martedì 3 ottobre 2017

IL ROVO, LA PIANTA DELLE “MORE”

Arbusto perenne cespuglioso, infestante e con lunghi sarmenti ricchi di insidiose spine che, per i suoi deliziosi e ricercati frutti, benefici e versatili, è attrazione estiva per numerosi amanti e curiosi.

Oltre ai diversi frutti minori, sui quali ci siamo già soffermati, abbiamo, come noto, anche i diversi coloratissimi e virtuosi frutti di bosco che rappresentano altra straordinaria risorsa naturale. I frutti di bosco, tra cui fragola di bosco (Fragaria vesca), lampone (Rubus idaeus), ribes (Ribes sativum), “mora” di Rovo (Rubus ulmifolius), mirtillo nero (Vaccinium myrtillus), mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), gelso bianco (Morus alba), gelso nero (Morus nigra), ecc., sono una categoria di frutta derivante da piante che per lo più si sviluppano nel particolare clima umido del sottobosco.
Con questo termine (frutti di bosco) si identifica, peraltro, un insieme di frutti che non si accomunano tanto per la classificazione botanica quanto, piuttosto, per la compresenza nello stesso habitat naturale (ambiente di crescita); e ovviamente, tutti, in parole povere, sono prodotti del meraviglioso mondo vegetale ma reperibili nel sottobosco o, più in generale, nelle varie macchie di vegetazione selvatica anche se, come noto, attualmente sono oggetto di autentiche colture agrarie.

Essi, infatti, sono apprezzati per la loro ricchezza di vitamina C (anche se non mancano modeste concentrazioni di carotenoidi e di alcune vitamine del gruppo b) ed hanno una interessante dotazione riguardante anche la quantità di acqua, fibre, sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio. I frutti di bosco, soprattutto in estate, hanno un impiego gastronomico incredibilmente diffuso e variegato, anche se dal punto di vista commerciale la compravendita “al dettaglio” risulta assai scarsa rispetto a quella della frutta tradizionale (a causa ovviamente dei costi piuttosto elevati). Tali frutti, come è noto, sono utilizzati per: il consumo fresco (importante per preservarne il contenuto vitaminico ed antiossidante), l’aggiunta a yogurt, mousse e gelati nonché ad altri dolci al cucchiaio; e per aromatizzare liquori, estrazione di succhi di frutta, l’integrazione a dolci lievitati (panettone di S. Margherita Ligure), l’aromatizzazione di pietanze come i brasati di selvaggina ecc.
Le “more”, i lamponi, mirtilli neri e rossi, ribes e fragoline di bosco sono, peraltro, preziosi alleati della nostra salute. Questi straordinari frutti di bosco sono ricchi di antiossidanti e di sostanze benefiche che possono proteggerci da vari mali ed aiutarci a prevenire ed a contrastare infezioni. La scienza infatti riserva sempre più attenzione e conferma le proprietà benefiche dei frutti di bosco. In questa stagione, come noto, non è difficile nel nostro territorio avere a portata di mano le deliziose e tanto ricercate “more” che, dagli immensi selvaggi cespugli, nel bosco e/o lungo i vari percorsi delle salutari passeggiate in montagna, emergono nelle colorate infruttescenze ed invitano i passanti, amanti o pseudo-naturalisti o semplicemente curiosi, alla raccolta per gustarle e non solo!
È capitato sicuramente a molti di noi, almeno una volta, di fermarsi davanti a un rovo (per una passeggiata in montagna, nelle calde giornate estive) per il solo piacere di una mangiata di more oppure è capitato che per una sola mora raccolta, al prezzo di alcuni graffi da spine di rovo, si è rimasti appagati e, comunque, vogliosi di riprovarci. Per questo, e non solo per questo, credo sia opportuno oltre che utile conoscere le peculiarità del perenne arbusto e dei suoi salutari frutti!

Va anzitutto precisato che la pianta (o il cespuglio) delle “more” è il Rovo (Rubus), il quale è un genere di piante Dicotiledoni appartenente alla famiglia delle Rosacee e che comprende circa 300 specie diffuse, soprattutto, nell’emisfero boreale e particolarmente rappresentato in Europa, regione himalayana, Cina, Giappone, USA e Messico. Non è estraneo, tuttavia, all’emisfero australe essendo noto con diverse specie dell’Africa meridionale, dell’Australia e della Nuova Zelanda. Il rovo di macchia (Rubus ulmifolius) [Rubus dal latino = rosso e potrebbe riferirsi al colore dei frutti maturi di altre specie dello stesso genere (come il lampone) o direttamente al colore del frutto immaturo di tale stessa specie; ulmifolius dal latino = olmo e foglia e deriva dalla similitudine con le foglie dell’albero Ulmus minor] è una specie a noi assai nota essendo diffusa spontaneamente nel nostro variegato territorio. R. ulmifolius (come tutti i Rovi), ad ogni modo, è una pianta perenne o arbusto cespuglioso con fusti sotterranei e con fusti aerei sarmentosi molto lunghi e provvisti di numerose arcuate spine. È ritenuta altresì una semi-caducifoglia in quanto molte foglie permangono attaccate alla pianta anche durante l’inverno.
Così il rovo di macchia (R. ulmifolius), unitamente a Rubus fruticosus (che è anche una delle specie coltivate) e a Rubus tomentosus, Rubus caesius, Rubus saxatilis, Rubus idaesus (Lampone), Rubus canadensis (una specie che porta nel carattere “l’assenza di spine” e diffuso nell’America del Nord), Rubus chamaemorus (il Lampone di Lapponia che è comune in Europa settentrionale e differente dal nostro Lampone, anche se di sapore simile), rappresentano le specie più conosciute di Rubus oltre che maggiormente frequenti nel nostro bel Paese. Tra le varietà di interesse generale, derivanti da specie di origine americana, invece, si può menzionare la ‘Thornfree’, la ‘Black Satin’, la ‘Dirksen’, ‘Thornless’ e ‘Hull Thornless blackberry’.Le loro foglie, alterne e imparipennate, sono variabilmente costituite da 3-5 foglioline a margine seghettato, di colore verde scuro, ellittiche od obovate e bruscamente acuminate, con la pagina superiore glabra e quella inferiore tomentosa con peli bianchi. I fiori, di colore bianco o rosa tenue, risultano composti da cinque sepali e da cinque petali e sono raggruppati in grappoli o racemi che formano delle infiorescenze terminali di forma oblunga o piramidale. Il colore dei petali può variare nei diversi esemplari mentre le dimensioni risultano comprese tra 10 e 15 mm. Il frutto, commestibile e gustoso, è un sorosio giallo, rosso e più sovente nero-violaceo e viene volgarmente chiamato mora di rovo o mora di macchia [per distinguerlo dai frutti del “moro” o Gelso (nero e bianco)]; risulta formato da numerose piccole drupe (derivanti ognuna da carpelli separati e facenti parte di uno stesso gineceo) di colore verde al principio che, come accennato, diventano poi rosse ed infine nerastre a maturità (more).

Da noi, le “more” diventano mature nel periodo di agosto e settembre; il loro gusto, come accennato, è decisamente gradevole e varia dal dolce all’acidulo. Il rovo si trova in ogni dove: lungo le strade, fra le macerie dove forma ampie colonie, al margine dei boschi e fino alle zone di media montagna. Fiorisce, come noto, nella tarda primavera. Il rovo, peraltro, è una pianta indicativa dei terreni profondi e leggermente umidi; la sua moltiplicazione è gamica mediante i semi contenuti nelle piccole drupe, ma è anche vegetativa attraverso l’interramento di rami che danno origine ad una pianta nuova. È considerata una temibile infestante in quanto non solo tende a diffondersi rapidamente ma anche perché risulta di difficile eradicazione tanto è vero che né il taglio e né l’incendio risultano efficaci a tal fine. Infatti, nemmeno con i diversi erbicidi (o diserbanti) si riescono ad ottenere i risultati sperati. Inoltre, proprio perché è una pianta eliofila (tollera poco l’ombra degli altri alberi) il rovo, come accennato, risulta presente normalmente ai margini dei boschi, lungo i sentieri, nelle siepi e in diverse macchie. R. ulmifolius e i rovi in genere formano spesso, nei boschi, delle vere e proprie barriere intransitabili.
Essi, specialmente in associazione con la Vitalba (Clematis vitalba), possono creare dei grovigli inestricabili a danno, a volte, della vegetazione arborea che viene in pratica aggredita e soffocata.

Anche nel nostro territorio sono stati osservati olivi severamente aggrediti da rovi e tali situazioni, ad ogni modo, sono quasi sempre l’espressione reale di un abbandono e di un degrado. R. ulmifolius, comunque, è una pianta utilizzata anche per delimitare proprietà e poderi, con funzioni principalmente difensive, sia per le numerose e robuste spine di cui sono dotati fusti e sarmenti sia per il fitto e tenace intrico che essi formano creando, peraltro, una barriera invalicabile. Altre funzioni delle siepi di rovo riguardano la fornitura di nettare per la produzione del miele (anche monoflorale), come in Spagna e in Italia, nonché una associazione di specie antagoniste di parassiti delle colture (ad esempio le viticole) e la formazione di “corridoi” ecologici per specie animali. Il frutto di R. ulmifolius e di R. fruticosus, come già accennato, è annoverato tra i cosiddetti frutti di bosco e, come questi, è dotato di importanti proprietà nutrizionali e salutari con una marcata presenza di vitamina C e di vitamina A. Infatti, 100 grammi di parte edibile di more fresche, possono sviluppare circa 36 kcal, contengono 85 % di acqua, 1,3 g di proteine, tracce di lipidi, 0 colesterolo, 8,1 g di zuccheri solubili, 3,2 g di fibra totale, 2 mg di sodio, 260 mg di potassio, 36 mg di calcio, 1,6 mg di ferro, 48 mg di fosforo, 0,03 mg di tiamina, 0,05 di riboflavina, 0,07 di niacina, 2 mg di retinolo o vitamina A e 19 mg di vitamina C oltre che acido folico, luteina e zeaxantina.
Si tratta, comunque, di un frutto ricco di acqua, di fibre, di sali minerali, sostanze fenoliche e fruttosio ma abbastanza delicato, che mal si presta a lunghe conservazioni per cui le deliziose more, normalmente, vengono commercializzate per scopi alimentari al naturale (fresche) e, in particolare, per la guarnizione dei svariati dolci, nella preparazione di yogurt e di gelati o in diverse ricette gastronomiche e per ottenere succhi di frutta, marmellate, gelatine, sciroppi, vino ed acquavite. Le radici, i fusti e le foglie contengono tannini, acido ossalico, zucchero, sostanze coloranti, essenze e vitamina A. Pertanto le foglie, ad esempio, vengono utilizzate per preparare un gradevole the (tè). Gli apprezzati frutti vengono impiegati anche in ambito farmaceutico (previa separazione del ricettacolo e del calice) per la preparazione, tra l’altro, dello sciroppo di rovo (usato come purgante molto blando) o fermentati nel vino di more; in ambito cosmetico, invece, per ottenere maschere emollienti e rivitalizzanti utili per pelli stanche e sensibili. Invece, aceti balsamici aromatizzati con i frutti di bosco, inoltre, risultano particolarmente noti sul mercato inglese. Inoltre, da germogli primaverili, colti a sole alto e lasciati a macerare in una brocca di acqua fredda tutta la notte, si ottiene un’aromatica e deliziosa acqua depurativa, tradizionalmente usata per favorire le funzioni intestinali e per depurare l’organismo dalle tossine accumulate durante l’inverno.

