Maestri e Professori: gli anni che precedono la Riforma Gentile
Cari
lettori, ci eravamo lasciati nell’ultimo articolo con delle
considerazioni da fare relative alla situazione di Maestri e
Professori tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Oltre
a dare una panoramica su quanto detto, introdurremo il quadro storico
e sociale in cui sarà protagonista una delle Riforme più importanti
nel panorama della scuola italiana: la Riforma Gentile.
Nella
scuola secondaria moltissimi professori erano privi del titolo di
studio previsto dalla legge Casati. Con la diffusione della
scolarizzazione, l’insegnante venne rivalutato poiché fino ad
allora l’insegnamento non era considerato un vero lavoro. Molte
ragioni spingevano a credere che l’insegnamento fosse più adatto
alle donne che agli uomini. Per le classi dirigenti le donne
insegnanti erano maggiormente convenienti poiché erano più disposte
ad accettare le sedi più scomode, non si intendevano di politica,
avevano uno stipendio più basso, conducevano una vita moralmente
“sana” rispetto agli uomini, si sottomettevano più facilmente
alle decisioni dei superiori. Quella dell’insegnante comunque era
considerata una situazione vantaggiosa: le ragazze che divenivano
maestre difficilmente avrebbero potuto aspirare a lavorare senza
questa occasione (provenendo da strati sociali umili). Inoltre, fare
la maestra significava imparare a leggere e scrivere (attività dalle
quali le donne erano sempre state escluse). Vi erano diverse
caratteristiche che differenziavano i maestri dai professori: il
professore, insegnando nei ginnasi e nei licei, era il rappresentante
di quei gruppi sociali aristocratici che avviavano i figli
all’istruzione classica (aveva prestigio). Egli sentiva depositario
di un sapere alto. Gli alunni del maestro di scuola elementare
provenivano soprattutto dai ceti popolari, perché l’aristocrazia
curava in famiglia la prima istruzione dei figli. Fra gli ultimi
decenni dell’800 e i primi del 900 i maestri si stavano
organizzando in associazioni a carattere professionale e sindacale e
rivendicavano i propri diritti: il maestro elementare acquisisce
importanza anche se non ha ancora lo stesso valore del professore di
liceo. A seguito di una petizione firmata da più di diecimila
maestri (lanciata dal “Corriere delle Maestre” nei primi mesi del
1900) nel 1901 nacque l’Unione
Magistrale Nazionale,
come simbolo del processo di affermazione dell’identità nazionale
del maestro italiano, cui il primo presidente fu Luigi Credaro.
L’iniziativa dell’UMN portò nel 1903: a) all’approvazione della legge Nasi, che diede ai maestri stabilità d’impiego; b) all’approvazione della riforma del Monte pensioni e del Testo Unico (che raccoglieva le indicazioni riguardanti le retribuzioni di maestri e direttori didattici). L’UMN acquisì atteggiamenti anticlericali schierandosi per l’avocazione della scuola elementare allo Stato: ciò portò i maestri cattolici a fondare una propria associazione intitolata a Niccolò Tommaseo. L’UMN e la Tommaseo entrarono in competizione dato che quest’ultima era contraria all’avocazione della scuola elementare allo Stato. Nel 1911 si ottenne l’avocazione della scuola elementare allo Stato. Anche gli insegnanti della scuola secondaria a partire al 1901 ebbero una propria associazione: la FNISM. Tutte queste associazioni riuscirono a dar voce agli insegnanti. Il dopoguerra è caratterizzato da uno scontro sociale fra il movimento operaio e contadino e le organizzazioni padronali. Giolitti tornò a presiedere un breve governo dal 1920 al 1921 mentre si verificava la rivolta operaia (Biennio Rosso). Nel 1920 gli operai organizzarono i primi grandi scioperi e vennero occupate 170 fabbriche: essi chiedevano il rinnovo dei contratti e condizioni di lavoro umane. Scioperarono anche circa un milione di contadini, che erano organizzati in leghe bianche e leghe rosse; la loro protesta consisteva nel raccogliere i frutti della terra solo per loro stessi. Questo impegno politico da parte dei contadini è supportato dai politici di sinistra ma non da quelli di destra: essi vedevano come un pericolo questa politicizzazione, questo scontento, questo rivendicare i propri diritti. Nel 1921 nasceva il Partito comunista e si scatenava la reazione fascista. Mussolini si inserisce in questo contesto facendo leva sullo scontento e sulla paura delle classi borghesi dominanti: egli organizza le squadre d’azione, reclutando ex galeotti (o anche rappresentanti della borghesia), per picchiare e massacrare i rappresentanti di movimenti operai e contadini. Alle elezioni del 1919 il Partito fascista aveva ottenuto pochi voti mentre avevano vinto i partiti di sinistra: il Partito socialista e il Partito popolare (fondato da Don Sturzo) - ciò porterà difficoltà ai diversi gruppi dirigenti liberali che erano stati alla guida del paese fino ad allora. Mussolini rispose a questa sconfitta organizzando nel 1922 la marcia su Roma: fu così che il re gli diede l’incarico di formare il governo. Mussolini era un accentratore e per questo eliminò gli enti periferici non controllati dallo Stato. Il Partito fascista si presentava come una formazione politica spinta da ideali nazionalisti, repubblicani, dannunziani e fiumani. Si opponevano al Parlamento, allo Stato liberale, a Giolitti, al socialismo, al movimento operaio e all’idea di democrazia. Mussolini deve guadagnarsi il consenso di vasta parte della popolazione: aveva dalla sua la classe dominante (che temeva i movimenti di sinistra e i contadini) ma non aveva l’appoggio degli intellettuali; decise di reclutare Giovanni Gentile (grande filosofo ed esponente del neorealismo italiano) il quale nel 1923 fece una riforma classista autoritaria e gerarchica.
