mercoledì 1 luglio 2020

DPCM: COS'È?

Decreto legge e Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) sono stati i due strumenti più utilizzati e nominati durante l’emergenza sanitaria che ha colpito il Paese. Cosa sono però questi due strumenti? E da cosa nasce il conflitto nelle regole ivi contenute nel DPCM in rapporto a quelle del decreto legge? In Italia la funzione legislativa è esercitata dal Parlamento, che la esercita seguendo un rigido iter formativo. Tuttavia spesso l’approvazione di una legge può richiedere tempi molto lunghi, mesi o addirittura anni (deve essere, infatti, approvata nella stessa formulazione da Camera e Senato). Situazioni di urgenza da fronteggiare richiedono, invece, un provvedimento legislativo in tempi brevi. Ecco perché esiste il decreto legge: esso è un atto emanato dal Governo in casi di necessità e urgenza (si pensi ad una calamità naturale, ad esempio un terremoto). Entro 60 giorni deve, però, essere convertito in legge dal Parlamento, che è l’unico organo che ha potestà legislativa (si parla di «legge di conversione»). Se ciò non avviene, il decreto legge decade con effetto retroattivo. In pratica, è come se non fosse mai esistito. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) è, invece, un atto amministrativo senza forza di legge. Rappresenta, infatti, una fonte normativa secondaria che serve per dare attuazione, come i decreti ministeriali, a norme o varare regolamenti. Il DPCM deve essere prescritto dalla legge, che ne determina i principi direttivi generali, e per la sua emanazione spesso vengono coinvolti esperti del settore, tecnici e studiosi della materia. Sono, quindi, atti di contenuto particolare o astratto che, senza dubbio, hanno il merito di essere rapidi e quindi particolarmente adatti alle situazioni di emergenza, ma dall’altro lato non coinvolgono il Parlamento, e quindi sono espressione della volontà della sola maggioranza politica. Dove sorge il conflitto con il decreto legge? Il conflitto sorge nel momento in cui il DPCM nel dare attuazione al decreto legge preveda comportarmi o divieti non contenuti nel decreto stesso. Facciamo un esempio. Il DPCM del 17 maggio 2020 impone che all’interno dei locali sia assicurata la distanza interpersonale di un metro e ciò significa che, in base ad una interpretazione letterale della norma il gestore del locale non solo deve organizzare il locale affinché sia possibile rispettare la distanza interpersonale minima, ma è tenuto ad assicurare che questa distanza minima sia effettivamente e sempre rispettata da chi si trova all’interno del locale. Quindi se all’interno del locale i clienti non rispettano la distanza interpersonale minima può essere sanzionato sia il cliente che il gestore (quest’ultimo per non aver assicurato, come il DPCM impone, che tale distanza sia stata concretamente assicurata). Tuttavia il decreto legge n.19/2020 impone soltanto l’obbligo dei gestori di predisporre le condizioni per garantire il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale predeterminata. Pertanto, potranno essere sanzionati solo se non hanno predisposto le condizioni per garantire il rispetto di tale distanza tra i clienti dei loro locali. Infatti, le norme citate contenute nel decreto legge n. 19 impongono ai gestori dei locali non di far osservare la distanza minima tra i propri clienti, ma di predisporre le condizioni all’interno dei locali affinché sia possibile rispettare questa distanza minima. Quindi, se all’interno dei locali il gestore ha garantito che la distanza interpersonale possa essere agevolmente rispettata (distanziando ad esempio i tavoli e separando le correnti in entrata e uscita), ma i clienti non la rispettano per una loro imprudente condotta, ad essere sanzionato potrà essere solo il cliente. Mentre sarà sanzionato il gestore se il locale non sarà stato adeguatamente organizzato per garantire che la distanza possa essere osservata. È chiaro quindi che il conflitto tra le due norme sorge nel momento in cui il DPCM prevede sanzioni su comportamenti che il decreto legge non contempla. In tale conflittualità, prevale la norma contenuta nel decreto legge e quindi l’annullamento della sanzione basata sulla violazione riscontrata dal DPCM, in quanto il decreto legge è norma di rango superiore al DPCM e quindi il DPCM non può andare oltre ciò che il decreto ha stabilito.

Scritto da Francesca Palleschi - Pubblicato sul numero 5 del "Il Corace"

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