mercoledì 30 settembre 2020

Il nuovo numero del giornale di Settembre 2020

PATRIZIA CLAPS: LO SGUARDO DI UNA DONNA SULLO SGUARDO DELLE DONNE

La donna tra oppressione e prigionia di stereotipi, volontà di liberazione, ricerca di nuovi spazi per affermare la propria femminilità ed il proprio erotismo; porte che si spalancano su orizzonti onirici e surreali, in una ricerca e sperimentazione pittorica vissuta e paziente, dove "L'altra metà del cielo" è tratteggiata con delicata, determinata sensualità. 



Ma anche sfaccettature che evocano tentazioni "cubiste", segmentazioni di un corpo inteso non solo nel suo spessore "materiale", ma anche come "logos", alla ricerca e rivendicazione di una propria unicità: il riconoscimento del corpo come persona. Sguardi lunatici, che esaltati dalla frammentazione, scrutano un cosmo buio eppure intrigante alle cui incognite gli occhi della donna non si sottraggono ma sembrano dominare. Interrogare. Scrutare. Ed anche un omaggio al Liberty, apoteosi di quella fascinazione, di inizio secolo che caratterizzava all'epoca il "Gentil sesso". Queste, in estrema sintesi, le tematiche della Mostra di Pittura dell'artista di Latina, Patrizia Claps (solo alcune tele di testimonianza), intitolata "Cecilia e le altre" (titolo ispirato alla figura materna), allestita nel locale “24.000 baci” nel corso di una serata di beneficenza patrocinata dalla Fenac, l'importante Federazione presieduta da Alberto Spelda. 



L'esposizione, molto apprezzata dai numerosi presenti (anche se i tempi tecnici non hanno consentito un'adeguata presentazione da parte dell'autrice), può considerarsi solo un'anteprima di un progetto più ampio che sta già prendendo forma e che sarà definitivo ad ottobre con una mostra che offrirà una chiave di lettura più ampia della ricerca della Claps. Ciò che ci sembra comunque di poter dire è che ciò che unisce la plurale sperimentazione della pittrice è lo sguardo femminile. Sono gli occhi di una donna sugli occhi di altre donne: quel linguaggio universale di sguardi che le rende complici e ammaliatrici dell'universo. E per questo un linguaggio unico. Alberto Bevilacqua avrebbe detto: "il curioso delle donne".

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"

CACCIA: LEGGI E BALISTICA VENATORIA - settembre 2020

Su “CACCIA & DINTORNI” il giorno 4 Settembre 2020 si legge: “Zone umide passa la linea VERDE: battaglia persa! Zone umide passa la linea VERDE - Ieri a Bruxelles si è consumata la beffa. Al termine di un lungo confronto e della seguente votazione sono state approvate le restrizioni all’uso del piombo nelle zone umide. Zone Umide - La questione sulle zone umide è ormai una battaglia persa, alla fine in Europa ha prevalso la linea “verde”, che non ha tenuto in nessuna considerazione le indicazioni di chi sosteneva che l’utilizzo dei pallini d’acciaio fosse molto più dannoso. Una battaglia che l’Europarlamentare Pietro Fiocchi stava (...e sta) portando avanti da mesi. Un danno per la caccia, per i cacciatori e per la biodiversità … omissis …”. In tale articolo vengono spiegate le limitazioni nei confronti dei cacciatori, una categoria sempre più bistrattata dall’ignoranza e dall’estremismo sociale. Perché tutta questa intolleranza nei confronti della caccia? Esiste forse una differenza, ad esempio, tra il pescare ed il cacciare? In merito all’articolo in epigrafe bisogna evidenziare alcune criticità. Nell’articolo, infatti, si legge: “La presunzione d’innocenza è un principio cardine di tutto l’ordinamento giuridico europeo, mentre in questo caso la Commissione ha introdotto un principio di presunzione di colpa, vietando il possesso (invece che l’utilizzo) delle munizioni contenenti piombo anche nel caso di esercizio di forme di caccia diverse nel corso della giornata e attraversamento di aree umide nel corso di battute di caccia in zone asciutte … omissis …”. Quindi, il cacciatore, a caccia in una zona umida (così come definita in tale articolo), trovato in possesso di munizioni contenenti piombo, potrebbe essere accusato di praticare attività venatoria con “mezzi non consentiti”. La lettura dell’articolo fa sorgere anche altri interrogativi: in base a quale principio sono state dettate queste ulteriori limitazioni nei confronti dei cacciatori? Forse a causa del saturnismo? Il saturnismo è veramente un problema rilevante tale da indurre ad attivare queste limitazioni? Ricordiamo che il saturnismo (da "Saturno", dio romano associato dagli alchimisti a questo elemento) è una grave malattia dovuta all'esposizione professionale od accidentale al piombo, la cui assimilazione può avvenire per vie cutaneemucose, inalazione o tramite l'apparato digerente (cd. Picacismo). Alcuni materiali con cui vengono realizzati pallini no-toxic sono l’acciaio, il bismuto, il rame ed il tungsteno. Per avere un’idea di massima delle prestazioni balistiche di tali materiali, è opportuno conoscere i concetti di peso specifico (kg/dm3) e durezza dei materiali (nello specifico viene riportata la scala di Mohs per alcuni materiali).


