sabato 31 ottobre 2020

IL FICODINDIA

Pianta da secoli naturalizzata e coltivata nei Paesi del Mediterraneo che, per le sue molteplici funzioni agronomiche e produttive, è tuttora di notevole interesse colturale in molte aree difficili


Il Fico d’India, come si può dedurre dall’esame etimologico del suo nome, dovrebbe trarre le sue origini dall’India, ma poiché risulta alquanto dubbio, il ritenerlo indigeno dell’India e delle contrade asiatiche meridionali, l’origine di tale pianta va ricercata nel Continente americano e, in particolare, nel Messico. Da qui, vero-similmente, nell’antichità, il Ficodindia (Opuntia ficus-indica) si diffuse nel Centro America dove veniva coltivato e commercializzato già ai tempi degli Aztechi presso cui era considerato una pianta sacra e con forti valori simbolici: la sua immagine risulta presente sulle monete, su numerose decorazioni e sullo stemma del Messico. I remoti ascendenti degli Aztechi, peraltro, risultano essere i primi popoli che conobbero e utilizzarono il Ficodindia nell’alimentazione umana mentre la produzione di carminio (un pregiato colorante naturale), strettamente correlata alla sua coltivazione, era già diffusa tra gli Incas. Tale carminio, infatti, risulta uno dei beni allora commercializzati e menzionato dal “Codice Mendoza”. Agronomi iberici, nei loro scritti, asserivano anche che nelle Canarie veniva coltivata la Opunzia per l’acido carminico (rosso di cocciniglia) che si otteneva da insetti (Dactylopius coccus) che essa albergava. E secondo Plinio il Vecchio, era conosciuto come Opunzia perché in Grecia, nella zona di Oponzio o Oponte, vicino all’odierna Negroponte, tali piante crescevano spontanee. Fin dall’antichità, inoltre, nelle zone settentrionali dell’Africa si ha notizia di vigorosi esemplari di Ficodindia coltivati non solo per i frutti ma anche per mangime fresco fornito dai cladodi (o pale). O. ficus-indica fu introdotto in Europa probabilmente da Cristoforo Colombo che, di ritorno dalle Americhe, lo portò in Spagna da dove, successivamente, giunse in Italia ad opera di Arabi e Spagnoli che lo diffusero in Sicilia (Valle litoranea del Belice e zone di Trapani, Catania e Messina) dove le ottimali condizioni ambientali ne favoriscono anche la crescita spontanea. Tali località costituirono le pedane di lancio e di propagazione in tutta l’Italia e nelle Isole. Attualmente la specie è naturalizzata in tutti i Paesi del Mediterraneo ove è divenuto elemento caratteristico del paesaggio. Il genere Opuntia è il più noto e rappresentativo dei circa 122 generi appartenenti alla famiglia delle Cactaceae che, a sua volta, comprende più di 1.600 specie. Il Ficodindia fu descritto per la prima volta, nel 1535, da uno studioso spagnolo; fu classificato per la prima volta, nel 1753, ad opera di Linneo che includeva 22 specie nella famiglia delle Cactaceae (oggi, invece, si ritiene possano essere tra 30 e 220 generi e tra 2.100 e oltre 14.000 specie).  Miller nel 1768 definì la specie in Opuntia ficus-indica che rappresenta la denominazione tuttora ufficialmente accettata. Il Ficodindia è una pianta succulenta e arborescente, alta fino a 3-5 metri e caratterizzata dall’articolazione della parte aerea in internodi appiattiti (cladodi, pale o rami), verdi, dotati di un parenchima acquifero e rivestiti di cere. La loro forma è generalmente obovata e le dimensioni  variabili: 30-60 cm in lunghezza, 20-40 cm in larghezza e 19-28 mm di spessore. Le foglie, presenti sui giovani cladodi o sull’asse fiorale sino alla fioritura, sono effimere, avendo una durata di circa 30 giorni, di forma conica e lunghe pochi millimetri. Alla loro base compaiono le areole, gemme ascellari modificate presenti in numero costante per cladodio (in Opuntia ficus-indica 8-9 serie spiralate), il