venerdì 31 marzo 2017

L’AMICO DEGLI ANIMALI : PLUTO

Il Chien de Saint Hubert o cane di Sant’Uberto o cane bloodhound è una razza canina di origine belga.
I cani di Sant’ Uberto rientrano nei segugi da pista: possiedono infatti un fiuto eccezionale. Hanno 4 miliardi di recettori olfattivi: si tratta di un numero sopra la media canina.
Il segugio di Sant' Uberto è il cane più famoso del mondo e sembra che Walt Disney si sia inspirato proprio ad esso e ai bracchi in genere per creare il mitico Pluto, il cane di Topolino.

Bloodhound - Cane di Sant’Uberto
Il nome trae origine dal monastero di Sant’Uberto (Ardenne-Belgio), in cui il cane venne allevato a partire dal VII secolo da un dissoluto nobiluomo francese che si convertì e divenne un monaco fondando appunto l’Abbazia. Si narra anche che sia un cane molto antico e che lo menzioni persino lo storico greco Senofonte (354 a.C.) ma sicuramente era molto diverso da quello di oggi. Per secoli il monastero divenne il centro principale della selezione della razza, successivamente giunta fino a noi con caratteristiche morfologiche non troppo diverse da quelle originarie.
Nel XI secolo, i cani di Sant’ Uberto giunsero in Gran Bretagna a seguito di Guglielmo il Conquistatore e presero il nome di Bloodhound. Qui la razza ebbe una notevole diffusione.
Bloodhound significa “cane da sangue” per la sua naturale capacità di seguire le tracce di animali feriti. Secondo altri però il termine Bloodhound significherebbe “cane purosangue”.

Storia:
Fin dal medioevo è stato utilizzato per la caccia anche se allora era molto diverso dallo standard odierno. Si racconta che i primi cani di Sant’Uberto furono selezionati in modo da essere aggressivi e che essi derivassero da incroci tra i bloodhound di prima generazione e molossi come il dogo cubano. Si racconta anche che vennero utilizzati dai conquistadores contro gli indios per rintracciare gli schiavi fuggiti.
Un certo numero di cani Sant’Uberto vennero poi introdotti in Florida per essere utilizzati nelle guerre contro gli indiani Seminole. In questo caso però fallirono in quanto l’ambiente estremamente umido della Florida non era adatto al loro fiuto, inoltre venivano tenuti al guinzaglio e pertanto non avevano il movimento che a questi cani serve per seguire una pista, così furono rimpatriati.
Oggi il cane di Sant’Uberto è completamente diverso, è molto buono ed affettuoso e non ha più nulla dell’aggressività di un tempo, ammesso poi che questa immagine del passato sia vera. Il segugio di Sant’Uberto è un cane timido, affettuoso e gentile, attaccassimo al padrone e schivo con chi non conosce.
Quando segue una pista si chiude e non vede nient’altro. È inutile che lo chiamate e vi sgolate non sente nessuno. È molto sensibile, quindi come apprezza le lodi si deprime con i rimproveri. Educare il cane di Sant’Uberto è semplicissimo con qualche avvertenza: bisogna farlo con dolcezza, usare la massima coerenza e non deve essere mai punito.

Caratteristiche MORFOLOGICHE:
Il cane di Sant’Uberto è un cane di grossa taglia. Altezza al garrese: maschi 68 cm, femmine 62 cm. Peso: maschi 46-54 kg, femmine 40-48 kg. Dall’altezza al garrese e dal peso si capisce che il cane Bloodhound è un cane possente, massiccio e maestoso.
Sebbene possieda una andatura lenta e un passo ondeggiante è sorprendentemente agile quando è al lavoro.
La testa: il suo cranio è alto e a punta, con l’osso occipitale pronunciato e in proporzione alla sua lunghezza anche stretto. Ha arcate sopracciliari non molto prominenti, sebbene sembra che abbia gli occhi infossati donandogli una espressione maestosa. La pelle sulla fronte e sulle guance è abbondante e sottile, è un cane con rughe molto profonde. Il colore degli occhi va dal bruno al nocciola. Le orecchie sono molto lunghe e sottili. Se tirate per lungo devono, secondo lo standard, oltrepassare il tartufo.
La coda: è molto lunga, spessa e forte ed è più alta della linea dorsale. Il mantello del cane di Saint Uberto può essere di tre colori: fulvo, nero-focato, e fegato. Il pelo è corto, ma morbido e setoso.
Arti: muscolosi e possenti e se sembrano inadatti a corse sfrenate vi sbagliate di grosso.
Corpo: garrese marcato, dorso diritto, solido e largo. Groppa muscolosa, torace ovale e cassa toracica lunga. Petto e punta della spalla ben evidenziata.

Bloodhound cuccioli | Cura dei cuccioli di bloodhound
Se a 60 giorni i cuccioli di cane di Sant’Uberto sembrano piccoli e poco ingombranti, vi dovete ricordare che anche se non sembra il loro peso arriva a 60 kg. Pertanto come tutti i cani di grossa taglia, che superano i 50 kg necessitano di molte cure durante la crescita sia fisica che psichica. I cuccioli bloodhound crescono molto in fretta e quindi vanno seguiti attentamente al fine di fornire ad essi tutte le sostanze nutritive di cui necessitano. Quindi per la loro alimentazione consiglio sempre di rivolgervi al vostro amico veterinario.
Anche da adulto l’alimentazione del cane di Sant’Uberto deve essere molto equilibrata e attenta. I pasti vanno somministrati due o tre volte al giorno e sempre alla stessa ora in un luogo tranquillo dove non deve essere disturbato.
Attenzione alle abbuffate che possono portare a torsioni di stomaco con pericolo di vita del cane. Può andare incontro, visto la particolare forma delle orecchie, ad otiti ricorrenti e, per la forma della faccia, a congiuntiviti batteriche.
Vaccinazioni consigliate: da 50 di vita giorni in poi rivolgendoci ovviamente al nostro veterinario

A chi è adatto il cane di Sant’Uberto?
Il cane di Sant’Uberto sbava per la conformazione delle sue labbra che sono grandi e pendule, soprattutto nei mesi estivi. La sua scrollata di testa può far arrivare la bava fino al soffitto. È a chi vuole avere un cane dolce, paziente e capace di andare d’accordo con tutti.
Malgrado la sua mole è un cane adatto ai bambini proprio per la sua immensa pazienza. È quindi un ottimo cane da compagnia.
Non vi aspettate però che sia un cane da passeggiatina di cinque minuti perché resta un cane da caccia o meglio da traccia e pertanto è l’ideale per praticare la ricerca (Il cane di Sant’Umberto fu utilizzato durante la prima guerra mondiale per la ricerca e il soccorso dei feriti) e come ancora oggi come cane molecolare per la ricerca dei dispersi e dei feriti soprattutto dalla polizia londinese. Quindi è un cane impegnativo per la mole, ma docile attento e sicuro con tutta la famiglia.
Un ottimo compagno di cammino.

Saluti dall’AMBULATORIO VETERINARIO SAN VALENTINO ambvetsanvalentino@virgilio.it

Scritto da Stefano Moroni - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

giovedì 30 marzo 2017

I GRANDI SITI INTERNET CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO

PARTE PRIMA
L’informatica, che lo si voglia o meno, fa sempre più parte della nostra vita. Ci rendiamo conto di quanto siano diventati influenti, utili e indispensabili i grandi siti internet che la maggior parte della gente visita quotidianamente per avere notizie, interagire con le community, condividere passioni, fare shopping o semplicemente divertirsi.

Iniziamo il nostro viaggio con il sito più famoso e visitato al mondo che più di ogni altro, a dir il vero alquanto inaspettatamente, ha saputo interpretare nel modo migliore le potenzialità del web, unendo semplicità, efficienza ed altissima tecnologia, offrendo un prodotto gratuito e utilissimo.

GOOGLE (motore di ricerca)
Google Search ormai lo conoscono tutti: è un motore di ricerca per Internet fondato il 15 settembre 1997. Oltre a catalogare e indicizzare le risorse del World Wide Web si occupa anche di foto, newsgroup, notizie, mappe, mail, shopping, traduzioni, video e programmi creati appositamente da Google.
Semplicità d’uso, assenza di pubblicità, velocità, sono state le carte vincenti per farne in pochi anni il sito più quotato e visitato al mondo.
Una particolarità di Google è quella che in determinate date il caratteristico logo cambia, a celebrare l’avvenimento avvenuto quel determinato giorno. Il logo in questo caso viene chiamato doodle, e talvolta è anche animato.

FACEBOOK (social network)
Dovete immaginarlo come una piazza virtuale, dove in genere ci si trova tra amici, e ci si scambia opinioni, passioni, foto, video, documenti e ... ricordi. Infatti nacque inizialmente per far incontrare i vecchi compagni di scuola. Facebook è un servizio di rete sociale (social network) lanciato nel 2004, fondato a Harvard negli Stati Uniti dall’allora studente universitario Mark Zuckerberg.
Da allora Facebook raggiunse un enorme successo: nel 2013 è diventato il secondo sito più visitato al mondo, dopo Google; ha cambiato profondamente molti aspetti legati alla socializzazione e all’interazione tra individui, sia sul piano privato che quello economico e commerciale.
È disponibile in oltre 70 lingue e conta circa oltre 1 miliardo di utenti attivi. Gli utenti possono creare un profilo personale, includere altri utenti nella propria rete sociale, aggiungendoli come amici, e scambiarsi messaggi, anche via chat, per condividere interessi in comune, contenuti multimediali ed utilizzare varie applicazioni presenti sul sito.
Può inoltre fornire ulteriori informazioni, la scuola frequentata, il proprio lavoro, l’orientamento religioso e quello politico, la propria situazione sentimentale e molto altro.

YOUTUBE (video e filmati)
Ne abbiamo già parlato sui numeri scorsi. YouTube è una piattaforma web che consente la condivisione e visualizzazione in rete di filmati, documentari, video tutorial e tantissime altre cose.
Di proprietà di Google Inc. dal 2006, è il terzo sito web più visitato al mondo dopo Google e Facebook.
La maggior parte dei contenuti su YouTube viene caricata dai singoli utenti, anche se le società dei media tra cui la CBS, BBC, VEVO e altre organizzazioni offrono il loro materiale tramite il sito, come parte del programma di partnership di YouTube.

