anche la serietà con la quale si preparò alla sua esibizione al teatro Brancaccio di Roma in una serata con tanti ospiti, organizzata dal comune amico Massimiliano Pistilli. Ovviamente scelse di cantare un brano della sua Patty: durante l'intervista che realizzai con lei aveva tra le mani un libro della sua cantante preferita e la gioia negli occhi, ma dietro le quinte, circondata dall'affetto di tutti, era emozionata e tesa: fu una splendida e sofferta esibizione, dinanzi ad un pubblico  arrivato nel prestigioso teatro romano anche da Cori. Danila non amava la retorica, e noi non possiamo oltraggiarla cedendo a questa tentazione che scaturisce, comunque, da un affetto sincero. Il modo migliore per chiudere è ricordare le parole del brano da lei tanto amato che, non a caso, i familiari hanno voluto sulla bara: "La cambio io la vita che/non ce la fa a cambiare me...portami al mare/fammi sognare/e dimmi che non vuoi morire". E Danila vive nel cuore della nostra comunità. 

"Il Corace" si unisce al dolore di tutti, dei più intimi, e dei suoi genitori.

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

AMORE E SPERANZA, I SANTI E I CARI DEFUNTI

Novembre ha nell’aria il sapore dell’inverno che avanza, l’odore di pioggia mista al fumo dei comignoli, le giornate uggiose con il sole che tramonta presto insomma tutto ci dice che è tempo di ritmi lenti e riflessivi, è tempo di pensare al mistero della vita. L’aria novembrina si sposa molto bene con due grandi misteri che la Chiesa ci invita a contemplare: la solennità di Ognissanti e la commemorazione dei nostri fratelli e sorelle defunti. In un mondo ormai indaffarato in ogni cosa, nella fretta delle nostre giornate intense e non prive di fatiche da dover superare, abbiamo smarrito la dimensione verticale della vita ossia la considerazione di qualcuno che ci supera, ci precede e ci accompagna. Risuonano veritiere e attuali le parole di Papa Benedetto XVI nel suo libro “La Gioia della fede” quando dice «noi credenti del nuovo millennio, che viviamo in una cultura post cristiana e post moderna, sentiamo nel cuore lo stesso ardore provato dai discepoli quando videro il maestro? La fede cambia la percezione della vita. Senza Cristo tutto sfocia nel nulla. In Lui invece, si conquista tutto. Ci dona la vita eterna. È ciò che la Chiesa proclama senza sosta da due millenni.» i nostri santi tutto ciò lo hanno compreso e nell’arco della loro vita terrena hanno imparato a spendere l’esistenza per Cristo e i fratelli, in ultima analisi potremmo dire che hanno saputo amare come Cristo ha amato! Oltre ai Santi Novembre ci fa commemorare i defunti. Il paradosso dei nostri tempi ci porta ad evitare la dura e seria verità della morte. Non di rado si priva ai nostri bambini di visitare qualche parente defunto al campo santo perché considerato “un luogo non adatto ai bambini” mentre non ci accorgiamo di far venir meno un importante occasione di educazione, oppure capita tra gli adulti sentir cambiare discorso sull’argomento quasi a dire “non avverrà mai”. Il paradosso però poi sta nel fatto che o si banalizza l’argomento (vedi halloween) oppure si promuove morte (aborto, eutanasia). Tutto questo fa parte della nostra cultura edonista nella quale non c’è spazio certo per la sofferenza, e la morte si sa è sofferenza, distacco. Commemorare i fedeli defunti non vuol dire certo rinnovare la sofferenza del lutto subito, al contrario vuole aprirci alla speranza cristiana, alla certezza della resurrezione e della vita vera. In fondo il desiderio che alberga in ognuno è quello di vivere ed essere beati. Proprio in questo nostro desiderio si interseca il desiderio di Dio: darci vita in abbondanza! Non solo qui e ora, ma anche dopo questo nostro “esilio terreno”.  Dunque si pone davanti a noi due grandi occasioni, quella di trovare uno sprone per vivere la fede cristiana (o per conoscerla meglio) andando a conoscere la vita dei santi, e quella di pregare per chi non è più tra noi. In ogni tempo il Signore suscita santi alla sua Chiesa che sono come dei fari che vengono ad illuminare le nostre buie notti. Tra le figure di santità dei nostri giorni spicca la splendida figura di Carlo Acutis questo giovane ragazzo di quindici anni proclamato Beato il 10 ottobre scorso e morto nel 2006. I santi e i defunti. Novembre inizia con queste due immagini: una comunione tra noi e loro che dice tanta vita, tanta speranza.

