..un fruttifero minore, poco conosciuto
e scarsamente diffuso ma presente nella nostra flora che, per la
botanica, la biodiversità, la storia e l’uso dei suoi eduli
frutti, sembra opportuno conoscere.
Per tre Italiani su quattro, secondo
una indagine della Coldiretti, la frutta in genere non è più buona
come in passato e le principali ragioni sono riconducibili: ai frutti
raccolti acerbi per durare di più sugli scaffali dei supermercati
(65%); ai frutti che arrivano da troppo lontano (20%); alla scomparsa
di antiche varietà (10%); ai frutti che non sono più genuini (5%).
Inoltre, in testa alla classifica dei diversi frutti dimenticati
risultano quelli dell’azzeruolo, una specie conosciuta solo dal 15%
degli Italiani, a cui seguono quelli del sorbo (conosciuti dal 17%),
del corbezzolo (dal 27%), del corniolo (dal 32%), della pera volpina
(dal 38%), del giuggiolo (dal 40%), del gelso (Morus nigra) (dal
72%), del carrubo (dal 75%), del nespolo (dal 82%), del melograno
(dal 89%).
È evidente, comunque, che le “regole”
miranti solo ad un profitto esagerato rappresentano, purtroppo, una
minaccia per la biodiversità ed è dimostrato, peraltro, da un
mercato che, spesso, ci presenta o ci offre prodotti fin troppo
accattivanti alla vista, di facile stoccaggio ed idonei ai diversi
spostamenti, però decisamente insapori e, quindi, al posto di quelli
naturalmente gustosi e dotati di specifiche proprietà
organolettiche, oltre che ricchi di qualità nutrizionali e/o virtù
salutari.
Gli attuali prodotti alimentari, infatti, sono per lo più
artefatti e sempre meno naturali tant’è che le scelte nutrizionali
risultano, solitamente, pilotate dalla grande industria anche
attraverso la pubblicità.
Ciò che noi consideriamo un cibo “buono”
è, spesso, legato solamente alla presenza di aromi artificiali e non
alla qualità e sanità delle materie prime. È evidente che i
modelli di consumo abbisognano di opportuni mutamenti e considerino
prioritarie la qualità dei prodotti oltre che la salute del
consumatore. Si rendono altresì necessarie modifiche ai modelli di
produzione per poter fornire prodotti sani e ricchi di sapore senza
però alterare l’ambiente rurale e quello generale.
Per contro, un
rinnovato interesse, di questi ultimi anni, per le tradizioni e gli
antichi sapori e le attenzioni degli organi istituzionali verso i
vari fruttiferi minori (nespolo, cotogno, melograno, pistacchio,
giuggiolo, ficodindia, corbezzolo, corniolo, azzeruolo, ecc.) hanno
peraltro favorito la riscoperta ed il recupero di piante abbandonate
o dimenticate e, comunque, importanti per un loro più appropriato ed
attuale impiego, per la biodiversità e per l’uso dei vari prodotti
derivanti anche alla luce delle attuali tecnologie, nei diversi
ambiti riguardanti fitoterapia, cosmetica e gastronomia.
L’azzeruolo,
tra questi, è una pianta spontanea e sporadica nella nostra flora
arborea e non passa inosservata agli hobbisti e ai più attenti
amanti di escursioni e di passeggiate terapeutiche. È, infatti,
ammirabile quando si manifesta fiorito come il biancospino, del quale
è uno stretto parente, e quando ostenta i suoi colorati, decorativi
ed eduli frutti, simili a piccole mele (appunto di un colore verde
chiaro, oppure giallo o più spesso di un bel rosso vivo) dalla polpa
solitamente dolce, croccante e delicatamente profumata; per questo
sembra opportuno ricordarlo o meglio conoscerlo!
L’Azzeruolo, ad
ogni modo, è una pomacea minore appartenente alla famiglia delle
Rosaceae, sottofamiglia delle Maloideae, e al genere Crataegus.
Il
suo inquadramento sistematico non è facile per l’alto numero
(oltre 250) di specie affini e fenomeni (di ibridazione,
introgressioni, apomissia, poliplodia) che conferiscono una notevole
complessità morfologica al genere Crataegus. Secondo la revisione
del genere Crataegus del 1992 (operata dal botanico danese Carl
Christensen) la specie azarolus (C. azarolus) comprende quattro
varietà botaniche: ‘azarolus’, ‘chlorocarpa’, ‘aronia’ e
‘pontica’, delle quali le prime due risultano diffuse nell’area
occidentale del bacino del Mediterraneo (compresa
l’Italia) mentre la varietà ‘aronia’ avrebbe una distribuzione
più ampia e la varietà ‘pontica’ risulterebbe presente sia
nell’Asia Minore che in quella Centrale.
