Gentile Avvocato,
sono indagato dalla
Procura della Repubblica per il reato di bancarotta fraudolenta
legato al fallimento della mia azienda, molto nota nel territorio in
cui vivo. La notizia delle indagini a mio carico è stata pubblicata
su un quotidiano locale on line nel quale l’autore dell’articolo,
oltre a riportare l’accusa nei miei confronti, mi ha descritto come
una persona non in grado di svolgere l’attività imprenditoriale e
di essere piuttosto dedito alla “bella vita”.
Posso querelare il
giornalista ed ottenere il risarcimento dei danni morali provocati da
quella notizia diffamatoria? Cosa potrei fare per tutelare la mia
persona ed impedire la riproposizione della notizia?
Egregio signore,
la Corte di
Cassazione, con la recentissima sentenza n. 8807/2017, si è
pronunciata sul reato di diffamazione a mezzo stampa, statuendo che,
in tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità di una
notizia ricavata da un provvedimento giudiziario sussiste ogni
qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso.
Pertanto, il titolare del giornale, così come l’autore del sito di
informazione on-line, che si limita a riportare gli atti del
procedimento penale a carico di una persona, non risponde del delitto
di diffamazione neanche se le accuse formulate nei confronti
dell’indagato, per come risultanti dal fascicolo della Procura
della Repubblica e dell’avviso di garanzia, dovessero risultare poi
infondate all’esito del processo penale.
Se anche dovesse
sopraggiungere l’assoluzione, è legittimo pubblicare le accuse e
le notizie relative ad un’indagine penale: l’importante è che il
giornalista si limiti a riportare le informazioni così come
contenute negli atti giudiziari, senza tuttavia aggiungere
valutazioni personali o previsioni sull’esito del processo. Deve, pertanto, limitarsi a fare
cronaca senza eccedere in commenti o critiche personali.
Ciò
significa che seppure sia lecita la pubblicazione sulle indagini per
il reato di bancarotta a suo carico, l’autore dell’articolo non
avrebbe dovuto esprimere la propria opinione sulla sua persona.
Potrebbe quindi certamente sporgere querela nei suoi confronti,
avanzando nel contesto del relativo giudizio una richiesta
risarcitoria per danni alla reputazione, che sarà suo onere provare.
Va precisato che il diritto di cronaca, tuttavia, deve essere
contemperato con il diritto all’oblio. Per tale si intende il
diritto a che non vengano riproposti fatti o vicende con successive
pubblicazioni o, per quanto riguarda i giornali on-line, il diritto
ad ottenere la cancellazione della notizia o la cd. deindicizzazione
dai motori di ricerca.
Con tale termine si fa riferimento a
quell’operazione tecnica con cui si evita che un motore di ricerca
riesca a leggere un contenuto e, quindi, ad “indicizzarlo”, ossia
a inserirlo tra i risultati delle ricerche dei propri utenti. Il
diritto all’oblio comporta proprio questo: un contenuto
deindicizzato, anche se esistente, non potrà essere più trovato da
nessuno attraverso un motore di ricerca.
Se si è coinvolti in fatti
di cronaca si potrà sì ottenere la cancellazione del proprio nome,
ma solo quando la notizia sarà divenuta obsoleta (la giurisprudenza
ritiene che un sito internet ha l’obbligo di cancellare i nomi
delle persone, anche se condannate, dopo due o tre anni). Per
ottenere l’eliminazione della notizia obsoleta, facendo valere il
diritto all’oblio, si può ricorrere direttamente al titolare del
sito internet o presentando una segnalazione al gestore del motore di
ricerca (es. Google).
In alternativa, se la diffida al proprietario
del sito non produce effetti, si può presentare un’istanza
all’Autorità Garante per la Privacy oppure depositare un ricorso
d’urgenza al Tribunale affinché ordini al responsabile la
cancellazione del contenuto.
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