Questo sarà l’ultimo anno nel quale
si potranno utilizzare i voucher (o buoni lavoro), dopo anni di
utilizzo improprio.
Nascono principalmente per agevolare le imprese,
al fine di usufruire del lavoro dipendente svolto da alcune categorie
di persone, quali giovani aventi meno di venticinque anni,
pensionati, lavoratori part-time ed extracomunitari, per i quali non
si prevedeva un contratto di lavoro vero e proprio, ma un surrogato
effimero dello stesso, che permetteva al datore di lavoro di gestire
i dipendenti saltuari nel rispetto della legge.
In sostanza i datori
di lavoro richiedevano i voucher all’INPS, o presso altri
rivenditori ed enti abilitati, per poter assumere personale anche per
un solo giorno di lavoro; il valore del buono comprendeva la paga
oraria spettante al lavoratore e la quota della normale tassazione
sui redditi da lavoro.
Con tutte le limitazioni dell’uso di
suddetti
buoni, per le imprese agricole e per
gli stessi lavoratori, dalla loro entrata in vigore hanno riscosso
molto successo; hanno permesso a molte persone di lavorare ed alle
imprese di assumere personale nei momenti di maggior domanda di
prodotti.
Ma quali conseguenze ci sono state nel mondo del lavoro?
Ad
esempio molte imprese ne hanno fatto un cattivo utilizzo,
approfittando dei buoni per non assumere con un vero e proprio
contratto del personale, il quale si è ritrovato a lavorare
saltuariamente e stagionalmente, percependo un reddito annuo molto
basso dovuto alle limitazioni normative dell’uso dei buoni. Ciò ha
portato un irrealistico aumento del reddito dei cittadini italiani, come Garanzia Giovani, i quali hanno
visto un potenziale aumento della spesa al consumo, che in realtà si
palesava solo come una possibilità in più di far fronte alle spese
familiari.
La speranza dello Stato era quella di limitare il fenomeno
del lavoro in nero, spesso utilizzato per lavori giornalieri nelle
aziende agricole; mentre l’intento nascosto era quello di vedere
un aumento del consumo per beni diversi da quelli di prima necessità
e quindi di agevolare il circolo monetario nazionale, ovvero più
consumi, più spese, più produzione da parte delle aziende e quindi
più investimenti.
Dato che ciò non è avvenuto, o per lo meno non è
valso come lo Stato si aspettava, il loro utilizzo è
perpetuato nel tempo creando effimeri
posti di lavoro, a danno dei lavoratori stessi.
Ecco quindi che la
CGIL ha deciso di intervenire sugli articoli di legge n. 48, 49 e 50
del Jobs Act inerenti il lavoro accessorio, al punto tale di voler
indire un referendum per la loro abrogazione e permettere al popolo
di fare la sua scelta; il Governo per contro è intervenuto
tempestivamente come non mai per agire sulla materia ed ha disposto
l’abrogazione dei voucher, con possibilità di utilizzo fino al 31
Dicembre di quest’anno.
A mio parere è stato abolito uno strumento
legale per aggirare la normativa sul lavoro, da sempre lacunosa, poco
chiara e troppe volte riformata a piacimento del Governo in auge. Con
la loro abolizione magari si propenderà ad assunzioni più concrete,
anche se non ottimali dato il contesto economico attuale, ed a un
reale miglioramento dell’ economia familiare degli italiani.
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