Famigerato insetto, ricomparso negli ultimi anni in diverse aree, che preoccupa nuovamente il mondo viticolo ed obbliga tutti a vigilare per evitare potenziali sviluppi infausti, come in passato
La
vite, pianta
millenaria ad ampia diffusione e notevolmente importante per l’Uomo,
dal punto di vista storico, botanico, culturale, sociale ed economico
è soggetta, come noto a numerose malattie
e parassiti (funghi,
batteri, virus, fitoplasmi ed insetti) che, con adeguate conoscenze e
gli attuali mezzi tecnico-scientifici, si possono fronteggiare per
l’ottenimento delle migliori produzioni. Tuttavia, tra questi, un
insetto (afide), che
rappresentò la “peste” nella metà del 1800 e sconvolse l’intera
viticoltura europea, è presente da alcuni anni nella nostra penisola
e nel Lazio (potrebbe anche essere rimasto presente da sempre ma poco
osservabile a causa delle corrette tecniche di difesa applicate
regolarmente), è riconoscibile per i suoi caratteristici sintomi e,
ovviamente, rappresenta un serio pericolo ed una nuova
preoccupazione. Pertanto, sembra opportuno ed utile riconsiderare
tale parassita, anche
se già noto come una triste pagina della viticoltura, non solo per
meglio conoscerlo ma anche per porlo all’attenzione di ignari
viticoltori e per attuare validi mezzi di difesa, evitando diffusione
e relativi potenziali danni.
Si tratta, comunque, della fillossera
(Phylloxera
vastatrix),
sinonimo di Daktulosphaira
vitifoliae, un
insetto
appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae (Rhynchota Homoptera)
ossia un afide
parassita delle specie del genere Vitis che attacca le radici delle
specie europee (Vitis
vinifera) e
l’apparato aereo (foglie) di quelle americane (Vitis
rupestris, Vitis
berlandieri e
Vitis riparia).
P. vastatrix,
peraltro, è un insetto di origine
americana che giunse in Europa nella metà dell’altro secolo (1800)
laddove si diffuse rapidamente nei vari vigneti. Sembra certo,
infatti, che la fillossera
sia stata introdotta nel nostro continente con barbatelle di vite e
non con talee non radicate (maioli) visto che già nel 1825 erano
presenti in Europa varietà americane come la ‘Isabella’
e ‘Labrusca’
ed altre denominate volgarmente uva
fragola ossia
i diversi altri ibridi
produttori diretti.
L'introduzione di queste varietà aveva ottenuto particolare fortuna
in Francia negli anni 1852-1854 quando, specialmente, le zone del sud
erano state colpite da importanti infezioni di oidio
(anch'esso di origine Nord Americana), contro cui ancora non si
opponeva una lotta chimica a base di zolfo. In quegli anni, avendo
notato che molte varietà americane risultavano alquanto resistenti o
del tutto immuni alla malattia, si pensò di importarle per far
fronte all'epidemia. In questo modo però, importando le barbatelle
di queste viti americane, si importava anche quel micidiale
parassita che
da lì a poco avrebbe devastato la viticoltura
europea e
costretto ad un rinnovamento epocale di questa importantissima
coltura. Tali introduzioni avvennero quasi contemporaneamente in
Francia, nel Regno Unito, in Irlanda ed in Germania ma, data la
maggiore presenza di vigneti, fu in Francia che venne rilevata più
precocemente l'infestazione. Infatti, dopo 7-8 anni un male ignoto
cominciò a minacciare alcuni vigneti ai due lati del basso Rodano:
(Portes e Ruyssen - Traité
de la vigne).
Intorno al 1867 comparivano contemporaneamente, nel Sud-Ovest, due
centri di infezione: l'uno a Bordeaux, notoriamente causato da
barbatelle venute dall’America, l’altro a Cognac di origine più
incerta. Era così “l'inizio della fine”.
L'attacco della
fillossera
sulle viti nostrane (Vitis
vinifera) fu
particolarmente disastroso sull'apparato radicale che a causa delle
galle
prodotte dalle diverse generazioni radicicole
dell’afide
(fillossera) marciva gradualmente determinando la distruzione dello
stesso in 4 o 5 anni. Tuttavia, quello che rappresentò una
devastazione su una così vasta scala derivò dal fatto che di
quell’avversità,
inizialmente, non si conosceva la biologia e, in particolare, le
varie forme intermedie dei suoi stadi di sviluppo. Ci vollero,
quindi, più di 5 anni per poter conoscere la biologia completa di
tale insetto
ed una utile descrizione delle varie generazioni, dato che esso si
comportava (e si comporta) in maniera differente sulle diverse specie
e varietà della vite.