cui meristema si può evolvere in vere spine, glochidi, cladodi, fiori o radici avventizie. Le spine vere e proprie, assenti nelle specie cosiddette inermi, come in alcune cv. di Opuntia ficus-indica, sono sclerificate, di lunghezza e colore diversi. I glochidi, in genere presenti, non essendo sclerificati alla base, sono caduchi, solitamente gialli, lunghi pochi mm e sottili. I cladodi basali tendono a lignificarsi fino a formare un tronco ben definito. L’apparato radicale è piuttosto superficiale, ma nelle piante non sottoposte a coltura appare molto esteso. I fiori, che si differenziano, prevalentemente, dalle areole disposte lungo il margine superiore della corona dei cladodi di un anno, sono ermafroditi, hanno il calice e la corolla formati da sepali poco evidenti e da petali appariscenti di diverso colore, solitamente giallo-aranciato. Gli stami sono numerosi e circondano il gineceo, costituito da un pistillo sormontato da uno stigma multiplo. L’ovario è infero, uniloculare, con diversi ovuli disposti in placentazione parietale. La fioritura del Ficodindia, in ambiente mediterraneo, avviene nel periodo di maggio - giugno. L’antesi (fioritura) si compie in un arco di tempo molto breve, da 24 ore (negli ambienti aridi del Messico) a 36-48 ore (nell’Italia meridionale e insulare). L’auto-impollinazione e l’impollinazione incrociata possono coesistere e diverse specie sono caratterizzate da cleistogamia pre-antesi (fecondazione a porte chiuse), in quanto lo stigma può essere recettivo prima dell’apertura del fiore. Il frutto è una grossa bacca uniloculare, carnosa e polispermica (con molti semi). La polpa si origina dalle cellule papillari dell’epidermide dorsale dell’involucro funicolare e dal funicolo, mentre l’epidermide deriva dal ricettacolo, che è un tessuto vegetativo che circonda l’ovario. Un’elevata variabilità, nella forma, dimensioni, colore dei frutti e caratteristiche organolettiche, è spesso riscontrabile non solo tra le diverse specie e biotipi ma anche nel loro interno. I semi (acheni) sono numerosi (da 100 a 400 circa per frutto), legnosi, di forma discoidale, di diametro pari a circa 3-4 mm e caratterizzati da poliembrionia (sviluppo di più embrioni). La variabilità genetica in questa specie è elevata e l’assenza di un patrimonio varietale standardizzato ha favorito la diffusione di tipi o cloni, classificabili sulla base morfologica dei frutti e dei cladodi. Nei Paesi mediterranei le varietà maggiormente utilizzate in coltura appartengono a O. ficus-indica e, in minor misura, a O. amyclaea. In Italia si sono affermate, in modo particolare,  tre varietà: la gialla (o ‘Sulfarina’) che è la più diffusa, la bianca (o ‘Muscaredda’) e la rossa (o ‘Sanguigna’) le cui denominazioni derivano, ovviamente, dal colore del loro frutto. La maturazione dei frutti avviene solitamente in estate (agostani), ma si possono ottenere frutti  tardivi più grossi e succulenti (bastardoni) mediante la “scozzolatura” una tecnica consistente nell’eliminazione dei fiori della prima fioritura (in maggio-giugno) che consente una seconda fioritura, più abbondante e  con una maturazione più ritardata. Il Ficodindia, da secoli, ha rappresentato una notevole risorsa alimentare per l’uomo e per il bestiame. I frutti, succosi, gustosi e dissetanti, sono dotati di attività antiossidante ed antiulcerosa. Il loro valore nutritivo, dovuto soprattutto al contenuto di zuccheri (18-20%), protidi (4-6%), importanti sali minerali (Ca, K, P, Mg, Fe), vitamine (C, gruppo B, A) e fibre (7,2%), giustifica l’appellativo popolare di: “pane provvidenziale delle regioni aride” ed invita a non sottovalutarli. Che fossero ricchi di acido ascorbico, di polifenoli e flavonoidi era stato già dimostrato dai Ricercatori dell’Università di Messina (2003). Studi