METALLO O LEGA

PESO S. (kg/dm3)

METALLO O LEGA

PESO S. (kg/dm3)

Acciaio comune

7.8 - 7.9

Piombo

11.34

Acciaio inox

7.48 - 8

Rame

8.93

Acciaio laminato

7.85

Tungsteno

19.1

Ferro

7.85



Alcuni metalli e leghe con relativi pesi specifici.



DUREZZA

SOSTANZA O MINERALE

1.5

Piombo

2

Bismuto

3

Rame

4

Ferro

4 - 4.5

Acciaio

7,5 - 8

Tungsteno

Durezza di alcuni materiali secondo la scala di Mohs.


In base alle caratteristiche sopracitate, vi sono materiali indicati per cartucce destinate a tiri su brevi distanze e materiali indicati per cartucce destinate a tiri su lunghe distanze.

Ad esempio, per la caccia alla beccaccia, i materiali no-toxic più idonei sono lo zinco, il ferro/acciaio e il rame. Per questioni di reperibilità, di costi e di facilità di caricamento, tra i materiali appena citati, viene utilizzato maggiormente il ferro/acciaio.


Scritto da Renato Bologna ed Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"


RIPRENDERE GLI ALLENAMENTI

Come riprendere gli allenamenti in palestra dopo il periodo di vacanze? Vediamo in questo articolo due schede che vi aiuteranno a riprendere l’attività fisica in totale sicurezza. Durante il periodo di pausa ognuno ha reagito a modo suo: c’è chi ha interrotto gli allenamenti, c’è chi ha modificato il proprio allenamento con attrezzi e metodologie diverse dal solito, c’è chi ha ridotto volumi e intensità di allenamento. Tutti però hanno in comune una cosa nel momento della ripresa della solita routine: ripartire per gradi. Il mio suggerimento è riprendere le vostre abitudini, ma soprattutto nelle prime settimane seguite la tipologia di allenamento che prende il nome di “riadattamento”. Potete quindi allenarvi con una strategia Full Body in cui prediligere il lavoro con gli esercizi fondamentali ed evitare il cedimento. Di seguito vi riporto due schede che potete mettere in pratica.


Scheda A

Riscaldamento

Panca Piana

Lat Machine avanti

Military Press

Dip alle Parallele

Curl con bilanciere

Squat

Leg Curl

Addome

Stretching



Scheda B

Riscaldamento

Stacchi

Affondi

Addome

Panca inclinata

Rematore con bilanciere

Shoulder Press

Push Down con corda

Curl su panca a 60°

Stretching


NB. Nella prima settimana eseguire 2 serie per esercizio, mentre dalla seconda settimana in poi aggiungere la terza serie. Per farla breve: è importante nelle prime settimane di rientro in palestra, ricondizionare tutto il corpo e non solo i muscoli ma soprattutto articolazioni ed abilità motorie ai movimenti, strumenti, esercizi, che non abbiamo eseguito per un periodo medio lungo aumentando i carichi progressivamente senza provare a tornare nel giro di pochi giorni ai carichi che si facevano in precedenza.

Scritto da Andrea Pistilli – Istruttore FIF e Personal Trainer - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"

CHIUSURA PER SANTA MARIA

Giovedì 24 settembre un triste evento ha scosso gli animi dei parrocchiani di Santa Maria della Pietà, a seguito della accidentale caduta di buona parte dell’intonaco decorativo del tamburo sovrastante l’altare maggiore. 



Nessun ferito, anche se da poco era iniziata la recita del Santo Rosario quando alcuni fedeli poco prima dell’inizio della Messa hanno visto venir giù l’intonaco, seguito da polvere e alcuni calcinacci. Già alcuni anni fa il parroco don Angelo Buonaiuto provvide a far posizionare una rete metallica ben ancorata nel tamburo dell’altare, ed è proprio grazie a quest’ultima che si è evitato il peggio. Per la sicurezza dei fedeli tutti, dopo l’intervento dei Vigili del Fuoco è stato impedito l’accesso ai fedeli. 