Nell’uso popolare, peraltro, i giovani germogli, raccolti in primavera, risultano ottimi lessati brevemente e poi consumati con olio, sale e limone, come molte altre erbe selvatiche commestibili. Per quanto riguarda le specie e le varietà coltivate in coltura protetta (tunnel non riscaldati) la raccolta, invece, inizia a luglio, spuntando migliori prezzi sul mercato del fresco, e si protrae fino a settembre con una ottima produzione che riesce a superare anche i cento quintali per ogni ettaro. Le specie spontanee presenti e diffuse in Italia sono circa 40 per cui le more, la cui consistenza va dal croccante al gommoso, si raccolgono durante tutto il periodo estivo e, a seconda della specie e della varietà, possono avere un contenuto di acqua e di zuccheri variabile che possono renderle adatte ad impieghi diversificati oltre che al consumo fresco.
Le “more”, ad ogni modo, come tutti i frutti di bosco rappresentano una importante risorsa alimentare e terapeutica capace di contribuire a preservare la salute dell’uomo da importanti disturbi e patologie come quelle cardiovascolari e quelle legate all’invecchiamento. Secondo i diversi studi e ricerche, un regolare consumo di tali virtuosi frutti, grazie alla dotazione di importanti composti, ha facoltà depurative ed aiuta a prevenire i disturbi cardiovascolari per la loro capacità di mantenere le arterie pulite; essi sono efficaci anche contro i tumori e, secondo un’altra ricerca (di Ohio State University) prevengono il cancro della bocca ed hanno la capacità di rallentare la crescita di cellule tumorali nel colon. Le “more”, normalmente, sono consigliate anche nel periodo della gravidanza in quanto contengono acido folico, una sostanza ritenuta indispensabile per la crescita del feto. Così le more, come i frutti di bosco, in generale, sono considerate astringenti, depurativi e tonici; secondo i numerosi studi e ricerche effettuate fanno bene al cuore; prevengono l’invecchiamento (come evidenzia uno studio dell’Università di Parma); aiutano peraltro a dimagrire per la funzione e l’effetto degli antiossidanti (come il resveratrolo); prevengono le infezioni urinarie; contribuiscono a mantenere sotto controllo il colesterolo alto; hanno facoltà antinfiammatorie; aiutano a preservare la memoria degli anziani, grazie alla presenza degli antociani; riducono il rischio di ammalarsi di Alzheimer e sono importante fonte di acido folico.

Oggi (ma ormai da diverso tempo) i frutti di bosco non sono solamente di natura selvatica in quanto la crescente richiesta ha favorito altresì la coltivazione di piante i cui frutti (bacche nella maggior parte dei casi) si fanno sviluppare nelle particolari condizioni di umidità tipiche o simili a quelle del sottobosco. Sebbene, infatti, ciascuna specie e varietà possieda un’origine geografica, tali frutti si possono ben produrre in ogni parte del mondo laddove si ricreano le specifiche condizioni. Le loro proprietà nutrizionali, le virtù terapeutiche, la loro versatilità, la delicatezza del gusto, la diversità degli intensi colori e la peculiarità delle loro piccole dimensioni, li hanno elevati ad alimenti affascinanti e meno comuni. Tanto è vero che una semplice confettura di sambuco o una crostata alle more o ai lamponi, o un gelato alle more o un’insalata di frutti di bosco risulta, decisamente, sempre più accattivante di qualsiasi altra preparazione a base di frutta tradizionale!

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

SESSUALITA' E AFFETTIVITA'

Salve, sono un ragazzo di 18 anni, non ho mai avuto problemi di erezione, a volte basta parlare con una bella ragazza per procurarmela. Sono ancora vergine anche se ho fatto dei preliminari in precedenza. L’altra sera in discoteca ho conosciuto una ragazza, a primo impatto non mi è piaciuta moltissimo fisicamente ma conoscendola bene ho iniziato ad affezionarmi. Ad un certo punto, baciandoci e ballando, lei mi dice di andare a casa per fare sesso e devo dire che essendo la prima volta la cosa mi ha messo un po’ d’ansia. Facendola breve, all’inizio andava tutto benissimo; ci siamo ritrovati a letto a fare preliminari e in quel momento avevo l’erezione perfetta, ma non appena siamo passati alla penetrazione è stato come se avessi perso la concentrazione e il pene si è afflosciato. Lei l’ha presa male e di conseguenza io pure. La cosa è finita lì. I primi giorni non facevo altro che pensare alla brutta figura perché mi sono sentito ferito nell’orgoglio. Nei giorni a seguire però mi sono ripreso confortandomi con le tante prime esperienze che ho letto su internet. Riflettendo anche sul fatto che la ragazza in questione non era il mio tipo ideale, mi sono completamente ripreso. Il problema arriva qua perché dopo circa 3 settimane, in cui le cose sembravano essere ritornate normali, ha iniziato a frullarmi in testa una domanda: “E se la prossima volta mi ricapita di nuovo?” Devo ammettere che io sono andato a letto con lei per togliermi il pensiero della verginità perché la ragazza in questione non mi piaceva moltissimo fisicamente (anche se era una ragazza dolcissima), ma ora la mia paura è di fallire in un prossimo rapporto con una ragazza che mi piace veramente. Grazie per l’aiuto che vorrete offrirmi Nicola Gentile

Nicola, è possibile che quello che ha sperimentato sia un naturale calo dell’erezione dovuto ad ansia e preoccupazione verso il rapporto sessuale stesso, una condizione questa che può verificarsi di frequente soprattutto in giovane età e alle prime esperienze sessuali. Inoltre, da quello che scrive in queste sue righe, sembra che ci sia da parte sua una visione a tratti meccanicistica della sessualità e della vita sessuo-affettiva più in generale. Forse, rispetto all’approccio con l’altro sesso, sarebbe importante focalizzarsi non tanto sugli aspetti fisici/prestazionali (ad es., il doversi sbrigare ad avere il primo rapporto sessuale!), quanto sugli aspetti anche emotivi e relazionali; il rapporto con l’altro, infatti, si base anche su tanti elementi di natura più psicologica che giocano un ruolo altrettanto importante. È possibile, come è naturale che accada, che lei avesse bisogno di approfondire il rapporto umano con una ragazza e non di essere catapultato così rapidamente in una situazione evidentemente troppo ansiogena per lei. Coniugare gli aspetti sessuali con quelli più affettivi e relazionali è il primo passaggio fondamentale per godere, in qualsiasi fase della propria vita, di una sessualità appagante e soddisfacente.
Sperando di aver risposto almeno in parte alla sua richiesta, le invio un cordiale saluto e augurio e le ricordo che qualora lo desiderasse può usufruire del nostro servizio di consulenza telefonica, anonimo e gratuito (tel. 0645540806, lun., mart., giov. dalle 14 alle 19) dove esperti psicologi potranno ascoltarla.

Gaetano Gambino Società Italiana di Sessuologia e Psicologia (SISP) Ogni mese diversi esperti risponderanno alle vostre domande su qualsiasi tematica legata alla sessualità e all’affettività, che potranno essere inviate all’indirizzo e-mail: corace@sisponline.it

Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

ARRIVA IL CAMBIO DI STAGIONE E …. CADONO I CAPELLI

I capelli sono un tratto distintivo dell’aspetto fisico: differiscono da individuo a individuo e spesso servono a valorizzare la nostra bellezza. Diverse volte nell’arco della vita di ogni essere umano si verifica il ricambio dei capelli, un processo che si ripete ciclicamente e si può intensificare durante i cambi di stagione.
L’autunno è la stagione per eccellenza in cui si verifica questo fenomeno, coinvolgendo indistintamente sia uomini che donne. Infatti nei mesi autunnali gli organismi viventi si adattano in vario modo all’imminente cambiamento delle temperature: gli alberi perdono le foglie, gli animali cambiano il pelo e gli esseri umani perdono i capelli.

Diversi sono i fattori che predispongono alla caduta dei capelli: l’ereditarietà genetica che spiega la calvizie; le variazioni nel rapporto tra ore di luce e ore di buio che influenzano l’equilibrio ormonale; lo stress di una vita frenetica e/o l’eccessiva esposizione del cuoio capelluto al calore e ai raggi solari che possono provocare l’indebolimento dei capelli e la loro disidratazione.

Per contrastare efficacemente la caduta stagionale dei capelli possiamo prendere in considerazione vari rimedi:
- seguire una corretta alimentazione assumendo frutta e verdura di stagione, pesce (in particolare quello azzurro) e uova;
- integrare l’alimentazione con vitamine specifiche (vitamina B e vitamina E) arricchite di zinco e sali minerali;
- ridurre il consumo di sigarette, di alcool e di caffeina;
- condurre una vita regolare e ridurre lo stress;
- prendersi cura dei propri capelli: massaggiare a lungo il cuoio capelluto con i polpastrelli; utilizzare lozioni e shampoo specifici per rinforzare i capelli e limitare il fenomeno della caduta; non pettinarli troppe volte e bruscamente; mantenerli sciolti il più possibile; limitare le tinte e le permanenti per evitare di rompere la fibra capillare.

Scritto da Emanuele Nobili - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

IL LAVORO DURO IN PALESTRA

Il fondamento dell’allenamento sensato senza doping è il lavoro intenso su routine abbreviate che comprendono movimenti multiarticolari fondamentali. La miglior filosofia e il migliore programma del mondo saranno di valore piccolo o nullo se non si “lavora sul programma” con ogni grammo di forza che si riesce a chiamare a raccolta. Sono fermamente convinto che allenarsi con intensità sufficiente da produrre guadagni di forza e di misura costanti sia l’aspetto più difficile da mettere a posto nello sport dei pesi.

Cosa si intende per allenamento duro?
Essenzialmente implica spingersi ad eseguire quelle ripetizioni quasi impossibili, senza fermarsi prima o senza adattarsi a meno del meglio dei propri sforzi. Non importa se preferite serie multiple con numero di ripetizioni basso, una sola serie con molte ripetizioni all’incapacità muscolare, o dei pesanti massimali su una ripetizione. Il concetto finale è che bisogna continuare a spingere, continuare ad allenarsi finché non si ha letteralmente più nulla da dare. La sfida è di trovare metodi per spingersi a questo livello di intensità quanto più spesso è possibile. Andrebbe notato che allenarsi veramente duro in palestra richiede pratica, pazienza e perseveranza. In realtà può essere decisamente pericoloso se passate direttamente all’esercizio fisico ad altissima intensità senza prima padroneggiare completamente la forma di esecuzione dell’esercizio. Impiegate tutto il tempo necessario per sistemare la vostra forma di esecuzione prima di preoccuparvi troppo dell’intensità. Quelle che seguono sono alcune tecniche per produrre intensità che potreste trovare utili nel vostro allenamento.
Tutto comincia nella mente - Lavorare veramente duro in palestra richiede la chiarezza di propositi e la forza di volontà di non accontentarsi mai di meno del proprio sforzo migliore. E’ necessario determinare per se stessi esattamente perché ci si vuole allenare e quel che si desidera trarre dall’allenamento.