recenti dell’Università di Palermo confermano quanto sopra e dimostrano che il consumo di fichidindia riduce il danno ossidativo dei lipidi e migliora lo “stato antiossidante” nelle persone sottoposte al trattamento. È dimostrato, inoltre, che favorisce la diuresi, apporta minerali e vitamine e aiuta le funzioni digestive. I frutti, nei diversi continenti, vengono normalmente consumati freschi ma anche utilizzati per la produzione di numerosi prodotti dolciari come marmellate, sciroppi, gelato e gelatine nonché bevande alcoliche e non. Essiccati vengono usati per preparare conserve e marmellate nonché mostaccioli e mostarda. Uno dei prodotti tipici dell’America Latina è il queso de tuna, che si ottiene per trasformazione dei frutti. Il consumo dei frutti allo stato fresco, che è molto diffuso anche nelle nostre località, è attualmente favorito ed incrementato, non solo per le lavorazioni post-raccolta, tendenti all’eliminazione dei glochidi (spine), tramite apposite spazzolatrici, ma anche per le elaborate tecnologie di frigo-conservazione e i moderni e veloci mezzi di trasporto (treni e aerei). I diversi usi della pianta sono legati, normalmente, alla tradizione sia nei luoghi d’origine sia nelle nuove aree. La varietà d’impiego, spesso, è riferibile alla gastronomia etnica dei diversi Paesi o Regioni in cui il Ficodindia ha rivestito principalmente il ruolo di fonte alimentare sostitutiva di alimenti più ricchi. O. ficus-indica, nel Messico, è per importanza la quinta specie vegetale da cui si producono verdure (nopalitos) tramite la raccolta di giovani cladodi della lunghezza 10-15 cm. I nopalitos ottenuti da diverse specie di Opuntia, che mostrano una notevole ripresa vegetativa e attitudine alla forzatura in tunnel, vengono consumati freschi o cucinati in oltre trecento diverse modalità di preparazione e conservati sottolio o sottaceto. Dai cladodi più adulti si ottengono, per il loro contenuto in fibre, farine particolarmente ricercate per la preparazione di biscotti e composti industriali dietetici ma, vengono anche utilizzati per la preparazione di marmellate e canditi. Riguardo l’uso dell’epidermide dei frutti (buccia) e dei semi (prodotti secondari) sono state messe a punto tecnologie per l’ottenimento, rispettivamente, di canditi e di oli. L’olio estratto dai semi, presenti nei frutti, è ricco di acido oleico e linoleico. Inoltre, come accennato, il Ficodindia permette la presenza e l’alimentazione del bestiame nonché l’insediamento dell’uomo in aree estremamente aride o marginali. Infatti, i cladodi, delle specie inermi e spinose, sono particolarmente appetiti dagli animali poligastrici (bovini e ovini) e possono essere anche insilati insieme al materiale di potatura ottenuto dagli impianti destinati alla produzione frutticola. Il  Ficodindia, in Brasile, Cile, Texas e Africa, costituisce una quota importante nella razione alimentare animale, consentendo notevoli economie nei costi. Nella tradizione europea il frutto di O. ficus-indica veniva utilizzato frequentemente per l’alimentazione di animali monogastrici (suini). Un altro importante aspetto dell’utilizzo del Ficodindia, che consente la sopravvivenza di interi villaggi dell’America centrale e meridionale, è rappresentata dall’allevamento di cocciniglia (Dactylopius coccus) su alcune specie come O. coccinellifera e O. ficus-indica. Tale allevamento, possibile solo in aree con limitata piovosità e con temperature costanti, consente elevate produzioni di acido carminico, che raggiungono persino i 75 kg, ottenibili da 4 raccolte di insetti l’anno, allevati su 20.000 piante/ha. Questo acido, un pregiato colorante naturale, trova nei vari continenti un’ampia utilizzazione, soprattutto, nella cosmesi, nell’industria tessile e nell’agro-alimentare. 

