sabato 30 maggio 2020

ESSERE GENITORI: L'IMPORTANZA DI ESSERE AFFIDABILI E NON PERFETTI

Una frase di Elbert Hubbard, filosofo e scrittore statunitense, recita così: “Quando i genitori fanno troppo per i figli, va a finire che i figli non faranno abbastanza per loro stessi”. Del resto si sa, ogni genitore vorrebbe sempre dare il massimo ai propri figli, preservandoli da pericoli e malessere di qualsiasi genere. Tale atteggiamento ha anche la funzione di proteggere il genitore da eventuali sensi di colpa che potrebbero insorgere se, davanti alla constatazione di un malessere più o meno transitorio del figlio, potesse sentirsi impotente o inadeguato nel tentativo di risoluzione dello stesso malessere.
Quante volte un genitore può sentirsi sotto pressione o semplicemente inadeguato nel suo ruolo perché gli sembra di non riuscire a fare tutte quelle cose che, invece, sembrano riuscire benissimo agli altri, ai “bravi genitori” cui sembra andare sempre tutto per il verso giusto?
Diciamoci la verità, essere genitori è difficile e troppe volte vengono proposti standard di perfezione, complice la televisione, i social network, che sono falsati, in realtà irraggiungibili, col rischio di aumentare il livello di stress sperimentato dalle mamme e dai papà.
È allora importante ricordare, e ribadire, il principio per il quale i figli non hanno bisogno di genitori perfetti, semmai, di genitori affidabili. L’importante per un genitore non è “non sbagliare mai”, ma essere consapevole di certe dinamiche e delle loro conseguenze, riconoscere i propri errori e riuscire a riparare con i figli.
Tale affermazione legittima quindi anche il diritto del genitore ad essere imperfetto, a perdonare, in alcuni casi, questa sua imperfezione.
Infatti, per quanto si cerchi di seguire certe “linee educative”, nei momenti di stanchezza e stress può essere difficile fare la scelta giusta e si cede naturalmente all’emotività del momento, cadendo nel circuito degli scontri, delle urla e delle punizioni.
Il problema non è certo quelli di perdere qualche volta la pazienza: i genitori non possono, e non devono, fare sempre la cosa giusta al momento giusto. L’errore è normale, sbagliare fa parte dell’esperienza genitoriale di crescita insieme e accanto ai propri figli. Anzi, nell’errore è insita la possibilità della riflessione e dell’emancipazione, perché è proprio dalle situazioni più critiche che può nascere la messa in discussione personale e come figura di riferimento genitoriale.
La messa in discussione certamente passa attraverso l’analisi e l’espressione delle emozioni connesse all’esperienza negativa. Ciò che nuoce infatti alla relazione genitoriale è il timore di riflettere sui propri comportamenti, prendere coscienza anche dell’errore e tenere magari di chiedere scusa per paura di perdere agli occhi del figlio, il proprio ruolo, la propria autorità.
Invece, attivare una comunicazione aperta sulle emozioni che una situazione difficile, critica, ha attivato, ed eventualmente anche il chiedere scusa da parte di un genitore al figlio, significa riuscire a fare l’analisi delle proprie azioni, a rispettare l’altro. Il genitore che riesce ad entrare in contatto con le proprie emozioni, attua comportamenti che hanno una forte valenza educativa: il figlio attraverso l’esempio del genitore apprende che non solo è normale, ma anche sano confrontare e comunicare autenticamente i propri stati d’animo all’altro all’interno di una relazione significativa, proprio come quella familiare. Ciò comporta un’implementazione del senso di fiducia reciproca e soprattutto, da parte del figlio, la percezione dell’affidabilità del genitore, che rafforza ancora di più la sua funzione di punto di riferimento.

Scritto da Francesca De Rinaldis - Pubblicato sul numero 4 del 2020 del "Il Corace"

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