AMAZON (e-commerce)
Amazon è un’azienda di commercio elettronico statunitense con sede a Seattle, nello stato di Washington. È stata tra le prime grandi imprese a vendere merci su Internet. Fondata da Jeff Bezos nel 1994, Amazon iniziò come libreria online, ma presto allargò la gamma dei prodotti venduti a DVD, CD musicali, software, videogiochi, prodotti elettronici, abbigliamento, mobilia, giocattoli e altro ancora. Può essere considerato come il negozio più grande del mondo.

WIKIPEDIA (enciclopedia)
Prima esistevano Larousse e Treccani per citare le più famose. Oggi c’è Wikipedia, un’enciclopedia online, collaborativa multilingue e gratuita, nata nel gennaio del 2001, supportata dalla Wikimedia Foundation, un’organizzazione statunitense non a scopo di lucro.
Etimologicamente Wikipedia significa cultura veloce, dal termine hawaiano wiki (veloce), con l’aggiunta del suffisso -pedia (dal greco antico -παιδεία, “formazione”).

YAHOO! (motore di ricerca - portale)
Yahoo! è una società fornitrice di servizi internet rivolta al mondo business e consumer. Fondata nel 1994 da David Filo e Jerry Yang, allora studenti presso la Stanford University. Storico motore di ricerca, nato molto prima di Google, si compone anche di moltissimi altri servizi rivolti alla comunicazione (mail, messenger e chat) e grazie a partnership si propone anche nel mercato dei media.
Dopo essersi sopravvalutato in occasione di un’ interesse d’acquisto da parte di Microsoft un paio di anni fa, ora sta passando un periodo di crisi.


Scritto da Pino Varone - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

mercoledì 29 marzo 2017

CORI, BOOM DI TURISTI PER LA CAPPELLA DELL’ANNUNZIATA NELLE GIORATE FAI

Il nuovo corso, il boom di presenze durante le Giornate FAI di Primavera e una Convenzione fresca fresca di firma tra la Pro Loco Cori e il Polo Museale del Lazio, stanno facendo tornare a “brillare” la Cappella della Santissima Annunziata di Cori.

Molte cose sono cambiate dalla presa in carico provvisoria del Monumento da parte della Pro Loco Cori, avvenuta lo scorso mese di agosto e sostenuta anche dall’Amministrazione Comunale di Cori, in primis il Sindaco Tommaso Conti, a supporto della sig.ra Della Vecchia che da circa 45 anni le era stata affidata da parte dell’allora Soprintendenza per i Beni Culturali del Lazio la chiave per l’apertura straordinaria della Cappella ai turisti.

Dall’istituzione da circa due anni del Polo Museale del Lazio, diretto dalla dott.ssa Edith Gabrielli, è sopraggiunto un nuovo impulso sul territorio per l’espletamento del servizio pubblico di fruizione e di valorizzazione degli Istituti e dei luoghi della cultura in consegna allo Stato.

Considerato che la Cappella della Santissima Annunziata di Cori è un Monumento dello Stato ecco che anche il Monumento dell’Oratorio dell’Annunziata sta ricevendo in quest’ultimo periodo una particolare attenzione. Da quando la Pro Loco Cori ha preso in carico la Cappella dell’Annunziata, si è immediatamente riscontrato un aumento delle visite del sito museale, dovuto ad un aumento delle fasce orarie di apertura, in particolare nei giorni festivi, ad una migliore cura del Complesso, compreso l’adiacente giardino degli eremiti, e soprattutto attraverso una costante promozione sui social network, completamente mancante in passato.

Sabato 25 marzo, in concomitanza con l’Inaugurazione delle Giornate FAI di Primavera presso la Cappella dell’Annunziata, la Pro Loco Cori ha siglato con il suo presidente Tommaso Ducci una Convenzione con il Polo Museale del Lazio alla presenza del direttore della Cappella della Santissima Annunziata di Cori, il dottor Stefano Petrocchi, e della dirigente del Polo Museale del Lazio, la dott. ssa Edith Gabrielli.

Un importante risultato per tutto il territorio ma soprattutto per Cori, un monumento nazionale, un vero gioiello dell’arte pittorica quattrocentesca dell’Italia che potrà svolgere un’azione trainante sul turismo e sull’economia della città di Cori.
Una Convenzione quella appena siglata che significherà piena collaborazione tra il Polo Museale e la Pro Loco di Cori. Sarà una funzione di assistenza ai visitatori che i volontari della Pro Loco svolgeranno a titolo gratuito con un tesserino di riconoscimento personale recante la dizione “Volontario per il Patrimonio Culturale”.
Sarà un lavoro impegnativo perché oltre a convogliare i turisti nell’Oratorio dell’Annunziata i volontari saranno chiamati a collaborare con il Polo Museale per organizzare nei diversi spazi del sito importanti eventi culturali e di spettacolo in alcuni momenti dell’anno. La Pro Loco Cori avrà anche il compito di organizzare a richiesta delle visite guidate della splendida Cappella del XV secolo.

Tornando alla cronaca delle Giornate FAI di Primavera, grande boom di turisti che hanno visitato la Cappella della Santissima Annunziata accompagnati dagli “Apprendisti Ciceroni”, in particolare gli studenti del Liceo “Meucci” di Aprilia, che hanno avuto il compito di raccontare, ma anche di creare un’esperienza inclusiva e momenti di incontro e scambio tra generazioni e genti diverse.
A sostegno dell’evento l’importante presenza della RAI Radio Televisione Italiana che ha promosso l’Oratorio durante “TGR Lazio” e “TGR Speciale Giornate Fai di Primavera” quest’ultima una trasmissione di 3 ore andata in onda domenica mattina 26 marzo su RAI 3.

L’evento è iniziato con l’Inaugurazione del giardino, completamente recuperato da un conclusivo intervento dei giardinieri inviati dal Polo Museale del Lazio, e della Cappella con le esibizioni molto applaudite degli Sbandieratori “Leone Rampante” di Cori, della Compagnia Rinascimentale “Tres Lusores” e del Complesso Strumentale “Fanfarra Antiqua”.
Il conteggio delle visite dell’Oratorio nelle due giornate si è fermato 1.680 presenze tra le visite conteggiate dal FAI negli orari dell’evento (10-13 e 15-18) e quelle conteggiate solamente dalla Pro Loco Cori durante il prolungamento dell’apertura, dalle 13 alle 15 sia di sabato che di domenica, e fino alle 20:30 della domenica considerato il notevole afflusso di turisti presente in città fino a tarda serata.

Anche gli altri siti monumentali della città coinvolti dal FAI, il Tempio di Ercole, il Complesso Monumentale di Sant’Oliva e il percorso turistico nel centro storico, sono stati visitati da tantissimi turisti giunti a Cori per l’occasione. Un’iniziativa le Giornate FAI di Primavera, sostenuta nella sua fase progettuale dal Comune di Cori e dalla Pro Loco Cori, per tramite della Delegazione FAI Gaeta-Latina, con la collaborazione del Museo della Città e del Territorio, dell’Associazione “Arcadia” e della Protezione Civile di Cori, per promuovere i beni artistici e architettonici di Cori, che ha avuto anche lo scopo di migliorare l’economia della città con le diverse attività commerciali ed i Ristoranti completamente presi d’assalto dai numerosi visitatori.


Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

martedì 28 marzo 2017

CENTRO SOCIALE “ARGENTO VIVO” DI CORI: CONSUNTIVO 2016 E PREVENTIVO 2017

Commento sui risultati anno 2016. Ho iniziato il mio mandato, promettendo di rivoluzionare l’organizzazione del Centro attraverso un’approfondita analisi delle strutture, delle attività esistenti, delle risorse umane e una seria analisi amministrativa.
Vi relazionerò, in sintesi in maniera comprensibile tutta l’attività svolta.

Premetto che questa assemblea doveva essere effettuata entro il 31/12/2016, però ho ritenuto opportuno farla dopo il compimento di un anno di lavoro per un’analisi più completa.
Questa mia relazione verrà divisa in due parti. La prima parte riguarda il bilancio consuntivo, la seconda parte la programmazione preventiva.

Analisi delle infrastrutture:
L’area cucina ha subito profondi cambiamenti, tra cui, l’allargamento della stessa e l’inserimento di una potente cappa di aspirazione che rende più salubre l’ambiente, oltre al completamento della maiolicatura resa indispensabile per ottemperare alla normativa HACCP (norme di buona prassi igienica).
È stato realizzato inoltre, sempre in cucina, un nuovo impianto elettrico a norma per l’istallazione della cappa. Sono stati costruiti n. 3 scalini mancanti, per l’accesso all’anfiteatro datoci in utilizzo, luogo che manutenzioniamo e puliamo periodicamente.
Nello stesso, oltre a spettacoli teatrali realizzati da nostri attori (coordinati e diretti dal signor Tonino Cecinelli), abbiamo creato una sala medica attrezzata, dove diamo la possibilità ai Soci di poter effettuare visite mediche specialistiche per la relativa prevenzione. Visite da cui il Centro non ha alcuna percentuale, ad eccezione dei soldi che ci vengono dati per le pulizie.
Abbiamo inoltre dipinto la recinzione esterna e potato le piante vicino alla stessa, grazie anche a Marisa, che vi dedica gratuitamente parte del suo tempo.
Nella realizzazione di alcuni lavori abbiamo chiesto e ottenuto, da parte del Comune, nelle persone dell’Assessore ai servizi sociali Chiara Cochi e del Vicesindaco Sig. Ennio Afilani, gli estintori indispensabili alla sicurezza dei locali la vernice per poter dipingere la recinzione esterna, la riparazione dei lampioni pubblici esterni che illuminano la strada antistante l’entrata del centro e cosa più importante, l’asfaltatura di quei pochi metri di strada davanti il Centro, che era diventata zona quasi impraticabile.
Queste poche cose concesseci, potrebbero sembrare poco, ma poco non sono. Spero che nel prossimo futuro, i rappresentanti della prossima amministrazione, siano più sensibili e collaborativi nei nostri confronti e noi lo saremo nei loro, a prescindere dal colore del partito a cui apparterranno, in quanto questo Centro è, ci tengo a sottolinearlo, in un centro sociale apartitico.

