mercoledì 30 settembre 2020

TRE MANIFESTI A EBBING - MISSOURI

Caro lettore, nelle ultime settimane a rimbombare come un macigno caduto dall'ottavo piano, è stata – ahinoi – la notizia della morte violenta di Willy Monteiro Duarte, adolescente di Colleferro. Un assassinio brutale, barbaro, quasi pasoliniano. Un assassinio che parte da lontano, dalle viscere più profonde della nostra società, nella quale giorno dopo giorno si fa sempre più strada un odio ingiustificato verso l'altro, verso il diverso, verso ciò che non ci rispecchia. Una società che ha tirato a lucido i suoi pregiudizi e continua a sbandierarli in faccia come guanto di sfida a chiunque non riesca a omologarsi a determinati canoni e correnti di pensiero. Etichettati come “campioni” di MMA (mixed martial arts, ovvero arti marziali miste), gli assassini – e non aggressori (chiamiamo le cose con il loro nome) – di Willy sono quanto di più lontano dai valori e dall'etica dello sport, che in diverse circostanze ha rappresentato occasione di riscatto dagli ostacoli che la vita impone (Alex Zanardi e Francesco Acerbi docet). Ma davvero c'è bisogno di tutto quest'odio? Domanda retorica. A tal proposito, Tre manifesti a Ebbing, Missouri (Three Bilboards Outside Ebbing, Missouri - in lingua originale), film del 2017 di Martin McDonagh, delinea una tematica molto simile a quanto esposto. 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – di Martin McDonagh, USA, 2017



Proiettato in concorso in anteprima mondiale alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ricevendo un consenso quasi unanime, il film narra le vicende di Mildred Hayes – interpretata da Frances McDormand –, una madre intenzionata a rintracciare il colpevole dell'assassinio di sua figlia e a farsi giustizia da sola, in quanto il caso è stato archiviato troppo presto dalla polizia locale per mancanza di prove sufficienti, affiggendo dei manifesti che mettono in cattiva luce la polizia stessa. Senza dubbio Tre manifesti (per brevità) è una delle pellicole migliori che la cinematografica mondiale ha prodotto negli ultimi anni, assai notevole nella sceneggiatura e nei dialoghi, tanto da tirar fuori ben due Premi Oscar: miglior attrice a Frances McDormand; miglior attore non protagonista a Sam Rockwell, poliziotto alcolizzato che si rivelerà un valido alleato di Mildred nella ricerca al colpevole. Altrettanto valida l'interpretazione di Woody Harrelson, sceriffo di Ebbing e malato terminale che all'interno della trama svolgerà il ruolo fondamentale di mediatore tra le intenzioni di vendetta di Mildred e il suo animo dopotutto gentile e pieno di umanità. Tre manifesti non è solamente la classica ambientazione americana di montagna stile Rambo, dove lo sceriffo detta legge ma alla fine ognuno fa come gli pare. No, Tre manifesti è soprattutto una sentenza, una spada di Damocle contro l'odio e la violenza, un manifesto appunto, affisso sopra le teste degli odiatori di professione. Vale davvero la pena spendere poco meno di due ore per vedere Tre manifesti a Ebbing, Missouri, per il semplice fatto che al termine ognuno capirà perché tra odiare (seppur con tutte le ragioni del mondo) e farne a meno, valga sempre di più la seconda opzione. E non è poco.
Buona visione.

Scritto da Tommaso Guernacci  - Pubblicato sul numero 6 del 2020 del "Il Corace"


Nessun commento:

Posta un commento