A – Particolari della bellezza e dei colori riguardanti il fiore e il frutto di Opuntia ficus-indica;

B – La Sicilia, vista dalla Calabria con dei Ficodindia (‘simbolo’ della Regione) in primo piano. È . spettacolare ammirare il verde intenso, spruzzato da mille sfumature di rosso, giallo e arancio …..dei frutti, che si fonde armoniosamente con il cielo azzurro delle calde giornate estive siciliane;

C – Il Ficodindia rappresentato nello stemma del Messico, terra di origine di tale Cactaceae;

D – Frutti di Ficodindia bianchi, gialli e rossi relativi alle tre varietà coltivate più diffuse in Italia;

E – Frutti di Opuntia ficus-indica presenti sul margine della corona del cladodio (pala) della pianta.


O. ficus-indica è utilizzato dall’industria, nelle sue diverse parti, per l’estrazione delle mucillaggini, dotate di resistenza alle alte temperature, delle pectine e per la produzione di biogas e concimi organici. Dal settore farmaceutico, che ha rivolto la sua attenzione ai fiori e ai frutti, per la produzione di creme, saponi, shampoo, lozioni astringenti per il corpo e rossetti. Riguardo le proprietà medicinali, la pianta è utile per la cura delle affezioni infiammatorie, del diabete e dell’obesità. La polpa dei cladodi, infatti, grazie alla frazione polisaccaridica presente, ha la capacità di legare i grassi e gli zuccheri ingeriti che, resi non assorbibili, vengono eliminati tal quali, con risvolti positivi sul metabolismo glico-lipidico e nella sindrome metabolica. La vitamina B3, inoltre, potenzia l’azione ipoglicemizzante impedendo la trasformazione del glucosio ematico in colesterolo e favorendo la trasformazione del colesterolo LDL (dannoso) in HDL (buono), così da ridurre la colesterolemia e, di conseguenza, il rischio cardiovascolare. Le mucillagini sono in grado di controllare l’eccessiva acidità gastrica e di regolarizzare il transito intestinale. Tra i vecchi e vari rimedi della tradizione siciliana risultano menzionati: a) l’utilizzo di giovani cladodi riscaldati al forno come emollienti; b) l’applicazione diretta di ‘polpa’ di cladodi, su ferite, piaghe ed ulcere cutanee, come rimedio antiflogistico e cicatrizzante; c) il decotto di fiori con proprietà diuretiche. Pianta arido-resistente, poco esigente e adattabile a tutti i terreni O. ficus-indica è diffuso qua e là nelle nostre zone, ai margini dei campi, nei giardini e negli orti famigliari assolati ed è coltivato in Italia, soprattutto, in Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. Il 70% circa delle coltivazioni è concentrato nell’area di San Cono (Catania), Belpasso (pendici dell’Etna), Valle del Belice e nell’Agrigentano. Metà della produzione nazionale proviene da S. Cono i cui frutti sono noti per le pregiate qualità morfologiche ed organolettiche. La coltura specializzata, che negli ultimi anni ha trovato interesse anche nell’entroterra del Palermitano, si estende su una superficie di 100 ha circa. In ambito agronomico, il Ficodindia, è spesso utilizzato come frangivento, per la difesa del suolo e per la produzione di compost ma anche come demarcazione di confini tra i fondi, per creare siepi invalicabili e per scopi ornamentali. Le Opuntie, infatti, costituiscono le essenze più rappresentative, nella realizzazione di giardini di tipo mediterraneo, con le svariate forme di cladodi  e le sgargianti fioriture, con il pregio di richiedere bassi consumi idrici e ridotte cure colturali. In nessuna altra parte del Mediterraneo, il Ficodindia, si è diffuso come in Sicilia e Malta dove, oltre a rappresentare un elemento costante nel paesaggio naturale, è divenuto anche un elemento ricorrente nelle iconografiche, fino a diventare in un certo qual modo il simbolo, e nelle  rappresentazioni letterarie: <<… erano di pietra celeste, tutti fichidindia, e quando si incontrava anima viva era un ragazzo che andava e tornava, lungo la linea, per cogliere i frutti coronati di spine che crescevano, corallo, sulla pietra … >> ( Elio Vittoriani, da Conversazione in Sicilia).

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

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