Attività esistenti:
Alle normali attività già esistenti, cene conviviali, ballo e ginnastica, abbiamo dato ai soci la possibilità di svolgere altre attività quale il teatro e lo joga. Attività queste di buon successo.
Cosa importante è che queste attività sono frequentante da giovani. Giovani che dovremmo coinvolgere e spronare ad una partecipazione più attiva.

Risorse Umane
Per quanto riguarda le risorse umane, ho cercato di amalgamare le varie personalità e il differente modo di pensare e di agire (naturalmente sul sociale) di ognuno di loro, inserendo tutti in un unico progetto di intesa comune.
In parte ci sono riuscito, infatti il mio comitato di gestione, nelle riunioni ufficiali, decide e verbalizza, con il massimo della democrazia, unitariamente. Fino ad oggi ogni verbale è stato votato all’unanimità.

Analisi amministrativa:
Per sistemare una corretta, chiara e trasparente situazione contabile ho impiegato circa 3 mesi, mesi serviti per capire il metodo di gestione contabile adottato fino a quel momento. Metodo da me non condiviso, perché troppo macchinoso e poco comprensibile. Ho quindi adottato il metodo più semplice quello che tutti conoscono, ovvero quello delle Entrate e delle Uscite e del relativo Saldo. Facendo sì che la contabilità fosse chiara, trasparente e comprensibile a tutti.
Ho inoltre eliminato l’esistenza di 3 casse contenenti soldi cash (contanti). L’unica cassa attualmente esistente è la cassa della Banca di Credito Cooperativo di Roma dove teniamo il nostro c/c. I soldi di utile, provenienti dalle cene conviviali o dalle altre attività del Centro vengono consegnati al Presidente, che nel più breve tempo possibile li deposita presso l’istituto bancario sopra citato, evitando cosi smarrimenti o eventuali furti.
Questo metodo semplice, ma efficace, ha portato i suoi buoni risultati.

Progetto preventivo anno 2017:
Quando avremo la possibilità di gestire in toto il teatro, spero presto, è in programma la costruzione di un palcoscenico. Lo stesso sarà realizzato in adempimento alle normative vigenti in materia di sicurezza e ricettività.
Dopo la realizzazione potranno essere organizzati, oltre al teatro, spettacoli musicali, manifestazioni culturali, proiezioni cinematografiche ed altro. Potrà inoltre essere utilizzato da tutte le altre associazioni presenti nel territorio che ne facciano richiesta, previa valutazione del comitato di gestione.
È già in progettazione, in stato avanzato, ovvero progetto quasi pronto, l’ampliamento della sala biliardo, per permettere a quei soci amanti di tale sport di giocare. Attualmente non è possibile per mancanza di spazio.
Altro progetto importante, non solo per il nostro Centro, ma per l’intera comunità è organizzare a Cori il turismo per la terza età. Progetto ancora in fase di analisi su cui il comitato sta lavorando.
Un altro progetto importante è cercare di avere la possibilità di un ulteriore ampliamento del Centro, o utilizzando un locale già esistente inutilizzato di proprietà del Comune, sottostante il piazzale del centro stesso o montare una struttura antistante il piazzale.
Ciò è urgente in quanto il numero delle persone iscritte nell’anno 2016 è stato di circa 350 e per il 2017 sicuramente aumenterà. Come potete ben capire abbiamo bisogno di spazio per poter svolgere sotto il profilo della comodità e della sicurezza le nostre attività. Spero che i nostri rappresentanti politici, artigiani e istituti di credito possano contribuire alla realizzazione.

Concludo ringraziando il Comitato di Gestione e voi tutti per aver creduto in me. Grazie

Scritto da Il Presidente del Centro Enrico Todini - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

lunedì 27 marzo 2017

L'ECONOMIA A PORTATA DI TUTTI: I VOUCHER

Questo sarà l’ultimo anno nel quale si potranno utilizzare i voucher (o buoni lavoro), dopo anni di utilizzo improprio.

Nascono principalmente per agevolare le imprese, al fine di usufruire del lavoro dipendente svolto da alcune categorie di persone, quali giovani aventi meno di venticinque anni, pensionati, lavoratori part-time ed extracomunitari, per i quali non si prevedeva un contratto di lavoro vero e proprio, ma un surrogato effimero dello stesso, che permetteva al datore di lavoro di gestire i dipendenti saltuari nel rispetto della legge.

In sostanza i datori di lavoro richiedevano i voucher all’INPS, o presso altri rivenditori ed enti abilitati, per poter assumere personale anche per un solo giorno di lavoro; il valore del buono comprendeva la paga oraria spettante al lavoratore e la quota della normale tassazione sui redditi da lavoro.
Con tutte le limitazioni dell’uso di suddetti buoni, per le imprese agricole e per gli stessi lavoratori, dalla loro entrata in vigore hanno riscosso molto successo; hanno permesso a molte persone di lavorare ed alle imprese di assumere personale nei momenti di maggior domanda di prodotti.

Ma quali conseguenze ci sono state nel mondo del lavoro?

Ad esempio molte imprese ne hanno fatto un cattivo utilizzo, approfittando dei buoni per non assumere con un vero e proprio contratto del personale, il quale si è ritrovato a lavorare saltuariamente e stagionalmente, percependo un reddito annuo molto basso dovuto alle limitazioni normative dell’uso dei buoni. Ciò ha portato un irrealistico aumento del reddito dei cittadini italiani,  come Garanzia Giovani, i quali hanno visto un potenziale aumento della spesa al consumo, che in realtà si palesava solo come una possibilità in più di far fronte alle spese familiari.

La speranza dello Stato era quella di limitare il fenomeno del lavoro in nero, spesso utilizzato per lavori giornalieri nelle aziende agricole; mentre l’intento nascosto era quello di vedere un aumento del consumo per beni diversi da quelli di prima necessità e quindi di agevolare il circolo monetario nazionale, ovvero più consumi, più spese, più produzione da parte delle aziende e quindi più investimenti.
Dato che ciò non è avvenuto, o per lo meno non è valso come lo Stato si aspettava, il loro utilizzo è perpetuato nel tempo creando effimeri posti di lavoro, a danno dei lavoratori stessi.

Ecco quindi che la CGIL ha deciso di intervenire sugli articoli di legge n. 48, 49 e 50 del Jobs Act inerenti il lavoro accessorio, al punto tale di voler indire un referendum per la loro abrogazione e permettere al popolo di fare la sua scelta; il Governo per contro è intervenuto tempestivamente come non mai per agire sulla materia ed ha disposto l’abrogazione dei voucher, con possibilità di utilizzo fino al 31 Dicembre di quest’anno.

A mio parere è stato abolito uno strumento legale per aggirare la normativa sul lavoro, da sempre lacunosa, poco chiara e troppe volte riformata a piacimento del Governo in auge. Con la loro abolizione magari si propenderà ad assunzioni più concrete, anche se non ottimali dato il contesto economico attuale, ed a un reale miglioramento dell’ economia familiare degli italiani.


Scritto da Eleonora Angelini - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

domenica 26 marzo 2017

L’ AZZERUOLO (O “LAZZAROLO” O “LAZZERUOLO”)

..un fruttifero minore, poco conosciuto e scarsamente diffuso ma presente nella nostra flora che, per la botanica, la biodiversità, la storia e l’uso dei suoi eduli frutti, sembra opportuno conoscere.



Per tre Italiani su quattro, secondo una indagine della Coldiretti, la frutta in genere non è più buona come in passato e le principali ragioni sono riconducibili: ai frutti raccolti acerbi per durare di più sugli scaffali dei supermercati (65%); ai frutti che arrivano da troppo lontano (20%); alla scomparsa di antiche varietà (10%); ai frutti che non sono più genuini (5%).
Inoltre, in testa alla classifica dei diversi frutti dimenticati risultano quelli dell’azzeruolo, una specie conosciuta solo dal 15% degli Italiani, a cui seguono quelli del sorbo (conosciuti dal 17%), del corbezzolo (dal 27%), del corniolo (dal 32%), della pera volpina (dal 38%), del giuggiolo (dal 40%), del gelso (Morus nigra) (dal 72%), del carrubo (dal 75%), del nespolo (dal 82%), del melograno (dal 89%).

È evidente, comunque, che le “regole” miranti solo ad un profitto esagerato rappresentano, purtroppo, una minaccia per la biodiversità ed è dimostrato, peraltro, da un mercato che, spesso, ci presenta o ci offre prodotti fin troppo accattivanti alla vista, di facile stoccaggio ed idonei ai diversi spostamenti, però decisamente insapori e, quindi, al posto di quelli naturalmente gustosi e dotati di specifiche proprietà organolettiche, oltre che ricchi di qualità nutrizionali e/o virtù salutari.
Gli attuali prodotti alimentari, infatti, sono per lo più artefatti e sempre meno naturali tant’è che le scelte nutrizionali risultano, solitamente, pilotate dalla grande industria anche attraverso la pubblicità.

Ciò che noi consideriamo un cibo “buono” è, spesso, legato solamente alla presenza di aromi artificiali e non alla qualità e sanità delle materie prime. È evidente che i modelli di consumo abbisognano di opportuni mutamenti e considerino prioritarie la qualità dei prodotti oltre che la salute del consumatore. Si rendono altresì necessarie modifiche ai modelli di produzione per poter fornire prodotti sani e ricchi di sapore senza però alterare l’ambiente rurale e quello generale.
Per contro, un rinnovato interesse, di questi ultimi anni, per le tradizioni e gli antichi sapori e le attenzioni degli organi istituzionali verso i vari fruttiferi minori (nespolo, cotogno, melograno, pistacchio, giuggiolo, ficodindia, corbezzolo, corniolo, azzeruolo, ecc.) hanno peraltro favorito la riscoperta ed il recupero di piante abbandonate o dimenticate e, comunque, importanti per un loro più appropriato ed attuale impiego, per la biodiversità e per l’uso dei vari prodotti derivanti anche alla luce delle attuali tecnologie, nei diversi ambiti riguardanti fitoterapia, cosmetica e gastronomia.

