mercoledì 30 settembre 2020

LA FILLOSSERA DELLA VITE

Famigerato insetto, ricomparso negli ultimi anni in diverse aree, che preoccupa nuovamente il mondo viticolo ed obbliga tutti a vigilare per evitare potenziali sviluppi infausti, come in passato


La vite, pianta millenaria ad ampia diffusione e notevolmente importante per l’Uomo, dal punto di vista storico, botanico, culturale, sociale ed economico è soggetta, come noto a numerose malattie e parassiti (funghi, batteri, virus, fitoplasmi ed insetti) che, con adeguate conoscenze e gli attuali mezzi tecnico-scientifici, si possono fronteggiare per l’ottenimento delle migliori produzioni. Tuttavia, tra questi, un insetto (afide), che rappresentò la “peste” nella metà del 1800 e sconvolse l’intera viticoltura europea, è presente da alcuni anni nella nostra penisola e nel Lazio (potrebbe anche essere rimasto presente da sempre ma poco osservabile a causa delle corrette tecniche di difesa applicate regolarmente), è riconoscibile per i suoi caratteristici sintomi e, ovviamente, rappresenta un serio pericolo ed una nuova preoccupazione. Pertanto, sembra opportuno ed utile riconsiderare tale parassita, anche se già noto come una triste pagina della viticoltura, non solo per meglio conoscerlo ma anche per porlo all’attenzione di ignari viticoltori e per attuare validi mezzi di difesa, evitando diffusione e relativi potenziali danni. Si tratta, comunque, della fillossera (Phylloxera vastatrix), sinonimo di Daktulosphaira vitifoliae, un insetto appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae (Rhynchota Homoptera) ossia un afide parassita delle specie del genere Vitis che attacca le radici delle specie europee (Vitis vinifera) e l’apparato aereo (foglie) di quelle americane (Vitis rupestris, Vitis berlandieri e Vitis riparia). P. vastatrix, peraltro, è un insetto di origine americana che giunse in Europa nella metà dell’altro secolo (1800) laddove si diffuse rapidamente nei vari vigneti. Sembra certo, infatti, che la fillossera sia stata introdotta nel nostro continente con barbatelle di vite e non con talee non radicate (maioli) visto che già nel 1825 erano presenti in Europa varietà americane come la ‘Isabella’ e ‘Labrusca’ ed altre denominate volgarmente uva fragola ossia i diversi altri ibridi produttori diretti. L'introduzione di queste varietà aveva ottenuto particolare fortuna in Francia negli anni 1852-1854 quando, specialmente, le zone del sud erano state colpite da importanti infezioni di oidio (anch'esso di origine Nord Americana), contro cui ancora non si opponeva una lotta chimica a base di zolfo. In quegli anni, avendo notato che molte varietà americane risultavano alquanto resistenti o del tutto immuni alla malattia, si pensò di importarle per far fronte all'epidemia. In questo modo però, importando le barbatelle di queste viti americane, si importava anche quel micidiale parassita che da lì a poco avrebbe devastato la viticoltura europea e costretto ad un rinnovamento epocale di questa importantissima coltura. Tali introduzioni avvennero quasi contemporaneamente in Francia, nel Regno Unito, in Irlanda ed in Germania ma, data la maggiore presenza di vigneti, fu in Francia che venne rilevata più precocemente l'infestazione. Infatti, dopo 7-8 anni un male ignoto cominciò a minacciare alcuni vigneti ai due lati del basso Rodano: (Portes e Ruyssen - Traité de la vigne). Intorno al 1867 comparivano contemporaneamente, nel Sud-Ovest, due centri di infezione: l'uno a Bordeaux, notoriamente causato da barbatelle venute dall’America, l’altro a Cognac di origine più incerta. Era così “l'inizio della fine”. 




