lunedì 10 aprile 2017

L'AVVOCATO RISPONDE : DIFFAMAZIONE

Gentile Avvocato,
sono indagato dalla Procura della Repubblica per il reato di bancarotta fraudolenta legato al fallimento della mia azienda, molto nota nel territorio in cui vivo. La notizia delle indagini a mio carico è stata pubblicata su un quotidiano locale on line nel quale l’autore dell’articolo, oltre a riportare l’accusa nei miei confronti, mi ha descritto come una persona non in grado di svolgere l’attività imprenditoriale e di essere piuttosto dedito alla “bella vita”.
Posso querelare il giornalista ed ottenere il risarcimento dei danni morali provocati da quella notizia diffamatoria? Cosa potrei fare per tutelare la mia persona ed impedire la riproposizione della notizia?



Egregio signore,
la Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 8807/2017, si è pronunciata sul reato di diffamazione a mezzo stampa, statuendo che, in tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità di una notizia ricavata da un provvedimento giudiziario sussiste ogni qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso.
Pertanto, il titolare del giornale, così come l’autore del sito di informazione on-line, che si limita a riportare gli atti del procedimento penale a carico di una persona, non risponde del delitto di diffamazione neanche se le accuse formulate nei confronti dell’indagato, per come risultanti dal fascicolo della Procura della Repubblica e dell’avviso di garanzia, dovessero risultare poi infondate all’esito del processo penale.
Se anche dovesse sopraggiungere l’assoluzione, è legittimo pubblicare le accuse e le notizie relative ad un’indagine penale: l’importante è che il giornalista si limiti a riportare le informazioni così come contenute negli atti giudiziari, senza tuttavia aggiungere valutazioni personali o previsioni sull’esito del processo. Deve, pertanto, limitarsi a fare cronaca senza eccedere in commenti o critiche personali.
Ciò significa che seppure sia lecita la pubblicazione sulle indagini per il reato di bancarotta a suo carico, l’autore dell’articolo non avrebbe dovuto esprimere la propria opinione sulla sua persona.
Potrebbe quindi certamente sporgere querela nei suoi confronti, avanzando nel contesto del relativo giudizio una richiesta risarcitoria per danni alla reputazione, che sarà suo onere provare.
Va precisato che il diritto di cronaca, tuttavia, deve essere contemperato con il diritto all’oblio. Per tale si intende il diritto a che non vengano riproposti fatti o vicende con successive pubblicazioni o, per quanto riguarda i giornali on-line, il diritto ad ottenere la cancellazione della notizia o la cd. deindicizzazione dai motori di ricerca.
Con tale termine si fa riferimento a quell’operazione tecnica con cui si evita che un motore di ricerca riesca a leggere un contenuto e, quindi, ad “indicizzarlo”, ossia a inserirlo tra i risultati delle ricerche dei propri utenti. Il diritto all’oblio comporta proprio questo: un contenuto deindicizzato, anche se esistente, non potrà essere più trovato da nessuno attraverso un motore di ricerca.
Se si è coinvolti in fatti di cronaca si potrà sì ottenere la cancellazione del proprio nome, ma solo quando la notizia sarà divenuta obsoleta (la giurisprudenza ritiene che un sito internet ha l’obbligo di cancellare i nomi delle persone, anche se condannate, dopo due o tre anni). Per ottenere l’eliminazione della notizia obsoleta, facendo valere il diritto all’oblio, si può ricorrere direttamente al titolare del sito internet o presentando una segnalazione al gestore del motore di ricerca (es. Google).
In alternativa, se la diffida al proprietario del sito non produce effetti, si può presentare un’istanza all’Autorità Garante per la Privacy oppure depositare un ricorso d’urgenza al Tribunale affinché ordini al responsabile la cancellazione del contenuto.





Scritto da Emanuele Vari - Pubblicato sul numero 4 del 2017 nel "Il Corace"

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