L’azzeruolo, tra questi, è una pianta spontanea e sporadica nella nostra flora arborea e non passa inosservata agli hobbisti e ai più attenti amanti di escursioni e di passeggiate terapeutiche. È, infatti, ammirabile quando si manifesta fiorito come il biancospino, del quale è uno stretto parente, e quando ostenta i suoi colorati, decorativi ed eduli frutti, simili a piccole mele (appunto di un colore verde chiaro, oppure giallo o più spesso di un bel rosso vivo) dalla polpa solitamente dolce, croccante e delicatamente profumata; per questo sembra opportuno ricordarlo o meglio conoscerlo!
L’Azzeruolo, ad ogni modo, è una pomacea minore appartenente alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia delle Maloideae, e al genere Crataegus.
Il suo inquadramento sistematico non è facile per l’alto numero (oltre 250) di specie affini e fenomeni (di ibridazione, introgressioni, apomissia, poliplodia) che conferiscono una notevole complessità morfologica al genere Crataegus. Secondo la revisione del genere Crataegus del 1992 (operata dal botanico danese Carl Christensen) la specie azarolus (C. azarolus) comprende quattro varietà botaniche: ‘azarolus’, ‘chlorocarpa’, ‘aronia’ e ‘pontica’, delle quali le prime due risultano diffuse nell’area occidentale del bacino del Mediterraneo (compresa l’Italia) mentre la varietà ‘aronia’ avrebbe una distribuzione più ampia e la varietà ‘pontica’ risulterebbe presente sia nell’Asia Minore che in quella Centrale.

Crataegus azarolus var. ‘azarolus’, ad ogni modo, presenta normalmente foglie glabre o sub-glabre e frutti di colore rosso o arancio. Le altre varietà sono caratterizzate da foglie più o meno pubescenti nella pagina inferiore e da frutti gialli, sfumati di rosso (nelle varietà ‘aronia’ e ‘chlorocarpa’) o di giallo o arancio (nella varietà ‘pontica’).
Inoltre, nelle varietà ‘chlorocarpa’ e ‘pontica’ le spine sono rare, sono invece generalmente presenti nelle varietà ‘azarolus’ e ‘aronia’.

Per quanto riguarda l’origine e l’habitat, possiamo dire che C. azarolus è una specie presente da tempi remoti nell’area mediterranea e da secoli risulta coltivato in Italia sia per i suoi frutti eduli e sia come pianta ornamentale. I frutti, che normalmente maturano in settembre-ottobre e che, come già accennato, sono simili a delle piccole mele, erano infatti molto apprezzati nelle tavole rinascimentali per il loro aroma ed il gradevole gusto dolce-acidulo.
Peraltro, fino al secolo scorso, in varie zone italiane, alimentavano altresì un interessante ed apprezzato commercio. L’azzeruolo, comunque, naturalizzato in alcune regioni, risulta attualmente piuttosto raro in Italia oltre che a rischio di estinzione.

La sua area di origine rimane oggi difficile da definirsi con esattezza. Ritenuto generalmente originario dell’Asia Minore o dell’isola di Creta, viene talora considerato, almeno per alcuni ecotipi, nativo dell’area mediterranea. C. azarolus, attualmente, è la specie più diffusa dai Paesi del Mediterraneo (Nord Africa, Spagna, Italia, Sud della Francia, Malta, Creta, isole dell’Egeo) all’Asia Minore e all’Iran, sino all’Asia Centrale (Turkmenistan, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan) (Christensen, 1992).
C. azarolus è, comunque, considerato una pianta abbastanza rustica anche se preferisce un clima mite, posizioni soleggiate e suoli ben drenati; teme i terreni eccessivamente argillosi e soggetti a ristagni idrici.

In passato, veniva coltivato soprattutto nelle aree costiere della Francia meridionale e dell’Italia settentrionale, oltre che in quella meridionale e nelle Isole, ed è presente, tuttavia, anche in varie zone a clima più continentale, dove va impiantato in località con esposizioni favorevoli. La presenza di esemplari di azzeruolo è stata recentemente accertata in diverse Regioni italiane tra cui Piemonte, Liguria, EmiliaRomagna, Veneto, Toscana, Lazio (tra cui CoriRocca Massima), Molise, Campania, Puglia e Sicilia. (Biffi e Pelasgi, 1997; Bignami e Kurzmann, 1998).
Tale specie, ad ogni modo, è dotata di una elevata resistenza alla carenza idrica tant’è che alcuni ecotipi sono diffusi anche in steppe aride ed in climi semi-desertici.
Il suo germogliamento risulta piuttosto precoce (marzo-aprile) per cui può essere danneggiato da alcuni ritorni di freddo, mentre la fioritura tardiva (aprile – maggio) riesce a sfuggire, generalmente, alle gelate primaverili.

Da tempo è nota, peraltro, l’influenza delle condizioni climatiche sulle caratteristiche qualitative del frutto: una sufficiente temperatura, infatti, è ritenuta necessaria per ottenere frutti (pomi) zuccherini e non eccessivamente aciduli, in particolare per la varietà ‘Azzeruolo bianco d’Italia’, ‘Azzeruolo rosso d’Italia’ e per ‘Azzeruolo giallo del Canada’ che rappresentano i tre tipi di varietà commerciali più conosciute e presenti in alcune località della nostra estesa penisola.
L’azzeruolo, riguardo l’importanza economica e la diffusione nei Paesi del Mediterraneo, non è oggetto di coltura specializzata per il frutto in questi Paesi, contrariamente a quanto avviene in Cina, dove Crataegus pinnatifida Bunge, è coltivato su circa 26.000 ettari.
Si può dire che, nell’ultimo secolo, tale specie è stata trascurata per cui le azzeruole (frutti) presenti in commercio oggi in Italia provengono dalle poche piante coltivate in alcuni giardini e frutteti familiari.

Così, pur manifestando un certo incremento negli ultimi anni, la vendita di tali frutti e la loro trasformazione artigianale in marmellate e gelatine risultano fenomeni sporadici, al contrario di quanto si verifica per il citato C. pinnatifida e per C. mexicana, diffuso in Messico.

Pertanto, l’attuale importanza economica di tali specie la si può definire estremamente marginale.

Botanicamente, C. azarolus è un piccolo albero (o arbusto) deciduo, di lenta crescita, con tronco scuro e solcato che può raggiungere oltre i 4 m di altezza. La chioma presenta una forma arrotondata o piramidale ed i rami sono più o meno tomentosi, inermi o con rare spine nelle varietà coltivate. Le foglie, caduche, alterne, lobate e coriacee, hanno un peduncolo breve e sono dotate di stipole poco resistenti. La forma del lembo fogliare e della stipola varia in base al tipo di ramo (a legno o a frutto) su cui è inserita. Nel ramo a frutto la lamina è cuneata o arrotondata alla base, lobata, con 1-3 paia di lobi a seconda della varietà.
Il margine è pressoché intero o inciso all’apice. La pagina superiore è generalmente verde lucida e glabra; quella inferiore verde pallido-grigiastro, glabra o pubescente. I fiori, bianchi, con peduncolo breve e tomentoso, sono riuniti in corimbi in numero di 5-25. Il fiore è pentamero, con calice tomentoso di 5 sepali brevi e triangolari; i petali arrotondati, con 2-3 stili e 16-27 stami. La fioritura si verifica generalmente da fine aprile alla prima quindicina di maggio, in maniera scalare nel corimbo e nella pianta e con differenze tra le varietà. I fiori ed i frutti si sviluppano normalmente all’apice di un germoglio dell’anno originatosi da una gemma mista.

Dopo la raccolta dei frutti, l’apice dissecca e una gemma laterale sottostante dà origine alla crescita dell’anno successivo. Ciò conferisce ai rami un andamento a zig zag dando alla chioma una struttura contorta e complessa che, tuttavia, risulta di alto effetto ornamentale.
Il frutto, un pomo sferoidale (o falso frutto), sferico-appiattito o quasi piriforme, con un diametro di circa 2-3 cm ed un’altezza fino a 3,5 cm, contiene normalmente 2-3 semi rivestiti da tegumenti spessi e legnosi. Il peso del frutto varia nelle varietà coltivate da 2-3 g a 10-12 g. Il colore della buccia va dal giallo pallido al giallo intenso, talora soffuso di rosso, all’arancio rosso e al rosso. La polpa è dolce, più o meno acidula, succosa, saporita e aromatica a seconda della varietà. La maturazione avviene da agosto ad ottobre ed i frutti possono essere conservati per qualche mese.

Ritenuto un toccasana, l’azzeruolo risulta utile per gli stati di esaurimento fisico e mentale, e può essere definito anche una pianta multifunzionale.
È, infatti, una pianta ornamentale, da frutto e medicinale. Come pianta decorativa, in parchi e in giardini, unisce ai pregi estetici, nelle fasi di fioritura e di maturazione, l’edulità del frutto utilmente consumato dall’uomo, ma che può avere anche l’importante funzione per l’alimentazione dell’avifauna (il complesso degli uccelli che vivono in una certa regione). Come pianta da frutto si può coltivare in frutteti familiari e nei giardini in esemplari isolati o in filari ed innestati in siepi di biancospini.
I frutti, come già accennato, possono essere trovati in vendita (settembre – ottobre), spesso a prezzi da “amatore”, nei mercati locali e nei negozi di primizie di alcune città.
Vengono talora riproposti come ingredienti di antiche e nuove ricette, come confetture, marmellate e gelatine, insalate e macedonie di frutta; si utilizzano in pasticceria e si conservano sotto spirito o grappa.
Le azzeruole consumate fresche sono dissetanti, rinfrescanti, diuretiche ed ipotensive. La polpa ha proprietà antianemiche ed oftalmiche per il contenuto di provitamina A ed in cosmesi è ritenuta rivitalizzante delle pelli sciupate.
Per le proprietà medicinali entra nella farmacopea europea come costituente della droga, “Crataegi folium cum flore”, contenente germogli fioriti essiccati di differenti specie di Crataegus.

Infatti, i fiori raccolti all’inizio della fioritura ed i frutti a maturazione completa sono dotati (come il biancospino) di importanti qualità medicinali:
a) i fiori svolgono una efficace azione sedativa del sistema nervoso;
b) come cardiotonici, regolano la pressione sanguigna ed il ritmo delle pulsazioni del cuore;
c) risultano ottimi ipotensivi e sedativi per cui sono indicati, tra l’altro, nella cura delle arteriosclerosi e nei casi di insonnie nervose, di ronzii alle orecchie e di disturbi della menopausa.