In particolare, mentre sulle specie e varietà americane
tale parassita dà origine alle galle sulle foglie, rendendo così
palese la sua presenza in un vigneto, in presenza di quelle europee
(di V. vinifera)
si ha raramente la comparsa delle suddette galle per cui l'infezione
appare silente fino a quando le piante non cominciano ad appassire
per morire definitivamente. Così dalle prime barbatelle infestate
l'insetto
si propagò nei vigneti di tutta l’Europa e successivamente, a
causa della grande virulenza dell’insetto, anche nelle zone
italiane ed oltre, ovvero altresì dove l'ignaro vignaiolo si propose
di piantare o di ripiantare la vigna. Così, inizialmente e nel
frattempo che si potessero acquisire delle utili conoscenze in
merito, si cercò in qualche modo di arginare il disastro! Si
tentarono quindi molte strade, dal solfuro
di carbonio
iniettato nel terreno per poter uccidere le gallicole su radici, alla
sommersione dei
vigneti per
distruggere, tramite asfissia, le stesse gallicole ibernanti (cosa
praticabile naturalmente solo nelle zone pianeggianti ed irrigabili)
e in ultimo all'insabbiamento
delle vigne,
dato che si notò che in terreni sabbiosi di particolare origine
(marina) la fillossera
era molto meno virulenta se non addirittura incapace di svilupparsi.
Ma il vero passaggio risolutivo si ebbe quando si comprese che la
immunità
o resistenza
radicale
sviluppata da alcune specie americane poteva essere utilizzata per
costruire una pianta bimembra,
vale a dire con il piede
americano e la parte aerea,
vegetativa e riproduttiva, europea. Da qui, ovviamente, ebbe inizio
la ricerca delle varietà americane più affini all'innesto e di
quelle maggiormente tolleranti al calcare a cui la vite europea era
molto resistente. Un immenso lavoro, tra l’altro, si compì in
quegli anni che videro intere regioni viticole ricostruite con le
nuove barbatelle bimembre.
La viticoltura conosciuta da tutto il mondo antico, medievale e
dell'epoca dei lumi era incredibilmente scomparsa per sempre. Nasceva
così la nuova viticoltura. Il danno,
comunque, che è determinato dalle punture di questo micidiale afide,
si riscontra: a) sulle
radici, laddove
provoca la formazione di galle
nodose (malformazioni
od escrescenze) e di tuberosità
(protuberanze o rigonfiamenti più o meno voluminosi) di notevoli
dimensioni che causano la perdita della capacità assorbente; b)
sulle foglie, invece,
laddove determina particolari galle
tondeggianti e rugose,
che erompono verso la pagina inferiore, originando così una
superficie nodosa ed irregolare. All'interno di tali galle si
completa lo sviluppo degli stadi giovanili dell’afide.
Tale danno si differenzia a seconda della specie di vite attaccata o
colpita: a) se si
tratta di vite
americana, il danno
radicale è limitato poiché le radici di questa pianta sono poco
sensibili e tolleranti alle punture della fillossera,
mentre sono molto reattive le foglie
che producono una grande quantità di galle; b)
se si tratta di vite europea
(V. vinifera), il
danno è sicuramente più rilevante in quanto le radici
di questa specie risultano particolarmente sensibili per cui
producono galle vistose se punte dall'insetto.
Tali galle, comunque, degenerano e causano una disorganizzazione
grave dei tessuti radicali compromettendo la funzione assorbente. Le
foglie, invece, tollerano le punture per cui la formazione delle
galle risulta poco significativa o assente. Per
quanto riguarda il ciclo
biologico di tale parassita
(afide), essendo un insetto monoico ed eterotopo, si sviluppa
interamente sulla vite americana, mentre sulla vite europea compie un
anolociclo con sole generazioni radicicole. Pertanto, relativamente
al ciclo completo sulla vite americana,
possiamo dire che
l'afide sverna allo
stadio di uovo, sui
tralci e sui fusti e in primavera (verso maggio-giugno) nascono le
femmine partenogenetiche (FONDATRICI) che pungono le giovani foglie,
provocando la formazione delle galle; all'interno di queste si
svilupperanno nuove femmine partenogenetiche (da riproduzione
verginale o in assenza di fecondazione) che continuano il loro ciclo
sulle foglie, producendo nuove galle (gallecole). Da queste galle
derivano sempre femmine partenogenetiche e di queste: a)
alcune, con il rostro più corto, saranno destinate a continuare le
generazioni fogliari (da 6 a 8); b)
le altre, con il rostro più lungo, lasciano le foglie e si portano
sull'apparato radicale, dove iniziano le generazioni (da 8 a 10)
delle RADICICOLE. Queste generazioni si sviluppano contemporaneamente
a quelle delle gallecole; ogni generazione di gallecole, successiva
alla seconda, origina delle FONDATRIGENIE a rostro lungo che migrano
sulle radici. Alla fine dell'estate l'ultima generazione di
radicicole origina femmine SESSUPARE alate che migrano verso
l'apparato aereo, laddove daranno origine agli ANFIGONICI (elementi
maschi ed elementi femmine) i quali si accoppiano e producono l'uovo
svernante. Riguardo il ciclo sulla vite
europea, possiamo dire invece che tali
foglie non formano galle sufficienti per permettere alle
fondatrigenie gallecole di completare il loro sviluppo, la fillossera
si stabilisce quasi esclusivamente a livello radicale, con anolocicli
o paracicli di radicicole. La
lotta alla fillossera,
ad ogni modo, viene effettuata da anni mediante
una pratica di propagazione agamica, vale a dire, come già
accennato, mediante l'innesto di vite europea su portainnesto di vite
americana.