Per Santa Maria la Regione Lazio ha previsto già un progetto di rifacimento del tetto della Chiesa, che sarebbe stato da rifarsi dopo l’ultimo conflitto mondiale essendo di epoca seicentesca e in legno, il quale fin da allora presentava tarli al suo interno, ma i Canonici e le autorità del dopo guerra preferirono rifare la pavimentazione (coprendo l’antico pavimento in cotto con le relative tombe!…) ora abbiamo solo da sperare che tale progetto, già finanziato e già approvato, veda concretezza con l’inizio dei lavori di rifacimento. Ricordiamo che all’interno di Santa Maria è presente l’antico candelabro di epoca medioevale, uno dei primissimi monumenti dedicati a Cristo Luce del mondo definito appunto monumentum Resurrectionis, otre a pregiate e rare tele e l’imponente tabernacolo ligneo di epoca barocca e l’antico organo a canne italiano “Gustavo Priori” anch’esso in attesa di restauro. Ci auguriamo che tutto questo patrimonio, sia di fede che di cultura, venga valorizzato nel giusto modo.

Scritto da Don Giovanni Grossi - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace

LA FILLOSSERA DELLA VITE

Famigerato insetto, ricomparso negli ultimi anni in diverse aree, che preoccupa nuovamente il mondo viticolo ed obbliga tutti a vigilare per evitare potenziali sviluppi infausti, come in passato


La vite, pianta millenaria ad ampia diffusione e notevolmente importante per l’Uomo, dal punto di vista storico, botanico, culturale, sociale ed economico è soggetta, come noto a numerose malattie e parassiti (funghi, batteri, virus, fitoplasmi ed insetti) che, con adeguate conoscenze e gli attuali mezzi tecnico-scientifici, si possono fronteggiare per l’ottenimento delle migliori produzioni. Tuttavia, tra questi, un insetto (afide), che rappresentò la “peste” nella metà del 1800 e sconvolse l’intera viticoltura europea, è presente da alcuni anni nella nostra penisola e nel Lazio (potrebbe anche essere rimasto presente da sempre ma poco osservabile a causa delle corrette tecniche di difesa applicate regolarmente), è riconoscibile per i suoi caratteristici sintomi e, ovviamente, rappresenta un serio pericolo ed una nuova preoccupazione. Pertanto, sembra opportuno ed utile riconsiderare tale parassita, anche se già noto come una triste pagina della viticoltura, non solo per meglio conoscerlo ma anche per porlo all’attenzione di ignari viticoltori e per attuare validi mezzi di difesa, evitando diffusione e relativi potenziali danni. Si tratta, comunque, della fillossera (Phylloxera vastatrix), sinonimo di Daktulosphaira vitifoliae, un insetto appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae (Rhynchota Homoptera) ossia un afide parassita delle specie del genere Vitis che attacca le radici delle specie europee (Vitis vinifera) e l’apparato aereo (foglie) di quelle americane (Vitis rupestris, Vitis berlandieri e Vitis riparia). P. vastatrix, peraltro, è un insetto di origine americana che giunse in Europa nella metà dell’altro secolo (1800) laddove si diffuse rapidamente nei vari vigneti. Sembra certo, infatti, che la fillossera sia stata introdotta nel nostro continente con barbatelle di vite e non con talee non radicate (maioli) visto che già nel 1825 erano presenti in Europa varietà americane come la ‘Isabella’ e ‘Labrusca’ ed altre denominate volgarmente uva fragola ossia i diversi altri ibridi produttori diretti. L'introduzione di queste varietà aveva ottenuto particolare fortuna in Francia negli anni 1852-1854 quando, specialmente, le zone del sud erano state colpite da importanti infezioni di oidio (anch'esso di origine Nord Americana), contro cui ancora non si opponeva una lotta chimica a base di zolfo. In quegli anni, avendo notato che molte varietà americane risultavano alquanto resistenti o del tutto immuni alla malattia, si pensò di importarle per far fronte all'epidemia. In questo modo però, importando le barbatelle di queste viti americane, si importava anche quel micidiale parassita che da lì a poco avrebbe devastato la viticoltura europea e costretto ad un rinnovamento epocale di questa importantissima coltura. Tali introduzioni avvennero quasi contemporaneamente in Francia, nel Regno Unito, in Irlanda ed in Germania ma, data la maggiore presenza di vigneti, fu in Francia che venne rilevata più precocemente l'infestazione. Infatti, dopo 7-8 anni un male ignoto cominciò a minacciare alcuni vigneti ai due lati del basso Rodano: (Portes e Ruyssen - Traité de la vigne). Intorno al 1867 comparivano contemporaneamente, nel Sud-Ovest, due centri di infezione: l'uno a Bordeaux, notoriamente causato da barbatelle venute dall’America, l’altro a Cognac di origine più incerta. Era così “l'inizio della fine”. 