I frutti, invece, ricchi di zuccheri e di vitamine, sono ritenuti ottimi ricostituenti e tonici per l’intero organismo, per cui sono utili nelle carenze di vitamine, negli stati di debilitazione generale o di esaurimento fisico e mentale. Agiscono inoltre come antinfiammatori dell’apparato digerente e come astringenti intestinali favorendo la diuresi in caso di litiasi e di ritenzione di urina o di liquidi.

Nelle erboristerie e nelle farmacie fitoterapiche è possibile acquistare anche dell’ottima tintura di azzeruolo, diversamente da un infuso di fiori e da un decotto di frutti, il processo di preparazione della tintura, in casa, risulta infatti complesso.

I frutti freschi (azzeruole) si possono consumare a volontà, senza alcuna limitazione poiché sono squisiti mangiati tal quali oppure, come già accennato, in macedonie, in confetture e in marmellate.

Sembra opportuno precisare che, per la rarità della specie, le attuali conoscenze sulla variabilità genetica esistenti, tra le piante spontanee e quelle un tempo coltivate, sono scarse. Le caratteristiche varietali non sono ben note e l’identità del materiale disponibile sul mercato vivaistico è spesso incerta.
La confusione, talora, è alimentata dalla vendita, con il nome di azzeruoli, di piante appartenenti a specie affini (come Crataegus crus-galli, Crataegus prunifolia, ecc.) di notevole valore ornamentale, ma con caratteristiche qualitative comunque nettamente inferiori.
Riguardo le varietà coltivate, le scarse descrizioni pomologiche dei vecchi testi riportano per l’Italia: ‘Azzeruolo rosso d’Italia’, ‘Azzeruolo bianco d’Italia’, ‘Azzeruolo giallo del Canada’; per la Spagna ‘Monstruoso’ e ‘Fruto Blanco’. Esse differiscono soprattutto per le dimensioni, la forma del frutto e per il colore della buccia. Singoli esemplari risultano presenti in orti e giardini botanici, in Italia e all’estero, mentre rarissimi sono i casi di vere e proprie collezioni oltre a quella realizzata a Viterbo dal Dipartimento di produzione vegetale; l’unico caso, di cui si è venuti a conoscenza nel corso del Progetto UE “Genres 29”, è quello che fa riferimento all’Istituto di coltivazioni arboree di Bari, presso il quale risultano conservate accessioni rappresentative del germoplasma pugliese.

Riguardo la tecnica colturale, C. azarolus è una pianta che viene normalmente propagata agamicamente per innesto, una tecnica che mantiene invariate le caratteristiche varietali. Il porta-innesto più diffuso è il biancospino (Crataegus monogyna) che ha una ottima affinità e favorisce una precoce entrata in produzione anche se con numerosi succhioni e polloni oltre che uno sviluppo più limitato rispetto al nesto (azzeruolcon evidente differenza diametrale nei due bionti. I vivaisti talora utilizzano il cotogno (Cydonia oblonga) per la rapida crescita in vivaio, ma le piante hanno vita più breve anche per la disaffinità.
Risulta impiegato anche il franco e con buoni risultati. Di recente sono state studiate le potenzialità come portainnesto per il pero e melo idonei ad aree aride.

Circa le principali malattie ed avversità segnalate sull’azzeruolo possiamo ricordare l’oidio (Podosphaera clandestina), la ruggine delle pomacee (Gymnosporangium clavariaeforme) e la moniliosi (Monilia fructigena) riguardo i funghi; Cydia molesta e Euproctis chrysorrhaca tra gli insetti parassiti; il colpo di fuoco da Erwinia amylovora tra i batteri patogeni.

Tale Giacomo Castelvetro, nel XVI secolo, chiamava tali frutti “lazzeroni” e sosteneva che erano: “un frutto non soltanto bello e piacevole all’occhio ma anche buono e di gusto e molto sano per i corpi indisposti”.
Al frutto, inoltre, attribuiva virtù curative: “il suo sapore è agrodolce ed è fuor di dubbio che allevia la sete delle febbri ardenti e per questa ragione i medici lo danno agli affebbrati”. Era così convinto delle diverse proprietà di questo piccolo pomo che ne fece addirittura dono a Sir Arrigo Wottoni, il quale era un diplomatico inglese che rese numerose visite all’Italia.

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

ADDIO A TRISHA BROWN

La scomparsa di Trisha Brown è una perdita annunciata. Dal 2008 questa imprescindibile capofila della storica Post Modern Dance - nata ad Aberdeen, nello stato di Washington, nel 1936 e scomparsa a San Antonio in Texas il 18 marzo 2017.

Si era ritirata dalla sala prova, luogo per lei vitale: l’unico in cui la sua mente calcolatrice e strategica, ma ormai svanita nei misteriosi fumi dell’Alzheimer, riusciva a ritrovare il bandolo di una matassa non solo creativa. Poi il definitivo internato, lo shock dei suoi collaboratori, dei tanti ballerini cui ha insegnato la morbidezza del release, la liberazione dal tono muscolare e il fluire nello spazio, o free flowing.
Una modalità di lavoro da lei intesa come “umanesimo corporeo della non violenza”, rifiuto di ogni forma costruita e del virtuosismo come  potenza fisica di un corpo danzante tutto in tensione. Trisha amava la scioltezza e costruiva coreografie magnifiche che parevano buttate lì come si lancia una manciata di palline che andranno a finire chissà dove e chissà perché lì o là.
E invece erano frutto di calcoli minuziosi, di una complessa “ingegneria” del movimento, tanto più stupefacente in quanto il corpo che danza vi appare, proprio in contrapposizione alla complessità coreografica, totalmente rilassato.

Con il successo internazionale di Set and Reset (1983) si scoprì tutta la sua sensibilità, ma anche la novità del suo stile, in grado di pensare il corpo in relazione all’ideologia e alla storia. Trisha, ricercatrice a oltranza e ballerina longeva - quasi sessantenne si esibiva ancora in un assolo - su musica del pittore Robert Rauschenberg, suo grande amico - dando le spalle al pubblico (era If You Couldn’t See Medel 1994) apparteneva alla storia di un’avanguardia rumorosa.

Le sue prime sperimentazioni avevano destato clamore, come quando, alla fine degli anni sessanta, scalava i grattacieli del quartiere newyorkese di Soho, chiamando le sue pericolose ascensioni in cordata “danze” e “sfide alla forza di gravità”.

Allieva di artisti della Modern Dance, e di Merce Cunningham, cofondatrice del gruppo della Judson Church, e nel 1970 di una sua compagnia, si mise ad accumulare movimenti naturali con ossessione e un pizzico di ironia, bandendo non solo il virtuosismo, ma anche ogni tentazione musicale.
Tuttavia, con il passaggio alla scena teatrale la sua danza cominciò a intrecciare molteplici collaborazioni, alla fine anche musicali.

L’aspetto scientifico del suo lavoro, il procedere per cicli o periodi di ricerca, non entrò in crisi neppure nel momento in cui decise di incontrare sistematicamente i suoni del passato, il jazz, Webern, Monteverdi, Schubert e l’opera contemporanea del nostro Salvatore Sciarrino.
Con lei che tanto avremmo voluto premiata da un Leone d’oro alla Biennale Danza di Venezia, se ne va una coreografa più che geniale e una donna algida e appassionata, ironica e sbarazzina. Ghiaccio bollente, come Glacial Decoy, il titolo di una sua misteriosa coreografia.

Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

sabato 25 marzo 2017

AL DI SOPRA DI TUTTO LA PACE

Risuona ancora nella mia memoria il grido accorato del Papa Paolo VICon la guerra tutto è perduto, con la pace tutto è salvo”. La guerra infatti è il peccato più grande dell’umanità.

Volere la morte dell’altro, che se riflettiamo è il fratello di tutti, significa in definitiva darsi la morte con le proprie mani, sappiamo anche che la terra che oggi i popoli abitano non è di loro proprietà ma la spartizione pacifica di quel diritto primordiale di abitare una terra.

Vivere nella pace nella propria terra è allora la condizione essenziale per poter godere della terra…

Non dobbiamo mai dimenticare che è in qualche modo la nostra madre, il primo uomo Adamo è il fatto di terra, quella terra che secondo la Bibbia ha avuto Dio fra le mani e alla quale ha infuso il suo spirito di vita. La madre che un giorno ci riabbraccerà tornati in polvere fino al giorno del risveglio finale e del Giudizio Universale, per entrare nella vita senza fine o nella disgrazia di una morte eterna.

La nostra fede ci illumina verso quel traguardo finale perché possiamo guadagnarci il premio della nostra fatica nella vita presente operando con Giustizia e Amore verso tutti i fratelli così da meritarne il premio.

Bando all’ora all’odio e ad ogni altra guerra o contesa che mira alla eliminazione del fratello perché lo spirito di Caino non predomini in noi, ma sappiamo riconoscere in tutti quel diritto ad una esistenza pacifica così come giustamente la pretendiamo per noi.

Auspichiamo un mondo di pace per tutti, accogliamo il fratello migrante spesso scacciato dalla sua terra, facciamo posto a tutti i profughi che domandano asilo, ricordandoci che alle prime origini del nostro popolo vi sono state, quasi le stesse condizioni per stabilirsi in questa nostra, dico ora nostra amata terra italiana.


Scritto da Ottaviano Maurizi - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

venerdì 24 marzo 2017

LA CELIACHIA

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine.

Il glutine è il fattore scatenante della malattia celiaca. È la componente proteica che si trova nel frumento (quello che comunemente è chiamato “grano”) ed in altri cereali, ad esempio farro, orzo, segale, avena, kamut (grano egiziano), spelta, triticale, bulgur (grano cotto), malto, greunkern (grano greco) e seitan (alimento ricavato dal glutine).

Eliminare il glutine dalla propria dieta permette al celiaco di condurre una vita serena ed in salute. La dieta priva di glutine è infatti l’unica terapia possibile. È questa l’unica cura della celiachia.
La celiachia è una patologia autoimmune ed è anche chiamata morbo celiaco, enteropatia immuno-mediata, sprue celiaca o enteropatia glutine-sensibile.
Enteropatia” significa malattia dell’intestino. È infatti l’intestino del celiaco che non riesce ad assimilare il glutine, che quindi viene considerato un agente tossico.