Scritto da Giovanni Grossi - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

CORI: LAVORI PUBBLICI

L’Assessorato ai Lavori Pubblici e l’Ufficio tecnico comunale hanno aperto nei giorni scorsi una serie di cantieri in diverse zone del territorio comunale di Cori e Giulianello, per un investimento complessivo che supera i 10 milioni e mezzo di euro di finanziamenti nazionali e regionali. Gli interventi avviati riguardano: ristrutturazione e messa in sicurezza della scuola elementare “Don Silvestro Radicchi” (1.200.000 € - Ministero dell’Interno); messa in sicurezza e regimentazione delle acque di Via Madonna del Soccorso (1.200.000 € - Ministero dell’Interno); messa in sicurezza, restauro e riqualificazione del porticato medievale delle Sipportica (3.000.000 € - Ministero dell’Interno); messa in sicurezza contro il dissesto idrogeologico del versante sottostante via delle Rimesse e via Ninfina (4.500.000 € - Regione Lazio); riqualificazione della strada rurale PSR (350.000 € - Regione Lazio); messa in sicurezza del manto stradale di via Vigne Corte, via Madre Teresa di Calcutta, via Don Silvestro Radicchi e via Filippo Turati (100.000 € - ASTRAL); ristrutturazione e messa in sicurezza della palestra della scuola elementare “Virgilio Laurienti” (75.000 € - Regione Lazio); efficientamento energetico su via Annunziata, via Roma, primo e secondo tratto della Velletri Anzio I loc. Giulianello (90.000 € - Ministero degli Interni); riqualificazione del giardino in località Salita San Francesco (20.000 € - Regione Lazio). 

A queste si aggiungono le opere appena concluse, come l’impermealizzazione del tetto della scuola media “Ambrogio Massari” e la manutenzione straordinaria della scuola _materna “Gianni Rodari”. In questi giorni inoltre sono in corso le procedure per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva di messa in sicurezza per dissesto idrogeologico dei versanti dei fossi e per la regimentazione delle acque, in località fosso delle Pezza e via Lavatoi, Piazza della Croce e fosso della Catena, fosso dei Pischeri e Piazza della Fontanaccia, fosso Teppia - località via San Domenico Saturni, per un totale di circa 2.500.000 € (Ministero degli Interni). Infine, la Giunta municipale, con separate deliberazioni, ha approvato un pacchetto di richieste di contributi messi a disposizione dal Ministero dell’Interno, da investire per la sistemazione idrogeologica, di Via Don Minzoni, il fosso adiacente al depuratore in località Sant’Angelo, Parco F.lli Cervi - Via Sotto le Mura, Via San Nicola e versante sottostante. 

Esprimono grande soddisfa-zione l’Ass.re LL.PP. Ennio Afilani e il Sindaco Mauro De Lillis, che spiegano – “un lavoro di squadra che parte da un’azione politico-amministrativa e si concretizza con un’azione prettamente tecnica degli Uffici, così da far partire lavori per milioni di euro su tanti siti comunali che ne avevano bisogno. Ci si è dedicati innanzitutto alle scuole, proseguendo con dissesti idrogeologici, cimiteri, efficientamento energetico e messa in sicurezza di talune strade, non tralasciando le pur sempre importanti piccole manutenzioni. Pensiamo che fino ad ora abbiamo fatto un buon lavoro, e per questo ringraziamo anche i vari Uffici che hanno lavorato sinergicamente con il nostro Ufficio tecnico per il raggiungimento di questi risultati. Siamo anche consapevoli però che altre aree del paese attendono soluzioni da parte dell’Amministrazione, parte delle quali sono già oggetto di pianificazione per cercare di conciliare le risorse disponibili con i bisogni della comunità”.

