sabato 31 ottobre 2020

CACCIA: LEGGI E BALISTICA VENATORIA

Questo mese accenniamo un importante tema relativo alla Balistica: i “residui di sparo”. Lo “stub” è un metodo per rilevare la presenza di nitrati, possibili residui di uso di polvere da sparo, sulle mani o sui vestiti di un sospettato. Si presenta come un grosso stick di colla, che viene passato sulle parti da ispezionare e poi sigillato; è monouso e dopo il rilievo viene inviato al laboratorio per l'analisi. Va precisato che lo “stub”, come a suo tempo il cosiddetto "guanto di paraffina", del quale è solo un pronipote più sofisticato, rileva eventuali tracce di nitrati, ma questo non vuole dire, in senso assoluto, che in caso di positività il sospettato debba aver per forza sparato. La tecnica di uso frequente per la rilevazione dei residui da sparo (Gun Shot Residue) è il metodo “SEM-EDX”, ossia della micro-scopia elettronica abbinata alla microanalisi a dispersione di raggi X. La parte che interessa le problematiche processuali oggetto di questo contributo riguarda la procedura iniziale di prelievo dei residui da sparo a mezzo di uno speciale tampone adesivo detto STUB (o tampone a freddo), costituito da un cilindro chiuso da due tappi (uno per la mano destra e l’altro per la sinistra) sui quali sono inseriti due porta-campione in alluminio ricoperti da uno speciale nastro adesivo. Il prelievo delle particelle si effettua premendo ripetutamente il tampone nelle zone delle mani maggiormente esposte al deposito dei residui da sparo - dette “zone elettive” - quali la superficie dorsale dell’indice e del pollice. L’analisi successiva, tendente a rilevare la presenza dei residui da sparo, comprende l’osservazione al microscopio elettronico a scansione (SEM) e l’analisi con microsonda a raggi X (EDX). Successivamente all’esplosione di un colpo di arma da fuoco si realizza intorno all’arma stessa una nube costituita dai gas di propulsione, accompagnata sia dai residui combusti che non combusti delle cariche di lancio, nonché da altri residui di Bario, Antimonio e Piombo; sostanze comunque altamente volatili che, con ogni probabilità, sono capaci di disperdersi e scomparire già dopo il primo lavaggio, specie se eseguito con sostanze detergenti. Sperimentazioni approfondite hanno invariabilmente dimostrato la generalmente bassissima persistenza temporale sulle mani dei residui di sparo. A questo proposito rimandiamo alla pubblicazione SEM/MPA FIREARMS DISCHARGES RESIDUES - VOL. I, edita nel 1980 dal Metropolitan Police Forensic Science Laboratory di Londra (Scotland Yard), dove a pag. 12 si legge: "FIREARMS DISCHARGES RESIDUES…omissis…", ovvero “RESIDUI DI SPARO DI ARMI DA FUOCO”. I residui di sparo possono essere individuati sui prelievi effettuati sulle mani di chi ha sparato; anche se risulta improbabile che vengano individuati quando i prelievi vengono effettuati dopo due ore dallo sparo, eccettuato nei casi di suicidio. Residui di sparo possono anche essere ritrovati sulle aree frontali del viso e della testa (il numero dei tamponi necessari per saggiare le aree importanti è contenuto nel FDR kit). La quantità di residui depositati varia in funzione del tipo di arma sparata. La ricerca sulle mani viene eseguita solo se il prelievo avviene nella certa immediatezza dello sparo. Nel lavoro di J.S. Wallace - uno dei "padri" riconosciuti di questa tecnica di ricerca e individuazione dei residui di sparo - e di J. McQuillan - Discharge Residues from Cartridgeoperated Industrial Tools in: Journal of Forensic Science Society 1984, si può leggere “Statistiche ottenute dalle indagini svolte mostrano che il 98% di tutti gli indiziati sulle cui mani sono stati trovati residui di sparo erano stati fermati (e sottoposti a prelievo) entro due ore dall'episodio delittuoso. Come conseguenza non sottoponiamo più a ricerca i prelievi che sono stati eseguiti ad oltre due ore dallo sparo".

Scritto da Renato Bologna ed Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

Nessun commento:

Posta un commento