Crataegus azarolus var.
‘azarolus’, ad ogni modo, presenta normalmente foglie glabre o
sub-glabre e frutti di colore rosso o arancio. Le altre varietà sono
caratterizzate da foglie più o meno pubescenti nella pagina
inferiore e da frutti gialli, sfumati di rosso (nelle varietà
‘aronia’ e ‘chlorocarpa’) o di giallo o arancio (nella
varietà ‘pontica’).
Inoltre, nelle varietà ‘chlorocarpa’ e
‘pontica’ le spine sono rare, sono invece generalmente presenti
nelle varietà ‘azarolus’ e ‘aronia’.
Per quanto riguarda
l’origine e l’habitat, possiamo dire che C. azarolus è una
specie presente da tempi remoti nell’area mediterranea e da secoli
risulta coltivato in Italia sia per i suoi frutti eduli e sia come
pianta ornamentale. I frutti, che normalmente maturano in
settembre-ottobre e che, come già accennato, sono simili a delle
piccole mele, erano infatti molto apprezzati nelle tavole
rinascimentali per il loro aroma ed il gradevole gusto dolce-acidulo.
Peraltro, fino al secolo scorso, in varie zone italiane, alimentavano
altresì un interessante ed apprezzato commercio. L’azzeruolo,
comunque, naturalizzato in alcune regioni, risulta attualmente
piuttosto raro in Italia oltre che a rischio di estinzione.
La sua
area di origine rimane oggi difficile da definirsi con esattezza.
Ritenuto generalmente originario dell’Asia Minore o dell’isola di
Creta, viene talora considerato, almeno per alcuni ecotipi, nativo
dell’area mediterranea. C. azarolus, attualmente, è la specie più
diffusa dai Paesi del Mediterraneo (Nord Africa, Spagna, Italia, Sud
della Francia, Malta, Creta, isole dell’Egeo) all’Asia Minore e
all’Iran, sino all’Asia Centrale (Turkmenistan, Kazakistan,
Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan) (Christensen, 1992).
C.
azarolus è, comunque, considerato una pianta abbastanza rustica
anche se preferisce un clima mite, posizioni soleggiate e suoli ben
drenati; teme i terreni eccessivamente argillosi e soggetti a
ristagni idrici.
In passato, veniva coltivato soprattutto nelle aree
costiere della Francia meridionale e dell’Italia settentrionale,
oltre che in quella meridionale e nelle Isole, ed è presente,
tuttavia, anche in varie zone a clima più continentale, dove va
impiantato in località con esposizioni favorevoli. La presenza di
esemplari di azzeruolo è stata recentemente accertata in diverse
Regioni italiane tra cui Piemonte, Liguria, EmiliaRomagna, Veneto,
Toscana, Lazio (tra cui CoriRocca Massima), Molise, Campania, Puglia
e Sicilia. (Biffi e Pelasgi, 1997; Bignami e Kurzmann, 1998).
Tale
specie, ad ogni modo, è dotata di una elevata resistenza alla
carenza idrica tant’è che alcuni ecotipi sono diffusi anche in
steppe aride ed in climi semi-desertici.
Il suo germogliamento
risulta piuttosto precoce (marzo-aprile) per cui può essere
danneggiato da alcuni ritorni di freddo, mentre la fioritura tardiva
(aprile – maggio) riesce a sfuggire, generalmente, alle gelate
primaverili.
Da tempo è nota, peraltro, l’influenza
delle condizioni climatiche sulle caratteristiche qualitative del
frutto: una sufficiente temperatura, infatti, è ritenuta necessaria
per ottenere frutti (pomi) zuccherini e non eccessivamente aciduli,
in particolare per la varietà ‘Azzeruolo bianco d’Italia’,
‘Azzeruolo rosso d’Italia’ e per ‘Azzeruolo giallo del
Canada’ che rappresentano i tre tipi di varietà commerciali più
conosciute e presenti in alcune località della nostra estesa
penisola.
L’azzeruolo, riguardo l’importanza economica e la
diffusione nei Paesi del Mediterraneo, non è oggetto di coltura
specializzata per il frutto in questi Paesi, contrariamente a quanto
avviene in Cina, dove Crataegus pinnatifida Bunge, è coltivato su
circa 26.000 ettari.
Si può dire che, nell’ultimo secolo, tale
specie è stata trascurata per cui le azzeruole (frutti) presenti in
commercio oggi in Italia provengono dalle poche piante coltivate in
alcuni giardini e frutteti familiari.