L’iniziativa dell’UMN portò nel 1903: a) all’approvazione della legge Nasi, che diede ai maestri stabilità d’impiego; b) all’approvazione della riforma del Monte pensioni e del Testo Unico (che raccoglieva le indicazioni riguardanti le retribuzioni di maestri e direttori didattici). L’UMN acquisì atteggiamenti anticlericali schierandosi per l’avocazione della scuola elementare allo Stato: ciò portò i maestri cattolici a fondare una propria associazione intitolata a Niccolò Tommaseo. L’UMN e la Tommaseo entrarono in competizione dato che quest’ultima era contraria all’avocazione della scuola elementare allo Stato. Nel 1911 si ottenne l’avocazione della scuola elementare allo Stato. Anche gli insegnanti della scuola secondaria a partire al 1901 ebbero una propria associazione: la FNISM. Tutte queste associazioni riuscirono a dar voce agli insegnanti. Il dopoguerra è caratterizzato da uno scontro sociale fra il movimento operaio e contadino e le organizzazioni padronali. Giolitti tornò a presiedere un breve governo dal 1920 al 1921 mentre si verificava la rivolta operaia (Biennio Rosso). Nel 1920 gli operai organizzarono i primi grandi scioperi e vennero occupate 170 fabbriche: essi chiedevano il rinnovo dei contratti e condizioni di lavoro umane. Scioperarono anche circa un milione di contadini, che erano organizzati in leghe bianche e leghe rosse; la loro protesta consisteva nel raccogliere i frutti della terra solo per loro stessi. Questo impegno politico da parte dei contadini è supportato dai politici di sinistra ma non da quelli di destra: essi vedevano come un pericolo questa politicizzazione, questo scontento, questo rivendicare i propri diritti. Nel 1921 nasceva il Partito comunista e si scatenava la reazione fascista. Mussolini si inserisce in questo contesto facendo leva sullo scontento e sulla paura delle classi borghesi dominanti: egli organizza le squadre d’azione, reclutando ex galeotti (o anche rappresentanti della borghesia), per picchiare e massacrare i rappresentanti di movimenti operai e contadini. Alle elezioni del 1919 il Partito fascista aveva ottenuto pochi voti mentre avevano vinto i partiti di sinistra: il Partito socialista e il Partito popolare (fondato da Don Sturzo) - ciò porterà difficoltà ai diversi gruppi dirigenti liberali che erano stati alla guida del paese fino ad allora. Mussolini rispose a questa sconfitta organizzando nel 1922 la marcia su Roma: fu così che il re gli diede l’incarico di formare il governo. Mussolini era un accentratore e per questo eliminò gli enti periferici non controllati dallo Stato. Il Partito fascista si presentava come una formazione politica spinta da ideali nazionalisti, repubblicani, dannunziani e fiumani. Si opponevano al Parlamento, allo Stato liberale, a Giolitti, al socialismo, al movimento operaio e all’idea di democrazia. Mussolini deve guadagnarsi il consenso di vasta parte della popolazione: aveva dalla sua la classe dominante (che temeva i movimenti di sinistra e i contadini) ma non aveva l’appoggio degli intellettuali; decise di reclutare Giovanni Gentile (grande filosofo ed esponente del neorealismo italiano) il quale nel 1923 fece una riforma classista autoritaria e gerarchica.
-
classista: ad ogni classe sociale la sua scuola;
-
gerarchica: una formazione culturale diversa a seconda della classe
sociale di appartenenza.
-
autoritaria: da un grande potere di controllo ai presidi sui docenti
per punire ogni comportamento contro il regime.
Si
tratta di un’opera ben articolata con la quale il governo Mussolini
cerca di cogliere più risultati:
1. portare
alla collaborazione tra il governo e gli intellettuali, capaci di
incidere negli ambienti della scuola e nel mondo della cultura;
2. assicurarsi
il favore degli insegnanti;
3. proseguire
l’opera di avvicinamento tra Stato e Chiesa (la legge prevedeva
l’obbligo dell’insegnamento della religione cattolica alle scuole
elementari e venne istituito l’esame di stato).
Nel
prossimo articolo cercheremo di fare una sintesi sulla struttura e
gli obiettivi della Riforma Gentile.
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