sabato 31 ottobre 2020

STORIA DELLA SCUOLA Tanti modi di fare scuola: Montessori incontra Camillo Bortolato e il Reggio Emilia Approach

Cari lettori, dopo lo scorso articolo in cui abbiamo immaginato un colloquio tra Gianni Rodari e Maria Montessori, propongo ora un nuovo incontro tra persone che hanno rivoluzionato la pedagogia, ma soprattutto la didattica: Maria Montessori incontra, ora, Camillo Bertolato e, successivamente, il Reggio Emilia Approach. Maria Montessori e Camillo Bortolato hanno in comune diverse concezioni didattico/pedagogiche. In particolare, l’educazione attiva e il  concreto come base didattica d’apprendimento. Sia per Montessori che per Bortolato risulta di estrema importanza che la didattica che Bortolato chiama metodo analogico (comprensione del concetto a partire dall’oggetto concreto metodo analogico significa, infatti, che basa la comprensione dei concetti astratti sulla loro analogia con il concreto). Bortolato afferma che la montagna del sapere è formata da tre livelli: 1. alla base c’è il mondo delle cose, del concreto; 2. poco più sopra c’è il mondo delle parole; in cima c’è il mondo dei simboli scritti. Bortolato denuncia la posizione degli insegnanti, che si trovano sempre in cima alla montagna, dimenticandosi delle fondamenta: essi vengono invitati a scendere dalla cima astratta della montagna, per tornare al mondo delle cose, del concreto; è opportuno basarsi sulla comprensione attiva ed autonoma dei bambini dell’oggetto stesso tramite strumenti sensoriali concreti (molti sono stati creati da Montessori). Scarsissima centralità deve assumere astrattezza teorica e l’utilizzo delle parole, limitate il più possibile. Importante strumento è la mano, inteso come importante organo dell’intelligenza, in quanto, attraverso di essa si fa conoscenza dell’ambiente. Ed è proprio attraverso la conoscenza di tale ambiente che si può formare l’intelligenza, la quale poggia dalla comprensione concreta delle cose, dalla quale non può prescindere.  Non a caso, Bortolato realizzerà la Linea del 20, metodo che sviluppa il calcolo mentale simulando il funzionamento delle mani. Altri importanti strumenti sono quelli autocorrettivi.  Tutto ciò risulta assolutamente consustanziato da ovvie ragioni psicologiche, che vedono in tale comportamento il metodo di apprendimento più naturale e fisiologico, in quanto l’intelligenza astratta si basa su conoscenze concrete. Non a caso, ciò comporta il duplice risultato di una didattica più veloce («al volo» dice Bortolato) e più efficace.  Esempio di tale metodo è il il calcolo concreto. L’importanza dell’ordine mentale nell’apprendimento viene così descritta dallo stesso Bertolato: «I bambini che hanno successo a scuola hanno il principio della posizionalità esteso a tutto quello che dicono e pensano. Perciò mettono le informazioni, cioè i file, in cartelle e poi per non perderle costruiscono armadi e stanze e case piene di cartelle. Come una città in crescita aggiungono case ed altre case, collocando ognuna in un luogo preciso. Così, al bisogno, potranno ritrovarle». Maria Montessori ed il Reggio Emilia Approach hanno molto in comune. Prima di iniziare l’analisi, occorre ricordare che il Reggio Emilia Approach è una filosofia educativa elaborata da Loris Malaguzzi che, nel 1963, ha visto la creazione di numerosi asili comunali (sia nidi, che materne), grazie all’aiuto del Comune di Reggio Emilia. Per garantire la promozione del Reggio Emilia Approach a livello nazionale ed internazionale è sorto nel 1994 per volontà del Comune di Reggio Emilia il Reggio Children, una società pubblico-privata che ha sede al Centro Internazionale Loris Malaguzzi. Il più importante punto in comune tra questi due poli didatti è la costruzione di una educazione attiva, basata sull’osservazione dei bisogni del bambino. Osservare i bisogni del bambino è possibile solo se si costruisce un ambiente in grado permettere ai piccoli di esprimersi. Dice la Montessori: «Il metodo di osservazione è stabilito su una sola base: cioè che i bambini possano liberamente esprimersi e così rivelarci bisogni e attitudini che rimangono nascosti o repressi quando non esista un ambiente adatto per permettere la loro attività spontanea». L’ambiente, poi, verrà a sua volta modificato dai bisogni stessi dei bambini, che permetterà ad essi di esprimersi con maggiore spontaneità, in un perenne circolo virtuoso. Direttamente colle-gato a tali temi è il rispetto per la pluralità dei linguaggi con cui essi si esprimono e, dunque, comunicano i propri bisogni. Per pluralità di linguaggi si intende: pluralità di linguaggi comunicativi personali e pluralità di codici linguistici Impor-tante, dunque, risulta in tale aspetto l’impegno democratico. Esempio di tale rispetto è la poesia di Loris Malaguzzi Invece il cento c’è (con richiami rodariani alla pluralità di espressione). “Il bambino è fatto di cento. Il bambino ha cento lingue cento mani cento pensieri cento modi di pensare di giocare e di parlare cento sempre cento modi di ascoltare di stupire di amare cento allegrie per cantare e capire cento mondi da scoprire cento mondi da inventare cento mondi da sognare. Il bambino ha cento lingue (e poi cento cento cento) ma gliene rubano novantanove. Gli dicono: di pensare senza mani di fare senza testa di ascoltare e di non parlare di capire senza allegrie di amare e di stupirsi solo a Pasqua e a Natale. Gli dicono: di scoprire il mondo che già c’è e dicentogliene rubano novantanove. Gli dicono: che il gioco e il lavoro la realtà e la fantasia la scienza e l’immaginazione il cielo e la terra la ragione e il sogno sono cose che non stanno insieme. Gli dicono insomma che il cento non c’è. Il bambino dice: invece il cento c’è.” Viene proposta un’attività osservativa basata sulla documentazione dell’esperienza educativa e dei comportamenti dei bambini mediante l’utilizzo di un taccuino (un quaderno sul quale maestra annota quello che vede succedere nel quotidiano), una griglia osservativa personale e un diario di classe  (un diario in cui annotare gli eventi più importanti - anche per mezzo di una documentazione fotografica, previa liberatoria dei genitori). Tale diario potrà assumere il formato di un quadernone, di un cartellone oppure quello digitale. Nel caso dei primi due formati, si consiglia l’esposizione della documentazione, così che anche i genitori possano essere partecipi delle attività dei propri figli.

Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato sul numero 7 del 2020 del "Il Corace"

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