Uno degli aspetti eccezionali dell’allenamento duro in palestra è il modo in cui ciò influisce anche su altre aree della vita. Insegna il valore di sforzo, disciplina, costanza e dedizione. Concentrarsi sugli esercizi fondamentali - Sono i movimenti compositi fondamentali che costruiscono i muscoli (es.: stacchi da terra, squat e trazioni alla sbarra), è lo sforzo che richiedono. Pensare sempre in progressione - Sforzarsi sempre di aggiungere peso o ripetizioni a ogni esercizio che si fa. La cosa importante è di avere la mentalità di voler aggiungere peso o ripetizioni quando si può. Sperimentare ripetizioni più lente - Rallentare la velocità delle ripetizioni è un modo molto efficace per rendere più duri gli esercizi. Eliminando l’influenza dello slancio si aumenta veramente lo sforzo sui muscoli che vengono interessati. Trovare un buon compagno - Sebbene sia possibile allenarsi duramente da soli, è molto più facile e divertente se ci si può allenare con un compagno di allenamento. Fare delle interruzioni - Allenarsi duro richiede molto a corpo e mente. Sono convinto che coloro che si allenano in modo veramente duro richiedano più riposo dall’attività della maggior parte dei praticanti. Allenarsi quando si è pronti - Se si lavora veramente duro in palestra non ci si può preoccupare di allenarsi secondo un calendario precostituito. Basate la decisione se allenarvi o meno su come vi sentite, non sul fatto che sono passati un certo numero di giorni dall’ultima sessione. Ridurre il numero di esercizi - Provate a ridurre il volume di allenamento e a concentrarvi sull’allenarsi più intensamente con la routine ultra abbreviata. Quello che conta è la qualità del lavoro fatto in palestra e non la quantità. Ridurre il riposo tra le serie - Se si riduce il tempo di riposo tra gli esercizi si innalza grandemente il livello di intensità. Ciò fornisce anche l’ulteriore beneficio di allenare il sistema cardiovascolare.
Infatti il beneficio aerobico dell’allenamento con i pesi ad alta intensità è molto sottovalutato. Sperimentare serie allenanti singole - E’ più probabile mettercela tutta quando si deve fare solo una serie, una possibilità, per produrre la stimolazione della crescita con un dato esercizio. Fate lavorare l’ultima serie - Allenare una serie all’incapacità muscolare e poi continuare a spingere la resistenza per altri 15-30 secondi. Essere realistici e pazienti - Aumentare l’intensità di allenamento è un’abilità tecnica che può essere imparata se si ha il desiderio di dedicarci tempo e si è realistici. In conclusione - Quando ci si allena duramente con costanza in palestra, la sfida è di eseguire quanti meno esercizi possibili, quanto più infrequentemente possibile, per produrre guadagni consistenti. Eseguite la quantità minore di allenamento veramente duro necessaria per continuare a migliorare. Ogni sforzo in più incide sul recupero e costituisce superallenamento.

Sforzatevi di “Fare meno, più duramente” e non potrete che avere risultati positivi. (di Kevin Fontaine Dal. n. 3 - Olympian’s News)

Scritto da Andrea Pistilli - Istruttore FIF - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace

L'AVVOCATO RISPONDE

Egregio Avvocato, mio figlio quest’anno frequenta il primo anno delle scuole superiori presso un Istituto scolastico fuori dal Paese dove viviamo. Ho quindi pensato di comprargli un telefono cellulare, per usarlo all’occorrenza. Mi sono recato in più negozi di telefonia dove, all’atto della sottoscrizione del contratto, i vari operatori mi hanno riferito che la fatturazione della fornitura era prevista ogni 28 giorni. Questa scelta, adottata da tutte le compagnie telefoniche, è legittima? La ringrazio. Antonio P.

Egregio Signore,
i pagamenti delle bollette delle utenze telefoniche presentano spesso delle problematiche, anche in considerazione dei molteplici episodi in cui, per vari motivi, gli importi che vengono richiesti non corrispondono ai reali consumi, ovvero per errore negli invii da parte dei gestori, i quali, indifferentemente, cercano di riscuotere quanto richiesto. Le compagnie telefoniche, oltre alla pretesa di pagamenti per contratti mai sottoscritti, o conguagli ed acconti fantasiosi, da qualche periodo usano la prassi di fatturare le bollette non più mensilmente ma ogni 28 giorni, sia per la telefonia mobile che per quella fissa. E questo potrebbe sembrare agli utenti assolutamente non rilevante né troppo dispendioso. In realtà, questo “trucchetto” viene adottato dalle compagnie per aumentare i propri guadagni: l’emissione della bolletta telefonica ogni 28 giorni obbliga, in definitiva, al pagamento di una bolletta in più, non dovuta, con un rincaro per il cittadino dell’8,6 % circa annuo. Nella telefonia mobile questo metodo è utilizzato già da qualche anno. Ma ora che i gestori lo hanno esteso anche alla telefonia fissa, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) è intervenuta, invitando gli stessi a porre fine a tale pratica, ed a “mettersi in regola” entro il termine di 90 giorni. I gestori, di contro, hanno presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.), cui si sono rivolti impugnando la delibera dell’Autorità, così, di fatto, non adeguandosi alle determinazioni impartite dall’organo di controllo. L’Agcom, dato il mancato adeguamento, ha manifestato l’intenzione di avviare l’applicazione di pesanti sanzioni nei confronti delle compagnie che non hanno rispettato l’adeguamento alla fatturazione mensile. La preoccupazione maggiore per l’Autorità è quella di evitare che tali condotte possano coinvolgere anche altri settori, caratterizzati dalle stesse modalità di fruizione periodica dei servizi. Per la telefonia fissa l’Autorità si è mostrata irremovibile, prevedendo oltre alla sanzione da irrogare, anche una sorta di rimborso in favore delle famiglie, danneggiate da tale comportamento. Anche il Governo ha annunciato interventi normativi atti a rendere i contratti telefonici e la tariffazione più trasparente. Nel frattempo che gli operatori si adeguino a pratiche più corrette, gli utenti ben potrebbero manifestare la propria volontà di recedere dai contratti in essere, optando per compagnie telefoniche che non adottino tale tipologia di fatturazione. Resta comunque fermo il diritto degli utenti di ottenere il rimborso di quanto indebitamente pagato in eccedenza, con ricorso ai Comitati Regionali per le Comunicazioni (Co.re.com) ovvero mediante reclamo diretto alla propria compagnia telefonica.

Scritto da Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

SCOPRIAMO I SEMI DI CHIA

La parola chia deriva da chian, che nella lingua uto-atzeca nahuatl, significa oleoso. L’attuale stato messicano del Chiapas deriva proprio il suo nome dall’espressione acqua chia o fiume chia.
La mitologia narra che gli Aztechi traessero dalle sementi di questa pianta la forza per affrontare e vincere le loro battaglie. Inoltre anche i Maya consumavano i semi di chia e li utilizzavano nelle celebrazioni religiose come offerta propiziatoria agli dèi.

Questi semi sono ricchi di proprietà nutrizionali, il contenuto di calcio presente nei semi di chia è circa 5 volte superiore a quello del latte, inoltre sono ricchi di omega3, pari dei semi di lino, vitamina C, circa 7 volte superiore rispetto a quello delle arance, il potassio, il doppio rispetto alle banane, e la presenza di ferro tripla rispetto agli spinaci. Ma non è tutto!
I semi di chia contengono altri minerali, come il selenio, lo zinco ed il magnesio, le vitamine A, E e B6. I semi di chia sono anche ricchi di aminoacidi e di antiossidanti, presenti in quantità 4 volte superiore rispetto ai mirtilli.
Questi semi sono in grado di svolgere un’azione di controllo del livello degli zuccheri nel sangue e benefici per l’apparato cardiovascolare, regolare la pressione sanguigna e tenere sotto controllo i livelli del colesterolo nel sangue, pulire l’intestino e per favorire il suo funzionamento.

Come utilizzarli in cucina?
I semi di chia sono molto piccoli e croccanti, il sapore piuttosto neutro li rende abbinabili a diverse ricette. Ideali come aggiunta ai muesli della colazione, accompagnati a cereali e altri semi per uno spuntino o utilizzati come condimento per numerosi piatti tra cui insalate, pasta, risotti, orzo, miglio, quinoa, legumi ed altri cereali a piacere. Molto gustosi nelle macedonie o nei frullati di frutta e verdura, inoltre possono essere utilizzati come decorazione su biscotti, crostate, ma anche su tartine e finger food.

E voi avete mai utilizzato questi semi?

Scritto da Costanza Placidi - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

LA SINDROME DI PARIGI

Tanto tempo fa Edith Piaf cantava “Paris c’est la vie!” (Parigi è vita), esaltando le lodi e i fasti della Ville Lumière. Mia moglie invece poco tempo fa è tornata da Parigi letteralmente sconcertata dal degrado in cui versa la capitale francese, con tanto di foto e video. Ambulanti illegali, mendicanti, migranti ovunque che dormono sui marciapiedi, nelle stazioni del metrò con tende, materassi, cartoni, tra sporcizia e olezzi maleodoranti… Un nostro amico le ha fatto notare che in realtà è stata vittima, anche se in modo leggero, della cosiddetta Sindrome di Parigi.
Sinceramente non avevo mai sentito parlare di questa fantomatica sindrome, per cui sono andato ad informarmi, rimanendo decisamente stupefatto.

QUEI GIAPPONESI PAZZI PER LA VILLE LUMIÈRE
La sindrome di Parigi è una patologia psicosomatica rara che affligge in modo particolare i turisti giapponesi in visita alla capitale francese, i quali, come escono dall’aeroporto e intraprendono il viaggio verso il centro, cominciano subito a rendersi conto che Parigi non è certo quanto si aspettassero, sperimentando un disagio derivante dalla differenza fra la visione idealizzata della capitale francese che avevano maturato in patria (dove si nutrono delle aspettative esageratamente alte sulla capitale francese) e l’effettiva visione di cui prendono atto durante il soggiorno nella città. Le grandi differenze tra le rigide regole comportamentali nipponiche e quelle occidentali farebbero il resto.
La sindrome venne riconosciuta per la prima volta nel 1986 dal professore Hiroaki Ota, psichiatra giapponese espatriato in Francia, più tardi riscontrata anche dagli psichiatri dell’Hotel Dieu. È una patologia di cui si ammalano ogni anno decine di giapponesi (solo per i casi più gravi) che soggiornano a Parigi.
L’eccitazione che i soggetti sperimentano visitando la città (prevalentemente viaggiatori interessati all’aspetto artistico del loro itinerario) provoca disturbi che si presentano con sintomi diversi: si va dallo stordimento al senso di delusione fino a una percezione distorta del mondo e di sé stessi, stati d’ansia, allucinazioni, deliri di persecuzione, forte tachicardia e depressione, presentando una sintomatologia simile ad altre patologie, fra le quali la sindrome di Stendhal e quella di Gerusalemme. Tanto che l’ambasciata giapponese a Parigi ha istituito una linea telefonica, operativa 24 ore su 24, per fornire sostegno psicologico a tutti i turisti giapponesi che vivono questo disagio. Nelle manifestazioni più acute il rimpatrio è l’unica soluzione. Ritornati in Giappone, i malati guariscono nel giro di pochi giorni.
Una delle cause responsabili è che la capitale francese viene spesso dipinta come una terra idilliaca, patria della bellezza e dell’amore. La maggior parte dei giapponesi pensa alle strade di Parigi come allo sfondo della pubblicità di un profumo alla moda e ai suoi abitanti come alle persone più chic e gentili del pianeta. La realtà, tuttavia, è spesso un’altra: infatti Parigi è anche una metropoli costosa, pericolosa, rumorosa e sporca. Per non parlare poi delle banlieues, i quartieri periferici perlopiù abitati da stranieri, dove addirittura la polizia ha paura ad entrare, continuo bersaglio di sassaiole e agguati vari. Il primo contatto con questa realtà avviene nei treni sovraffollati della metropolitana, con la paura di essere derubati amplificata dai continui annunci che mettono in guardia dai borseggiatori. Usciti dai tunnel sotterranei della metro, si ritrovano immersi nel caos e nella sporcizia della città, cosa intollerabile per un giapponese. Passeggiando in cerca di monumenti, i visitatori si accorgono presto che quasi nessuno a Parigi è disposto a dedicarti più di cinque secondi del suo tempo per darti indicazioni, soprattutto se non conosci almeno un po’ di francese. Le cose non migliorano se ci si siede al tavolo di un bar o a quello di un ristorante: i camerieri parigini hanno la reputazione di essere tra i più maleducati al mondo e non fanno nulla per smentire questa fama. L’unica consolazione sono gli innumerevoli monumenti e i tanti musei con la loro immensa disponibilità di opere d’arte, ammesso che si accetti la bolgia di turisti e a sopravvivere alle lunghe file.

