mercoledì 6 ottobre 2021

“Un po’ profeti, un po’ veggenti, sicuramente combattenti” - Intervista a Gianfranco Catena, già Sindaco di Filettino

“Moro aveva intuito le potenzialità di noi giovani. La sua fede, il suo impegno, il coraggio al servizio della nostra generazione”. 

EZIO - Ciao Gianfranco, è passato molto tempo dalle piacevoli serate in cui si    dibatteva di argomenti riguardanti la nostra generazione e sul vivere il cristianesimo. 

GIANFRANCO – Non sbagli, avevamo 20 anni ed eravamo una generazione in cammino che ricercava espressioni proprie, alternative, nuove. La nostra partecipazione al movimento giovanile fu nell’ambito di una rivoluzione alla tradizione, alle regole in un fermento di nuova cristianità. 

EZIO - Una rinascita. 

GIANFRANCO – Nei nostri incontri quotidiani o in qualche vigna di Velletri, spesso quella di mio padre con te e altri, sentivamo il bisogno di trasmettere il senso vero del Vangelo vissuto giorno per giorno e di coniugarlo all’ideologia di sinistra. Noi, figli di contadini, operai, piccoli borghesi, ci rendevamo conto della necessità di mettere in risalto la realtà del mondo e del suo cambiamento, dalla civiltà operaia e contadina (Pasolini), al nuovo sistema tecnologico produttivo e terziario. Da ciò la nascita della “comunità”. Fu un continuo dibattere, con donne, insegnanti, studenti, operai nella convivialità di serate improvvisate in cui si spartivano pane e idee, acquisendo stima in noi stessi e fiducia negli altri. 

EZIO – Siamo cresciuti nell’immagine di spezzare il pane. Alcuni dei partecipanti: il preside Cavallo e il prof. Di Falco erano assidui poi Don Gino, Don Eugenio e ancora, Adriana, Graziella, Giuseppe e molti altri. Anche Alfredo, tuo padre ne fu conquistato. 

GIANFRANCO – Sì lo “spartire la cena”, il nostro modo di essere. Eravamo alla ricerca di una libertà fuori da vincoli e pregiudizi. Incertezze e contraddizioni si affrontavano insieme. 

EZIO – L’unità ci infondeva coraggio. Mi preme ancora rievocare Alfredo che modulava le parole come canto rinascimentale. Lui che imparò a leggere sui versi de “La Gerusalemme Liberata” e dell’”Orlando Furioso” mentre sulle montagne di Filettino badava al gregge o quando nella transumanza, lungo il tratturo del Gargano, conduceva le mandrie. Nella sua bisaccia, pane, companatico e libro. Dalla sua figura traspariva una sapienza omerica; barattava pelli d’agnello con libri cedutigli dai pellai. 

GIANFRANCO – La curiosità era la nostra vela e quel vento libero ci spingeva verso “il mistero della vita”. Clamorosa fu la serata del sabato Santo, quando con azione repentina aiutammo dei bisognosi o quando andammo a cogliere anemoni per distribuirli all’uscita della messa.  

EZIO – Certo e ci fu anche l’incontro con un povero delle baracche dell’acquedotto Felice di Roma che ci parlò dell’esperienza di Don Roberto Sardelli e “della scuola 725” sul recupero dei ragazzi disagiati della suburra. Precedentemente in “Lettera a una Professoressa” la denuncia verso la scuola che escludeva gli alunni: l’esperienza di Barbiana di Don Milani raccontata dai suoi ragazzi.  Gli offrimmo il pranzo con i pochi soldi della “comune”. 

GIANFRANCO – Obiettivo la conoscenza. Studiare, conoscere con impegno partecipato, entusiasta. Dalla nostra parte avevamo la cultura degli oratori e il metodo degli insegnamenti di S. Filippo Neri, di S. Giovanni Bosco. 

EZIO – Possedevamo una marcia in più e fu così che con Don Gino e altri organizzammo 2anni di Scuola Media serale gratuita per adulti presso i locali di un piccolo istituto di campagna alle 4° miglia di Velletri, eravamo tutti volontari (1970). Mi preme ricordare alcuni di noi, Giuliana, Eliana, Dario. Fu il nostro battesimo all’insegnamento. Un’ impresa memorabile; gli esami in una delle sedi più tradizionali della città. Il primo anno li preparammo alla prima e seconda media, con esame finale.  Il secondo anno alla terza.  Tutti furono “Licenziati”. 

GIANFRANCO – In seguito i sindacati istituirono corsi studio di 150 ore. 

