lunedì 17 aprile 2017

LA PROCESSIONARIA DEI PINI: UN BRUCO INSIDIOSO

… una farfalla notturna le cui larve fitofaghe, dotate di istinto gregario, danneggiano le conifere e risultano molto pericolose per l’uomo e gli animali a causa dei loro peli fortemente urticanti.


Con l’avvento delle temperature più miti e, pertanto, già dalla fine dell’inverno è possibile poter osservare, insieme al risveglio del mondo vegetale, nei suoi molteplici e stupefacenti singoli aspetti, anche quello faunistico e quello incredibile che comprende i diversi insetti, utili e nocivi.
Infatti, oltre ad alcune segnalazioni di ignari curiosi e l’osservazione personale (già dal mese di febbraio u.s.) della presenza di bruchi in fila indiana, nel nostro territorio e in prossimità di alberi di pino, molte altre hanno fatto seguito e tuttora (aprile), attraverso gli attuali mezzi di comunicazione, fanno notizia le varie “grida” di allarme e le emergenze che, da numerose località di diverse Regioni d’Italia, vengono rivolti alle istituzioni locali e agli stessi cittadini, al fine di poter contribuire a fronteggiare l’azione insidiosa delle larve (forse poco note) di tale insetto che, rappresenta un nemico dei pini e un pericolo per gli animali, l’uomo e, soprattutto, per i bambini.

Si tratta della processionaria dei pini (Thaumetopoea pityocampa) le cui larve (o bruchi) sono in grado, se vengono a contatto con i vari animali e con l’uomo, di scatenare reazioni allergiche, tra cui dermatiti, orticarie e congiuntiviti nonché problemi seri alle vie respiratorie; e va, comunque, precisato che in casi di gravi attacchi si può anche verificare uno shock anafilattico.

Al fine, quindi, di fronteggiare utilmente l’insidioso insetto, incredibilmente pericoloso per i nostri più comuni animali (cani e gatti) e, soprattutto, per i tanti nostri bambini, visto che è ospite di alberi che formano per lo più il verde pubblico e risultano presenti in vari parchi, ville e giardini, sembra opportuna oltre che importante una sua maggiore conoscenza per poter preservare la salute.
La processionaria dei pini (Thaumetopoea pityocampa), ad ogni modo, è un insetto ossia una farfalla dell’Ordine dei Lepidotteri, appartenente alla famiglia Notodontidae, diffuso in Eurasia e in Nord-Africa.

Dal punto di vista morfologico possiamo dire che, allo stadio immaginale (cioè da adulti), queste farfalle si presentano con dimensioni medie ed un corpo tozzo ricoperto di peluria, con livree (l’insieme dei colori) di colore non mai vistosi ma spesso eleganti, per la delicatezza delle tinte e per i fini ornamenti che si possono osservare sulle loro ali. Le antenne hanno uno sviluppo medio e risultano filiformi e di tipo pettinato; la loro tromba, cioè la struttura boccale usata per la suzione, è ridotta e le abitudini sono decisamente crepuscolari o notturne.

La sua area di diffusione è vasta e per questo comprende verosimilmente quasi tutto il mondo, con specie reperibili sia nei territori a clima caldo sia in quelli a clima temperato o temperato-freddo. L’Europa, comunque, ospita poche ma dannose e ben note specie appartenenti al genere Thaumetopoea.
Va sottolineato che, più che gli adulti, sono conosciute le sue larve:
a) per i danni che possono provocare alle piante, delle cui foglie (aghiformi) si nutrono;
b) per i peli urticanti ed insidiosi di cui sono dotati;
c) per l’abitudine che hanno di spostarsi di notte, in massa, disponendosi su una o su più file ordinate e regolari, muovendosi lentamente, come in processione, dietro la prima larva che fa da guida al corteo.

È proprio a questa loro singolare abitudine, infatti, che devono il loro nome di processionarie, con cui sono comunemente ed inequivocabilmente note e distinte. In Italia, ad ogni modo, risultano presenti due specie: Thaumetopoea pityocampa, che è un parassita delle diverse specie di pino, dei larici e dei cedri del Libano e Thaumetopoea processionea che, invece, risulta un parassita delle diverse specie di quercia; essa si presenta un poco più piccola della precedente ma, è anch’essa, purtroppo, dotata di micidiali peli urticanti.