LE BANLIEUES PARIGINE
Il termine francese indica l’area periferica dei grandi agglomerati urbani, dove vi sono zone povere, con una bassa qualità della vita ed un'economia depressa. L'etimologia del termine (ban=bannato, bandito; lieu=luogo) fa riferimento al senso di esclusione che la periferia evoca rispetto al centro cittadino e fa quindi risalire l’origine del termine “alla messa al bando” (lontano dalla città) degli individui più poveri e ritenuti più pericolosi. Il termine è anche stato utilizzato come eufemismo per descrivere i grandi progetti residenziali a basso costo per gli immigrati stranieri. A partire dalla fine degli anni sessanta infatti la Francia ha conosciuto dei grandi flussi migratori provenienti dalle excolonie soprattutto dei Paesi arabi. Il degrado, la mancanza di infrastrutture, l’integralismo islamico diffuso con la conseguente mancanza di integrazione e il sovraffollamento hanno fatto sì che negli anni sia cresciuta la criminalità e in particolare il traffico di droga, di armi e la microcriminalità soprattutto fra i più giovani. Soprattutto la miopìa dei politici e l’incapacità di far rispettare le leggi, per paura di essere additati come razzisti, hanno prodotto una situazione fuori controllo, portando il degrado a livelli inaccettabili. Esattamente quello che sta succedendo oggi in Italia, di cui fra non molto potremo andar fieri di avere anche noi la nostra… Sindrome di Roma. La banlieue è così divenuta, nella percezione comune, sinonimo di insicurezza e precarietà sociale, tanto da poter essere considerata un vero e proprio ghetto. Nel corso degli anni si sono verificati spesso episodi di rivolta, scaturiti dall’emarginazione sociale, come quella catastrofica del 2005.

Insomma, la Parigi dolce, seducente e magica di Amèlie Poulain esiste ormai solo nei film e i giapponesi (ma non solo) devono farsene una ragione.

Scritto da Pino Varone - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

SBANDIERATORI DEI RIONI DI CORI

Si è conclusa la tournee estiva degli Sbandieratori dei Rioni di Cori. Intensa come sempre, l’estate ha visto i “Rioni di Cori” protagonisti in Francia, in Italia e in Romania.

Dal 4 all’8 Agosto gli Sbandieratori dei Rioni hanno partecipato alla 71a edizione della Festa della Lavanda a Digne les bains in Provenza – Francia. La Festa delle Lavanda, o Corso della Lavanda, è un corteo di carri fioriti che si svolge all’aperto e che solitamente caratterizza l’arrivo delle belle giornate. Il Corso della Lavanda è nato nel 1929. La prima edizione voleva valorizzare la produzione di lavanda, ovvero la base economica del territorio provenzale. Interrotta dall’arrivo della II Guerra Mondiale, la manifestazione torna, con svolgimento regolare, dal 1945. Oggi è una grande festa che si svolge per 5 giorni tra la fine di Luglio e l’inizio di Agosto. Ogni anno, questo evento attira decine di migliaia di visitatori che assistono alle sfilate giorno e notte, ai due fuochi pirotecnici, alla festa popolare e alla parata internazionale.
Quest’anno presenti i gruppi di Francia, Ucraina, Ungheria, Polonia e per l’Italia, ovviamente, gli Sbandieratori dei Rioni di Cori. La serata di apertura avviene in musica, seguita dai fuochi d’artificio e da un grande ballo in piazza Generale de Gaulle. Il sabato è dedicato alla grande parata dei gruppi folkloristici provenienti da varie parti del mondo. Per tutto il week-end si tengono spettacoli: i gruppi sfilano lungo le strade del centro offrendo ai visitatori le loro performance. Migliaia di sacchettini di cotone pieni di fiori essiccati di lavanda vengono distribuiti agli spettatori. In questo magico contesto, il più antico gruppo di Sbandieratori di Cori ha fatto conoscere alla città di Digne “l’Arte di maneggiar l’Insegna”, la principale tradizione corese.

Dal 17 al 22 Agosto, è stata la volta del Festival dei Cuori di Tarcento (UD), che quest’anno ha avuto come location principale la città medievale di Gemona. In rappresentanza dell’Italia gli Sbandieratori dei Rioni di Cori ed il gruppo folkloristico Chino Ermacora di Tarcento. Il Festival, itinerante, ha toccato altre quattro cittadine friulane, tra cui Tarcento appunto, e una località Slovena, Bovec. Come abbiamo già avuto modo di scrivere, il Festival dei Cuori, rappresenta un momento di grandi emozioni per gli Sbandieratori dei Rioni di Cori. E’ l’occasione per rinsaldare amicizie oramai ultra trentennali e, ovviamente, farne di nuove. Un’occasione di testimonianza di una amicizia forte e allo stesso tempo indescrivibile per chi non la vive direttamente.

A Settembre, dall’8 all’11, il Gruppo ha partecipato al Festival degli Artisti di Strada di Costanza - Romania. Costanza è una delle più importanti città della Romania. Principale porto navale sul Mar Nero già dall’epoca della dominazione Romana. Principale centro del divertimento balneare, Costanza, durante l’estate si riempie di turisti, è famosa infatti per il divertimento e la vita notturna che vi si svolge. Qui, per intrattenere appunto il turismo, durante tutta l’estate vengono programmati eventi musicali, teatrali, di cinema, di sport e di cultura. In questo contesto trova il suo naturale palcoscenico, il Festival degli Artisti di Strada, con gruppi provenienti da varie parti del mondo. Quest’anno a rappresentare l’Italia, gli Sbandieratori dei Rioni di Cori.

In occasione delle celebrazioni del 50° anno dalla fondazione della F.I.Sb. (Federazione Italiana Sbandieratori), mercoledi 20 settembre, tutti i gruppi appartenenti appunto alla Federazione, tra i quali gli Sbandieratori dei Rioni di Cori, sono stati ricevuti in udienza da Sua Santità Papa Francesco. Ben 89 gruppi di sbandieratori provenienti da tutta Italia, hanno portato al Papa il saluto di tutta la famiglia in “calzamaglia”.

Dopo la pausa estiva, gli allenamenti riprenderanno sabato 30 settembre presso la palestra delle scuole elementari di Cori. Le iscrizioni al “Progetto Giovani” oramai attivo dal 2010, sono ovviamente sempre aperte. Per info 339 7595732 – info@sbandieratoridicori.it

Scritto da Quintilio Carpineti - Sbandieratori dei Rioni di Cori - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

L’URLO DEGLI INCENDI

Piemonte, Abruzzo, Lazio ... Sardegna, Calabria, Campania ... Italia!!! Come ci si sente a stare al sicuro mentre si vede, da lontano, la montagna devastata dalle fiamme. Come ci si sente ad essere svegliati di notte dall’urlo “al fuoco, al fuoco”. Come ci si sente a dover scappare di corsa dalla propria casa, magari con i figli piccoli, perché l’incendio estivo è venuto ad urlare vicinissimo a te. E come ci si sente quando si ha la fortuna di dover solo ripulire la propria casa dalla cenere, perché comunque è andata bene!
Questo è quello che succede ogni anno, soprattutto durante il periodo estivo, in molte zone della nostra amata Italia, in molti angoli di paradiso, e resta negli occhi il ricordo di ciò che era e la paura di ciò che sarà.

L’entrata in vigore della Legge Quadro n. 353/2000, che ha tra l’altro previsto il reato di incendio boschivo come fattispecie penale autonoma (art. 423 bis c.p.), ha segnato una svolta fondamentale sul fronte della repressione degli incendi boschivi, considerati tra i più gravi fenomeni delittuosi e di allarme sociale. Il sistema sanzionatorio in materia, penale ed amministrativo, è disciplinato da una pluralità di fonti normative e legislative: il codice penale, la Legge quadro sugli incedi boschivi, la Legge forestale del 1923, il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.) e la Legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente.
E’ di estrema importanza, in tali casi, l’individuazione esatta dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la volontà giuridica di delinquere, l’accettazione (e il rifiuto) del rischio, l’aver agito con dolo (volontarietà) o con colpa (imprudenza, negligenza, imperizia): da tale elemento deriveranno conseguenze notevoli, anche in relazione alla pena da applicare.
Ad esempio, per comprendere meglio, al soggetto che vuole bruciare solo delle stoppie, che però si trovano dentro il bosco, si rappresenta l’eventualità che il bosco stesso possa prendere fuoco, ma, pur non volendo cagionare un incendio boschivo, questi accetta ugualmente il rischio perché confida nelle sue possibilità di controllare il fuoco. Perde però il controllo delle fiamme sulle stoppie, che si propagano su tutto il bosco: ha commesso il reato di incendio boschivo, colposo (l’incendio, pur previsto, non è voluto dall’autore). Se, invece, il soggetto vuole bruciare per ritorsione una casa che si trova all’interno di un bosco, si rappresenta la possibilità che dalla sua azione possa bruciare anche il bosco intorno. Accetta lo stesso tale rischio pur di bruciare la casa, la quale brucia con tutto il bosco: risponderà penalmente anche di incendio boschivo, doloso (accettazione del rischio).

Ma cosa accade per legge ad un terreno percorso dal fuoco, che impiegherà poi molti anni per guarire, ospitare pascoli, essere produttivo o rimboscato. La normativa italiana prevede divieti, prescrizioni da osservare nelle aree e nei periodi a rischio di incendi, ed, ovviamente, sanzioni amministrative per i trasgressori. In particolare, le zone boscate ed i pascoli, i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco, non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni.
È, altresì, vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici, di strutture e di infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, salvo preesistente autorizzazione o concessione, pena l’arresto fino a due anni ed una ammenda elevata, oltre alla demolizione dell’opera ed il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. Sono, inoltre, vietate per cinque anni sui predetti soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con finanziamenti pubblici, salvo specifica autorizzazione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. E’ anche vietato per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorse dal fuoco, l’esercizio delle attività pastorizie e venatorie. Nelle aree e nei periodi a rischio di incendio boschivo sono vietate tutte le azioni che possono, anche solo potenzialmente, determinare l’innesco di incendio (anche il semplice fumare una sigaretta). Nel caso in cui l’autore dell’illecito sia un esercente di attività turistiche, oltre alla sanzione pecuniaria è disposta anche la revoca della licenza che consente l’esercizio dell’attività.