Scritto dalla Maggioranza - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

COVID, GOVERNO IN CONFUSIONE, CITTADINI SMARRITI

 Scriviamo mentre la violenza dei professionisti della tensione si insinua nella protesta di ristoratori ed altre categorie colpite dai provvedimenti ultimi del governo. Sono sempre i soliti noti: estremisti di destra, centri sociali, ultrà, provocatori di professione, che da Torino a Roma a Napoli a Catania, infiammano le strade e sfasciano vetrine e negozi. Sono i sovversivi ben difesi e protetti da quelle forze parlamentari che faticano a condannare questi delinquenti, perché è con loro che sguazzano e ci bazzicano al momento delle campagne elettorali: sono questi criminali che hanno il compito di portare avanti la strategia della tensione, che per fortuna, è solo la pallida ombra di quella vera che si manifestò in modo drammatico a partire dal 12  dicembre del '69, con la strage di piazza Fontana, si sviluppò con gli attentati e le bombe degli anni '70 e '80, per poi spegnersi, sconfitta, dinanzi alla forza delle Istituzioni democratiche della Repubblica, e alla mobilitazione democratica del movimento operaio e della pubblica opinione. 

Le agenzie, mentre scriviamo, battono notizie di negozi saccheggiati e questo basta a far emergere tutte le contraddizioni di questo convulso popolo della protesta: commercianti legittimamente e pacificamente in piazza  che vedono i negozi, che potrebbero essere anche i loro, sfasciati e derubati dalla loro merce, da bande delinquenziali che, dietro una regia perfetta, diversa da città in città, tentano di egemonizzare la protesta, trasformandola in rivolta. Una polveriera che soprattutto nel sud e in Campania è molto pericolosa: ci riporta alle pericolose collusioni tra camorra ed estremisti durante la crisi dei rifiuti, che vide ingiustamente l'allora governatore della Campania Antonio Bassolino come capro espiatorio ma poi assolto da tutto; e, per chi ha buona memoria (e non è giovanissimo) ci riporta al "boia chi molla" di Ciccio Franco, ras reggino, e ai moti di Reggio Calabria degli anni '70 che vide una mix surreale tra ndrangheta, fascisti ed estremisti di sinistra con gruppi accreditati, all'epoca, come "Lotta Continua". Ma questa è Storia. 

Invece quello che abbiamo raccontato nelle prime righe è la realtà di questi giorni, di queste ore, probabilmente di quelle che verranno. Abbiamo aperto sottolineando questo allarme sull'ordine pubblico perché la questione non è "solo" di ordine pubblico, ma riguarda la tenuta democratica dello Stato e la sua capacità di tenere la protesta sociale dentro i binari delle regole, fuori dalle quali ci sta solo il caos e le scorribande di rigurgiti neofascisti extra istituzionali e extra parlamentari che non possono essere tollerati. Forse lo sono stati anche troppi. Questa è la linea di confine. La premessa ad ogni critica all'operato del governo. E allora veniamo al dunque: l'esecutivo naviga a vista, con provvedimenti che sconcertano i cittadini. E lo sconcerto non riguarda tanto i singoli provvedimenti, che pure pesano sull'economia reale del paese, delle aziende, dei lavoratori, dei commercianti. Ma sconcerta soprattutto la palese mancanza di una visione generale non solo su come affrontare l'emergenza, ma pecca di una visione generale sul futuro prossimo del paese. 

Nessuno mette in discussione, tranne la sgangherata opposizione di Salvini e Meloni, con una Forza Italia letteralmente compressa nella coalizione, la buona fede dell'esecutivo e gli sforzi del premier Conte di tenere la barra dritta, di limitare i danni dei continui provvedimenti del Consiglio dei Ministri (a raffica), nel garantire entro metà novembre i finanziamenti, i cosiddetti "ristori" a commercianti e aziende che ne fanno richiesta e che questa volta (finalmente) dovrebbero andare direttamente sui conti correnti elargiti dalla Agenzia delle Entrate. Del resto agli osservatori seri e alla stessa pubblica opinione non sfugge che, nonostante l'aumento sensibile dei contagiati, l'Italia presenta numeri decisamente inferiori a quelli delle altre nazioni. Il problema è che Conte deve fronteggiare due nemici: il covid e i conflitti interni alla maggioranza. Non si sa quale sia più pericoloso. E di questi giorni l'attacco frontale dei renziani alle decisioni del governo, decisioni che gli stessi renziani però hanno votato, per poi dichiararsi contro subito dopo la firma. Una schizofrenia apparente, perché l'obiettivo è sempre quello di tenere per il collo il Presidente del Consiglio, che ha fatto sbottare letteralmente il pur cauto Zingaretti che ha definito irresponsabili certi comportamenti. E non di meno sono i "Cinque Stelle" che vanno in giro per palazzo Chigi a fissare bandierine di principio; ultima quella contro il "Mes", che invece PD, Italia Viva, Forza Italia, Calenda ed altri vorrebbero. E che francamente non si capisce perché ci dovremmo rinunciare considerato che il prestito, 37 miliardi da investire in sanità, sarebbe ad un tasso di interesse quasi simbolico, con criteri totalmente diversi dal prestito che mise a testa in giù la Spagna e la Grecia. 