A – Galle tondeggianti e rugose causate dall’insetto, noto come fillossera (Phylloxera vastatrix), presenti sulle pagine inferiori delle foglie di alcune piante di vite coltivate in territorio di Cori;
B – Uova dell’afide della fillossera (Phylloxera vastatrix) all’interno delle galle dalle quali si svilupperanno le nuove femmine partenogenetiche (riproduzione in assenza di fecondazione). |
Questo metodo di lotta si basa su due presupposti: a)
per la caratteristica delle foglie della vite europea di non formare
le galle per le fondatrigenie; b)
per la caratteristica delle radici della vite americana di essere
resistenti alle generazioni di radicicole. Ad ogni modo, come
accennato, sembra importante sottolineare che ultimamente viene
osservata la comparsa di sintomatologie fogliari (gallecole)
riconducibili a P.
vastatrix (dovute forse alla comparsa
di biotipi più aggressivi e ad infezioni anche laddove il problema
era limitato) su alcune varietà di viti europee (Cabernet, Pinot,
Merlot, Verduzzo ed altre) in zone viticole del Nord Italia (Veneto e
Friuli) e su alcune specie e varietà del centro Italia compreso nel
nostro comprensorio a causa, molto probabilmente, anche della
presenza, in particolari contesti, di viti a
piede franco (senza porta-innesto) e cioè
che non sono mai state innestate su radice americana. Si tratta, in
generale, di un fenomeno abbastanza complesso da
spiegare e sicuramente da ricondurre alla concomitanza di più
fattori. Da una parte le mutate condizioni climatiche, estati più
lunghe e calde ed inverni meno rigidi, che hanno favorito un aumento
degli individui delle diverse popolazioni. Come conseguenza la
pressione selettiva, dovuta a sovrappopolazione, è aumentata e ha
fatto sì che, come in qualunque processo di selezione,
sopravvivessero individui altamente specializzati e adatti alle
attuali condizioni ambientali. Anche il cambiamento nella gestione
dei vigneti a cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni, ora più
rispettoso dell’ambiente, ha favorito un aumento della fauna
pedologica. Questo ha sicuramente molti aspetti positivi ma, dove non
esistono gli antagonisti naturali, come è per la fillossera, può
creare squilibri. Si
può dire, pertanto, che la
fillossera della vite
ricomparsa in maniera sempre più accentuata in diverse aree non può
che preoccupare
nuovamente il mondo viticolo
ed a rischio,
peraltro, potrebbe esserci la tolleranza
dei portainnesti americani, anche a causa dei cambiamenti climatici.
In Francia, infatti, durante il sesto simposio mondiale sulla
fillossera della vite, sarebbe stato deciso di riprendere a pieno
ritmo le sperimentazioni sui nuovi metodi di lotta. E in Europa, tra
le Università più attive in questo ambito, vi è quella di Vienna.
“Quando
parliamo di fillossera”,
afferma Astrid Forneck, responsabile del gruppo di ricerca sulla
fillossera presso l’Università di Vienna, “nei
viticoltori qui in Austria, ad esempio, riscontriamo la generale
tendenza a negare che il parassita sia presente o possa costituire
ancora un pericolo. Le nostre osservazioni, però, dicono che esso è
presente, soprattutto laddove le vigne vengono abbandonate ed i
porta-innesti vegetano offrendo alla fillossera nuovi habitat e la
possibilità di diffondersi più facilmente anche per via fogliare”.
Ad ogni modo, sembra opportuno e
doveroso sottolineare che la ricomparsa del suddetto temibile
nemico merita una
giusta attenzione ed una adeguata vigilanza da parte degli operatori
della intera filiera viti-vinicola al fine di evitare danni
devastanti non soltanto alla nostra viticoltura. La lotta chimica
contro la P. vastatrix,
inoltre, si può prendere in considerazione solo per gli impianti di
tipo vivaistico, laddove si allevano le piante madri per ottenere i
portainnesti americani.
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