Sono poi previste sanzioni da altre fonti legislative, quali il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza - T.U.L.P.S. (R.D. n.773/1931), la Legge forestale (R.D. n. 3267/1923) ed il suo Regolamento (R.D. n. 1126/1926), contenente norme sulle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (P.M.P.F.). In particolare, è vietato accendere fuochi all’aperto nei boschi o a distanza inferiore a 100 metri, mentre l’abbruciamento delle stoppie e di altri residui vegetali è permesso soltanto a debita distanza dal bosco e purché il terreno su cui si effettua sia circoscritto ed isolato con solchi di aratro o con altro mezzo efficace ad arrestare il fuoco. Non si può procedere all’abbruciamento quando spira il vento. E’ comunque previsto il divieto della raccolta della legna morta da parte degli aventi diritto, fino a quando l’Autorità forestale lo riterrà necessario per la ricostituzione naturale del bosco: la legna dovrà essere venduta ed il ricavato reimpiegato per tale scopo. Chiunque, in occasione di un incendio boschivo, rifiuta senza giustificato motivo il proprio aiuto o servizio all’opera di spegnimento, è punito a norma dell’articolo 652 del codice penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda. Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto (l’incendiario) al risarcimento del danno ambientale nei confronti dello Stato, oltre al ripristino dello stato dei luoghi a proprie spese. E per questo costante e ripetuto disastro ambientale il codice penale (cfr. art. 423) prevede la reclusione da tre a sette anni.

Scritto da Manuela Rapino - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

UN MOMENTO INFINITO

L’estate sta finendo, arrivano le prime piogge, benedette, anche se violente. Non ricordo più quanto tempo è passato dall’ultima pioggia, forse troppo. La terra è arida, secca, spaccata dal sole che batte senza tregua. Non è abituata a ricevere botti d’acqua tutte insieme. Neanche io.
Oggi però il sole risplende, è vicino, sembra vicino come tutto intorno a me. Sono sul terrazzo, alzo lo sguardo verso l’orizzonte, sembra tutto vicinissimo. Si vede bene il mare con i suoi riflessi. Sembra quasi di poterlo toccare. Invece è sempre li. Oggi è una giornata limpidissima, una di quelle rare giornate, dopo il temporale, nelle quali sembra di essere al centro del mondo. Essere al centro, girarsi intorno e poter osservare tutto da vicino. Si vedono anche le isole, ma in un modo come non capita mai. Tutto quello che normalmente è sfocato, lontano, appannato, ora è delineato, vicino, cristallino.
Il lavoro è già ricominciato, le ferie quest’anno sono durate troppo poco. Bisogna rimediare. D’impulso compongo un numero telefonico, non mi lascio neanche il tempo di riflettere. Realizzo un attimo dopo, era il numero della ditta, avverto che oggi non ci sono. Non ci sono per nessuno. Come un automa mi indirizzo verso il garage e tiro fuori la moto. Giubbotto, casco e guanti e sono pronto per la partenza, vado di fretta, non posso perdere altri minuti preziosi. Il sole ormai è bello alto nel cielo e sta riscaldando quell’aria raffreddata. L’aria piacevole batte sulla visiera, vuole per forza trovarsi una strada. Sinceramente non la lascio passare, non è il caso. L’asfalto corre tranquillo sotto il peso delle ruote, ogni tanto cerca di farmi sobbalzare e devo dire che quando ci si impegna ci riesce benissimo. Arrivo nei pressi del canale, rallento, ne seguo il corso fino quasi alla foce. Li mi accosto, lascio la moto in un angolo e mi avvio verso il pontile. Un piccolo pontile di legno.
Faccio qualche passo ed arrivo in prossimità della barca, è li ferma ormeggiata al pontile, le acque del canale le scorrono sotto quasi impercettibili. Vedo che è li in attesa di qualcosa, di qualcuno che la faccia navigare. Ottimo, vuol dire che è pronta. Mollo gli ormeggi, un colpo di gas indietro per uscire dal posto barca, percorro il canale fino alla fine, ed ecco che la prua entra finalmente in mare.

Mi allontano piano dalla spiaggia, già a ridosso del canale ci sono un sacco di bagnanti, non proprio come la settimana di mezzagosto, ma ci sono. E’ strano vedere il mare così calmo, specialmente dopo aver visto le onde dell’altro giorno. La barca fila liscia, sembra di essere su un velo d’olio. Devo dare un po’ più di gas. Sembra di andare piano, do ancora gas ed altro ancora. Il sole riscalda la pelle, quasi la brucia, ma non te ne accorgi. Il tutto è stemperato dal vento fresco. Non mi ero reso conto, ma sono quasi alla velocità massima. Ora il vento si fa sentire ma io proseguo imperterrito senza rallentare. Anche alla massima velocità la barca fila via stabile. In men che non si dica sono in prossimità delle isole. Faccio rotta verso quella più a destra. Penso sia chiaro o devo spiegarmi meglio? Avete capito? Mi fido. Mi avvicino piano dalla parte nord. Il sole è a perpendicolo. L’acqua in questo punto è abbastanza profonda, ma allo stesso tempo cristallina, cristallina come nessun altro posto nel mediterraneo. Studio un attimo la corrente e butto l’ancora. La cima è legata, l’ancora tiene. Posso spegnere il motore. Eccezionale.
Faccio un rapido bagnetto, salpo l’ancora e mi dirigo verso cala o’ Francese. Sono ancorato, oggi ci sono poche barche. La settimana di mezzagosto è un po’ incasinato, ma oggi è tutto eccezionale. Immergetevi con me in un’avventura incredibile. Non posso raccontarvi tutto, Non posso scrivere pagine e pagine cercando di trasmettervi le sensazioni di questo momento, non posso farvi vedere delle foto, non posso farvi vedere dei video. Nessuna di queste cose potrà mai trasmettere le emozioni del momento, un momento che sembra infinito. L’unico modo per farvi capire è vivere l’esperienza. Volete venire con me? Vi aspetto.

Scritto da Antonio Moroni - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

L' ECONOMIA A PORTATA DI TUTTI: IL REDDITO DI INCLUSIONE

Anche quest’anno il nostro Governo ha pensato ad un modo per aiutare le famiglie in difficoltà economica, introducendo il Reddito di Inclusione che entrerà in vigore il primo Gennaio del 2018.

Di cosa si tratta? In sostanza è un sussidio (aiuto economico erogato in termini monetari dallo Stato a famiglie, cittadini od imprese in base al tipo di manovra che lo Stato intende attuare, al fine di aiutare tali soggetti) alle famiglie meno abbienti, che dovrebbe permettere loro di arrivare meglio a fine mese.
Una cosa buona no?! Ma quali sono i vincoli per ricevere tale sussidio?
Le famiglie devono avere un ISEE annuo non superiore ai seimila euro ed il valore catastale della prima casa deve essere inferiore a ventimila euro. Vengono esclusi coloro che posseggono i c.d. Beni di Lusso (barche, auto costose, immobili vari). Mi sembra anche giusto. Perché una persona che guadagna cinquecento euro al mese può tranquillamente permettersi tali beni. L’entità del sussidio varia anche in base alla composizione del nucleo familiare, cioè sarà più alto in presenza di minori ed over 55 in famiglia. Ah meno male! Finalmente hanno pensato a come garantire l’istruzione dei minori ed a come aiutare le persone avanti con l’età a far fronte alle spese che non coprono con la pensione.

Qui arriva il bello.. il sussidio viene erogato attraverso una card rilasciata dagli enti specializzati sulla quale si accredita la somma spettante; facile per una persona anziana! (parto dal presupposto che le persone entro i 65 anni lavorano ancora quindi non hanno bisogno del sussidio, dato che al 90% svolgono lavori full time e che percepiscono uno stipendio più alto del limite fissato da tale legge). Ma non è finita qua... le somme erogate, in base alla struttura familiare ed alle misure dei requisiti richiesti, vanno da un minimo di circa 190€ ad un massimo di circa 500€! Grazie Stato! Le famiglie con figli in età scolare di cui, magari, lavora solo un genitore a tempo pieno non potrà usufruire del sussidio, e nemmeno chi ha acquistato, a fatica, una casa un po’ più grande per lasciarla ai figli. Fortunati invece coloro che lavorano part- time e chi percepisce la pensione minima. Fortunati si, perché l’ aiuto economico ricevuto sarà di tale entità da poter togliersi qualche sfizio, come acquistare il cibo per la famiglia o le medicine non coperte dall’assistenza sanitaria. A voi l’ennesima presa in giro.

Scritto da Eleonora Angelini - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

“PRODOTTO CULTURALE LEPINO” TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE

Il nostro territorio è costituito da ambiti territoriali, anche se apparentemente simili, caratterizzati da una precisa identità storico – culturale, dalla presenza di istituzioni attive nel settore culturale: l’arte, il patrimonio ambientale, la cultura del cibo, la storia; e da proposte attrattive da poter indirizzare a vari target turistici.
Sarebbe necessario però avviare una politica d’intervento comune: restauri, recupero e valorizzazione di alcune eccellenze allo scopo di avviare un significativo intervento culturale ed economico atto a fondare una politica di sviluppo territoriale mettendo in rete tutte le risorse di questo territorio. L’ipotesi progettuale deve mirare alla creazione di un “Prodotto Culturale Lepino” mirando alla gestione di un sistema di sviluppo del territorio, sia attraverso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, sia attraverso l’applicazione di nuovi mezzi tecnologici e multimediali.

Questo territorio ha occupato un ruolo importante per la nostra storia, racchiude una forte identità ed è opportuno non solo pensare, ma attivare un grande progetto di “riqualificazione integrale”. Dal Lago di Giulianello, oggi monumento naturale, al Giardino di Torrecchia Vecchia, nascosto in mezzo alle rovine di un castello medievale, ristrutturato alla fine degli anni 90 dal principe Carlo Caracciolo, per non parlare del grande monumento naturale Giardino di Ninfa, considerato tra i più belli del mondo, alle nostre montagne, ai nostri centri storici; i Lepini appunto, posseggono un patrimonio d’eccellenza che va mantenuto valorizzato e fatto conoscere.
I siti culturali e archeologici, i castelli e i palazzi storici, i musei e gli archivi, vanno concepiti come centri ordinatori di un assetto del territorio da salvaguardare e valorizzare in tutte le sue componenti.

Occorre una puntuale riflessione strategica e operativa sull’analisi e sullo studio di potenziali siti del sistema culturale, questo con l’obiettivo di produrre una serie di progetti coordinati e responsabilmente condivisi. La messa in valore del patrimonio culturale materiale e immateriale del territorio ha già avuto iniziative in precedenza, non si è mai saputo se hanno avuto esito positivo o sono rimasti semplici episodi circoscritti; certo è che non sono mai stati fatti interventi rilevanti che hanno portato al recupero di parti determinanti di questo territorio. La valorizzazione del tessuto storico – architettonico, l’istituzione di un sistema d’accoglienza comune, la razionalizzazione di alcuni servizi e infrastrutture possono trarre benefici dall’attività di avvio di un sistema culturale che può inoltre contribuire all’accentuazione delle specificità che questo territorio ha.
È importante sottolineare la possibilità di coinvolgimento di alcune imprese importanti contribuendo esse stesse alla fase progettuale e di promozione; così come diventa necessario il coinvolgimento di tutte le attività culturali, le quali potranno contribuire in maniera significativa alla crescita del tessuto socio – economico con l’obiettivo di creare una rete delle eccellenze territoriali. Il “Prodotto Culturale Lepino” per la sua strategia, per la storia che può raccontare, per le attività che può sviluppare ha forse davvero la possibilità di agire da volano di crescita e di sviluppo di questo territorio attraverso un progetto condiviso e in tempi ragionevoli.