L'attacco della fillossera sulle viti nostrane (Vitis vinifera) fu particolarmente disastroso sull'apparato radicale che a causa delle galle prodotte dalle diverse generazioni radicicole dell’afide (fillossera) marciva gradualmente determinando la distruzione dello stesso in 4 o 5 anni. Tuttavia, quello che rappresentò una devastazione su una così vasta scala derivò dal fatto che di quell’avversità, inizialmente, non si conosceva la biologia e, in particolare, le varie forme intermedie dei suoi stadi di sviluppo. Ci vollero, quindi, più di 5 anni per poter conoscere la biologia completa di tale insetto ed una utile descrizione delle varie generazioni, dato che esso si comportava (e si comporta) in maniera differente sulle diverse specie e varietà della vite. In particolare, mentre sulle specie e varietà americane tale parassita dà origine alle galle sulle foglie, rendendo così palese la sua presenza in un vigneto, in presenza di quelle europee (di V. vinifera) si ha raramente la comparsa delle suddette galle per cui l'infezione appare silente fino a quando le piante non cominciano ad appassire per morire definitivamente. Così dalle prime barbatelle infestate l'insetto si propagò nei vigneti di tutta l’Europa e successivamente, a causa della grande virulenza dell’insetto, anche nelle zone italiane ed oltre, ovvero altresì dove l'ignaro vignaiolo si propose di piantare o di ripiantare la vigna. Così, inizialmente e nel frattempo che si potessero acquisire delle utili conoscenze in merito, si cercò in qualche modo di arginare il disastro! Si tentarono quindi molte strade, dal solfuro di carbonio iniettato nel terreno per poter uccidere le gallicole su radici, alla sommersione dei vigneti per distruggere, tramite asfissia, le stesse gallicole ibernanti (cosa praticabile naturalmente solo nelle zone pianeggianti ed irrigabili) e in ultimo all'insabbiamento delle vigne, dato che si notò che in terreni sabbiosi di particolare origine (marina) la fillossera era molto meno virulenta se non addirittura incapace di svilupparsi. Ma il vero passaggio risolutivo si ebbe quando si comprese che la immunità o resistenza radicale sviluppata da alcune specie americane poteva essere utilizzata per costruire una pianta bimembra, vale a dire con il piede americano e la parte aerea, vegetativa e riproduttiva, europea. Da qui, ovviamente, ebbe inizio la ricerca delle varietà americane più affini all'innesto e di quelle maggiormente tolleranti al calcare a cui la vite europea era molto resistente. Un immenso lavoro, tra l’altro, si compì in quegli anni che videro intere regioni viticole ricostruite con le nuove barbatelle bimembre. La viticoltura conosciuta da tutto il mondo antico, medievale e dell'epoca dei lumi era incredibilmente scomparsa per sempre. Nasceva così la nuova viticoltura. Il danno, comunque, che è determinato dalle punture di questo micidiale afide, si riscontra: a) sulle radici, laddove provoca la formazione di galle nodose (malformazioni od escrescenze) e di tuberosità (protuberanze o rigonfiamenti più o meno voluminosi) di notevoli dimensioni che causano la perdita della capacità assorbente; b) sulle foglie, invece, laddove determina particolari galle tondeggianti e rugose, che erompono verso la pagina inferiore, originando così una superficie nodosa ed irregolare. All'interno di tali galle si completa lo sviluppo degli stadi giovanili dell’afide. Tale danno si differenzia a seconda della specie di vite attaccata o colpita: a) se si tratta di vite americana, il danno radicale è limitato poiché le radici di questa pianta sono poco sensibili e tolleranti alle punture della fillossera, mentre sono molto reattive le foglie che producono una grande quantità di galle; b) se si tratta di vite europea (V. vinifera), il danno è sicuramente più rilevante in quanto le radici di questa specie risultano particolarmente sensibili per cui producono galle vistose se punte dall'insetto. Tali galle, comunque, degenerano e causano una disorganizzazione grave dei tessuti radicali compromettendo la funzione assorbente. Le foglie, invece, tollerano le punture per cui la formazione delle galle risulta poco significativa o assente. Per quanto riguarda il ciclo biologico di tale parassita (afide), essendo un insetto monoico ed eterotopo, si sviluppa interamente sulla vite americana, mentre sulla vite europea compie un anolociclo con sole generazioni radicicole. Pertanto, relativamente al ciclo completo sulla vite americana, possiamo dire che l'afide sverna allo stadio di uovo, sui tralci e sui fusti e in primavera (verso maggio-giugno) nascono le femmine partenogenetiche (FONDATRICI) che pungono le giovani foglie, provocando la formazione delle galle; all'interno di queste si svilupperanno nuove femmine partenogenetiche (da riproduzione verginale o in assenza di fecondazione) che continuano il loro ciclo sulle foglie, producendo nuove galle (gallecole). Da queste galle derivano sempre femmine partenogenetiche e di queste: a) alcune, con il rostro più corto, saranno destinate a continuare le generazioni fogliari (da 6 a 8); b) le altre, con il rostro più lungo, lasciano le foglie e si portano sull'apparato radicale, dove iniziano le generazioni (da 8 a 10) delle RADICICOLE. Queste generazioni si sviluppano contemporaneamente a quelle delle gallecole; ogni generazione di gallecole, successiva alla seconda, origina delle FONDATRIGENIE a rostro lungo che migrano sulle radici. Alla fine dell'estate l'ultima generazione di radicicole origina femmine SESSUPARE alate che migrano verso l'apparato aereo, laddove daranno origine agli ANFIGONICI (elementi maschi ed elementi femmine) i quali si accoppiano e producono l'uovo svernante. Riguardo il ciclo sulla vite europea, possiamo dire invece che tali foglie non formano galle sufficienti per permettere alle fondatrigenie gallecole di completare il loro sviluppo, la fillossera si stabilisce quasi esclusivamente a livello radicale, con anolocicli o paracicli di radicicole. La lotta alla fillossera, ad ogni modo, viene effettuata da anni mediante una pratica di propagazione agamica, vale a dire, come già accennato, mediante l'innesto di vite europea su portainnesto di vite americana. 

