sabato 31 ottobre 2020

TAMPONI E INFORMAZIONI ODISSEA 2020

Le persone che devono oggi sottoporsi al tampone si recano al drive in di notte dormendo in macchina per poter essere poi i primi del giorno dopo, questa non è fantascienza ma quello che sta avvenendo in molti drive in della provincia di latina e non solo. Chi risulta essere stato a contatto con un positivo, o risulta essere familiare convivente deve rassegnarsi a fare ore ed ore di coda ai drive in, attendere giorni per avere il risultato, restare in balia del nulla poiché i centralini telefonici delle ASL sono in tilt e nessuno risponde, dimenarsi tra informazioni non sempre chiare, modalità e regole che cambiano con disorientante frequenza. 

Il sistema sanitario e burocratico (anzi, i sistemi, visto che ogni Regione ma anche ogni ASL fa a modo suo) è in sofferenza e sta crollando. Un problema questo emerso con chiarezza nel Lazio, che per prima ha puntato sul sistema dei drive in. Efficiente e sicuro nei mesi di bassa marea, ora che l’onda si ingrossa sembra segnare il passo: troppe macchine, troppe ore di coda, anche sei o sette, e tempi di attesa per avere il risultato che arrivano anche a 5 o 6 giorni, troppi per garantire un efficace contenimento. 

Per sgravare il sistema dall’enorme mole di tamponi da processare da pochi giorni la Regione ha aperto anche ai laboratori privati accreditati, a tariffa concordata (22 euro), ma vista la domanda in aumento anche nel privato sta collassando tutto. Se si prova a contattare uno di questi laboratori privati si scoprirà che al telefono non risponde quasi mai nessuno e prenotare un tampone diventa un’impresa. Così ci si reca personalmente presso il Centro Analisi Privato e a quel punto si scopre che lo stesso ha finito i tamponi, non ha i reagenti e si deve aspettare che arrivi il kit presso il laboratorio per poter eseguire la prenotazione. E nel frattempo passano giorni, e settimane magari senza sapere cosa fare. Qualora poi questo tampone risultasse positivo la maggior parte delle persone inizia a sentirsi a disagio perché avverte attorno sentimenti contrastanti, negativi sentendosi sempre più isolato. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha parlato di un pericolo di stigma sociale per i casi sospetti di Covid-19. Il rischio, secondo l’OMS è che il pregiudizio sulla malattia e i timori facciano sì che “le persone per paura nascondano i sintomi per non essere viste come untori” mentre “una diagnosi precoce farebbe calare il rischio di complicazioni”. E così si sta insinuando tra noi l’ombra del  pregiudizio di chi giudica gli altri pericolosi e incompetenti e in tutto questo, purtroppo, il linguaggio dei media e la comunicazione contribuiscono a diffondere questi pregiudizi. Ognuno di noi vive un grande disagio nei confronti dell’altro, disagio che rischia di sfociare in discriminazione nei confronti dell’eventuale positivo di turno. Ma non è così. I positivi covid non sono degli untori, potrebbe capitare ad ognuno di noi di risultare positivo al virus, ma questo non dovrebbe farci sentire come degli appestati. 

C’è bisogno in questi tempi di collaborazione e cooperazione e non di discriminazione. Ovvero c’è bisogno che ognuno di noi collabori nel miglior modo possibile ovvero rispettando le regole che vengono imposte da chi in questi tempi si trova a gestire un’emergenza sanitaria, ma soprattutto c’è bisogno di collaborazione e cooperazione, cercando di aiutare magari chi è costretto a stare in quarantena offrendo sostegno morale e non discriminatorio. Chi scrive è già passata per la giungla dei drive in e per la quarantena preventiva ma proprio perché ci sono passata so cosa significa restare chiusi in casa senza possibilità di contatti esterni. Il mio atteggiamento è stato però di apertura, comunicando a tutte le persone che avevo visto incontrato nei pochi giorni precedenti dall’esposizione al virus che forse potevo essere positiva anche io. Mi sono sentita in obbligo di parlarne a tutti, ancor prima di aver avuto la risposta del tampone, risultato poi essere negativo, per poter consentire ai miei contatti di proteggere se stessi e gli altri adottando delle cautele ancora maggiori. 

Ognuno di noi ha un approccio diverso nei confronti di questa emergenza, ci sono i rigorosi, i negazionisti, gli scettici, ma io penso, che nel dubbio, considerato che ci sono in giro immunodepressi, persone cardiopatiche, persone con varie patologie, nel loro rispetto, nel dubbio, dovremmo cercare di avere dei comportamenti responsabili, perché, quand’anche fosse una “banale influenza” a dire di molti, ci sono persone che non possono permettersi neanche quella perché andrebbe a rendere difficile la loro già precaria condizione di salute. E allora, cerchiamo di indossare la mascherina di evitare assembramenti e di stare vicino come comunità a tutte quelle persone che oggi si trovano a dover affrontare la quarantena, perché ci sono intere famiglie isolate che potrebbero avere bisogno di qualunque cosa anche solo di fare la spesa. Ci sono tanti modi per stare vicino a chi è in difficoltà, questo è un momento epocale, che riguarda ognuno di noi, perché “uno vale uno”. Non c’è bisogno dell’occhio del giudizio bensì di una mano tesa ad aiutarci responsabilmente tutti per uscirne al più presto. 

Purtroppo le informazioni che ci arrivano non sono chiare ed univoche, spesso anzi sono contrastanti ma, proprio per questo motivo, dovremmo smettere di combatterci gli uni con gli altri e iniziare a collaborare per uscirne il prima possibile. Si possono o meno condividere le opinioni, siamo in un paese libero e democratico, ma la critica non dovrebbe mai sfociare in razzismo e discriminazione e non dovrebbe mai e poi mai essere finalizzata a far prevalere il proprio punto di vista a scapito degli altri. Possiamo credere o non credere che una mascherina e il distanziamento sociale siano oggi misure necessarie per uscire, ma sempre per quel famoso dubbio, ci sono persone che incontriamo la cui salute (già compromessa per diversi motivi) dipende da noi e avere qualche precauzione in più potrebbe fare la differenza per un cardiopatico, un immunodepresso o un anziano.

Scritto da Alessia Pieri - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

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