Scritto da Giorgio Chiominto - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

FEDE MONTANA

Un aspetto bello del camminare in montagna, se si possiede lo spirito adatto, è quello di potersi sentire più vicini al Creato, entrando in sintonia con la fauna e la flora che lo compone. Quale momento migliore, allora, per un po’ di raccoglimento. È davvero una sensazione unica ascoltare il suono dei nostri passi confondersi con i cinguettii degli uccelli, mentre in silenzio osserviamo fiori,  piante, rocce e paesaggi senza confini. Alzare lo sguardo e sentirsi piccoli come formiche di fronte alla maestosità dei monti che ci circondano ed in quello stesso momento sentire la necessità di ringraziare Dio per tutto ciò che ha creato. Sì, perché è bellissimo pregare in montagna, si ha la possibilità di avvertire il Creatore ovunque, da qualsiasi parte si volga lo sguardo, ci si sente gioiosi, felici, ci si sente fortunati e vivi. Molto spesso si incontrano immagini religiose, soprattutto sulle cime dei monti e lì l’emozione si amplifica, magari perché stanchi da una lunga camminata che ci ha messi a dura prova. In quel momento alla vista di una croce o di una qualunque immagine religiosa ci si sente amati, protetti e la fatica passa in secondo piano, nonostante la consapevolezza che ci attende ancora la via del ritorno. Ecco allora cos’è in sostanza vivere a fondo la montagna, è semplicemente un lasciarsi cullare tra le braccia di chi ha creato questo nostro prezioso giardino, che è la terra, riconoscendo e rispettando la sua magnificenza. “Alzo gli occhi verso i monti e dico: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto verrà dal Signore che ha fatto cielo e terra” (Salmo 121, 1-2)




Scritto da Gianpaolo Manciocchi - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

LATIUM FESTIVAL 2017, UNO STRAORDINARIO SUCCESSO

Con la fine dell’estate non si è ancora sopito il nuovo e straordinario successo per l’edizione 2017 del LATIUM WORLD FOLKLORIC FESTIVAL – Musiche e Danze del mondo per una cultura della Pace - CIOFF®.

Piazze sempre piene, luci colori, tanta musica e balli, giochi, conferenze, convivialità, divertimento. Archiviato con soddisfazione il LATIUM FESTIVAL 2017, la più importante kermesse del folklore intercontinentale d’Italia, che promuove ogni anno a Cori ed in diverse città del Lazio lo scambio e il dialogo tra i diversi popoli della Terra con l’importante sostegno del CIOFF® mondiale (Conseil International des Organisations de Festivals de Folklore et d’Arts Traditionnels. ONG Partner Ufficiale dell’UNESCO, accreditata sempre presso l’UNESCO nel Comitato per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, ONG presente in circa 120 Paesi in tutto il mondo).
Nelle strade e nelle piazze di Cori e delle altre 14 Città del Lazio che hanno aderito al Festival si è respirato ancora una volta un profumo internazionale, un caledoscopio di colori, musiche allegre e vivaci danze tradizionali. Un evento che ha interessato quest’anno circa 130.000 spettatori. Solo durante l’animazione presso il Colosseo a Roma, si è avuto la presenza di circa 30.000 spettatori che erano nei dintorni di quello che è una delle meraviglie architettoniche di tutto il mondo, patrimonio dell’Umanità. Manifestazione turistica di spicco nel panorama degli eventi estivi in regione, il Festival di Cori e del Lazio, si è svolto come tradizione a cavallo tra i mesi di luglio ed agosto, da mercoledì 26 luglio a lunedì 7 agosto.

Estrema soddisfazione per l’importante manifestazione il nuovo Sindaco di Cori, Mauro De Lillis, e l’Assessore alla Cultura, Paolo Fantini, evidenziando il fondamentale apporto della Regione Lazio. Creato dall’importante esperienza del Festival della Collina, da subito in un contesto intercontinentale, il Festival porta ogni anno in terra laziale centinaia di giovani danzerini provenienti da tutti i continenti, quali festosi messaggeri di pace e fratellanza. Si mescolano così lingue, usi, tradizioni, canti e musiche, fondendosi nei mille colori del palcoscenico e nei cuori partecipi degli spettatori.
Nell’anno in cui l’ONU (Assemblea dell’Organizzazione delle Nazioni Unite) ha proclamato il 2017 come Anno Internazionale del Turismo Sostenibile, il MIBACT (Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo) ha proclamato il 2017 quale ANNO NAZIONALE DEI BORGHI e l’UNESCO ha lanciato per il 2017 il Progetto “UNITE4HERITAGE” per la salvaguardia del patrimonio culturale e artistico, l’Organizzazione del Festival ha scelto come location per le attività culturali e per gli spettacoli alcuni luoghi di elevato valore artistico/architettonico (Colosseo, piazza del Campidoglio e Villa Gregoriana a Tivoli) e Borghi del Lazio che si trovano lungo i Cammini di Fede (Via Francigena del Nord, Cammino di Francesco, Via Francigena del Sud), vista la numerosa presenza di turisti e pellegrini lungo questi percorsi nel periodo estivo. Si sono esibiti a Cori circa 250 giovani artisti, che sono giunti da tutti i continenti, dall’AFRICA: KENYA, dall’AMERICA: BOLIVIA, COLOMBIA, ECUADOR, MARTINICA, dall’EUROPA: RUSSIA, dall’ASIA: FILIPPINE e naturalmente dall’ITALIA con la partecipazione di alcuni gruppi della regione Lazio, come gli Sbandieratori del Leone Rampante di Cori e il Gruppo Folkloristico “I Turapitto” della Città di Sezze.
Ospiti d’onore in questa edizione il famoso “POM’KANEL” della MARTINICA, oltre al gradito ritorno di uno dei migliori gruppi equadoriani, il Grupo Folklórico TUNGURAHUA del M° Carlos Edmundo Quinde Mancero. A questi importanti gruppi internazionali si è unito anche l’Academia de Danzas Folkloricas “BOLIVIA” – ADAF che agli inizi del mese di Luglio si era esibito a Parigi presso la sede dell’UNESCO. Il calore dei ritmi sudamericani, la tecnicità propria delle musiche e delle danze del gruppo russo e del gruppo keniota si è intrecciata con le danze delicate e attraenti delle Filippine.

Quest’anno il Festival e i suoi gruppi internazionali hanno toccato diversi territori della regione Lazio: Cori, Roma, Latina, Paliano, Segni, Cisterna, Bassiano, Fondi, Sezze, Piglio, Torvaianica, Valmontone, Vejano e Tivoli.
Quattordici giorni all’insegna della musica e della danza tradizionale (Latium World Folkloric Festival – Musiche e Danze popolari del mondo per una cultura della Pace -), della musica folk ed etnica (Latium Folk & Ethnic Music Fest - Melodie e ritmi popolari del mondo -), delle feste multietniche, “INTERCULTURA IN FESTA”, con l’offerta di degustazioni di pietanze gastronomiche etniche, con l’esposizione e vendita dell’artigianato tipico locale ed internazionale, delle Feste serali con la partecipazione di tantissimi giovani di tutto il mondo che parlano un linguaggio interculturale ed interreligioso. Tema fondamentale affrontato in questa edizione del Festival la “SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO MUSICALE TRADIZIONALE”, un progetto patrocinato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e promosso durante l’Apertura Ufficiale del Festival a Cori con le corali giovanili ALWAYS YOUNG CHOIR di Cori e ALCHEMICANTO di Nettuno che hanno presenteranno alcuni canti della tradizione popolare d’Italia e del mondo, canti che sono stati ripresi e rielaborati durante i laboratori effettuati dal M° Giovanni Monti dallo scorso mese di febbraio a Cori.
La degustazione di VINI DI ECCELLENZA di Cori, Marco Carpineti, Pietrapinta e Cincinnato, insieme ai prodotti tipici locali e alle pietanze etniche preparate dai gruppi internazionali e dalla folta Comunità etnica presente nel territorio di Cori è certamente una delle attività interessanti, molto apprezzata dal pubblico, che ogni anno viene presentata nell’ampio palinsesto del Latium Festival.

Tra le iniziative culturali è stato nuovamente organizzato il l TRADITIONAL GAMES DAY, il tradizionale Workshop sulla rivalutazione dei Giochi Popolari. Molto interessante anche la Conferenza sui Cammini a Sant’Oliva a Cori, tenuta dalla dott.ssa Chiara Lemma, storica dell’arte e membro del Comitato Via Francigena del Sud, con annessa l’iniziativa “MILLE PASSI LUNGO LA VIA FRANCIGENA INCONTRANO I PASSI DEL LATIUM FESTIVAL, DANZE POPOLARI DA TUTTO IL MONDO”.
Un successo anche la partecipazione di tutti i gruppi internazionali all’Udienza pubblica con Sua Santità PAPA FRANCESCO presso la Città del Vaticano, dove il Pontefice quest’anno ha voluto alcuni componenti del gruppo della Martinica seduti vicino a se sul palco della sala Nervi, davanti a circa 7.000 fedeli.

Il Festival anche quest’anno è stato organizzato dal Comune di Cori, dalla Pro Loco Cori, dall’Associazione culturale “Festival della Collina” e dall’Associazione culturale “Latium”, con la coorganizzazione delle associazioni “Tres Lusores” e “Sbandieratori Leone Rampante di Cori”, con la collaborazione della Sezione CIOFF® Italia, del FAI – Fondo Ambiente Italiano - e della Fondazione “Roffredo Caetani” di Ninfa, e di tantissime altre associazioni del territorio, oltre all’importante supporto di istituti di credito ed alcune aziende private del territorio, ma soprattutto grazie a un eccezionale gruppo di giovani volontari che si è impegnato ancora una volta in modo encomiabile per la perfetta riuscita della manifestazione.
Una manifestazione il LATIUM FESTIVAL in continua crescita, soprattutto internazionale, tant’è che il Presidente mondiale del CIOFF®, Philippe Beaussant, recentemente eletto anche Presidente della Commissione che si interessa della salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale presso l’UNESCO, ha chiesto all’Organizzazione del Festival di Cori di organizzare nella prossima primavera a Cori il Consiglio mondiale del CIOFF®, insieme all’EXCO (il Consiglio ristretto), un evento che prevede l’organizzazione di diverse iniziative culturali e di spettacolo, anche per un pubblico più allargato proveniente dal territorio di Cori e del Lazio, unitamente ai lavori assembleari di quest’importante organismo legato all’UNESCO.

Scritto da Tommaso Ducci - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

16 ANNI DOPO

Era l’11 settembre del 2001 quando l’attacco di al-Qaeda guidato da Osama Bin Laden colpiva il cuore della Grande Mela provocando circa tremila vittime.
Alle ore 9.03 un aereo, partito da Boston e diretto a Los Angeles, è apparso su Manhattan schiantandosi contro la torre nord del World Trade Center, seguito da un secondo velivolo che alle 9.59 colpì la torre sud. Un violento scontro che tra le ore 9.59 e le 10.28 ha causato il crollo delle torri simbolo della metropoli americana. In seguito ai due voli dirottati dai terroristi, anche un terzo aereo colpì il Pentagono a Washington, mentre un quarto venne abbattuto prima di raggiungere la meta in Pennsylvania.