A – Galle tondeggianti e rugose causate dall’insetto, noto come fillossera (Phylloxera vastatrix), presenti sulle pagine inferiori delle foglie di alcune piante di vite coltivate in territorio di Cori;

B – Uova dell’afide della fillossera (Phylloxera vastatrix) all’interno delle galle dalle quali si svilupperanno le nuove femmine partenogenetiche (riproduzione in assenza di fecondazione).




Questo metodo di lotta si basa su due presupposti: a) per la caratteristica delle foglie della vite europea di non formare le galle per le fondatrigenie; b) per la caratteristica delle radici della vite americana di essere resistenti alle generazioni di radicicole. Ad ogni modo, come accennato, sembra importante sottolineare che ultimamente viene osservata la comparsa di sintomatologie fogliari (gallecole) riconducibili a P. vastatrix (dovute forse alla comparsa di biotipi più aggressivi e ad infezioni anche laddove il problema era limitato) su alcune varietà di viti europee (Cabernet, Pinot, Merlot, Verduzzo ed altre) in zone viticole del Nord Italia (Veneto e Friuli) e su alcune specie e varietà del centro Italia compreso nel nostro comprensorio a causa, molto probabilmente, anche della presenza, in particolari contesti, di viti a piede franco (senza porta-innesto) e cioè che non sono mai state innestate su radice americana. Si tratta, in generale, di un fenomeno abbastanza complesso da spiegare e sicuramente da ricondurre alla concomitanza di più fattori. Da una parte le mutate condizioni climatiche, estati più lunghe e calde ed inverni meno rigidi, che hanno favorito un aumento degli individui delle diverse popolazioni. Come conseguenza la pressione selettiva, dovuta a sovrappopolazione, è aumentata e ha fatto sì che, come in qualunque processo di selezione, sopravvivessero individui altamente specializzati e adatti alle attuali condizioni ambientali. Anche il cambiamento nella gestione dei vigneti a cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni, ora più rispettoso dell’ambiente, ha favorito un aumento della fauna pedologica. Questo ha sicuramente molti aspetti positivi ma, dove non esistono gli antagonisti naturali, come è per la fillossera, può creare squilibri. Si può dire, pertanto, che la fillossera della vite ricomparsa in maniera sempre più accentuata in diverse aree non può che preoccupare nuovamente il mondo viticolo ed a rischio, peraltro, potrebbe esserci la tolleranza dei portainnesti americani, anche a causa dei cambiamenti climatici. In Francia, infatti, durante il sesto simposio mondiale sulla fillossera della vite, sarebbe stato deciso di riprendere a pieno ritmo le sperimentazioni sui nuovi metodi di lotta. E in Europa, tra le Università più attive in questo ambito, vi è quella di Vienna. “Quando parliamo di fillossera, afferma Astrid Forneck, responsabile del gruppo di ricerca sulla fillossera presso l’Università di Vienna, “nei viticoltori qui in Austria, ad esempio, riscontriamo la generale tendenza a negare che il parassita sia presente o possa costituire ancora un pericolo. Le nostre osservazioni, però, dicono che esso è presente, soprattutto laddove le vigne vengono abbandonate ed i porta-innesti vegetano offrendo alla fillossera nuovi habitat e la possibilità di diffondersi più facilmente anche per via fogliare”. Ad ogni modo, sembra opportuno e doveroso sottolineare che la ricomparsa del suddetto temibile nemico merita una giusta attenzione ed una adeguata vigilanza da parte degli operatori della intera filiera viti-vinicola al fine di evitare danni devastanti non soltanto alla nostra viticoltura. La lotta chimica contro la P. vastatrix, inoltre, si può prendere in considerazione solo per gli impianti di tipo vivaistico, laddove si allevano le piante madri per ottenere i portainnesti americani.