Così, pur manifestando un
certo incremento negli ultimi anni, la vendita di tali frutti e la
loro trasformazione artigianale in marmellate e gelatine risultano
fenomeni sporadici, al contrario di quanto si verifica per il citato
C. pinnatifida e per C. mexicana, diffuso in Messico.
Pertanto,
l’attuale importanza economica di tali specie la si può definire
estremamente marginale.
Botanicamente, C. azarolus è un piccolo
albero (o arbusto) deciduo, di lenta crescita, con tronco scuro e
solcato che può raggiungere oltre i 4 m di altezza. La chioma
presenta una forma arrotondata o piramidale ed i rami sono più o
meno tomentosi, inermi o con rare spine nelle varietà coltivate. Le
foglie, caduche, alterne, lobate e coriacee, hanno un peduncolo breve
e sono dotate di stipole poco resistenti. La forma del lembo fogliare
e della stipola varia in base al tipo di ramo (a legno o a frutto) su
cui è inserita. Nel ramo a frutto la lamina è cuneata o arrotondata
alla base, lobata, con 1-3 paia di lobi a seconda della varietà.
Il
margine è pressoché intero o inciso all’apice. La pagina
superiore è generalmente verde lucida e glabra; quella inferiore
verde pallido-grigiastro, glabra o pubescente. I fiori, bianchi, con
peduncolo breve e tomentoso, sono riuniti in corimbi in numero di
5-25. Il fiore è pentamero, con calice tomentoso di 5 sepali brevi e
triangolari; i petali arrotondati, con 2-3 stili e 16-27 stami. La
fioritura si verifica generalmente da fine aprile alla prima
quindicina di maggio, in maniera scalare nel corimbo e nella pianta e
con differenze tra le varietà. I fiori ed i frutti si sviluppano
normalmente all’apice di un germoglio dell’anno originatosi da
una gemma mista.
Dopo la raccolta dei frutti, l’apice dissecca e
una gemma laterale sottostante dà origine alla crescita dell’anno
successivo. Ciò conferisce ai rami un andamento a zig zag dando
alla chioma una struttura contorta e complessa che, tuttavia, risulta
di alto effetto ornamentale.
Il frutto, un pomo sferoidale (o falso
frutto), sferico-appiattito o quasi piriforme, con un diametro di
circa 2-3 cm ed un’altezza fino a 3,5 cm, contiene normalmente 2-3
semi rivestiti da tegumenti spessi e legnosi. Il peso del frutto
varia nelle varietà coltivate da 2-3 g a 10-12 g. Il colore della
buccia va dal giallo pallido al giallo intenso, talora soffuso di
rosso, all’arancio rosso e al rosso. La polpa è dolce, più o meno
acidula, succosa, saporita e aromatica a seconda della varietà. La
maturazione avviene da agosto ad ottobre ed i frutti possono essere
conservati per qualche mese.
Ritenuto un toccasana, l’azzeruolo
risulta utile per gli stati di esaurimento fisico e mentale, e può
essere definito anche una pianta multifunzionale.
È, infatti, una
pianta ornamentale, da frutto e medicinale. Come pianta decorativa,
in parchi e in giardini, unisce ai pregi estetici, nelle fasi di
fioritura e di maturazione, l’edulità del frutto utilmente
consumato dall’uomo, ma che può avere anche l’importante
funzione per l’alimentazione dell’avifauna (il complesso degli
uccelli che vivono in una certa regione). Come pianta da frutto si
può coltivare in frutteti familiari e nei giardini in esemplari
isolati o in filari ed innestati in siepi di biancospini.
I frutti,
come già accennato, possono essere trovati in vendita (settembre –
ottobre), spesso a prezzi da “amatore”, nei mercati locali e nei
negozi di primizie di alcune città.
Vengono talora riproposti come
ingredienti di antiche e nuove ricette, come confetture, marmellate e
gelatine, insalate e macedonie di frutta; si utilizzano in
pasticceria e si conservano sotto spirito o grappa.
Le azzeruole
consumate fresche sono dissetanti, rinfrescanti, diuretiche ed
ipotensive. La polpa ha proprietà antianemiche ed oftalmiche per il
contenuto di provitamina A ed in cosmesi è ritenuta rivitalizzante
delle pelli sciupate.
Per le proprietà medicinali entra nella
farmacopea europea come costituente della droga, “Crataegi folium
cum flore”, contenente germogli fioriti essiccati di differenti
specie di Crataegus.
Infatti, i fiori raccolti all’inizio della
fioritura ed i frutti a maturazione completa sono dotati (come il
biancospino) di importanti qualità medicinali:
a) i fiori svolgono
una efficace azione sedativa del sistema nervoso;
b) come
cardiotonici, regolano la pressione sanguigna ed il ritmo delle
pulsazioni del cuore;
c) risultano ottimi ipotensivi e sedativi per
cui sono indicati, tra l’altro, nella cura delle arteriosclerosi e
nei casi di insonnie nervose, di ronzii alle orecchie e di disturbi
della menopausa.