Il glutine in realtà non è presente nel chicco del cereale o nella farina, ma si forma solo in seguito all’aggiunta di acqua e alla formazione dell’impasto.

Nel celiaco ingerire glutine attiva in maniera anomala il sistema immunitario che risponde rifiutando il glutine e danneggiando quindi l’intestino. Le pareti dell’intestino (ossia la mucosa) sono formate da miliardi di villi, piccole strutture sottili e allungate che formano tra di loro delle anse. Questa particolare conformazione permette l’assorbimento delle sostanze nutritive.
Nei celiaci la reazione della mucosa intestinale appiattisce queste anse e causa quindi malassorbimento. Si dice infatti che i villi si “atrofizzano”, ossia la mucosa si appiattisce e non fa più il suo lavoro di assimilazione dei nutrienti (ferro e altri minerali, vitamine, zuccheri, proteine, grassi).

La celiachia non è causata esclusivamente dal glutine, ossia dal fattore ambientale, ma anche da alcuni fattori genetici. La celiachia è infatti una delle malattie genetiche più frequenti. In particolare il complesso HLADQ2 e HLA-DQ8 è fortemente associato alla malattia celiaca.
Questo non significa che chi possiede questi geni è necessariamente celiaco, ma semplicemente ha la predisposizione a sviluppare la celiachia. La celiachia si manifesta spesso nell’infanzia dopo lo svezzamento, con il passaggio dal latte materno all’alimentazione contenente glutine.
Qualora non fosse diagnosticata, sono possibili disturbi della crescita e dello sviluppo. I bambini celiaci sono spesso di corporatura esile e possono apparire denutriti. La celiachia può tuttavia comparire ad ogni età, oggi infatti viene diagnosticata soprattutto tra gli adulti.

Se si sospetta una celiachia, il primo test da effettuare sono gli esami del sangue. Se in questi esami vengono evidenziati gli anticorpi specifici, nella maggior parte de casi si procede con una biopsia dell’intestino tenue (prelievo del tessuto) per la conferma definitiva.
Nel caso di sintomi indicanti la celiachia, come prima cosa verrà fatto un esame del sangue per ricercare specifici anticorpi, chiamati antitransglutaminasi (anti tTG) di classe IgA. Si tratta di un esame del sangue estremamente affidabile che viene eseguito di routine.
In caso di esito sierologico positivo, si procede con una biopsia dell’intestino tenue per mezzo della quale vengono prelevati frammenti del tessuto e analizzati istologicamente. Se gli esami sierologici sono positivi e si verificherà la presenza di alterazioni della mucosa, con tutta probabilità si vedrà l’appiattimento dei villi duodenali originariamente piegati in modo molto compatto (atrofia dei villi) e un aumento dei linfociti intraepiteliali (parte dei globuli bianchi che è coinvolta principalmente nell’attività immunitaria dell’intestino) e sarà possibile confermare la diagnosi di celiachia.
E la biopsia intestinale mostra le tipiche variazioni della mucosa, lo specialista gastroenterologo ti spiegherà la necessità di adottare una dieta priva di glutine, rigorosa ed a vita.

Un’alimentazione priva di glutine infatti porta spesso a un rapido miglioramento. Non appena si rinuncia agli alimenti contenenti glutine, la mucosa intestinale inizia a rigenerarsi. Fortunatamente un celiaco non deve assumere alcun tipo di farmaco, la cura in pratica consiste nell’osservare una dieta senza glutine rigorosa a vita.

Scritto da Emanuele Nobili - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

giovedì 23 marzo 2017

UNITÀ E FERITE

E’ stata di questi giorni l’iniziativa della famiglia Ravizza Garibaldi di organizzare un incontro a Carano, dove si trova la tomba di Menotti Garibaldi, figlio del più noto Giuseppe, uno dei protagonisti indiscussi del processo dell’unificazione italiana.

L’occasione è stato l’anniversario dell’Unità d’Italia. 17 marzo 1861 – 17 marzo 2017, sono trascorsi 156 anni dalla nascita dello Stato italiano, ma occorre precisare che l’unità ha lasciato aperte dei problemi non ancora risolti. Intanto bisogna fare qualche precisazione non scontata: nel 1861 nasce lo Stato, ma non l’Italia, che esisteva già da secoli.
Dante Alighieri era italiano anche se ai suoi tempi non esisteva lo Stato unitario e lo stesso si può dire di altri personaggi; l’unità, soprattutto nel modo in cui è stata realizzata, risulta criticabile, “fatta male” e proprio per questo sembra aver lasciato alcune ferite. Ecco gli argomenti più dibattuti.

Sicuramente la “questione meridionale”, che ancora oggi continua drammaticamente a sanguinare. Nel periodo in questione nel Sud si è combattuta una feroce guerra civile tra italiani, frutto della volontà di imporre un sistema politico a un Regno secolare, come quello di Napoli prima e delle due Sicilie poi. Questa guerra ha lasciato tracce, consapevoli e non, che si esprimono nell’antagonismo contro lo Stato, da allora considerato come un corpo estraneo e ostile. E non basta che lo Stato riversi soldi su una popolazione, quasi volesse farsi perdonare di averla umiliata.
La questione è storica e culturale, politica ed economica.

Poi la “questione della forma del nuovo Stato”: nel 1861 venne preferito al federalismo uno Stato fortemente centralizzato sul modello francese. Nacque così l’Italia dei Prefetti, da molti definito il “vestito peggiore “ per popoli diversi, lontani, che forse avevano bisogno di una Confederazione che li tenesse insieme, senza che nessuno prevaricasse gli altri.

Lo Stato liberale e quello fascista cercarono di risolvere la questione aumentando il centralismo. Dopo il 1945 la Repubblica dei partiti ha cercato la soluzione con l’istituzione delle Regioni, che sarà attuata dopo il 1970.

Poi è storia di oggi: è nato il fenomeno leghista, che dando obiettivi politici al movimento autonomista, ha posto maggiormente la questione all’attenzione dell’opinione pubblica. Infine la “questione cattolica”, perché è fuori dubbio che il processo risorgimentale si è indirizzato esplicitamente contro la Chiesa. Cavour sosteneva “libera Chiesa in libero Stato” e il Risorgimento si concluse con la conquista militare di Roma nel 1870 e poi nella lunga contrapposizione tra il Paese reale (cattolico) e il Paese legale (dei poteri forti).

Il richiamo a problemi lasciati aperti dal processo di unificazione nazionale, senza alcuna pretesa, vuole semplicemente ricordare che la guarigione da queste ferite non tollera scorciatoie, ma è lunga e difficile, perché passa attraverso l’educazione degli uomini nel rispetto della loro libertà.

Scritto da Letizia Carpineti - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

mercoledì 22 marzo 2017

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL VOUCHER

Il Governo traduce in Decreto Legge (n.25 del 17/03/2017) l’emendamento approvato dalla Commissione Lavoro della Camera che prevede l’abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act, dedicati al lavoro accessorio.
Gli stessi articoli relativi a “definizione e campo di applicazione”, “disciplina del lavoro accessorio”, “coordinamento informativo a fini previdenziali”, che la Cgil aveva chiesto di eliminare con il referendum.

Dal 18 marzo 2017 non sarà più possibile acquistare i buoni lavoro per remunerare le prestazioni di lavoro occasionale, mentre per i voucher richiesti prima di questa data è previsto un periodo transitorio, fino al 31 dicembre 2017, in cui potranno essere utilizzati.

Il mondo delle imprese sembra preoccupato: il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, lo trova “un clamoroso errore, meglio proseguire con la tracciabilità aumentando l’area dei controlli sugli abusi”, Mario Resca, presidente di Confimprese, parla di “ennesimo passo indietro che compie il nostro Paese”, la Fida (Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione di Confcommercio-Imprese per l’Italia) avrebbe “preferito procedere con la consultazione referendaria certi che gli italiani avrebbero partorito una soluzione meno catastrofica di quella proposta” come anche Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che ritiene la scelta “deludente, se proprio si deve fare si faccia il referendum. Smontare una cosa senza dibattito non ci sembra la strada giusta”.

La Coldiretti teme un rapido aumento del lavoro sommerso nel settore agricolo mentre i sindacati appaiono divisi. Se da un lato c’è chi ha accolto i voucher come strumento prezioso per far emergere il lavoro nero compensando prestazioni occasionali altrimenti difficilmente remunerabili, dall’altro arriva la denuncia per l’uso improprio che i committenti ne hanno fatto, impiegandoli al posto di contratti più stabili.

Nati nel 2003 e applicabili solo in determinati settori per prestazioni di natura occasionale, i buoni lavoro conoscono con la legge Fornero una vera e propria liberalizzazione: sono utilizzabili in qualunque settore, per qualunque categoria di lavoratore e non necessariamente per prestazioni occasionali.

Nel 2015 è stato innalzato il tetto di guadagni da voucher cumulabili in un anno passando da cinquemila a settemila euro ed è stato il boom. I report elaborati da Inps, Inail, Istat, e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulle tendenze occupazionali del nostro Paese fotografano l’ampio ricorso al sistema dei buoni lavoro suggerendo che si tratta di un fenomeno più ampio di quanto potrebbe sembrare.

Non ricorrerebbero ai voucher solo le famiglie ma anche le amministrazioni pubbliche e soprattutto le imprese, dati Inps “una volta su quattro tra prestatore e committente, nel corso dello stesso anno, si realizza la commistione con un rapporto di lavoro più stabile: tale indirizzo fa ipotizzare che, in certi casi, si sia in presenza di un contratto di lavoro subordinato mascherato, vale a dire inquadrato in modo improprio e mal retribuito”.

Spesso con i buoni lavoro viene retribuita solo una minima parte del lavoro svolto dal lavoratore mentre la rimanente viene pagata in nero e così lo strumento che avrebbe dovuto allontanare le illegalità finisce per convivervi. Quella che emerge è, in buona sostanza, una nuova forma di lavoro precario e a basso costo, la sostituzione di contratti di lavoro parasubordinato con formule meno costose per le aziende e decisamente flessibili.