È una domanda che ricorre spesso, soprattutto quando si parla di terrorismo e mutati scenari globali: “come sarebbe stato il mondo senza l’attacco all’America dell’11 settembre 2001?”. Una risposta non c’è eppure, a distanza di 16 anni, è un quesito che tutti continuano a porsi, ribadendo l’unicità di quell’evento e di tutte le conseguenze che ne sono derivate.
Ricordare e rivivere quei momenti è importante, anche perché c’è una intera generazione che non ha vissuto i fatti in diretta, i nati dall’11 settembre 2001 in poi, ma che pure ne vive i risvolti. Ancora 16 anni dopo, sono in molti a cercare le risposte, per darle anche a chi resta: assegnare una identità alle vittime è un lavoro lunghissimo e che si è protratto nel tempo.


Scritto da Valentina Borro - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

A CORI LA BESTEMMIA SI PRATICA SOVENTE...

L’ho scoperto in vari episodi e la perentorietà della mia affermazione ha avuto molteplici conferme.
Tre elementi epifanici in particolare...Mattina presto, ore 7. Capolinea Cotral. Sonnacchioso attendo bus in mezzo ad una pletora di ragazzi vocianti...Partono i primi moccoli. A gratis direi... Porco qui, Porco là, La natura suina del Creatore più volte espressa.
Secondo esempio. Abito nei pressi del Beato Tommaso.. Serate che precedono il Carosello, per sfortuna nera sotto casa c’è la sede degli ultras di Porta Signina... Ragazzi e ragazze, la meglio gioventù corese si raduna, Preparano coreografie e strombazzano euforici. Tutto normale. Poi il turpiloquio più becero fa capolino. Il povero Beato citato più volte non certo per essere invocato, tanto che il mattino seguente mi pare di vedere la sua espressione dolente e risentita. Allucinazioni estive?
Terzo episodio, Bar del centro. Amo i vecchietti. Da sempre li ascolto con venerazione, certi nostri vecchi sono divini e mi ricordano divinità antiche che difendono la memoria della comunità... Certi...alcuni.. Poi ci son certi anziani coresi che tra un caffè e una chiacchiera scomodano Santi ed affini senza motivo, ed allora capisco il perché qui a Cori si è particolarmente portati in materia di bestemmia.

Mi pare sia un esercizio linguistico piuttosto che il frutto di una reazione scomposta e rabbiosa. Io divento bestemmiatore per protestare istintivamente contro un dolore fisico e non, parolacce e saette contro il cielo le scaglio se mi si altera la pressione, qui, invece, accade di tendere alla coprolalia e alle sue diramazioni, anche solo per salutarsi e raccontare un fatto accaduto.
Nessun monito da parte mia ai Coresi! Ognuno fa le “citazioni” che vuole. Ho solo colto quello che mi pare un tratto antropologico diffuso non solo da queste parti. Pulsioni che attengono non solo al campo irrazionale della religione e delle motivazioni inconsce che rendono funzionale il mondo degli dei, ma che riguardano il mondo relazionale più autentico.
Bestemmio quindi sono. Se bestemmio appartengo. Esisto.

Il tema perciò è molto più complesso a mio avviso. Dio e madri e figli e santi son solo un mezzo per affermare la propria esistenza in vita, per interagire con gli altri, per fare gruppo. Ingrandendo il campo si può dire che siamo artisti della bestemmia noi italiani, poi ci son gli spagnoli...le altre culture non concepiscono il significato della bestemmia. Indiani d’America, polinesiani ad esempio non la praticano per niente. Da noi invece tira che è una bellezza. Pure qualche pretaccio vi ricorre per protestare contro il Padrone.
Ritornando al nostro paesello lepino ho provato a chiedere a qualche corese doc perché qui si smoccola a gogó. Ecco la summa delle risposte avendo come unico filo rosso non la componente etico/ religiosa, ma quella psicologica: La blasfemia ha significato eminentemente terapeutico, praticandola si scarica la tensione emotiva, si arriva alla catarsi, la pace trionfa sulla guerra. Ci si libera dall’ombra del patire, la negatività viene portata all’esterno e fugata. Troppo complicato? Ho cercato di dare un carattere un po’ aulico alle risposte dei coresi che ho interpellato.
Tutti han sorriso compiaciuti quando ho chiesto loro del perché si bestemmiasse. Quasi orgogliosi di questa peculiarità orale locale. Nessuna vergogna. Nessuna risposta anodina. Pane e bestemmia mi ha detto una gentile corese. Quasi come se accanto al vino e all’olio prodotti qui ci fosse posto tra i marchi di origine pure la D.O.C.B., acronimo di Bestemmia d’origine controllata... Può essere un’idea per valorizzare ancor di più questo territorio?

Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

LA MUSICA NON CAMBIA?

Riprendiamo con delle novità riguardanti il personale dipendente.
- Il Dott. Sabatini, Responsabile Area Finanziaria, la cui assunzione appare di dubbia legittimità, si è trasferito al Comune di Mentana.
- L’Ing. Cerbara, Responsabile Area Lavori Pubblici, si è trasferito momentaneamente al Comune di San Felice Circeo.
- Il Dott. Cartelli, Responsabile Area Polizia Municipale, pare possa trasferirsi al Comune di Landriano.
- Anche il Dott. Loffredo, Segretario Generale, pare intenda andar via.

Sembra una fuga! Quali sono i motivi?
Nel contempo è stata confermata per un anno l’Arch. Ballerini, Responsabile Area Edilizia Privata, e questo ci lascia perplessi. Il Sindaco De Lillis ha iniziato ad operare nelle molteplici difficoltà, vedi situazione finanziaria.

Nell’ultimo numero accennammo ad una ipotesi di conflitto di interessi in cui potrebbe trovarsi il Consigliere Delegato agli Affari Generali riguardo gli incarichi legali. Non siamo stati ascoltati, vedremo. A proposito è stato conferito un incarico legale ad un avvocato di Velletri per proporre opposizione ad un Decreto Ingiuntivo notificato dalla Società Fallimento Cisterna Servizi s.r.l. in liquidazione. Un vecchio amico della maggioranza ci ha suggerito di verificare l’indirizzo dello Studio Legale dell'avvocato incaricato, non volevamo crederci, è lo stesso indirizzo di due legali, uno di Cori ed uno di Giulianello. Per caso operano nello stesso Studio? Che bello! Indovinate chi sono?

Tornando al Comandante chiediamo sempre di farci sapere l’esito dell’attività di natura giudiziaria, da lui iniziata sul problema EUROSPIN e su episodi di abusivismo edilizio. La Regione Lazio, proprio riguardo alla vicenda EUROSPIN (Permesso a Costruire n.24/2016) e alla DIA n.32/2015, a seguito di un esposto dell’ex Sindaco Bianchi, ha chiesto di relazionare al Comune. Il Comandante pare si sia rifiutato. Come può rifiutarsi dal momento che su quegli argomenti ha intrapreso un’attività di natura giudiziaria?

Ora torniamo alle difficoltà del Bilancio. Lo stesso Sindaco De Lillis dichiara che ci si trova “in una situazione economica finanziaria non facile”. Lo dice lui che è stato Assessore al Bilancio per dieci anni. È triste sapere che nel mese di settembre è a rischio il pagamento degli stipendi al personale dipendente.
Ora aspettiamo l’operato del nuovo Assessore al Bilancio. Ci auguriamo che non si ricorra né alle alchimie contabili né alla finanza creativa, bensì ad una operazione verità nell’interesse della cittadinanza. Ci sembra superfluo ricordare al Sindaco di far controllare la regolarità dei rimborsi carburante, così come affrontare e definire, in tempi brevissimi, il problema strade della zona artigianale di Cori.

Altrettanto urgente è l’approvazione dell’ampliamento del PPE di Cori (Loc. Sant’Angelo). Infine un’attenzione particolare alle Scuole. Sono stati eseguiti tutti i lavori di manutenzione per renderli vivibili? Sono dotate di adeguamenti e certificazioni di agibilità e antisismiche? Rispondono a tutti gli standard di sicurezza previsti dalle normative nazionali e comunitarie? Si vuole veramente costruire con la bellezza il nostro futuro? O era solo uno slogan elettorale perché la musica non cambia?

Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

CORI, PROGETTO DA 130 MILA EURO PER LA VIDEOSORVEGLIANZA

Ben 17 telecamere di videosorveglianza saranno presto installate a Cori. Lo ha comunicato il Comune che grazie a un bando della Regione Lazio ha ottenuto un finanziamento da 130 mila euro.

Il sistema di videosorveglianza consentirà un miglior controllo del territorio e sarà collegato alla centrale operativa allestita presso la Polizia Locale. Le telecamere saranno installate nei punti nevralgici, come le entrate e le uscite di Cori e Giulianello, piazze centrali e luoghi più frequentati, ma anche in prossimità di banche e uffici postali.
La Giunta inoltre punta a un altro bando della Regione Lazio e per questo ha approvato un progetto per un finanziamento da 50 mila euro che sarà destinato alla valorizzazione, al recupero e al miglioramento dell’arredo e del decoro urbano del quartiere Insido.

Il finanziamento sarà una quota parte di un progetto da 70 mila euro totali. Parteciperanno al progetto anche il centro anziani Argento Vivo e la cooperativa sociale Utopia 2000 che gestisce l’asilo “Il Bruco Verde”, che si trovano nell’area interessata. Il progetto prevede la manutenzione della scalinata esterna al centro anziani che funge da collegamento alla strada sottostante, il ripristino di parte del manto stradale di via G. Ricci con contestuale sistemazione del marciapiede e posizionamento di arredi, la potatura delle piante su via Ricci per migliorare l’illuminazione artificiale parzialmente coperta dalle fronde degli alberi, la realizzazione di un percorso pedonale dal centro anziani costeggiante l’asilo nido fino al raggiungimento del parco pubblico ‘Cesare Chiominto’ e la riqualificazione di quest’ultimo con la pulizia degli spazi verdi e dei percorsi, la sostituzione e l’integrazione di giochi per l’infanzia e la creazione di un’area destinata all’attività fisica all’aperto per gli anziani.

Intendiamo assicurare ai nostri concittadini – commenta il sindaco, Mauro De Lillis – che è con determinazione e solerzia che questa Amministrazione Comunale sta portando avanti il proprio impegno per garantire una maggior sicurezza agli abitanti di Cori e Giulianello e, allo stesso tempo, per portare a compimento la riqualificazione di aree non centrali del paese che necessitano di interventi di valorizzazione. Di tutto questo, come detto in campagna elettorale, ci stiamo facendo carico”

Scritto da Eleonora Spagnolo - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

NASCE L'ASSOCIAZIONE SOCIO CULTURALE DE “L'ALTRA CITTA'”

Ringrazio innanzitutto il Corace per lo spazio concesso. Voglio iniziare a scrivere su questa rubrica informando la cittadinanza che abbiamo trasformato la nostra lista civica de “L'Altra Città” in associazione Socio-Culturale.