Quindi Conte si dibatte quotidianamente tra le misure antipopolari, per frenare un micidiale virus, e il fuoco incrociato su di lui da parte di settori della maggioranza e, legittimamente, dall'opposizione che però non riesce a liberarsi da una retorica ed astiosa polemica, tanto ripetitiva quanto priva di ogni capacità propositiva. In tutto questo i cittadini sono smarriti e confusi. Ma, gran parte di loro, dovrebbero sentirsi, oltre che smarriti e confusi, anche colpevoli. Questa estate, diciamo da Giugno a settembre ci siamo dati alla pazza gioia, abbiamo male interpretato quel "convivere con il covid", che voleva dire  andare avanti con tutte le cautele del caso, non con un "liberi tutti". Sono scomparse distanze personali, mascherine, e si sono viste movide a gò-gò, nelle spiagge, nelle piazze, nelle discoteche; ovunque. E poi: matrimoni, comunioni, compleanni, cresime e battesimi, feste di laureee, etc, etc, con tutti gli annessi e connessi in barba ad ogni precauzione. Le immagini dei TG ci hanno trasmesso quello che siamo: un popolo irresponsabile capace di disciplina solo sotto comando e privo di senso di responsabilità. Questo è. E se i nostri comportamenti fossero stati più civili oggi non ci troveremmo nella situazione in cui siamo. Per non parlare delle vacanze all'estero con covid di ritorno. Giusto quindi criticare il governo per i suoi ritardi e inadempienze, giusto criticare il governo perché ha abbassato la guardia e durante l'estate di controlli nei luoghi sensibili esposti alle maggiori criticità di forze dell'ordine se ne son viste poco o niente, più niente che poco, giusto criticare il Governo per l'incredibile sottovalutazione di quello che sarebbe stato il problema dei trasporti con la riapertura delle scuole; ma quanto sarebbe giusto criticare noi stessi per esserci dimostrati al di sotto della nostra intelligenza: forse perché abituati a fare i furbi pensavamo di fregare anche il covid, oltre che gli sporadici controlli. E invece il covid ha fregato noi. Dicevamo "andrà tutto bene". No, non è andato tutto bene. Per niente!

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

FORTI RACCOMANDAZIONI...

Oggi vanno in voga non solo disposizioni... bensì anche forti raccomandazioni! Pertanto raccomandiamo all'Ing. Cerbara, tornato ad essere anche "Responsabile" dell'Area Urbanistica-Edilizia, di riprendere le verifiche sulla regolarità di tutte le Autorizzazioni e/o Permessi a Costruire rilasciati dal Comune di attualità almeno da sei anni ad oggi, come ad esempio il Permesso a Costruire n.2/2015, del quale si è interessata la minoranza. Raccomandiamo, tra l'altro, di accertare se tutte le condizioni riportate nelle Autorizzazioni e/o Permessi a Costruire sono state rispettate. Le richieste di verifica non partono solo da noi, ci sono molti lettori che ci inondano di segnala-zioni, scritte e telefoniche, alcune con dovizia di particolari. Secondo noi qualcuno ci vuole mettere alla prova, per non essere accusati di favoritismi o altro, affrontiamo un caso con l'intento di contribuire a fare chiarezza per gli interessati e per l'Amministrazione. Si tratta dei lavori di cui alla Determinazione n.96/2015. Lavori di ristrutturazione e ampliamento della struttura realizzati nella zona del Mulino. Nella Determinazione viene riportato il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici che, nell'essere favorevole agli interventi edilizi in questione, poneva la condizione che gli stessi dovevano essere realizzati nel "rigoroso rispetto delle architetture rurali dei manufatti esistenti". Ora da quanto segnalatoci e confermato da autorevoli frequentatori del luogo, qualcuno con una familiarità particolare, esiste un manufatto che si presenta alquanto moderno, con finiture esterne in alluminio, copertura piana e all'interno si presenta come una vera e propria sala di attesa di un aeroporto internazionale! Simpaticamente lo scritto arrivatoci è titolato "Sala Attesa Vip Airport...". Si concilia con il "rigoroso rispetto delle architetture rurali dei manufatti esistenti"? Riteniamo che l'Ing. Cerbara non abbia alcun problema a convocare il progettista del complesso edilizio realizzato e, insieme, verificarne la regolarità, soprattutto accertare il rispetto delle condizioni della Soprintendenza. Chiaramente raccomandiamo all'Amministrazione e al Sindaco in particolare di verificare l'operato dell'Ing. Cerbara, senza eventuali favoritismi di nessun genere per alcuno. 