L'attacco della fillossera sulle viti nostrane (Vitis vinifera) fu particolarmente disastroso sull'apparato radicale che a causa delle galle prodotte dalle diverse generazioni radicicole dell’afide (fillossera) marciva gradualmente determinando la distruzione dello stesso in 4 o 5 anni. Tuttavia, quello che rappresentò una devastazione su una così vasta scala derivò dal fatto che di quell’avversità, inizialmente, non si conosceva la biologia e, in particolare, le varie forme intermedie dei suoi stadi di sviluppo. Ci vollero, quindi, più di 5 anni per poter conoscere la biologia completa di tale insetto ed una utile descrizione delle varie generazioni, dato che esso si comportava (e si comporta) in maniera differente sulle diverse specie e varietà della vite. In particolare, mentre sulle specie e varietà americane tale parassita dà origine alle galle sulle foglie, rendendo così palese la sua presenza in un vigneto, in presenza di quelle europee (di V. vinifera) si ha raramente la comparsa delle suddette galle per cui l'infezione appare silente fino a quando le piante non cominciano ad appassire per morire definitivamente. Così dalle prime barbatelle infestate l'insetto si propagò nei vigneti di tutta l’Europa e successivamente, a causa della grande virulenza dell’insetto, anche nelle zone italiane ed oltre, ovvero altresì dove l'ignaro vignaiolo si propose di piantare o di ripiantare la vigna. Così, inizialmente e nel frattempo che si potessero acquisire delle utili conoscenze in merito, si cercò in qualche modo di arginare il disastro! Si tentarono quindi molte strade, dal solfuro di carbonio iniettato nel terreno per poter uccidere le gallicole su radici, alla sommersione dei vigneti per distruggere, tramite asfissia, le stesse gallicole ibernanti (cosa praticabile naturalmente solo nelle zone pianeggianti ed irrigabili) e in ultimo all'insabbiamento delle vigne, dato che si notò che in terreni sabbiosi di particolare origine (marina) la fillossera era molto meno virulenta se non addirittura incapace di svilupparsi. Ma il vero passaggio risolutivo si ebbe quando si comprese che la immunità o resistenza radicale sviluppata da alcune specie americane poteva essere utilizzata per costruire una pianta bimembra, vale a dire con il piede americano e la parte aerea, vegetativa e riproduttiva, europea. Da qui, ovviamente, ebbe inizio la ricerca delle varietà americane più affini all'innesto e di quelle maggiormente tolleranti al calcare a cui la vite europea era molto resistente. Un immenso lavoro, tra l’altro, si compì in quegli anni che videro intere regioni viticole ricostruite con le nuove barbatelle bimembre. La viticoltura conosciuta da tutto il mondo antico, medievale e dell'epoca dei lumi era incredibilmente scomparsa per sempre. Nasceva così la nuova viticoltura. Il danno, comunque, che è determinato dalle punture di questo micidiale afide, si riscontra: a) sulle radici, laddove provoca la formazione di galle nodose (malformazioni od escrescenze) e di tuberosità (protuberanze o rigonfiamenti più o meno voluminosi) di notevoli dimensioni che causano la perdita della capacità assorbente; b) sulle foglie, invece, laddove determina particolari galle tondeggianti e rugose, che erompono verso la pagina inferiore, originando così una superficie nodosa ed irregolare. All'interno di tali galle si completa lo sviluppo degli stadi giovanili dell’afide. Tale danno si differenzia a seconda della specie di vite attaccata o colpita: a) se si tratta di vite americana, il danno radicale è limitato poiché le radici di questa pianta sono poco sensibili e tolleranti alle punture della fillossera, mentre sono molto reattive le foglie che producono una grande quantità di galle; b) se si tratta di vite europea (V. vinifera), il danno è sicuramente più rilevante in quanto le radici di questa specie risultano particolarmente sensibili per cui producono galle vistose se punte dall'insetto. Tali galle, comunque, degenerano e causano una disorganizzazione grave dei tessuti radicali compromettendo la funzione assorbente. Le foglie, invece, tollerano le punture per cui la formazione delle galle risulta poco significativa o assente. Per quanto riguarda il ciclo biologico di tale parassita (afide), essendo un insetto monoico ed eterotopo, si sviluppa interamente sulla vite americana, mentre sulla vite europea compie un anolociclo con sole generazioni radicicole. Pertanto, relativamente al ciclo completo sulla vite americana, possiamo dire che l'afide sverna allo stadio di uovo, sui tralci e sui fusti e in primavera (verso maggio-giugno) nascono le femmine partenogenetiche (FONDATRICI) che pungono le giovani foglie, provocando la formazione delle galle; all'interno di queste si svilupperanno nuove femmine partenogenetiche (da riproduzione verginale o in assenza di fecondazione) che continuano il loro ciclo sulle foglie, producendo nuove galle (gallecole). Da queste galle derivano sempre femmine partenogenetiche e di queste: a) alcune, con il rostro più corto, saranno destinate a continuare le generazioni fogliari (da 6 a 8); b) le altre, con il rostro più lungo, lasciano le foglie e si portano sull'apparato radicale, dove iniziano le generazioni (da 8 a 10) delle RADICICOLE. Queste generazioni si sviluppano contemporaneamente a quelle delle gallecole; ogni generazione di gallecole, successiva alla seconda, origina delle FONDATRIGENIE a rostro lungo che migrano sulle radici. Alla fine dell'estate l'ultima generazione di radicicole origina femmine SESSUPARE alate che migrano verso l'apparato aereo, laddove daranno origine agli ANFIGONICI (elementi maschi ed elementi femmine) i quali si accoppiano e producono l'uovo svernante. Riguardo il ciclo sulla vite europea, possiamo dire invece che tali foglie non formano galle sufficienti per permettere alle fondatrigenie gallecole di completare il loro sviluppo, la fillossera si stabilisce quasi esclusivamente a livello radicale, con anolocicli o paracicli di radicicole. La lotta alla fillossera, ad ogni modo, viene effettuata da anni mediante una pratica di propagazione agamica, vale a dire, come già accennato, mediante l'innesto di vite europea su portainnesto di vite americana. 

