«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.»
Bellissime le parole della costituzione dogmatica Gaudium et Spes del Concilio Vaticano ll che ci invitano a stare con gioia nel tempo in cui si vive, senza separare il "sentire" del mondo da quello dei discepoli di Cristo.
Bellissime le parole della costituzione dogmatica Gaudium et Spes del Concilio Vaticano ll che ci invitano a stare con gioia nel tempo in cui si vive, senza separare il "sentire" del mondo da quello dei discepoli di Cristo.
Ma domandiamoci: Come stiamo vivendo questo nostro tempo? Una domanda che mi torna spesso dal termine del Lookdwn a questi giorni. Non è facile la ripartenza certamente, tuttavia credo che potremmo rintracciare tre stili differenti che si stanno mettendo in atto: vivere con il pensiero che il virus e le sue conseguenze sociali ed economiche siano una breve parentesi, vivere con la paura che sia una situazione permanente, vivere lasciandosi interrogare da quanto accade. il primo stile lo riscontriamo in coloro che ad ogni costo pretendono di voler condurre la vita del 2019...di solito senza rispettare nessuna regola, la tendenza in costoro è il programmare la vita secondo le proprie necessità e abitudini, senza sacrificare per nessuna ragione il proprio ego, senza riuscire a mettere da parte le loro idee, convinti che appena terminato tutto si ritornerà come prima. Apparentemente non c'è nulla di male in questo atteggiamento, anzi...ma occorre prestare attenzione se si legge la realtà in questo modo, il rischio è di vivere da nostalgici senza prestare attenzione al presente. Poi abbiamo quelli che, con atteggiamento catastrofico, non riescono a vedere speranza, convinti magari di esserne prima o poi vittime di questo maledetto Covid-19. L'atteggiamento è quello di tendere ad allontanare gli altri perché probabili fonti di contagio, o di esagerare nei metodi protettivi come guanti, mascherine igienizzante e quant'altro. Costoro rischiano di vivere quanto più nella paura, stemperata magari da atteggiamenti auto incoraggianti quando si parla con gli altri (a debita distanza) per timore di essere considerati esagerati. Anche chi si comporta così tuttavia non fa che avere un atteggiamento nostalgico rispetto alla situazione come si dice in dialetto "era meglio quando era peggio" ma anche così si rischia di vivere a metà o di non vivere. Il terzo atteggiamento che ritroviamo è quello di chi vive nel rispetto delle regole minime dettateci ma che si lascia interrogare da tutta questa novità che ha mandato in crisi le nostre abitudini: è l'atteggiamento di chi sa fare tesoro della realtà che vive con una grande capacità di adattamento. Credo che questo possa permetterci di guardare con occhi diversi e con spirito giusto il tempo attuale. Non da sognatori di un passato ma da avventurosi e propositivi uomini di speranza. Ovvio che tendiamo a desiderare la vita di sempre e per certi versi dobbiamo desiderare la vita di sempre, però lo slancio a prendere e trattenere per noi il meglio dal periodo storico che stiamo attraversando dobbiamo averlo. Non ricadere in quell'atteggiamento di chi si fa scivolare la vita addosso giorno per giorno, come nulla fosse, ma cercare di dare ad ogni evento, ogni giorno, un significato proprio, unico. Questo implica lo sforzo di un ripensamento di se stessi, della realtà in cui si vive, del lavoro che si svolge ma in generale del modo in cui si considera l’esistenza. Stare nel qui ed ora. In fondo, nella vita di fede anche è così: il Signore è per noi nell'oggi della nostra storia. Oggi ti salva, oggi passa, oggi si ferma a casa tua (cfr. Lc 19, 1-10). Siamo chiamati a fare lo sforzo di ripensare il nostro futuro in base anche a quanto appreso (se abbiamo appreso) dall'ostacolo grande del virus.
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