martedì 5 ottobre 2021

IL BAMBINO E IL PENSIERO SCIENTIFICO

La presenza della scienza e della tecnologia nel mondo di oggi rendono attuale la questione dell’educazione scientifica. Già 100 anni fa, in Francia e Germania si poneva il problema. In Francia nel 1882 entra in vigore una legge che rende obbligatoria nell’istruzione infantile, sia maschile che femminile, l’educazione alle scienze fisiche, matematiche e naturali. La scuola primaria si sarebbe così avvicinata alla secondaria in cui le scienze erano più importanti delle lettere. Doppio fine: scienze avrebbero esplicitato carattere laico dell’istruzione promuovendo libertà di pensiero e avrebbero formato persone capaci di lavorare e costruire lo sviluppo industriale ed economico. Oggi il secondo fine ha preso il sopravvento, tuttavia non c’è più entusiasmo per ciò che riguarda le materie scientifiche, la causa è l’ostilità nei confronti delle scienze e della matematica, soprattutto da parte del sesso femminile. Gli studi avanzati nel settore scientifico sono in crisi, sempre meno iscritti nel settore STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Il problema però è molto maggiore nei paesi occidentali, in Russia, India e Cina il problema sembra non esistere, dando loro un netto vantaggio competitivo rispetto all’Europa e agli USA. Tutti quindi, per un aspetto o per l’altro, investono per incoraggiare i giovani a scegliere di proseguire gli studi nel campo scientifico. 


Vengono scelte tre strade attuate già nella primaria, poiché lì avviene il primo incontro vero e proprio con i numeri: sviluppare metodi di valutazione oggettiva per poter confrontarsi a livello internazionale, motivare gli studenti a migliorare il loro atteggiamento nei confronti delle scienze e lo si fa attraverso mostre, festival, gare, eventi, infine innovare il modo in cui si propone la scienza a scuola. La scienza, da tradizione, è sempre stata parte integrante degli studi umanistici, faceva infatti parte della filosofia, sia nel mondo greco che in quello ebraico-cristiano, viene separata dal sapere letterario solo alla fine del 1800, prima faceva parte della paideia, cioè dell’ideale formativo e culturale umanistico fondamentale. Questo ideale ha il merito di aver fatto sviluppare la scienza come la conosciamo oggi attraverso la Rivoluzione scientifica e di aver agevolato il passaggio dalla tecnica alla tecnologia, la capacità quindi di progettare macchie, sistemi e strutture sfruttando le conoscenze chimiche e fisiche. Nella scuola primaria si impara a far di conto, oltre che a scrivere e leggere, ma proprio l’alfabetizzazione numerica rappresenta un tasto dolente per molti paesi. I ragazzi cominciano a collezionare fallimenti e paure con tutti gli inevitabili errori in cui incorrono dovendosi districare tra formule e simboli. Già in Grecia, nel VI sec a.C., si insegnava ai bambini a numerare, così come a Roma, era l’inizio dell’istruzione minima per la vita di tutti i giorni, solo in seguito gli educatori si sarebbero preoccupati di insegnare la grammatica e l’oratoria. A Roma molti andavano da un maestro di calcolo, poiché ai funzionari di stato si richiedeva la padronanza di operazioni e proporzioni. In Grecia e a Roma i numeri erano riportati con lettere, nei paesi islamici invece si numerava usando cifre indiane, con solo 9 simboli più lo zero si poteva scrivere qualsiasi numero. Fibonacci viene a conoscenza del sistema arabo grazie a un trattato tradotto in latino e si rende conto dell’importanza pratica che questa tecnica di scrittura avrebbe avuto. Le città italiane del 1200 erano in pieno sviluppo economico, c’era bisogno di un metodo puntuale per tenere i conti, e fondarono scuole di calcolo. 