A – Galle tondeggianti e rugose causate dall’insetto, noto come fillossera (Phylloxera vastatrix), presenti sulle pagine inferiori delle foglie di alcune piante di vite coltivate in territorio di Cori;

B – Uova dell’afide della fillossera (Phylloxera vastatrix) all’interno delle galle dalle quali si svilupperanno le nuove femmine partenogenetiche (riproduzione in assenza di fecondazione).




Questo metodo di lotta si basa su due presupposti: a) per la caratteristica delle foglie della vite europea di non formare le galle per le fondatrigenie; b) per la caratteristica delle radici della vite americana di essere resistenti alle generazioni di radicicole. Ad ogni modo, come accennato, sembra importante sottolineare che ultimamente viene osservata la comparsa di sintomatologie fogliari (gallecole) riconducibili a P. vastatrix (dovute forse alla comparsa di biotipi più aggressivi e ad infezioni anche laddove il problema era limitato) su alcune varietà di viti europee (Cabernet, Pinot, Merlot, Verduzzo ed altre) in zone viticole del Nord Italia (Veneto e Friuli) e su alcune specie e varietà del centro Italia compreso nel nostro comprensorio a causa, molto probabilmente, anche della presenza, in particolari contesti, di viti a piede franco (senza porta-innesto) e cioè che non sono mai state innestate su radice americana. Si tratta, in generale, di un fenomeno abbastanza complesso da spiegare e sicuramente da ricondurre alla concomitanza di più fattori. Da una parte le mutate condizioni climatiche, estati più lunghe e calde ed inverni meno rigidi, che hanno favorito un aumento degli individui delle diverse popolazioni. Come conseguenza la pressione selettiva, dovuta a sovrappopolazione, è aumentata e ha fatto sì che, come in qualunque processo di selezione, sopravvivessero individui altamente specializzati e adatti alle attuali condizioni ambientali. Anche il cambiamento nella gestione dei vigneti a cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni, ora più rispettoso dell’ambiente, ha favorito un aumento della fauna pedologica. Questo ha sicuramente molti aspetti positivi ma, dove non esistono gli antagonisti naturali, come è per la fillossera, può creare squilibri. Si può dire, pertanto, che la fillossera della vite ricomparsa in maniera sempre più accentuata in diverse aree non può che preoccupare nuovamente il mondo viticolo ed a rischio, peraltro, potrebbe esserci la tolleranza dei portainnesti americani, anche a causa dei cambiamenti climatici. In Francia, infatti, durante il sesto simposio mondiale sulla fillossera della vite, sarebbe stato deciso di riprendere a pieno ritmo le sperimentazioni sui nuovi metodi di lotta. E in Europa, tra le Università più attive in questo ambito, vi è quella di Vienna. “Quando parliamo di fillossera, afferma Astrid Forneck, responsabile del gruppo di ricerca sulla fillossera presso l’Università di Vienna, “nei viticoltori qui in Austria, ad esempio, riscontriamo la generale tendenza a negare che il parassita sia presente o possa costituire ancora un pericolo. Le nostre osservazioni, però, dicono che esso è presente, soprattutto laddove le vigne vengono abbandonate ed i porta-innesti vegetano offrendo alla fillossera nuovi habitat e la possibilità di diffondersi più facilmente anche per via fogliare”. Ad ogni modo, sembra opportuno e doveroso sottolineare che la ricomparsa del suddetto temibile nemico merita una giusta attenzione ed una adeguata vigilanza da parte degli operatori della intera filiera viti-vinicola al fine di evitare danni devastanti non soltanto alla nostra viticoltura. La lotta chimica contro la P. vastatrix, inoltre, si può prendere in considerazione solo per gli impianti di tipo vivaistico, laddove si allevano le piante madri per ottenere i portainnesti americani.

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"


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