Poco importa se il lavoratore diventa un precario, senza tutele e garanzie sul futuro; pur lavorando un’ora a settimana configura come “occupato” se quell’ora è stata svolta nella settimana di riferimento dell’indagine Istat, anche per questo forse sarebbe opportuno rivedere e contestualizzare i dati che sembrano suggerire un considerevole aumento dell’occupazione grazie all’efficacia delle recenti politiche del lavoro.
Di certo non è abolendo i voucher che si alimenterà o scongiurerà il ricorso al lavoro nero, in quanto strumento atto a regolamentare le attività di breve durata hanno senso e risultano efficaci se applicati nel contesto per il quale sono stati ideati.

Legittimo il sospetto di profonda ipocrisia quando il dilemma “voucher si, voucher no” suscita tanto rumore mentre in sordina scorrono le dinamiche di un precariato imperante, quasi a non voler comprendere che il reale problema sia il riconoscimento e la tutela della dignità del lavoro e del lavoratore.


Scritto da Roberta Adolfi - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

IL NUOVO CREDO

Buongiorno a tutti. Oggi vorrei parlare di... strano, vedo la tua faccia un po’ perplessa.
Forse stai pensando al fatto che in effetti è già giorno da un bel po’, ed in aggiunta non sei affatto sicura che sia un giorno buono. Bene, ne dobbiamo capire la motivazione. Forse sei scoraggiata dagli eventi, ma non puoi farlo. Non è corretto. Pensi al tuo piccolo ostacolo di oggi.

Non guardarmi con quegli occhi sbarrati, capisco che per te non è un piccolo ostacolo, ma è un ostacolo grande, gigante, quasi insormontabile. Sei sempre più sicura di non farcela, sei sempre più sicura di restare indietro, di essere fagocitata dagli eventi.
Si, posso capire, forse è semplicemente complicato. Ma pensiamo un attimo.

Che cosa rappresenta una cosa complicata? E’ sempre una cosa insormontabile?

Forse è solo qualcosa di complesso che non conosci in maniera così approfondita. Se hai il tempo, la pazienza, ma in primis la volontà di approfondire, studiare, tutte le cose cambiano prospettiva. Vette inarrivabili, diventano piccole collinette. Collinette alla tua portata.
Che ne pensi? No, non ce la faccio! Apprezzo la tua determinazione nell’osservare il piccolo ostacolo. Ormai ne sei fagocitata, è li di fronte a te. Ti ci sei affezionata. Ogni giorno diventa sempre più grande. Lo vedi li e pensi a come fare per non andarci a sbattere.

Attenzione, non posso ripetertelo all’infinito, forse devi solo cambiare prospettiva. Sei intelligente, astuta. Per favore, non sgranare gli occhi in quel modo. Non ti prendo in giro, dico solo la verità, la verità nel vedere le cose da un’altra angolazione.
Sei privilegiata, si ne sono proprio convinto, tu hai identificato quello che può essere un tuo ostacolo. Tu lo hai visto, non ci sei andata addosso. Ora lo devi solo gestire. Puoi trovare il modo di aggirarlo, o nella peggiore delle ipotesi puoi passarci sopra.

Guarda oltre, fissa il tuo sguardo luminoso in un lontano punto dell’orizzonte. Non fermarti.
Ho ragione? Si, passo dopo passo, quell’ostacolo diventerà sempre più piccolo, talmente piccolo da risultare insignificante. Una semplice banalità.

Io ci credo, e per te devi crederci anche tu. Se non ti fidi posso accompagnarti per mano.



Scritto da Antonio Moroni - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"


martedì 21 marzo 2017

LA FORZA DELLE IDEE

Un noto avvocato penalista, un principe del foro di Latina di qualche decennio fà, disse in una famosa arringa nel corso di un processo di stampo eversivo queste testuali parole: “L’ideologia è la cristallizzazione del pensiero, chi ha una ideologia qualunque essa sia, non ha idee”.

Si può dire per fortuna che le ideologie, soprattutto in politica stanno tramontando, ma ricordo che stiamo vivendo una fase temporale in cui nel mondo, in Europa e anche in Italia, sembrano rafforzarsi i populismi che ingannevolmente, per risolvere le varie problematiche, evocano la figura dell’uomo forte che decide in maniera muscolare (anche se la storia ci insegna poi come questi uomini forti sono andati a finire).

Anche io penso che quella dell’uomo forte non sia la strada da seguire ma quella delle idee si, quindi non ci vogliono uomini forti, ma idee, idee forti e di buon senso che ravvicinino la gente, i concittadini, la società reale, alle istituzione e alla politica che soprattutto a livello locale è stata per lungo tempo distratta.

Proprio a livello locale sto improntando un progetto di governo (sempre se sarò eletto) basato su un programma non ideologico ma basato su idee con un elettorato trasversale. Faccio appello infatti a una larga fascia di votanti con idee né di destra né di sinistra, ma solo di idee forti che siano promotrici di buon governo.
Il mio progetto di programma va dal lavoro al pareggio di bilancio, dalla sicurezza alla accoglienza dei migranti, dal turismo alla cultura (ci sono i fondi europei e quelli della Regione Lazio per risanare gli antichi borghi), dalle attività artigianali a quelle commerciali (con l’istituzione di una scuola di artigianato per i ragazzi che non proseguono gli studi) e incentivi e sgravi fiscali per le attività commerciali che, soprattutto a Giulianello, stanno sparendo come neve al sole.

È un programma ambizioso e difficile da centrare, ma anche se non sono più giovanissimo, con una buona squadra al mio fianco sento di trovare l’energia e la grinta per confrontarmici ed attuarlo, scendendo in mezzo alla gente perché per intercettare le esigenze delle problematiche vere della popolazione un buon sindaco deve stare, oltre che in ufficio comunale, in mezzo ai suoi cittadini sia a quelli che lo hanno votato, sia a quelli che non gli hanno dato il voto.

Scritto dal Consigliere Comunale Bruno Canale - Pubblicato sul numero 3 del 2017 del "Il Corace"

lunedì 20 marzo 2017

QUALE È L'ORA MIGLIORE PER ALLENARSI?

A che ora bisognerebbe allenarsi per avere il massimo dei risultati dal proprio corpo?

Tutte le funzioni umane, quindi la produzione degli ormoni, i cambiamenti della temperatura, l’umore, etc., hanno un andamento ritmico ciclico.
Tali ritmi prendono diversi nomi, ma quelli che più ci interessano in ambito sportivo sono quelli CIRCADIANI o GIORNALIERI che hanno una durata in media di 24 ore.

Vediamo quali sono i ritmi circadiani relativi agli ormoni più rilevanti che influenzano il nostro allenamento:
Ormone GH: presenta tre picchi significativi durante la giornata, ovvero i due più alti che si verificano nella prima e nella quarta ora successiva alla fase di addormentamento. Il terzo, meno influente, si sviluppa nella prima parte della mattina.
Ormone Testosterone: presenta due picchi, uno tra le 06,00 e le 07,00 di mattino ed un secondo intorno alle 17,30.
Ormone Cortisolo: presenta il suo picco massimo fra le 07,00 e le 08,00 del mattino.

A livello macroscopico, si potrebbe rispondere alla domanda di cui sopra, ovvero a che ora bisognerebbe allenarsi per ottenere il massimo dei risultati, nel seguente modo.
Se l’obiettivo è il dimagrimento, una seduta aerobica effettuata di mattina sfrutterà il picco di GH e i massimi livelli di cortisolo, in quanto è dimostrato che i due ormoni suddetti hanno un effetto lipolitico (dimagrante).
Inoltre studi hanno dimostrato che se l’attività aerobica viene fatta a stomaco vuoto, il picco di GH sarà ancora più potente a causa della ipoglicemia che lo eleverà.
Di fatto, presumendo che l’ultimo pasto sia stato fatto la sera precedente, il digiuno notturno ridurrà drasticamente le scorte di glicogeno (la forma sotto la quale l’uomo immagazzina i carboidrati) e quindi l’energia persa durante l’attività aerobica sarà direttamente a discapito dei grassi nel corpo.

Se invece l’obiettivo è quello di aumentare il volume della massa muscolare, l’allenamento andrebbe eseguito nel primo pomeriggio, in quanto esso sarà supportato dal picco di testosterone (ormone responsabile della crescita muscolare).
Inoltre, nel tardo pomeriggio, potremmo sfruttare il picco dell’adrenalina (ormone che aumenta l’energia e la carica durante l’allenamento) nel corpo.
Bibliografia: Il manuale del Personal Trainer-ed. Centro Studi la Torre; www.wikipedia.org 2013

Scritto da Andrea Pistilli - Certified Personal Trainer Istruttore ICYFF™ - Indoor Cycling and Fitness Federation - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

domenica 19 marzo 2017

ELEZIONI A CORI TRA RIENTRI E ADDII

A Cori fervono i preparativi per le elezioni.

Lo scenario politico è in continuo mutamento. Dopo 10 anni esce di scena Tommaso Conti. Eletto per due mandati, non è ricandidabile. Per un sindaco che esce di scena un “ex” torna a far parlare di sé. È Tommaso Bianchi. Ex primo cittadino di Forza Italia, la sua candidatura sembrava concreta, ma a quanto pare potrebbe scegliere di non stare in prima fila e far candidare un volto nuovo.

In questo scenario si inserisce anche la candidatura spontanea di Bruno Canale, altro esponente di centrodestra. Ad ogni modo, Bianchi, Canale e il centrodestra potrebbero insinuarsi nelle fratture del centrosinistra.

A Cori infatti il Pd ha perso pezzi forti, a partire proprio dal sindaco Tommaso Conti, ma anche la consigliera Chiara Cochi, che hanno scelto di aderire al Movimento Democratico Progressista degli scissionisti e al Movimento di Pisapia.

Fino a poco tempo fa i candidati più probabili erano gli assessori Afilani e De Lillis, che si sarebbero dovuti scontrare alle primarie ma entrambi avrebbero rinunciato. Se ci fossero due candidati, uno per il PD e un altro per l’MDP, è facile ipotizzare che il centrodestra possa approfittarne. Per questo è stata vagliata anche l’ipotesi primarie. Solo che a partecipare sarebbe solo Chiara Cochi in quota MDP e al PD viene il mal di pancia a pensare di dover sostenere alle elezioni una che è fuoriuscita. Per questo ci sarebbero pressioni dai vertici del partito per convincere uno dei due quasi ex assessori a fare un passo avanti verso la candidatura.