EZIO - Eravamo attenti alle necessità, anticipavamo i tempi.  Un po’ profeti, un po’ veggenti sicuramente combattenti con la voglia di costruire, di esserci. La riflessione biblica ci aiutava a intuire i fini.  Nel nostro circolo, il S. Filippo Neri, con Don Gino da ottobre si ragionava sul tema conduttore del Presepio di Natale. Poi le idee si traducevano in scenografia e ai primi di dicembre iniziavamo la realizzazione dello stesso. Anche lì concepimmo immagini d’avanguardia. Il primo contro la guerra fu tratto da brani del Vangelo: Isaia, Giovan Battista, Gesù. Avevamo negli occhi le immagini del conflitto nel Vietnam. L’anno successivo approfondimmo il tema del mistero dell’Incarnazione di Cristo con al centro, la Maternità di Maria. Maria madre che allatta il figlio. L’umana donna che nutre il Divino, che lo fa crescere. Nell’iconografia cristiana era rappresentata dalla Madonna del latte. Per l’evento fu realizzata una statua della Sacra Famiglia ad altezza naturale, con Giuseppe che si protende a proteggerli. 

GIANFRANCO - In quel periodo, fondamentale fu l’esperienza del teatro. Stimolante la rappresentazione nella Chiesa di San Clemente di un passo del Vangelo “La guarigione del cieco nato” organizzata insieme al preside Cavallo. L’azione scenica avveniva nei banchi, tra i fedeli, nel transetto, dal pulpito, dalla cripta. I fedeli sorpresi dall’improvviso cambio di punto di vista muovevano la testa ora qua, ora là colti dai repentini movimenti, dalle frasi scandite, dalla musica. Inusuale per il periodo. Poi l’impegno Universitario.  La mia strada proseguì con la scelta della facoltà di Scienze Politiche dove fui studente del maestro Aldo Moro apprendendo e studiando l’insegnamento morale, civile, sociale delle sue idee che si esprimevamo anche con ricerche sul campo. Seguirono sopralluoghi nei centri di detenzione del territorio. Drammatica la visita al manicomio criminale di Aversa dove, dopo vari incontri, obbligammo la direzione ad aprire i reparti sotterranei in cui trovammo uomini sporchi e malnutriti legati ai letti di contenzione. Pieno di tensione lo scontro con il Direttore. L’allora Ministro Aldo Moro prese provvedimenti clamorosi. Il responsabile carcerario travolto dallo scandalo non resse agli eventi. Allo statista che aveva compreso l’esigenza di trasformazione dal passato per attuare una società basata su autentici valori cristiani di fratellanza, eguaglianza e libertà e che si proponeva di coinvolgere più forze sociali, anche non cattoliche, non fu concessa la realizzazione del suo progetto politico, venne barbaramente ucciso dalle B.R.. 

L’On. Prof. Aldo Moro fra gli studenti del Corso di Scienze Politiche. Università La Sapienza Roma.
(Foto inedita: arch.v C. Filettino)

EZIO – Triste e dolorosa la fine dell’uomo che in una delle sue ultime lettere previde anche la confusa situazione odierna. Intanto le nostre strade iniziarono a dividersi presi dall’incarico politico, tu come Sindaco a Filettino ed io come Assessore a Cori. 

GIANFRANCO – Fu la logica conseguenza ai nostri impegni. Oggi, in un mondo sempre più complesso assistiamo all’ impoverimento del linguaggio. È la dialettica di chi tiene il potere della parola e la strumentalizza per mantenere nell’ignoranza la gente. Moro lo scrisse dalla “prigione del popolo”. Ezio, ti cimentasti anche in Cori nella realizzazione di un ‘Presepio Vivente’, una drammatizzazione biblica che aveva come tema centrale il concetto di: “La Terra è di Dio”. 

EZIO – Vero, i ragazzi provavano le battute in piazza, sopra gli “astrechigli”, tipiche scale esterne con ballatoio, al mercato; il contatto con pubblico eterogeneo gli permise di superare blocchi interiori. Fu una spettacolazione straordinaria e i contadini vi riconobbero “la loro storia”. Recitando, imparavano in modo diverso. Rammento che con Domenico, studente di 3° Media, organizzammo anche “I Focuni” tradizione locale desueta in cui le persone, per la festa dell’Ascensione, ballavano, cantavano e facevano grandi salti su “enormi” falò. I ricordi furono ampliati sul testo di James Frazer, “Il Ramo D’oro”.  Riuscì molto bene e la gente rivisse quella pagina dimenticata. Domenico continuò i suoi studi, lo rincontrai Direttore del Museo di Cori. 

GIANFRANCO - Ah, a proposito, sai chi capì e apprezzò le tue scelte? Non lo crederai. L’ho saputo da Gianni Mattiacci che partecipò ad una riunione in cui Don Luigi Nardini parroco di S. Pietro e Paolo a Cori Monte si espresse positivamente sulle tue attività.  Ammirava i “Campi Scuola” e ciò che organizzavi nell’interesse dei ragazzi, a suo dire eri la quarta gamba della Chiesa nel contrasto alla droga e al disagio giovanile che iniziava a radicarsi nel paese. 

EZIO – Ne sono lusingato, non immaginavo.  Chi sembrava nemico era in realtà amico e chi era amico…mah la vita, un mistero. Grazie Gianfranco per la tua collaborazione e disponibilità, a presto.

Scritto da Ezio Cecinelli  - Pubblicato sul numero 7 del 2021 del "Il Corace"

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