mercoledì 1 luglio 2020

STORIA DELLA SCUOLA: LA RIFORMA GENTILE

Cari lettori, in questo articolo continuerò il viaggio nel panorama della storia della scuola italiana e, in modo particolare, tratterò tematiche e contesti inerenti alla Riforma Gentile. Nei prossimi articoli sposteremo la nostra attenzione sulla letteratura pedagogica dando voce ai protagonisti che hanno contribuito, attraverso le loro azioni e le loro idee, al modo di pensare e di fare scuola. Ora, però, ritorniamo a dove eravamo rimasti.

Negli anni Venti del Novecento il contesto storico vedeva la comparsa del partito fascista ed il primo governo Mussolini nel 1922. In quei primi anni lo scopo principale del partito è quello di raccogliere consensi tra la classe dirigente e la grande massa attraverso l’identificazione di facili nemici (il Governo, il socialismo, Giolitti…); Anche gli insegnanti giocano un ruolo chiave e Mussolini cerca il loro consenso in quanto diffusori di consenso di massa. Prima della riforma, la scuola vede un aumento sorprendente di alunni nelle scuole e questo prova la riuscita, seppur squilibrata, della tanto desiderata società di massa. Nel frattempo, l’UMN organizzava il primo sciopero del corpo insegnanti, che tuttavia ha causato un’altra scissione, portando al consolidamento di ben tre organizzazioni: UMN, Tommaseo (appoggiata dal partito popolare) ed il nuovo sindacato Magistrale, a cui si aggiungeranno nel 1919 il Fascio di educazione nazionale, fondato dagli idealisti Gentile, Benedetto Croce e Pietro Gobetti. La visione idealistica vede l’individuo come Spirito e lo Stato deve rappresentare libertà ed autorità, realizzando l’interesse di tutti (e quindi di ciascuno). La scuola, per riflettere questa visione, doveva essere rigidamente suddivisa in gruppi sociali: il liceo classici alla classe dirigente, l’istruzione tecnica alla media borghesia e le elementari per il popolo. Lo scopo per gli idealisti è quello di creare “poche scuole ma buone” - indifferentemente da chi le gestisse (stato o privati), e per fare questo occorre creare una maggiore severità. Una delle proposte è l’introduzione della religione, intesa non in quanto tale ma come filosofia minore, e l’istituzione di un esame di Stato alla fine di ogni ordine scolastico. Lombardo Radice, discepolo di Gentile e suo collaboratore, sostiene che questa manovra possa dare serietà e controllare i risultati raggiunti da studenti e professori. La richiesta dei cattolici in proposito era di sostenere esami interni alle proprie scuole senza commissari statali. Nel 1922 Mussolini crea il suo primo governo, nominando Gentile Ministro della pubblica istruzione. Per tutto l’anno 1923, Gentile si adopera per cambiare la scuola e costruire un sistema di ispirazione ideologica, partendo dalla legge Casati ma eliminando tutte le diverse filosofie che avevano ispirato le leggi precedenti. Quella di Gentile è un’idea classista e gerarchica ma non fascista, anche se Mussolini utilizzerà questa corrente per provare la dominanza del fascismo. La riforma Gentile prevede lo smantellamento di tutti gli organismi creati dopo la legge Casati, l’aumento del potere di controllo per provveditori, insegnanti e presidi, il licenziamento di molto personale per aumentare gli stipendi. La scuola viene resa obbligatoria dai 6 ai 14 anni e nei paesi in cui non vi erano scuole adatte il ragazzo ripeteva l’ultima classe disponibile fino agli anni prestabiliti. Viene reintrodotto anche l’educazione religiose, eliminata poco meno di cinquant’anni prima dalla legge Coppino, ed una sequenza di esami di stato per l’ammissione o il termine dei vari gradi di scuola.
Anche a livello organizzativo le scuole vengono cambiate: la scuola elementare viene divisa in tre gradi (preparatorio-il nostro asilo, inferiore e superiore); la scuola secondaria è quella più modificata: per la prima volta si definisce istruzione media, divisa in due gradi: nel grado ci sono la scuola complementare, il ginnasio, i corsi inferiori degli istituti tecnici e magistrali. Di secondo grado invece sono i licei classico e scientifico, i corsi superiori degli istituti tecnici e magistrali ed il liceo femminile. Questa scelta allarga le possibilità di scelta dei giovani ma allo stesso tempo ne anticipa la scelta: a 10 anni, finite le elementari, i ragazzi devono scegliere la scuola media più adatta. La formazione magistrale prima citata è stata molto modificata da Gentile: è stata divisa in inferiore e superiore per una durata complessiva di sette anni e sono state introdotte discipline come “filosofia e pedagogia”; in questo caso, però, la pedagogia non è intesa in quanto tale ma come un approfondimento del tema filosofico educativo. Nella visione di Gentile, infatti, non è importante imparare come si insegna ma le materie che si insegnano poiché il legame stretto che si forma con l’allievo basta a compensare tutto il resto. Sul piano politico Gentile rappresentava colui che poteva definire e risolvere i problemi in breve tempo, facendo guadagnare a Mussolini la fiducia della popolazione. Favorevoli alla manovra gentiliana erano ovviamente i suoi collaborati, mentre contrari i socialisti; il mondo cattolico teneva, invece, un comportamento ambivalente: se da una parte erano soddisfatti per l’introduzione di educazione religiosa e l’esami di stato, dall’altra muovevano forti critiche sull’eccessivo statalismo della scuola. In ogni caso tra Mussolini e la Chiesa si era creato un forte dialogo, che ha il suo culmine nella destituzione del segretario del partito popolare, ormai di intralcio. La riforma Gentile scuote anche lo stesso partito fascista, non unanimemente d’accordo, e famiglie e studenti, i quali protestano per la diminuzione delle tasse scolastiche e l’abolizione di un esame di stato tanto rigido. La riforma gentile è quella che più influenza la scuola attuale, soprattutto per quanto riguarda l’impostazione di studio: storicista per le materie umanistiche (letteratura e arte ad esempio vengono studiate come “storia di…”) e meramente applicativa per le materie scientifiche. Nel 1924 ci fu una crisi di governo iniziata con l’assassinio di Matteotti e progredita nelle dimissioni di Gentile ed altri tre ministri come segno di solidarietà verso l’accusato Mussolini. Sussegue, nel corso dell’anno, una “politica di ritocchi”, cioè una serie di modifiche applicate alla riforma che ne hanno snaturato il significato. Da qui in poi si avvicendano molti ministri fascisti ed inizia la “fascistizzazione” della scuola, attraverso una gerarchizzazione sempre più marcata, l’acquisizione di un testo unico, il giuramento di fedeltà per i docenti universitari ed il licenziamento di molti avversari politici; questa politica culminerà nel 1938 con la promulgazione delle leggi raziali e l’estromissione dalle istituzioni pubbliche di tutti gli ebrei.
Nel quadro di fascistizzazione si inserisce l’operato del ministro Bottai, ideatore della Carta della scuola, rimasta senza seguito per l’entrata nella Seconda guerra mondiale. Dalla legge Bottai sarebbero stati previsti, al termine delle elementari, tre possibilità: la scuola artigiana, quella professionale e la scuola media. Ad oggi la Carta della scuola ha valore puramente storico in quando dimostrazione di come sarebbe stata la scuola fascista ideale.

Scritto da Andrea Pontecorvi - Pubblicato sul numero 5 del 2020 del "Il Corace"

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