Novembre: mese dedicato ai nostri cari Defunti, ci offre uno spunto opportuno per riflettere sul grave e grande mistero della morte. Anzitutto la morte cristiana non è mai slegata dalla Risurrezione, da questa speranza che va oltre ogni nostro umano dolore. È frequente infatti, anche tra i più devoti, attribuire al Signore Dio una qualche responsabilità se non la totale responsabilità della perdita di un nostro caro, specialmente quando quest'ultimo risulta essere di giovane età: sicuramente dolori simili lasciano un velame di tristezza incomparabile e un vuoto incommensurabile e sono motivo di prova psicologica e sentimentale che spesso lascia segni indelebili in chi si trova ad affrontare un simile dolore. Tuttavia ciò che può davvero essere elemento di svolta di fronte al mistero grande e triste della morte, è la nostra fede in Cristo Gesù, morto e risorto! Questo mistero della fede cristiana ci dona l'unico sollievo in grado di consolarci e ci dà la speranza tutta cristiana di credere in un "oltre" e in una vita che certamente continua dopo aver chiuso gli occhi a questo mondo. Ovviamente se cerchiamo mere risposte di scienza ad un interrogativo così alto come il mistero della vita eterna che Gesù Cristo, il Risorto, ci ha promesso, non ne usciremo che delusi e ancor più amareggiati e forse anche -diciamolo con franchezza- atei.
Nel brano del Vangelo di Giovanni, che tratta la morte di Lazzaro, ci sono tre elementi che esprimono con chiarezza quasi disarmante l'umanità del Signore Gesù nell'affrontare la morte dell'amico Lazzaro. Anzitutto c'è il rimprovero con tono di supplica della sorella di Lazzaro, Marta, a Gesù stesso la quale si esprime dicendo "Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto": pensiamo a quante volte abbiamo detto di fronte alla morte di un nostro caro "signore dove eri?" proprio come Marta. Altro elemento bellissimo di questo Vangelo è rappresentato dal dialogo di Gesù con Marta che termina con le parole che Gesù le rivolge, a risposta di quel rimprovero/preghiera di Marta a Gesù: "Io sono la Risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morrà in eterno", parole queste che non lasciano dubbio alcuno sul cuore del Maestro nell'affrontare il discorso della morte di un amico caro. Ma Gesù oltre la frase su detta ne aggiunge un'altra ponendo un interrogativo a Marta ossia "credi tu questo?"... una domanda da brivido, un interrogativo che va a segnare un prima e un dopo nel cuore di chi la riceve. Tale interrogativo non viene posto solamente a Marta, infatti in Marta viene posto anche a ciascuno di noi. Prestar fede al fatto che Gesù sia la risurrezione e la vita nostra e prestar fede al mistero grande della resurrezione promessa a ciascuno di noi, diventa la discriminante fondamentale per accogliere questo dono grande che umanamente invece rappresenta il peso gravoso e l'ostacolo invalicabile davanti al quale occorre necessariamente fermarsi. Il Cristo no, lui non si è fermato dentro quel sepolcro ma con la sua resurrezione ha aperto un varco e una speranza che è tutta Cristiana per debellare definitivamente il frutto del peccato: la morte!
Appropriarsi di questa grande verità di Fede permetterà ad un Francesco d'Assisi di chiamare l'orrore della morte con il dolce termine di "sorella nostra morte corporale" lodando il Signore Dio di averci concesso anche "sorella morte", passaggio necessario per andare incontro a Lui. Commemorare dunque i nostri cari defunti come la Chiesa ci invita nel giorno del 2 di novembre significa in altre parole affermare la grande fede nella Resurrezione del Signore nostro Gesù Cristo nel quale, se crediamo, anche i nostri cari defunti vivono.
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