Tempo fa parlammo di una certa attività nell'ambito locale riguardante la materia edilizia ipotizzando un triangolo. Ora pare ci sia un salto di qualità. Tutto accade intorno all'appalto della Ristrutturazione delle Sipportica dell'importo di 3 milioni di euro. Nelle somme previste per questo intervento c'è anche la spesa che dovrà sostenere il Comune per affittare, alle famiglie (si parla di una quindicina) che dovranno temporaneamente lasciare le proprie abitazioni in quanto rientranti nei lavori, altrettante abitazioni per tutta la durata dei lavori stessi. Tornando alle case da trovare in affitto (si prevede a 500/600 euro al mese a carico del Comune), è interessante conoscere chi se ne sta occupando facendo una specie di "sensale" occulto. I rumors del Palazzo riferiscono che il prescelto dovrebbe essere un noto congiunto di una persona, dipendente comunale, plurimpegnata. Abbiamo dubbi, ma se dovesse essere vero sarebbe fantascienza. Sarebbe di una gravità inusuale, sarebbe un sodalizio... come una famiglia allargata, ognuno con le proprie competenze. Quali? Chi lo pagherà? Sarebbe una prova generale, per questo tipo di sodalizio, che potrebbe essere riproposto per altri lavori appaltati come quelli di Via delle Rimesse dove l'importo è di 4,5 milioni di euro? Tutto ciò, se vero, sarebbe stato fatto passare inosservato alla cittadinanza distratta dai tanti problemi derivanti dal COVID- 19. Non dovrebbe essere sfuggito al Sindaco, all'Assessore ai Lavori Pubblici (cui fanno riferimento tali scelte) e all'Assessore al Bilancio (ci fa riferimento l'onere finanziario di tali scelte). A loro raccomandiamo di verificare e di intervenire di conseguenza. Sempre se vero, sarebbe un Festival della Vanità alle spalle degli ignari cittadini contribuenti. Se non fossimo noi a dare certe notizie sollecitando l'Amministrazione a fare chiarezza, tutto passerebbe in cavalleria. Tempo fa fummo fermati da una persona, dipendente comunale, molto risentita per un articolo che la riguardava, ci accusò di sbagliare bersaglio, invece di colpire qualche dipendente comunale dovremmo colpire i politici. Da precisare che questa persona è stata invitata a replicare ufficialmente al giornale, ma ad oggi non ci è arrivato nulla, segno evidente che abbiamo scritto fatti veri. Speriamo non sia coinvolta anche in questo caso. Riguardo ai politici sono e saranno sempre anche loro, oltre qualche dipendente, i responsabili dei fatti amministrativi negativi, perché li permettono, e se li consentono è lecito pensare che potrebbe far comodo così! 


Ora raccontiamo di un sogno nel mondo dei fumetti, dove appaiono Lupin e Margot. Nel sogno si immaginano sdraiati su un divano, poi si vede il "ricco" Rockerduch che li coccola, formando così un triangolo, poi nel sogno si aggiunge uno sfigato Paperino realizzando un quadrilatero. Chiaramente è un sogno, fa riferimento a personaggi dei fumetti in senso metaforico, senza alcuna allusione e offesa a persone. Torniamo alla realtà. Raccomandiamo all'Assessore al Personale di attivarsi affinché vengano recuperate eventuali somme pagate all'Ing. Cerbara in qualità di RUP, dal 2018 ad oggi, in quanto non dovute perché maturate nell'anno precedente e liquidate l'anno successivo. A tal proposito ci meraviglia che ancora non si sia provveduto a modificare l'art.7 del Regolamento, riguardante questa mate-ria, approvato con delibera di Giunta n.128/2018. Raccomandiamo sempre all'Assessore al Personale di verificare se è compatibile e opportuna la permanenza in una determinata Area personale che risulta indagato per fatti inerenti l'Area stessa. Così come accertare se è compatibile e opportuno che un RUP incarichi come collaboratore un tecnico che in un determinato procedimento riguardante il Comune risultano rinviati a giudizio indagati entrambi. Crediamo che un briciolo di etica non guasti. Verificare anche lo straordinario al personale dipendente. Se è necessario farlo o lo si fa per utilizzare a tutti i costi la somma impegnata senza che ce ne fosse bisogno. Verificare anche se i destinatari dello straordinario supera il tetto consentito. Questo per evitare che ci siano figli e figliastri. Chiaramente lo straordinario si effettua in ufficio... Sarebbe interessante conoscere sulle questioni riguardanti il personale (RUP e straordinario) il parere dei rappresentanti sindacali comunali e dell'Assessore al Bilancio. 