Dal punto di vista biologico possiamo dire che gli adulti della processionaria dei pini (T. pityocampa), come già accennato, sono farfalle con una apertura alare di circa 3 – 4 cm e con livrea grigiastra (con piccole strisce sinuose trasversali e macchiette scure e chiare alle ali anteriori, mentre le posteriori sono brunastre, con una macchia nera al margine distale).
Le femmine si riconoscono facilmente dai maschi in quanto posseggono un vistoso ciuffo di peli argentei posti all’estremità dell’addome, mentre nei maschi i peli sono di colore giallo.

Gli adulti sfarfallano normalmente in luglio e, sebbene compaiano in numero elevato, risulta difficile avvistarli in quanto trascorrono molte ore del giorno in riposo, ben mimetizzati, sui tronchi e sui rami degli alberi di pino; essi entrano in attività al tramonto allorquando volano e si accoppiano di notte. Le femmine fecondate poi depongono, all’apice dei rami più alti, le loro uova, fino ad oltre 150 per ciascuna femmina, saldandole alla base delle foglie (aghiformi) e coprendole con i peli argentei addominali. Le uova, così disposte, formano dei manicotti lunghi fino a 3 cm intorno al rametto.
Verso la fine di agosto nascono le giovani larve che, animate da spirito gregario, iniziano tutte insieme a rodere le foglie emettendo continuamente fili sericei che formano una trama fitta intorno alla base del rametto ed agli aghi residui. Così continuando (a spostarsi, a mangiare e ad emettere seta) le larve costruiscono un nido a forma di fiasco a trama molto fitta e più volte concamerato internamente. Qui le larve trascorrono la stagione fredda in stato di quiescenza.
Con i primi tepori (fine inverno-inizio primavera) cambiano abitudine ma non perdono l’istinto gregario per cui iniziano le loro famose processioni scendendo dall’albero, laddove sono nate, per portarsi su altri alberi, distanti anche decine di metri, per divorare le foglie (aghiformi).

Dopo essersi cibate riformano il “corteo” e tornano al nido. Sia all’andata che al ritorno emettono continuamente un filo di seta che traccia una specie di sentiero utile per trovare e ritrovare la giusta via. Alla maturità, che viene raggiunta attraverso diversi stadi vitali (4 - 5), le larve presentano una lunghezza di 4 cm circa, hanno un capo grosso e nero con fine peluria rossastra; il torace e l’addome, forniti di robuste pseudo-zampe, sono invece grigiastri e nella porzione dorsale risultano presenti numerosi piccoli tubercoli portanti densi ciuffi di peli arancioni.
Ciascun segmento addominale porta poi una fossetta sulle cui pareti sono posti brevi peli fulvi fortemente urticanti che si staccano facilmente spargendosi nell’ambiente dove le larve vivono o transitano. Tali peli, come già accennato, sono capaci di provocare disturbi anche gravi a tutti gli esseri vertebrati compreso l’uomo e per questo risulta molto pericoloso toccare tali larve, o i “bruchi”, della cosiddetta processionaria, né maneggiare incautamente i loro vistosi e grandi nidi argentei.

Infatti, sulla pelle, dove si infiggono i loro peli o i frammenti di peli compare, normalmente, un eritema papuloso, fortemente pruriginoso, che perdura alcuni giorni; danni più gravi si determinano quando tali peli giungono negli occhi, nella mucosa nasale e della bocca, nelle vie respiratorie oppure nel tubo digerente. Si possono avere oftalmie assai gravi, stomatiti, bronchiti, gastroenteriti, ecc., le quali si risolvono, generalmente, entro un maggiore o minore lasso di tempo, ma che, sia pure in casi rari, possono avere uno sviluppo o assumere un andamento piuttosto grave tanto da poter condurre, lo sfortunato soggetto colpito (sia esso uomo o animale) anche alla morte.

Le notizie di questi ultimi giorni (1º decade di aprile), infatti, riguardano alcune località di Pesaro, Pisa, Forlì, Ravenna, Latina, ecc, laddove bambini ignari del pericolo e a causa di incauti contatti con tali bruchi, nell’ambito di giardini e cortili delle loro scuole, sono stati sorpresi piangenti - bisognosi di soccorso o ricovero, mentre un cane subiva l’intervento chirurgico in bocca. Le emergenze, peraltro, risultano numerose in primavera quando l’attività di tale parassita è particolarmente dinamica, tant’è che in questo periodo dell’anno si presenta allo stato larvale e appare a noi come fosse un “millepiedi”. La sua comparsa, in genere, inizia da metà febbraio a tutto marzo anche se, come noto, dipende dalle temperature.
A febbraio, infatti, uno dei mesi più caldi della media degli ultimi anni, è stato possibile osservare già le larve in processione (in fila indiana).