In queste scuole si affrontavano anche compiti pratici, ciò che poteva essere utile nella vita di ogni giorno e le cose che venivano insegnate sono le stesse che si insegnano oggi ai bambini in tutto il mondo. I maestri perfezionarono la tecnica di insegnamento, dai problemi più semplici a quelli più difficile, crearono dei manuali che con l’avvento della stampa furono stampati, questi però erano rivolti agli adulti e solo in seguito vennero creati manuali per allievi ancora giovani. Nel 1600 gli istituti religiosi inclusero il far di conto agli insegnamenti. Leggere, scrivere e far di conto diventano gli strumenti di emancipazione delle classi popolari. Alla fine del 1700 l’Assemblea nazionale della Francia rivoluzionaria presentò il primo progetto di istruzione pubblica in un paese europeo inserendo anche un programma di aritmetica volto all’emancipazione della classe povera. Nel 1800 la matematica teorica prende il sopravvento, si voleva trasmettere il gusto per la ricerca, in Francia chi si dedicava alla filosofia naturale godeva di grande considerazione ed era chiamato savant (saggio), in seguito si coniò il termine scienziato. Verso la fine del 1700 si inventò una geometria elementare, intuitiva e manuale, basata sul disegno e l’uso di strumenti come riga e compasso, per le scuole popolari. Nel 1835 la geometria viene inserita come insegnamento nella scuola primaria francese. Pestalozzi fu un grande sostenitore della geometria, credeva infatti che i bambini piccoli avessero una forte intuizione per le forme, che poteva essere sviluppata attraverso disegni e piccoli esercizi. In Gran Bretagna ci si approcciò alle scienze in maniera più pratica, il paese era infatti in piena Rivoluzione industriale. Tuttavia, la geometria era percepita come una scienza propria delle classi più abbienti e molti conservatori tentarono di limitarne l’insegnamento. Tuttavia, nel 1882 la spinta innovatrice è quanto mai evidente e si vuole promuovere una scuola laica, in cui le scienze potessero sostituire la religione. Si pone il problema di come insegnare in maniera efficace argomenti che sarebbero potuti risultare difficili per dei bambini. 

L’insegnamento della matematica, che si basava sull’imparare a memoria, senza dare spazio a una reale comprensione, non aveva subito grandi cambiamenti dall’antica Grecia. Nella seconda metà del 1800 la stampa facilitò il rinnovamento dell’insegnamento delle scienze attraverso la pubblicazione di romanzi di fantascienza (Jules Verne), collane di divulgazione scientifica, anche a scopo ricreativo (William Clifford, inglese, scrive un libro sui principi delle scienze matematiche rivolto ai non matematici usando un linguaggio semplice e chiaro) e la nascita della letteratura per l’infanzia, che pone l’accento sulla “lezione delle cose”, il bambino impara facendo, come aveva già sostenuto Rousseau nell’Emilio. Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 Laisant farà dell’educazione scientifica ai bambini la sua battaglia, convinto che l’unico modo per riformare la società passasse dalla scuola primaria a cui tutti avevano accesso, i suoi scritti avranno molto successo, pubblicati da Hachette verranno poi tradotti in moltissime lingue. Anche la Montessori propone la matematica ai più̀ piccoli ispirandosi però alle proposte di Séguin (progettazione di materiali come aste o mattoncini del tutto estranei all’uso pratico in modo che i bambini si potessero concentrare su questi). Molte donne scriveranno su come favorire l’apprendimento delle scienze nei bambini come Mary Everest Boole. Il bambino deve fare le sue scoperte in totale autonomia, è bene che i genitori prestabiliscano un luogo in cui il piccolo possa essere libero di sperimentare senza essere disturbato e da solo metta in relazione i vari accadimenti, senza essere suggestionato e condizionato dalle nozioni che l’insegnante o i libri gli hanno inculcato. Le risorse utilizzate devono essere il più lontano possibile dall’idea che si stia facendo qualcosa per l’istruzione del bambino, in modo tale che quest’ultimo possa percepire la scoperta come un gioco. Bisognerebbe lasciare i bambini trascorrere del tempo con persone che per hobby o lavoro hanno a che fare con la scienza, come un fotografo, un collezionista di alghe o insetti, persone che vivono in campagna e anche fabbri e maniscalchi. Per nessuna ragione, durante la contemplazione dei fenomeni o della natura, il bambino deve essere distratto dall’adulto, tanto più se questi vuole fornirgli spiegazione di ciò che sta osservando. 