Siamo in fase di registrazione e presto inizieremo a farci conoscere sul territorio con le nostre iniziative. L'associazione nasce con lo scopo di allargare il nostro raggio d'azione e di coinvolgere il più possibile gli oltre 1000 cittadini che ci hanno votato nelle ultime elezioni amministrative e colgo qui l'occasione per ringraziarli della fiducia data, ma anche per dare ai giovani di Cori e Giulianello uno strumento per avvicinarsi alla vita Politica e Sociale del nostro Paese.
L'associazione affiancherà e sarà da supporto all'azione Politica del nostro Gruppo Consiliare. Sarà presente sul territorio con attività culturali, sociali, sportive, ricreative ma cercherà soprattutto di essere un punto di riferimento per tutti i cittadini che riterranno utile e necessario contattarci per qualsiasi problema che non riescono a risolvere da soli. Ci stiamo organizzando per tenere aperta al pubblico la nostra sede almeno un pomeriggio la settimana.

Lo scopo principale sarà quello di creare un gruppo antagonista all'attuale amministrazione, in modo di arrivare tra cinque anni preparati per essere una valida alternativa politica al centrosinistra. L'associazione è aperta a tutti coloro che vogliono dare un contributo per la crescita del nostro Paese, a tutti coloro che vogliono una Città diversa, più vivibile, più orientata verso il futuro. Una Città che vuole uscire dai soliti interessi di partito per orientarsi verso l'interesse del bene comune. Una Città non ferma agli interessi di pochi ma proiettata alla crescita della nostra Comunità, vogliamo che Cori e Giulianello viaggino di pari passo per uno sviluppo che rifletta le vere esigenze del nostro territorio e non solo dei “gruppi di potere” per puro tornaconto elettorale.

L'associazione ha già una pagina su Facebook che potete visitare ed in anteprima già aderire con un “mi piace”, potete già interagire con l'associazione scrivendoci sulla pagina stessa, risponderemo a tutti e inizieremo già dalla prossima riunione ad informarvi sui nostri incontri che terremo settimanalmente nella nostra sede che abbiamo per il momento a Cori Valle in Via Pelasga 3. Ringrazio ancora personalmente e a nome della Lista tutti i nostri elettori ed invito tutti i Cittadini di Cori e Giulianello ad essere da stimolo per la nostra azione politica e tutti coloro che vogliono ad aderire alla nostra neonata Associazione.

Scritto da Il Capogruppo di minoranza Angelo Sorcecchi - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

I PARTITI VERSO LE ELEZIONI SENZA STRATEGIA, CINQUE STELLE COMPRESI

Se “Il Corace” invece di essere un mensile, e quindi luogo di riflessione e commenti, fosse un quotidiano, volendo stare sul “fatto”, dovremmo partire dalla elezione di Luigi Di Maio a candidato premier per i pentastellati.
Perché, al momento in cui scriviamo, domenica 24 settembre, questa è la notizia che tiene banco sui giornali e nei tg. Una elezione che certo non si può definire a furor di popolo, avendo votato un iscritto su cinque, in tutto 31 mila voti, e che ha tutto il sapore di una messinscena con candidati opposti al pupillo di Grillo, che sono di certo persone perbene e preparate, ma dei perfetti sconosciuti.

Se però ragioniamo al netto di questa, francamente penosa sceneggiata, è evidente che Di Maio era ed è l’unico nome spendibile per una candidatura cosi impegnativa. Di Battista e Fico, il primo rappresentante dell’area di sinistra del movimento e il secondo considerato “ortodosso” cioè pentastellato della prima ora, possono andar bene per comizi ed interventi in aula, ma non certo per assolvere al premierato. Non che Di Maio sia il novello Adenauer, ma in giro di meglio, da quelle parti, non ci sta nulla.
I cinque stelle sono la vera incognita del panorama politico, sono sempre piazzati al primo posto, ma nel contempo laddove amministrano non è che abbiano dato grandi risultati. Roma docet. Ma non solo. Ciò che più spaventa è l’andamento schizofrenico della loro linea politica estera, il rapporto con l’euro in primis, ma anche più in generale l’idea di Europa che hanno in testa, o che non hanno. Sulla immigrazione è evidente uno scivolamento verso posizioni rigide, la polemica verso le Ong è molto dura. E su questo oggettivamente non c’è molta discordanza dalle posizioni leghiste. Vedremo la linea di Di Maio, e capiremo anche se davvero l’investitura anche a leader del movimento è reale o fittizia.

Ritornando ora a ragionare nella visione tipica di un mensile, la questione che poniamo come centrale, e che si collega a quanto scritto sopra sui Cinque Stelle, è la palese mancanza di una prospettiva da parte di tutti i Partiti.
Cerchiamo di capire. Intanto di cosa si sta discutendo in questi giorni? Si sta discutendo della riforma elettorale, che sembra argomento noioso ma è importante. Tuttavia non sfugge che più che un dibattito di largo respiro che vada realmente a porsi l’obiettivo di una riforma utile al Paese, ancora una volta si discute su cosa sia utile al singolo Partito.

E’ venuta fuori una proposta, detta Rosatellum, dal suo proponente On. Rosato del PD, sulla quale pare convergano PD, Forza Italia, Lega e Alfaniani. Una riforma che di fatto premia le coalizioni, e sembra fatta apposta per escludere Cinque Stelle e Mpd, lo schieramento di Bersani, Speranza e D’Alema, sono i due schieramenti che non avrebbero alleati. Ma è contrario anche Fratelli d’Italia, che con questa presa di posizione tende ad acquistare visibilità e a smarcarsi dalla Lega sulla quale in effetti sembra troppo schiacciato. Il messaggio che però passa ai cittadini è che intorno a questa legge ci sia un “corri corri” alla poltrona e, soprattutto, passa il messaggio di futuri inciuci tra PD e Forza Italia. Una grossa coalizione che prefigura quel Partito della nazione che Renzi, nella sua testa, non ha mai abbandonato.

Nel frattempo però, dall’esito referendario ad oggi, sono cambiate un po’ di cose. Berlusconi è ritornato in campo, Gentiloni sta governando più o meno bene il Paese ed è difficile disarcionarlo, è venuta fuori in modo prepotente ed imponente la figura di Minniti che con la sua linea decisionista sugli sbarchi e sulle Ong sta riscuotendo consensi trasversali, a sinistra del PD qualcosa comincia a muoversi, i cinque stelle , nonostante i guai sono sempre al primo posto intorno al 29, 30%.
L’ex Premier sente che il suo spazio e la sua centralità non è più quella di prima. E ha capito da tempo che Mattarella non è Napolitano. A destra Berlusconi è il primo a sapere che a 81 anni non è molto spendibile come risorsa per il futuro e deve decidersi a trovare un erede, possibilmente senza bruciarlo subito, come ha fatto sino ad ora. L’ultimo Parisi. Tuttavia sa che può fare ancora il padre nobile della destra, ma deve fare i conti con un agguerrito Salvini sostenuto da una fronda interna capeggiata dal Presidente della Liguria Toti, e dal versante opposto con chi caldeggia un’alleanza tattica con il PD. E non sono pochi.

Da questo quadro si evince che i Partiti, in attesa del voto regionale in Sicilia, altro pastrocchio e altra situazione caotica, si preparano alle elezioni nazionali della prossima primavera navigando a vista. Non c’è un solo Partito, e questa volta neanche i cinque stelle, che abbiano manifestato una strategia vera e propria. E non parliamo di una prospettiva per il paese che sarebbe pretendere troppo! Al momento solo tatticismi, divisioni e polemiche su provvedimenti estemporanei che interessano quasi nulla al paese, guerre interne ai Partiti, scaramucce, ma nulla che possa dare dignità alla politica. Manca sempre di più quella visione di insieme, quella idea dell’interesse generale del paese, che alcuni dei leader della tanto bistrattata Prima Repubblica avevano in mente. Una crisi profonda che a stento i giornali e i media, ormai sempre più omologati ad una informazione che sa molto di regime “morbido”, riescono a camuffare alterando dati sull’occupazione, occultando scandali, creandone altri funzionali al padrone di turno. O ai padroni di turno.

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"

I GUARDIANI DELLA MENTE

Avete mai riflettuto su quanto l’atteggiamento mentale ha influenza sulla vita?

Conosco la storia di un ragazzo che da quando era bambino a pochi anni ha subito in tutto trenta operazioni al cervello (11 solo nel suo primo anno di vita) e vive con molteplici e costanti difficoltà. In tutto questo è stato uno splendido esempio di atteggiamento positivo per la sua famiglia. Il ragazzo si focalizza su ciò che può fare e sulle sue fortune, mai sulla sua “disabilità”, è confinato sulla sedia a rotelle e non riesce ad entrate o uscire dal letto senza essere assistito. Ma nonostante questo vive una vita piena e gratificante e non si lamenta mai. Incredibile!
Per tutta la vita è entrato ed uscito da ospedali e ambulatori medici e tuttavia scia, viaggia e raccoglie fondi per aiutare gli altri “disabili”.

Una volta gli è stato chiesto se c’era qualcosa della sua vita che avrebbe voluto cambiare se fosse stato possibile, rispose che non gli veniva in mente nulla, allora gli è stato detto se aveva mai pensato ad avere l’abilità di camminare? Rispose che non ci aveva mai pensato, ma poi non avrebbe più potuto giocare a calcio su sedia motorizzata, o aiutare le persone che aiuta di solito.
Il ragazzo accetta quella che è per lui la normalità e va avanti. Cerca il buono in tutto. Non spreca tempo, energia o il suo senso dell’umorismo a lamentarsi o a sperare l’impossibile. Piuttosto si focalizza su ciò che è possibile e pratico, è determinato a trovare il positivo in quello che altre persone avrebbero reputato negativo.

In questo senso voi come ve la cavate? E’ vero che alcune persone nascono positive e ottimiste mentre altre no?
L’essere umano, avendo il controllo dei propri pensieri, può scegliere il suo modo di pensare. Può decidere di essere una persona positiva, entusiasta e piena di energia oppure di essere una persona negativa, depressa e pessimista.
Ci sono molte persone pessimiste, con un atteggiamento mentale negativo, che hanno il vizio di autocommiserarsi, pensando che la loro vita dipende dalle circostanze e da ciò che dicono o fanno gli altri, ma non pensano che le cose che accadono dipendono dalle loro decisioni personali.
Il nostro futuro dipende dal modo in cui pensiamo; non sono le circostanze, il nostro passato, il nostro grado di istruzione, le amicizie che abbiamo, i nostri talenti a determinare chi diventeremo nel futuro.

Le persone ottimiste e con un senso di aspettativa raramente restano deluse: potrebbero non ottenere tutto quello che sognano di raggiungere, ma raggiungono molto più di coloro che non sognano mai. A lungo termine il modo di pensare e il modo di reagire a quello che ci accade farà una sostanziale differenza su come si evolverà il nostro futuro. Molte cose che ci accadono sono fuori dalla portata del nostro controllo, possono accadere a tutti, ma dipende che pensiero abbiamo quando ci si trova davanti ad una sfida.
Le sfide si possono affrontare trovando una soluzione, oppure ci si può naturalmente deprimere e non affrontare mai il problema parlandone soltanto ma senza mai risolverlo. Il famoso psicologo e filosofo statunitense William James, sosteneva che “gli esseri umani possono cambiare la loro vita cambiando il loro atteggiamento mentale”.
La vita è semplicemente legata dal 10% a ciò che ci accade e dal 90% a come si reagisce a ciò che ci accade.

Scritto da Claudia Antonetti - Pubblicato sul numero 7 del 2017 nel "Il Corace"