A sessanta anni dalla firma del
trattato istitutivo dell’Unione, 27 capi di stato e di governo sono
tornati a Roma, nella sala degli Orazi e Curiazi, con l’intento di
rinnovare e rilanciare l’integrazione europea.
Tra i concetti
chiave della “Dichiarazione di Roma” l’Unità dell’Europa, la
sua indivisibilità e la possibilità per gruppi di paesi di
procedere più speditamente di altri in determinati settori, la cosiddetta
“doppia velocità”.
Ai dubbi e alla sfiducia popolare i leader
hanno risposto con la rivisitazione dei trattati e l’inizio di una
fase costituente per ridare forza al progetto d’Unione; per farlo,
dice Gentiloni, “dobbiamo anzitutto restituire fiducia ai nostri
concittadini. Crescita, investimenti, riduzione delle disuguaglianze,
lotta alla povertà. Politiche migratorie comuni. Impegno per la
sicurezza e la difesa. Ecco gli ingredienti per restituire fiducia”.
Con queste parole si enfatizza il ruolo sociale dell’Unione Europea
ed il suo sistema di welfare per combattere povertà ed esclusione.
A
siglare il disegno “firme che restano”, così le definisce il
Presidente della Commissione JeanClaude Juncker, che saluta il futuro
“centesimo anniversario della UE” e non nasconde il dispiacere
per l’assenza del Regno Unito e della premier Theresa May, decisa
ad avviare il processo di separazione dal blocco europeo entro i
prossimi giorni.
Altissimo il livello di sorveglianza sulla capitale
per scongiurare il rischio di attentati e per monitorare i numerosi
cortei pro e contro Europa.
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