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"


L'AVVOCATO RISPONDE: CANNA FUMARIA

Preg.mo Avvocato, ho acquistato un negozio al piano terra di un edificio con condominio e, volendo aprire una pizzeria, ho chiesto di poter installare una canna fumaria, ma l’amministratore mi ha già anticipato che qualche condomino ha eccepito che si tratta di una violazione del decoro architettonico. Le chiedo se è possibile vietarmi l’installazione della canna fumaria. La ringrazio. Giuseppe M.


Caro Sig. Giuseppe, l’installazione della canna fumaria, così come mi ha indicato, presuppone che la stessa, appoggiandosi sul muro condominiale, raggiunga il tetto dello stabile, proprio al fine di scaricare fumo e gas prodotti dalla Sua attività commerciale. La canna fumaria, di solito realizzata in acciaio inox, serve, infatti, a dirigere tutti i fumi derivanti da una combustione verso l’esterno dello stabile comunale, in modo da non arrecare disagi agli appartamenti degli altri condomini. Ai sensi dell’articolo 1102 Cod. civ., rientrando le pareti del palazzo tra le cosiddette “parti comuni” dello stabile, di proprietà di tutti i condomini, di esse si può fare un libero uso, a condizione, però, che non se ne modifichi la destinazione, non si impedisca il libero uso anche agli altri condomini e non si alteri l’estetica ed il decoro architettonico dell’edificio. In generale, di regola la realizzazione di una canna fumaria rispetta tutte le condizioni imposte dalla legge. Infatti, di norma, le dimensioni della canna fumaria sono molto modeste, non impediscono ulteriori installazioni anche da parte degli altri condomini e non alterano sensibilmente le linee originarie ed il decoro architettonico dello stabile. Pertanto, l’installazione di una canna fumaria in condominio è da considerarsi lecita, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, sempre in relazione alle norme contenute nel regolamento condominiale, anche se sarà comunque necessario comunicare al condominio l’inizio dei lavori. Soltanto un regolamento di condominio approvato all’unanimità (non a semplice maggioranza) potrebbe vietare la realizzazione della canna fumaria. La conferma proviene anche da una recente sentenza del Tribunale di Roma (cfr. n. 5303/2020 del 17/03/2020), con la quale è stata dichiarata nulla la delibera assembleare che vietava l’installazione della canna fumaria sulla facciata condominiale a causa della presunta alterazione del decoro architettonico del palazzo. E ciò ancora di più se sull’immobile condominiale sono già presenti più interventi e/o installazioni non omogenee (es. climatizzatori, caldaie, tende parasole, stendi panni, tettoie). Il Tribunale di Roma in primo luogo ha evidenziato che “le disposizioni di un regolamento di Condominio che limitino i diritti spettanti ai singoli condòmini sulle cose proprie o comuni, come quelle che comportino limitazioni alle destinazioni delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, incidono nella sfera dei diritti soggettivi ed hanno natura contrattuale. Il regolamento approvato a maggioranza è idoneo solo a "regolamentare" (ovvero a disciplinare l'uso e le modalità di godimento), ma non ad imporre limitazioni ai poteri dominicali che al condomino spettano sulle cose in comproprietà pro indiviso. Affinché le norme di natura contrattuale siano validamente poste e vincolanti, occorre che su di esse converga il consenso unanime di tutti i condomini, non essendo sufficiente - quindi - l'approvazione da parte della maggioranza”. Pertanto, una disposizione regolamentare di tale tenore che non sia (anche formalmente) di tipo contrattuale, non può ritenersi legittima e non può trovare applicazione. Il muro perimetrale, che appartiene a tutti i condomini per l'intera estensione dalle fondamenta alla copertura, anche in corrispondenza dei piani delle porzioni di proprietà esclusiva, adempie a talune funzioni principali indispensabili per l'esistenza stessa dell'edificio (sorreggere il fabbricato, proteggere le unità abitative dagli agenti atmosferici, consentire l'apertura delle porte e delle finestre). Esso, però, esplica altre importanti funzioni accessorie, inerenti al suo ruolo quale parte essenziale della struttura del fabbricato: ad esempio consentire l'appoggio di targhe, travi, canne fumarie, ecc. Pertanto, l'utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomino, mediante l'apposizione di cartelli, targhe, insegne, canne fumarie e simili, non alterando la naturale destinazione di sostegno dell'edificio condominiale, costituisce normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1102 C.c., purché non impedisca agli altri partecipanti di fare uguale uso del muro, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio e non ne alteri il decoro architettonico. Al riguardo, il Tribunale d Roma ha indicato che “deve rammentarsi che il pari uso della cosa comune non è da intendersi nel senso di utilizzo necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell'unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse una siffatta condizione, si avrebbe la conseguenza di dover precludere a ogni condomino di usare la cosa tutte le volte che questa fosse insufficiente ad un tale uso identico e simultaneo. Al contrario, i rapporti condominiali devono essere informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che, solo ove sia prevedibile e ragionevole che gli altri partecipanti alla comunione abbiano interesse a fare analogo utilizzo della cosa, la modifica apportata alla stessa dal condomino che impedisca quest'ultima deve ritenersi illegittima. Infatti, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano, a propria volta, volere accrescere il pari uso cui hanno diritto”. Inoltre, come chiaramente affermato dal Tribunale di Roma nella richiamata sentenza, nella valutazione della incidenza sul decoro architettonico di un'opera modificativa non può essere ignorata la situazione di compromissione di detto decoro per preesistenti modificazioni per le quali non sia stato esercitato il diritto a pretendere il ripristino (Cass. n. 21835 del 17/10/2007 e Cass. 7/9/2012, n. 14992: “non viola il decoro architettonico il comproprietario che esegue i lavori se, sulla facciata, sono presenti interventi preesistenti tollerati dagli altri comproprietari e di cui non è stata richiesta l'eliminazione”). Sulla base delle precedenti considerazioni il Tribunale di Roma escludeva l’esistenza di motivi ostativi all’installazione della canna fumaria, dichiarando, di conseguenza, nulla la delibera condominiale, in quanto lesiva del diritto del condomino all’utilizzazione del muro perimetrale comune.