Qualche numero fa parlammo dei beni comunali dati in affitto a soggetti privati. Raccomandiamo all'Assessore al Patrimonio di attivarsi affinché vengano definite nel più breve tempo possibile le vicende delle gestioni del campo di calcio, di calcetto, della piscina e del bar di Giulianello, degli impianti sportivi di Cori e di una parte dell'ex Mattatoio il cui gestore si è anche impegnato al rifacimento delle grate e delle persiane pericolanti del Comune. Ci risulta sia in atto una indagine giudiziaria riguardo una gara per il taglio erba del 2016, sicuramente si indagherà pure per gli affidamenti degli anni successivi. Raccomandiamo infine all'Assessore ai Servizi Sociali di farci sapere se è vero e perché il Comune di Cori non ha partecipato allo SPRAR (Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati) venendo meno a migliaia di euro di contributo. Ci raccomandiamo di avere risposte, non solo sui social. Dubitiamo!!!

Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

CORONAVIRUS: TORNA LA PAURA, ANCHE A CORI

Dopo un’estate quasi tranquilla, la tanto temuta “seconda ondata” di Covid-19 sembra aver colpito l’Italia. Ma stavolta pare non essere prevalentemente concentrata nel nord. Dati aggiornati ad oggi dicono come Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Campania e Lazio siano alcune tra le regioni dove il virus circola con maggiore facilità. Per questo è stato necessario varare nuove misure restrittive, che al momento non prevedono serrata generalizzata come avvenuto in primavera. 

La provincia di Latina è stata tra le prime in Italia a sperimentare il cosiddetto “mini lockdown”. Il 9 ottobre infatti con Ordinanza Regionale è stata disposta la chiusura anticipata dei locali alle 24, contingentamento di persone che possono frequentare contemporanea-mente palestre, scuole di ballo e altre attività di natura sportiva effettuata in luoghi chiusi, numero massimo di 20 persone alle feste legate ad eventi di natura civile e religiosa, divieto di accesso presso strutture sanitarie per visite a parenti e amici ricoverati, e richiesta di optare per lo smart working, dove possibile. 



Pochi giorni dopo, quando si è raggiunto il ritmo di 10.000 nuovi positivi al giorno, è arrivato l’ultimo DPCM del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha imposto restrizioni sulla movida. Bar, pub e ristoranti devono chiudere alle 24, al tavolo non potranno esserci più di 6 ospiti, feste come matrimoni non potranno avere più di 30 persone. Sono stati disposti inoltre orari scaglionati per l’ingresso a scuola, e sono stati vietati i convegni. Non è bastato e l’ultimo DPCM datato 25 ottobre ha imposto chiusura di palestre e piscine, chiusura anticipata per bar e ristoranti alle 18, divieto di fare feste anche a seguito di eventi religiosi o civili. 

Per quel che riguarda Cori, fino al 26 ottobre, i contagiati erano 57, di cui 4 persone ricoverate e 53 in isolamento domi-ciliare. Tuttavia alcuni positivi risultano provenire dalle scuole. Per questo il sindaco Mauro De Lillis nei giorni scorsi ha disposto la chiusura dei plessi scolastici per sanificazione, mentre a Giulianello è stato allestito un drive-in per circa 120 persone tra studenti, insegnanti e personale al lavoro presso la scuola Cesare Chiominto. Dai tamponi è risultato un solo positivo. Una situazione che è seria e da non sottovalutare. Per affrontarla è bene ricordare alcune norme: lavare spesso le mani, usare la mascherina, rispettare le distanze sociali. Ma il sindaco di Cori è andato oltre, invitando la cittadinanza ad evitare incontri con parenti e amici se non necessari. Perché questo virus subdolo a quanto pare si trasmette soprattutto in famiglia, quello che consideriamo il luogo sicuro per eccellenza, dove le precauzioni vengono meno. È bene attenersi a queste poche e semplici regole, anche in vista del Natale che nessuno vorrebbe trascorrere tra le restrizioni.

