Il 20 aprile la Camera ha approvato con
326 voti favorevoli il provvedimento sul testamento biologico “Norme
in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di
trattamento” ora al vaglio del Senato.
A otto anni dalla vicenda
umana e giudiziaria di Eluana Englaro e a pochi giorni dal suicidio
assistito di Fabiano Antonani e di Davide Trentini (ci sono più di
altri trenta italiani in lista d’attesa per il suicidio assistito
all’estero), il Parlamento, non senza polemiche e scontri tra le
parti, tenta di colmare il vuoto normativo che traduce il ritardo del
nostro Paese in materia di diritti civili rispetto al resto
dell’Europa.
Un vuoto che deriva dalla mancata ratifica della
Convenzione di Oviedo del 1997, il primo trattato internazionale
riguardante la bioetica promosso dal Consiglio d’Europa, che recita
“i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento
medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non
è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in
considerazione”.
L’Italia ha recepito la Convenzione con la legge
n.145 del 28 marzo 2001 ma non ha ancora predisposto gli strumenti
per adattare il proprio ordinamento giuridico ai principi ed alle
norme previste dalla stessa e dai Protocolli. I sei articoli del
disegno di legge all’esame del Senato disciplinano il consenso
informato stabilendo che nessun trattamento sanitario possa essere
iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della
persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla
legge.
Vengono richiamati gli artt. 2 (diritto
all’autodeterminazione), 13 (la libertà personale è inviolabile)
e 32 (tutela della salute fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività, nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge)
della Costituzione e gli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea.
Si promuove e valorizza la
relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico, che trova il
suo presupposto nel consenso informato nel quale si incontrano
l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia
professionale e la responsabilità del medico. Il consenso deve
essere espresso in forma scritta ma, qualora le condizioni fisiche
del paziente non consentano di rispettare la forma scritta, si
riconosce validità anche alla videoregistrazione o a dispositivi che
consentano alla persona con disabilità di comunicare.
Viene
riconosciuto ad ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di
volere il diritto di rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o
trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia come
anche il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso
prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del
trattamento, comprese la nutrizione e l’idratazione artificiali.
Il
medico è tenuto a rispettare la volontà del paziente di rifiutare
il trattamento sanitario o di rinunciarvi e per questo è esente da
ogni responsabilità civile o penale.
Deve essere sempre garantita
un’appropriata terapia del dolore con l’erogazione delle cure
palliative.
Per quanto riguarda i minori, il consenso informato al
trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la
responsabilità genitoriale o dal tutore, tenendo conto della volontà
della persona minore, in relazione alla sua età ed al grado di
maturità, e avendo come scopo la tutela della dignità.
Per
l’interdetto, ai sensi dell’art. 414 del c.c., il consenso è
espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile
avendo sempre di mira la tutela della sua dignità.
Vengono previste
e disciplinate le DAT, disposizioni anticipate di trattamento, intese
come l’atto con il quale ogni persona maggiorenne e capace di
intendere e di volere può, in previsione di una futura incapacità
di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in
materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o rifiuto
rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti
sanitari, comprese nutrizione e idratazione artificiali.
Il
dichiarante può anche indicare una persona di fiducia, il
fiduciario, che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni
con il medico e le strutture sanitarie.
Il medico è tenuto al
rispetto delle DAT le quali potranno essere disattese, in tutto o in
parte, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano
palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica
attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili
all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete
possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.
Le DAT
devono essere redatte per atto pubblico, o per scrittura privata, e
sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo
e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto o tassa. Come per il
consenso informato anche per le DAT è previsto che, qualora le
condizioni del paziente non consentano l’impiego della forma
scritta, possono essere espresse anche attraverso videoregistrazione
o dispositivi che consentano alla persona di comunicare.
In qualunque
momento le DAT si possono rinnovare, modificare o revocare. Torna la
centralità della dimensione relazionale nella pianificazione delle
cure condivisa tra paziente e medico, alla quale il medico è tenuto
ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di
incapacità.
Necessità di chiarimenti sembrano emergere in relazione
al ruolo del medico, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici
Chirurghi e Odontoiatri si esprime a favore della legge ma pone come
condizione che venga rispettato il codice deontologico e l’autonomia
del medico. Per evitare ogni tipo di confusione sottolineiamo che
testamento biologico e disposizioni anticipate di trattamento non
sono sinonimi di eutanasia né di suicidio assistito, si tratta
semplicemente del diritto riconosciuto al cittadino di scegliere a
quali trattamenti sottoporsi in caso non fosse più in grado di
intendere e di volere e in quanto tale riguarda la libertà e la
dignità di ognuno di noi.
Luca Moroni, presidente della Federazione
Cure Palliative ha dichiarato che “per l’Organizzazione Mondiale
della Sanità sono circa 330 mila, in Italia, i malati senza speranza
di guarire, curati con terapie non risolutive. A queste bisogna
aggiungere chi, non stimabili in anticipo, subiranno un incidente,
come è successo a Eluana Englaro e dj Fabo. Persone che potrebbero
finalmente mettere nero su bianco, per esempio, quando e come
vogliono morire, se vogliono stare a casa o in ospedale, se subire o
no la tracheotomia. Intanto bisogna garantire a tutti il diritto alle
cure palliative, cui accede, oggi, solo una persona su tre”.
Diritto civile di autodeterminazione che purtroppo oggi viene
riconosciuto solo a quanti hanno la disponibilità economica per
medici, avvocati, e un viaggio al di là dei confini del nostro
Paese.
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