Scritto da Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"

TRE MANIFESTI A EBBING - MISSOURI

Caro lettore, nelle ultime settimane a rimbombare come un macigno caduto dall'ottavo piano, è stata – ahinoi – la notizia della morte violenta di Willy Monteiro Duarte, adolescente di Colleferro. Un assassinio brutale, barbaro, quasi pasoliniano. Un assassinio che parte da lontano, dalle viscere più profonde della nostra società, nella quale giorno dopo giorno si fa sempre più strada un odio ingiustificato verso l'altro, verso il diverso, verso ciò che non ci rispecchia. Una società che ha tirato a lucido i suoi pregiudizi e continua a sbandierarli in faccia come guanto di sfida a chiunque non riesca a omologarsi a determinati canoni e correnti di pensiero. Etichettati come “campioni” di MMA (mixed martial arts, ovvero arti marziali miste), gli assassini – e non aggressori (chiamiamo le cose con il loro nome) – di Willy sono quanto di più lontano dai valori e dall'etica dello sport, che in diverse circostanze ha rappresentato occasione di riscatto dagli ostacoli che la vita impone (Alex Zanardi e Francesco Acerbi docet). Ma davvero c'è bisogno di tutto quest'odio? Domanda retorica. A tal proposito, Tre manifesti a Ebbing, Missouri (Three Bilboards Outside Ebbing, Missouri - in lingua originale), film del 2017 di Martin McDonagh, delinea una tematica molto simile a quanto esposto. 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – di Martin McDonagh, USA, 2017



Proiettato in concorso in anteprima mondiale alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ricevendo un consenso quasi unanime, il film narra le vicende di Mildred Hayes – interpretata da Frances McDormand –, una madre intenzionata a rintracciare il colpevole dell'assassinio di sua figlia e a farsi giustizia da sola, in quanto il caso è stato archiviato troppo presto dalla polizia locale per mancanza di prove sufficienti, affiggendo dei manifesti che mettono in cattiva luce la polizia stessa. Senza dubbio Tre manifesti (per brevità) è una delle pellicole migliori che la cinematografica mondiale ha prodotto negli ultimi anni, assai notevole nella sceneggiatura e nei dialoghi, tanto da tirar fuori ben due Premi Oscar: miglior attrice a Frances McDormand; miglior attore non protagonista a Sam Rockwell, poliziotto alcolizzato che si rivelerà un valido alleato di Mildred nella ricerca al colpevole. Altrettanto valida l'interpretazione di Woody Harrelson, sceriffo di Ebbing e malato terminale che all'interno della trama svolgerà il ruolo fondamentale di mediatore tra le intenzioni di vendetta di Mildred e il suo animo dopotutto gentile e pieno di umanità. Tre manifesti non è solamente la classica ambientazione americana di montagna stile Rambo, dove lo sceriffo detta legge ma alla fine ognuno fa come gli pare. No, Tre manifesti è soprattutto una sentenza, una spada di Damocle contro l'odio e la violenza, un manifesto appunto, affisso sopra le teste degli odiatori di professione. Vale davvero la pena spendere poco meno di due ore per vedere Tre manifesti a Ebbing, Missouri, per il semplice fatto che al termine ognuno capirà perché tra odiare (seppur con tutte le ragioni del mondo) e farne a meno, valga sempre di più la seconda opzione. E non è poco.
Buona visione.