I frutti, invece, ricchi di zuccheri e di vitamine,
sono ritenuti ottimi ricostituenti e tonici per l’intero organismo,
per cui sono utili nelle carenze di vitamine, negli stati di
debilitazione generale o di esaurimento fisico e mentale. Agiscono
inoltre come antinfiammatori dell’apparato digerente e come
astringenti intestinali favorendo la diuresi in caso di litiasi e di
ritenzione di urina o di liquidi.
Nelle erboristerie e nelle
farmacie fitoterapiche è possibile acquistare anche dell’ottima
tintura di azzeruolo, diversamente da un infuso di fiori e da un
decotto di frutti, il processo di preparazione della tintura, in
casa, risulta infatti complesso.
I frutti freschi (azzeruole) si
possono consumare a volontà, senza alcuna limitazione poiché sono
squisiti mangiati tal quali oppure, come già accennato, in
macedonie, in confetture e in marmellate.
Sembra opportuno precisare
che, per la rarità della specie, le attuali conoscenze sulla
variabilità genetica esistenti, tra le piante spontanee e quelle un
tempo coltivate, sono scarse. Le caratteristiche varietali non sono
ben note e l’identità del materiale disponibile sul mercato
vivaistico è spesso incerta.
La confusione, talora, è alimentata
dalla vendita, con il nome di azzeruoli, di piante appartenenti a
specie affini (come Crataegus crus-galli, Crataegus prunifolia, ecc.)
di notevole valore ornamentale, ma con caratteristiche qualitative
comunque nettamente inferiori.
Riguardo le varietà coltivate, le
scarse descrizioni pomologiche dei vecchi testi riportano per
l’Italia: ‘Azzeruolo rosso d’Italia’, ‘Azzeruolo bianco d’Italia’, ‘Azzeruolo giallo del
Canada’; per la Spagna ‘Monstruoso’ e ‘Fruto Blanco’. Esse
differiscono soprattutto per le dimensioni, la forma del frutto e per
il colore della buccia. Singoli esemplari risultano presenti in orti
e giardini botanici, in Italia e all’estero, mentre rarissimi sono
i casi di vere e proprie collezioni oltre a quella realizzata a
Viterbo dal Dipartimento di produzione vegetale; l’unico caso, di
cui si è venuti a conoscenza nel corso del Progetto UE “Genres
29”, è quello che fa riferimento all’Istituto di coltivazioni
arboree di Bari, presso il quale risultano conservate accessioni
rappresentative del germoplasma pugliese.
Riguardo la tecnica
colturale, C. azarolus è una pianta che viene normalmente propagata
agamicamente per innesto, una tecnica che mantiene invariate le
caratteristiche varietali. Il porta-innesto più diffuso è il
biancospino (Crataegus monogyna) che ha una ottima affinità e
favorisce una precoce entrata in produzione anche se con numerosi
succhioni e polloni oltre che uno sviluppo più limitato rispetto al
nesto (azzeruolcon evidente differenza diametrale nei due bionti.
I vivaisti talora utilizzano il cotogno (Cydonia oblonga) per la
rapida crescita in vivaio, ma le piante hanno vita più breve anche
per la disaffinità.
Risulta impiegato anche il franco e con buoni
risultati. Di recente sono state studiate le potenzialità come
portainnesto per il pero e melo idonei ad aree aride.
Circa le
principali malattie ed avversità segnalate sull’azzeruolo possiamo
ricordare l’oidio (Podosphaera clandestina), la ruggine delle
pomacee (Gymnosporangium clavariaeforme) e la moniliosi (Monilia
fructigena) riguardo i funghi; Cydia molesta e Euproctis chrysorrhaca
tra gli insetti parassiti; il colpo di fuoco da Erwinia amylovora tra
i batteri patogeni.
Tale Giacomo Castelvetro, nel XVI secolo,
chiamava tali frutti “lazzeroni” e sosteneva che erano: “un
frutto non soltanto bello e piacevole all’occhio ma anche buono e
di gusto e molto sano per i corpi indisposti”.
Al frutto, inoltre,
attribuiva virtù curative: “il suo sapore è agrodolce ed è fuor
di dubbio che allevia la sete delle febbri ardenti e per questa
ragione i medici lo danno agli affebbrati”. Era così convinto
delle diverse proprietà di questo piccolo pomo che ne fece
addirittura dono a Sir Arrigo Wottoni, il quale era un diplomatico
inglese che rese numerose visite all’Italia.
Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"