Le larve giunte a maturità (ultimo stadio), sempre in fila indiana, abbandonano il nido, perdono lo spirito gregario e si portano singolarmente verso terra dove ciascuna si scava una buca, profonda 10-15 cm circa, laddove si tesse un sottile bozzolo e si trasforma in crisalide. In luglio si ha lo sfarfallamento, l’accoppiamento e l’ovideposizione con l’inizio di un nuovo ciclo biologico. Il danno, comunque, è determinato dalle larve fitofaghe (defogliatrici) che, a seconda della loro età, si comportano in modo diverso, per cui:
a) le larve giovani, (delle prime tre età) scheletrizzano le foglie, lasciando un “filo” centrale, corrispondente alla nervatura della foglia (aghiforme), il quale necrotizza e dissecca e viene inglobato all’interno del nido “estivo”;
b) le larve mature (del 4º e 5º stadio) defogliano completamente i rametti, mangiando interamente gli aghi e producendo effetti devastanti o disastrosi in caso di forti attacchi. L’attacco, quindi, specialmente se massiccio, determina un notevole indebolimento dell’albero provocando altresì gravi stress fisiologici alle piante; queste, tra l’altro, divengono molto recettive agli altri fitofagi (Scolitidi) ed alle malattie fungine lignicole (Carie).

La presenza di questi fitofagi su piante collocate in parchi e giardini pubblici (o privati) provoca, oltre al danno diretto, anche spiacevoli conseguenze dovute alle su accennate larve munite di peli urticanti i quali possono cadere dai nidi che, in primavera, si aprono per lasciare uscire le larve oppure possono essere liberati dalle stesse larve e “galleggiare” nell’aria per depositarsi poi al suolo oppure sugli “arredi” dei diversi giardini e parchi.
In queste condizioni la popolazione che fruisce di tali parchi/giardini (uomini adulti, bambini e animali) può subire danni, da parte dei peli urticanti, a livello di mucose (vie respiratorie ed occhi) e per contatto dermale esterno. Tali peli, infatti, contengono sostanze che liberano l’istamina (una molecola organica che riveste un ruolo importante nel nostro organismo) la quale, come è noto, provoca delle infiammazioni e reazioni allergiche anche molto gravi (shock anafilattico, come già accennato).

La processionaria dei pini, diffusa quasi ovunque in Italia e nel resto dell’Europa, causa danni assai ingenti nelle foreste di conifere ed è particolarmente lesiva quando si insedia su piante giovani. Nonostante molti nemici naturali (come Ditteri, Imenotteri endofagi e Formicidi) la specie non è sufficientemente contrastata nel suo sviluppo.
L’uomo, con le opportune cautele, interviene con asportazioni manuali dei nidi invernali, raccolti normalmente in febbraio. I nidi un tempo venivano distrutti subito con il fuoco o con altri mezzi convenienti e vantaggiosi. In seguito, tuttavia, si capì che così operando si distruggevano anche i parassiti naturali delle processionarie, penetrati nei nidi; per cui attualmente i nidi vengono conservati per un certo tempo, otturando le aperture con apposite reti, per consentire la fuoriuscita dei loro parassiti ma non delle larve.
Oggi, ad ogni modo, si tende a potenziare la lotta biologica (o entomofaga) mediante l’installazione di nidi di Formica rufa, F. polyctena, F. lugubris, F. aquilonia, attive predatrici delle larve di T. pityocampa, dalle nostre Alpi all’Appennino. Il Corpo Forestale dello Stato, infatti, in collaborazione con l’Istituto di Entomologia dell’Università di Pavia, le ha potute sperimentare con successo nei diversi programmi di controllo naturale nei confronti della processionaria dei pini.

In Italia, la lotta alla processionaria del pino è obbligatoria in tutto il territorio nazionale ai sensi del D. M. del 30 ottobre 2007 (Pubbl. in G.U. del 16 febbraio 2008, n. 40.), che attribuisce i relativi compiti al Servizio Fitosanitario Regionale e distingue l’aspetto fitosanitario da quello legato, invece, alla prevenzione dei rischi sanitari relativi alla salute delle persone e degli animali.
La lotta contro T. pityocampa non è facile in quanto:
a) è un lepidottero che vive in ambienti forestali, anche di grande dimensione, che si possono considerare degli ecosistemi naturali (boschi o foreste);
b) è un insetto che vive su piante di interesse paesaggistico, in ambienti urbani e nei pressi ad es. di scuole e di ospedali con dimensioni, spesso, tali da rendere quasi impossibile ogni trattamento diretto per cui, in tali casi, gli interventi possono risultare difficili tecnicamente e/o impossibili anche per la mancanza di principi attivi registrati per ambienti urbani e pubblici.

