venerdì 7 aprile 2017

LA POLITICA DELLE EMOZIONI

Sono qui a decidere cosa fare, le idee non sono chiare. Aspetto, penso, medito, osservo. Elaboro stancamente qualcosa che non è chiaro. Elaboro una destinazione senza sapere dove andare. Non ci riesco, brancolo nel buio. Sono pervaso dalla stanchezza del vedere sempre le stesse cose. Cose sempre uguali, cose noiose. Un litigio per destare l’attenzione, un litigio per catturare alcune persone.

Eppure, siamo circondati dal nuovo che avanza, quel nuovo che secondo il mio umile parere è protetto dalla realtà che lo circonda da una patina grigia, che non ricorda di certo il platino, ma solo un qualunque grigiore. Semplice grigiore, accesso da nuove parole.
Nuove parole? Si ascoltiamo parole, ci entusiasmiamo, forse un po’, forse non più. Parole, parole, parole. Isolate da un contenuto non nostro, isolate dalla realtà di molti.
Che dire? Parole, che ascoltiamo, parole che a volte facciamo nostre, parole che forse servono ad altri. Non capisco chi sono questi altri, o forse lo capisco troppo bene e non vorrei pensarci più. Non vorrei credere ai miei pensieri più reconditi. Vorrei restare vicino soltanto alle parole che ascolto.

Ma cosa ascoltano le mie orecchie? Le stesse cose che ascoltate anche voi?
Non so, ognuno parla, dice la sua, la interpreta e la fa interpretare a modo suo. Pensare agli altri, impostare, gestire, comincio ad esserne stufo. E’ ora di dare un colpo di reni, di cominciare a pensare per Noi.
Si, facciamo parte di un processo evolutivo, di un evoluzione che procede a ritmi frenetici, ma di fatto ci lascia sempre fermi al punto di partenza. Già. Cambiano i tempi, cambiano le circostanze, cambiano le modalità, ma di fatto nulla cambia. Siamo sempre li ad ascoltare, quello che cambia è che giorno dopo giorno stiamo perdendo sempre di più l’interesse, l’interesse nel fare, partecipare, essere parte integrante della collettività. Una collettività che forse ha sempre il bisogno di essere guidata, di poter credere in qualcosa. Di lasciare una propria impronta in un mondo infinito. Un mondo così grande, impossibile da conoscerlo tutto, di poterlo vedere tutto in una sola vita, ma al contempo stesso così piccolo, quasi invisibile osservato dalla prospettiva dell’infinitamente grande.

Fermiamoci un attimo, torniamo a noi. Qui, attorno a me. Questo, come quelli fatti nel recente passato non sono altro che piccoli viaggi spazio temporali. Hanno un piccolo obbiettivo. Quello di aiutarci nell’osservare le cose da una prospettiva diversa ed incredibilmente lontano da noi, ma al tempo stesso vicina, vicinissima, anzi dentro di noi. Una capacità innata, ma addormentata.
Deve essere solo risvegliata. Ne sono sicuro, e lo dovete essere anche voi. Sinceramente sono stanco di una politica del dire, voglio passare ad una politica del fare, del fare le cose giuste.

E per questo sono allo stesso modo stanco di quello che ci fanno studiare come l’obbiettivo del politico: semplicemente la sua rielezione, con il conseguente bisogno estremo di dover fare qualcosa, di dover cambiare tutto senza poi cambiare nulla.

E’ mai questa la politica che noi vogliamo?
Non ci posso credere, non ci voglio credere. Io, tu, noi tutti vogliamo solo tornare ad emozionarci, ad appassionarci al voler fare qualcosa. NON per noi stessi, ma per tutti. Dalle piccole alle grandi cose. L’obbiettivo è lasciare un segno del nostro passaggio, lasciare un segno scolpito nella pietra.
Un segno che dimostri che se si vuole tutto è possibile. Anche l’inimmaginabile. Una piccola cosa, la volontà, smossa dalla passione, animata dall’emozione. L’emozione, che coltivata, curata, incanalata è lo stimolo della vita.

Ora faccio una passeggiata nelle vie del nostro amato paese, e proprio qui voglio tornare ad emozionarmi. Un emozione di tutti, un emozione con te. Stai con me.

Scritto da Antonio Moroni - Pubblicato sul numero 4 del 2017 nel "Il Corace"

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