Scritto da Eleonora Spagnolo - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

EDUCARE AL RISPETTO E NON ALLA PAURA

La differenza tra l’educare al rispetto e l’educare all’obbedienza, è fondamentale per la creazione di una relazione armonica tra genitori e figli e tra questi ultimi e la società. L’obbedienza infatti può creare una barriera tra genitori e figli e produrre difficoltà di adattamento per i figli in futuro. L’obbedienza si realizza attraverso l’esecuzione di ordini dati da un’altra persona considerata come “superiore”, in questo caso il genitore. L’obbedienza si caratterizza per l’assenza di spiegazioni, un esempio tipico è: “fallo perché lo dico io!”. Tale tipologia di imposizione che implica la sola azione dell’obbedienza in assenza di qualsiasi spiegazione o motivazione, può facilmente creare una barriera comunicativa: in assenza di spiegazioni, un figlio non comprende le ragioni per cui è obbligato a fare o a non fare una determinata azione. 



I figli infatti per sviluppare una sana autostima e una sana capacità relazionale, hanno bisogno di guide sicure, che sappiano spiegare e motivare le loro azioni, i loro atteggiamenti, per poter offrire quel rispecchiamento sereno che permetta la formazione di un modello affidabile di comportamento. Hanno bisogno di sapere che i genitori credono in loro, che li accettano per quello che sono, che si fidano di loro anche se qualche volta gli rimproverano “difetti” e atteggiamenti sbagliati, hanno bisogno di sapere che sono orgogliosi di loro per ciò che sono, non solo per ciò che fanno, per le loro prestazioni scolastiche, sportive e relazionali. Il rischio maggiore invece, di una forma di educazione basata sull’obbedienza, è che da adulto un figlio possa sviluppare una scarsa coscienza di sé e un atteggiamento passivo, proprio perché l’obbedienza è stata determinata e ottenuta, attraverso punizioni e imposizioni, e quindi paura: “Se non farò ciò che mi viene chiesto, ciò che ci si aspetta da me, non sarò più amato!”, può essere una possibile forma di pensiero caratterizzata da paura, che un figlio può sviluppare e che lo porta ad obbedire piuttosto che a riflettere e a scegliere. Ben diversa è invece l’educazione al rispetto. 

Ogni genitore desidera che i propri figli prestino attenzione alle loro richieste, indicazioni, suggerimenti, ma per ottenere ciò è essenziale che i figli comprendano il senso di quanto suggerito e trasmesso, in modo da poter sviluppare la capacità di saper agire nel rispetto dell’altro. È necessario infatti che il genitore sappia spiegare e motivare la ragione per la quale avanza una richiesta al figlio, oppure chiede al figlio di non eseguire qualcosa o di non compiere determinate azioni. La spiegazione infatti filtrata dal genitore, permette al figlio di sviluppare una riflessione sullo stesso e di scegliere come agire nel rispetto dei pensieri e dei bisogni altrui. Al tempo stesso tale riflessione consente al figlio di poter prendere contezza anche dei propri bisogni e delle proprie motivazioni a compiere o meno un’azione, di comprenderne i significati e i confini relativamente al rispetto dell’altro: in questa maniera un figlio potrà andare incontro ad un sano e adeguato sviluppo della capacità di agire in modo spontaneo e consapevole. Facciamo un esempio: dire “stai zitto e fermo perché mi dai fastidio”, e dire “puoi stare in silenzio per favore? La mamma ora è al telefono”, non è certamente la stessa cosa. La spiegazione data nella seconda frase e soprattutto il tono empatico che la caratterizza, permette al figlio di comprendere quanto richiesto, di riflettere sul proprio comportamento e regolare i propri stati emotivi, apprendendo pertanto una modalità corretta, e rispettosa, di agire.

Scritto da Francesca De Rinaldis - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"