Attualmente, i principali mezzi di lotta possibili sono di tipo: fisico-meccanici, chimici, biologici e biotecnologici. La lotta fisico-meccanica consiste nella distruzione dei nidi invernali e, in ogni caso, tale tecnica è in realtà difficoltosa perché i nidi, normalmente posti in alto, non sempre sono raggiungibili su piante di grandi dimensioni. Inoltre, la distruzione del nido deve essere eseguita con precauzione per il rischio di urticazioni gravi delle mucose, specialmente, se non si adottano adeguate misure preventive. In alcuni casi si può utilizzare un fucile da caccia in pieno inverno in modo da disorganizzare il nido e così le larve, non più protette, muoiono per il freddo.
La lotta chimica, biologica e biotecnologica si avvale per lo più di feromoni che consentono di effettuare:
1) catture di monitoraggio della popolazione del fitofago;
2) catture di massa con apposite trappole.

Le prime sono utilizzate per individuare sia il periodo di volo e di ovodeposizione sia la densità della popolazione per un eventuale intervento diretto. In tali casi la lotta chimica è diretta contro le giovani larve (agosto) e i prodotti da utilizzare sono i larvicidi. Si possono utilizzare, inoltre, anche prodotti biotecnologici come i regolatori di crescita chitino-inibitori (prodotti a base di diflubenzuron) da utilizzare nel momento di massimo volo, oppure alla schiusa delle uova ed in presenza delle giovani larvette. In alcuni contesti risulta molto efficace il Bacillus thuringiensis ssp. kurstaki, utilizzato come insetticida microbiologico che manifesta una notevole attività contro le larve defogliatrici.
Tale batterio può essere importante nella lotta in ambienti di grandi dimensioni e negli ecosistemi naturali per la sua efficacia e per la facilità di distribuzione, anche con il mezzo aereo. La lotta biotecnologica consiste anche nella cattura di massa, effettuata con i feromoni e le trappole sessuali.

Lo scopo è quello di catturare i maschi e ridurre i voli nuziali; così facendo le femmine deporranno uova non fecondate e, in poco tempo, si potrà avere una diminuzione della popolazione infestante. Le trappole ad imbuto, da usare verso la metà di giugno, rappresentano una tecnica molto interessante negli ambienti naturali, nei parchi e nei boschi, dove l’intervento chimico diretto risulta impossibile.

Per concludere, possiamo ben dire che i soggetti maggiormente a rischio sono i bambini e gli animali a noi più vicino (come cani, gatti e cavalli) in quanto, per loro, la processionaria non è altro che un animaletto del giardino che può suscitare semplicemente molta curiosità. Comunque, quando un soggetto colpito, oltre ai sintomi localizzati, manifesta anche il vomito è importante il ricovero in ospedale dove il medico saprà valutare un trattamento appropriato che può includere antistaminici, corticosteroidi e aerosol.

I cani (così come i gatti) si espongono al rischio annusando frugando nel terreno e fra l’erba per cui, inavvertitamente, possono venire a contatto o ingerire i peli urticanti delle larve e, in tal caso, il primo sintomo si presenta con una intensa ed improvvisa salivazione e con una infiammazione nella bocca.
Inoltre, i cavalli ed i cani che ingeriscono i peli urticanti, oltre all’ingrossamento della lingua, possono altresì manifestare la perdita di vivacità, la febbre, il rifiuto del cibo, il vomito e la diarrea (che può essere emorragica) per cui diventa fondamentale allontanare tempestivamente l’agente irritante dal cavo orale mediante un abbondante lavaggio della bocca con una soluzione di acqua e bicarbonato.

È di oggi, tra l’altro, l’ultima notizia riportata dai mass-media che evidenzia, quasi ovunque, una massiccia presenza di larve di processionaria e la morte, a Enna, di un Cocker colpito dai loro peli urticanti. Ad ogni modo, è verosimile pensare che una semplice passeggiata potrebbe davvero trasformarsi in tragedia non solo per un animale domestico ma anche per chi soffre semplicemente di un’asma. Infine, è importante, peraltro, informare il Servizio Fitosanitario e le altre Istituzioni locali che, potendo adeguatamente verificare e valutare l’effettiva pericolosità, sono in grado di produrre relative ordinanze idonee per imporre ad eventuali proprietari di aree e di piante o a chi per altre giuste ragioni risulta tenuto a mettere in atto adeguati ed efficaci interventi contro le insidiose larve a salvaguardia della salute.

Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 4 del 2017 nel "Il Corace"

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