Un buon libro di testo non dovrebbe dare nulla per scontato, il rischio è la perdita dell’istinto naturale all’osservazione, ma dovrebbe anzi spiegare tutto passo dopo passo. Per quanto riguarda la geometria bisogna far osservare al bambino le forme presenti in natura e solo in seguito raggrupparle e dare loro il nome che verrà poi utilizzato dal maestro. È, inoltre, necessario utilizzare con cura i termini scientifici oppure non utilizzarli affatto. Prima di proporre al bambino, per esempio, di confezionare un vestito per una bambola, il piccolo dovrà aver acquisito in precedenza dimestichezza con le forbici. Le nuove idee devono essere apprese per mezzo di azioni che sono naturali. Allo stesso modo la matematica non dovrà essergli proposta prima che abbia capito che 10 gettoni bianchi possono essere sostituiti da uno rosso o che una lunghezza possa essere divisa in parti minime e parti massime uguali. L’educazione implica l’addestramento dell’alunno, è perciò inevitabile che alcuni lavori diventino meccanici, l’insegnamento però serve a prevenire che la meccanicità diventi un ostacolo per il progresso. La Everest propone di far capire ai bambini il sistema decimale attraverso i gettoni e le scatole, bisognerebbe mettere in ogni scatola 10 gettoni bianchi e poi sostituire le scatole con un gettone rosso, prendere 10 gettoni rossi e sostituirli con uno verde e così via. Sarebbe poi auspicabile che i bambini, fin quando non abbiano capito e reso meccanico il modo per fare addizioni e sottrazioni, utilizzassero i gettoni per aiutarsi per un periodo di tempo ragionevole. Le tabelline vanno fatte imparare alla vecchia maniera, ma dev’essere il bambino a scriverle e a impararle su ciò che ha scritto. Quando avrà capito le tabelline si potrà dare al bambino la tavola dei logaritmi. I bambini piccoli, non appena sono in grado di afferrare gli oggetti, devono poter giocare con forme geometriche appositamente create, bisogna che prendano confidenza con le forme perché la geometria diventi per loro semplice. Si dovrebbe fare utilizzo, nell’insegnamento, dello studio delle ombre per quanto riguarda la geometria. Perché i bambini abbiano una relazione positiva con le scienze e perché le possano davvero capire è necessario che non si pongano loro limiti e soprattutto che non si rimproverino ogni volta che fanno domande. Si deve insegnare ai bambini la concentrazione e ciò si può fare intorno ai 2-3 anni, chiedendo al piccolo di recapitare oralmente un messaggio; bisogna fargli cessare l’attività che sta facendo, chiedergli se gli va di portare un messaggio da parte vostra e riferirgli la breve frase che deve riportare, fargliela ripetere e dirgli di non distrarsi mentre va dal destinatario perché potrebbe scordare qualcosa. 

Quando torna, dopo essersi accertati che il messaggio sia stato recapitato correttamente, altrimenti si deve chiedere al bambino di riprovare, gli si può dire di ritornare al gioco che stava facendo precedentemente. Ciò deve diventare routine, perché il bambino si abitui a compiere correttamente un dovere e si deve poi chiedergli di fare un resoconto orale sulle sue azioni, in modo che si abitui alla concatenazione delle azioni e all’esposizione orale. Non è tanto la lezione frontale quanto il dogmatismo scientifico oggi proposto nelle aule ad essere dannoso per i bambini. La concezione che i bambini debbano imparare da soli è del tutto errata, come anche la Everest sosteneva, nessuno può infatti imparare da solo tutto ciò che c’è da sapere, ma ha bisogno di qualcuno che lo indirizzi e che si tenga costantemente aggiornato. L’insegnante guida la riflessione del bambino, la sintesi e il silenzio necessari perché quanto osservato sia appreso. Per la Everest, attraverso ago, filo e cartoncino forato, si possono presentare ai bambini argomenti molto avanzati, senza però dargliene un insegnamento formale, in questo modo si preparano ad affrontare ciò che sarà lo studio futuro di rette e tangenti. Il metodo è stato proposto in una quinta di una scuola primaria di Frascati, ogni argomento veniva introdotto da una favola che aveva il compito di far immedesimare i bambini. Esempio del coniglio, del cane e della tana: il coniglio mangia vicino alla tana, il cane lo vede e vuole mangiarlo, quali sono i movimenti che compiranno il cane e il coniglio? Quali le distanze che dovranno percorrere? Come viene rappresentato in un disegno il cambio di direzione del cane che segue il coniglio? Si è visto che il cane, nonostante i bimbi avessero disegnato solo linee rette, percorreva una curva; ai bimbi è poi stato chiesto di rappresentare la storia. Viene poi chiesto ai bambini di disegnare delle figure geometriche, segnare dei punti e far passare per questi un ago con un filo colorato, attraverso le linee rette si ottenevano effettivamente curve.


Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato sul numero 7 del 2021 del "Il Corace"

Nessun commento:

Posta un commento