In questo scenario si muove per ora in modo molto flebile anche il Movimento 5 Stelle, che ha in agenda una serie di incontri tra fine marzo e aprile per definire la propria partecipazione alle elezioni.

Cori non va al ballottaggio, si decide tutto al primo turno, fosse anche per un pugno di voti.


Scritto da Eleonora Spagnolo - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

venerdì 17 marzo 2017

CORI: RACCOLTA DIFFERENZIATA OBIETTIVO 65%

Sono trascorsi otto anni dall’introduzione del servizio di raccolta differenziata e la città di Cori rappresenta una delle realtà più virtuose del panorama laziale raggiungendo il 64% nel 2016. I cittadini di Cori e Giulianello hanno dimostrato maturità e impegno nel raggiungere questo grande risultato.

L’amministrazione comunale a tal fine ha lanciato una campagna per raggiungere il 65% aumentando l’efficienza del servizio ed evitando inoltre fenomeni di abbandono di rifiuti ancora presenti sul territorio comunale. La campagna di sensibilizzazione e cioè “Obiettivo 65% – Raccolta differenziata, una scelta consapevole”, è promossa in collaborazione con il Consorzio Formula Ambiente, azienda che gestirà il servizio di raccolta rifiuti.

A tal proposito si sta avviando una riorganizzazione del servizio di raccolta differenziata porta a porta con un nuovo kit per la raccolta differenziata: i cittadini potranno sapere dove, come e quando conferire in modo corretto i propri rifiuti, ricevere news e segnalare in tempo reale discariche abusive o situazioni di degrado ambientale.

Per incentivare la raccolta differenziata l’amministrazione comunale sta avviando anche un altro progetto: “EcoPunti” rivolto a chi aiuta l’ambiente e sostiene l’economia locale, progetto finanziato dalla Regione Lazio con il contributo erogato dalla Provincia di Latina. I cittadini che porteranno i rifiuti all’EcoCentro e che effettueranno il compostaggio, potranno acquisire Ecopunti e convertirli in Ecosconti da utilizzare presso i negozi aderenti.

L’obiettivo principale è portare la raccolta differenziata dal 64% al 65% premiando i comportamenti positivi a favore dell’ambiente e a sostegno dell’economia della città, attraverso quindi un sistema incentivante “meglio ti comporti, più ti premio”, che esula dai tradizionali buoni sconto “più spendi, più ti premio”. Gli EcoSconti ritirati dalle attività commerciali saranno completamente rimborsati grazie ad un fondo messo a disposizione dell’amministrazione comunale.

Eseguire la raccolta differenziata in modo corretto significa fare una sorta di selezione di rifiuti in maniera più o meno semplificata, al fine di riutilizzare tutto ciò che è riciclabile, trasformare tutto ciò che può avere un altro utilizzo in prodotti o energia e smaltire tutto ciò che non può essere utilizzato nuovamente. I benefici di una raccolta di tipo differenziato sono reali e realizzabili, ma solamente nel momento in cui le regole vengono ben seguite dai cittadini.

E’ facile pensare che la raccolta differenziata porti a dei benefici se si pensa soltanto a tutta la plastica che viene riutilizzata e a tutti i metalli che sono riciclabili (con percentuali di resa oltre il 90% se non addirittura il 100%). La riuscita di questo tipo di raccolta dipende molto dalla gestione dell’intero processo, dall’informazione degli utenti alla comprensione di tutti i problemi che si possono verificare in ogni fase ed in ogni circostanza.

A distanza di otto anni il risultato che si è raggiunto è più che positivo e fa ben sperare grazie alla sensibilità della popolazione che ha compreso la bontà dello smaltimento differenziato dei rifiuti.


Scritto da Antonio Betti - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

giovedì 16 marzo 2017

SBANDIERATORI DEI RIONI DI CORI

Prosegue senza sosta l’attività del Gruppo in un 2017 iniziato davvero a grandi ritmi.
Dopo la stupenda esperienza del Capodanno Cinese di Hong Kong e dopo la partecipazione allo spettacolare Carnevale di Nizza, i ragazzi dei Rioni di Cori hanno partecipato alla cerimonia di apertura, allo stadio Olimpico di Roma, dell’incontro di Rugby Italia – Francia nell’ambito del Torneo Sei Nazioni, su invito della F.I.R. (Federazione Italiana Rugby).

E’ stata una splendida giornata all’insegna dello sport e dell’amicizia. Presso lo Stadio dei Marmi, adiacente lo stadio Olimpico, nella mattinata di sabato 11 marzo si sono avvicendati incontri tra le varie associazioni giovanili di rugby.
Favoriti da una splendida giornata primaverile, che ha reso la cornice romana ancora più bella, centinaia di giocatori in erba hanno dato dimostrazione delle loro capacità sportive sotto lo sguardo fiero dei loro parenti. In questo contesto si sono inseriti gli Sbandieratori dei Rioni di Cori che, con una spettacolare esibizione, hanno intrattenuto i presenti.
A seguire i ragazzi dei Rioni hanno fatto il loro ingresso in uno stadio Olimpico gremito, dove hanno intrattenuto gli spettatori con vari spettacoli prima dell’inizio dell’incontro. Emozionante il momento in cui i ragazzi dei Rioni, hanno formato il tipico corridoio attraverso il quale le squadre di rugby fanno il loro ingresso in campo.
Così come emozionante è stato assistere agli inni nazionali e poi all’incontro stesso; un’esperienza di indubbio valore sportivo e umano, che resterà sicuramente per molto tempo nei ricordi di quanti hanno partecipato.

Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, si è tenuta la prima riunione per l’insediamento del nuovo Consiglio Direttivo, durante la quale si è proceduto al rinnovo delle cariche:
Angelo Pianelli è stato riconfermato nel ruolo di Presidente dell’Associazione Sbandieratori dei Rioni di Cori, la carica di vice Presidente è passata ad Angelo Cappa, mentre quella di tesoriere è stata affidata a Gianmarco Latini “new entry” del Consiglio Direttivo.

L’ Associazione Sbandieratori dei Rioni di Cori formula, al Presidente e a tutto il Consiglio Direttivo, gli auguri per un proficuo lavoro.

Scritto da Quintilio Carpineti - Sbandieratori dei Rioni di Cori - Pubblicato nel numero 3 del 2017 nel "Il Corace"

mercoledì 15 marzo 2017

MARZO MESE DEL PAESAGGIO E DEL FAI DI PRIMAVERA

Nel 1975 Giulia Maria Crespi, accogliendo la proposta di Renato Borroni, con Alberto Predieri e Francesco Russoli fondò il FAI, Fondo Ambiente Italiano con l’idea di importare in Italia il concetto del National Trust, la più grossa organizzazione al mondo di tutela e valorizzazione del patrimonio nazionale; nata a Londra nel 1894.

L’impegno del FAI si dimostrò subito necessario in un condizioni di abbandono e nel quale la frenesia di crescita di quegli anni portava verso un deterioramento dell’ambiente e del paesaggio. Sono passati tanti anni, anche con molte difficoltà, ma oggi ci troviamo di fronte ad una forte organizzazione formata da un ricco staff, oltre 120 delegazioni di volontariato su tutto il territorio, tantissimi beni restaurati e ridati al pubblico, un’organizzazione complessa e professionale in grado di mobilitare migliaia di persone in tutta Italia durante le varie manifestazioni.

Molti furono negli anni i beni donati alla Fondazione: tra i più importanti sicuramente la tomba di famiglia e lo straordinario complesso dell’Abazia di San Fruttuoso in Liguria, donati dalla principessa Orietta Doria Panphili, restaurati nel 1984 grazie ad un generosissimo contributo da parte dello stilista Giorgio Armani. Altrettanto importante fu la donazione di un meraviglioso giardino all’interno della Valle dei Templi di Agrigento: la Kolimbetra, allora ridotto a discarica, era invece riserva di acqua fin dal V sec. a.C., è un miracolo di ingegneria idraulica, un Eden archeologico in miniatura. Anche la concessione, nel 2002, dell’area che comprende il Parco di Villa Gregoriana a Tivoli con il Tempio di Vesta ha rappresentato una svolta per la fondazione.

Intorno al FAI non sono entrati soltanto beni molto conosciuti, anzi spesso si è trattato invece di beni cosiddetti minori, per dimensioni, ma sicuramente non per il significato ed il contesto in cui si trovano. Accanto all’attività di restauro e di gestione è stato svolto un capillare lavoro per contribuire alla crescita della salvaguardia del nostro paesaggio; si protegge ciò che si conosce e si ama, ecco dunque il perché di progetti con le scuole dove gli studenti diventano ambasciatori e paladini dei loro beni nelle giornate 25 e 26 marzo del FAI di Primavera giunto alla venticinquesima edizione.

Durante queste giornate circa 1000 località in tutta Italia, spesso sconosciute e difficilmente accessibili sono state aperte al grande pubblico. Quest’anno la Delegazione Gaeta Latina ha organizzato visite e aperture straordinarie in due cittadine della provincia di Latina: Priverno e Cori. Nel nostro paese è stato possibile visitare i luoghi più straordinari come la Cappella dell’Annunziata, il Tempio di Ercole, il Complesso di Sant’Oliva e il Museo della città e del Territorio, fare la bellissima passeggiata all’interno delle mura accompagnati da straordinari ciceroni, gli studenti dei Licei Artistico e Classico di Latina.

Tutte queste iniziative hanno lo scopo di ampliare il numero di coloro che oggi e domani dovrebbero diventare dei veri, convinti paladini e sentinelle del loro territorio, attenti e pronti a far sentire la loro voce, difensori del BENE COMUNE.

Cultura è anche conoscenza, vivere in Italia, avere la fortuna di stare in un bellissimo paese come il nostro e non esserne consapevoli è sinonimo di ignoranza. Il FAI, con la sua organizzazione ha contribuito in questi anni a renderci più “colti” trasmettendoci passione e senso di responsabilità.

Scritto da Giorgio Chiominto - Pubblicato sul numero 3 del 2017 nel "Il Corace"