Scritto da Tommaso Guernacci  - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"


NESSUN DORMA...

Prendo a prestito un aria Pucciniana celeberrima per introdurre un tema che, dopo la pausa estiva, mi pare abbia un significato di gran momento per la comunità corese tutta (quasi tutta): il frastuono imperante tra piazza Signina e vicoletti limitrofi. Può sembrare una questione minima ed irrilevante rispetto ai grandi temi dibattuti (pure troppo) nel corso di questo annus horribilis, ma la storiaccia dei decibel altissimi sparati a palla che hanno “allietato” le serate e le nottate dei residenti di Cori alto, va affrontata seriamente. Piazza Signina è il cuore pulsante del nostro borgo. Ci sono zone di maggior prestigio archeologico ed artistico ma la movida è tutta nelle “piazze”. Pub e bar pullulano. Uno ogni 10 metri. Ognuno con la sua clientela e con il suo sacrosanto diritto a svolgere la propria attività con profitto e professionalità. Nulla quaestio. Il periodo del lockdown, tra sacrifici e privazioni, ha avuto un unico vantaggio per noi che dormiamo da quelle parti....pace e silenzio interrotti (due volte al giorno) dalla "messa imposta" che dal Soccorso invadeva il borgo tutto (vicenda già affrontata). Sopportabile tortura per orecchie e coscienze che “cristianamente” molti hanno accettato. Ma terminate le giaculatorie liturgiche, poi, arrivava il Silenzio e la Riflessione laica. Pensieri e poche parole tra noi e pochi interlocutori ci “costringevano” a riflettere sulle miserie umane e sulla caducità del vivere. Homo homini lupus scoprivamo essere il Verbo imperante. Apocalisse alle porte. Invece siamo lentamente ripartiti. All’inizio solo i grilli rompevano i cabasisi ma quelli facevano il loro lavoro. Si rivede la luce e finisce la segregazione coatta. Il caos. Al meditabondo tacere si sostituisce in maniera sempre più invadente la caciara irresponsabile. I punti di incontro di piazza Signina riaprono fortunatamente ma dopo un po’ iniziano a fare a gara a scritturare gruppi musicali di vario genere. Assembramenti (parola di moda) irresponsabili si diffondono colpevolmente ignorati da chi avrebbe dovuto controllare. Inizio concerti e jam-session ore 22.30 fine ore 24 o giù di lì. Il mio pensiero andava a quei poveri vecchietti che dovevano sorbirsi musica (più spesso rumore) senza poter nemmeno opporre un “vorrei riposare”. Nessuna tutela del diritto al riposo. Penso ai malati... Nessuna comprensione per loro. Avrei capito le schitarrate elettriche e le percussioni il fine settimana....invece é stato un concertone senza soluzione di continuità. Per di più... Finiva la musica e gli “amici non se ne andavano”!!! Restavano ad urlare improperi e bestemmie tra di loro evidenziando un tasso alcolico da coma etilico. Finestre chiuse e case-forno. Capisco chi mi potrebbe dire... A coso ma bar e pub come devono campà?? E qui un po’ traballo e non so dare una risposta netta e democratica. Forse non c’è uno che ha ragione e uno che ha torto. Le giustificazioni sono di egual peso sia per gli aventi diritto al sonno del giusto, sia per i baristi e pubisti (neologismo). E allora? Rimedio trovato!! Andrò ad abitare lontano da negozi e chiese scampanellanti ogni mezz’ora. Lontano dall’altoparlante molesto e tonitruante. Accetto suggerimenti. Una preghiera ai vigili però lasciatemela. Potreste arrestare e mandare alla Cayenna quel teppista che scorrazza impunemente per Signina con un motorino truccato e scoppiettante? Gli pigliasse un colpo (al motorino). Almeno quel notturno rompi timpani risparmiatelo a chi chiede solo di ronfare beato accanto al Beato.

Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"