mercoledì 1 luglio 2020

RIPRENDONO I GIOCHI DI PALAZZO MA IL COVID E' SEMPRE IN AGGUATO

"In Italia la situazione è drammatica ma non è seria": sempre attuale, ora più che mai, il grande aforisma di Ennio Flaiano. Dinanzi ad un paese e ad una pubblica opinione che stenta ad orientarsi tra le voci discordanti degli esperti, medici, scienziati, ricercatori, virologi, etc., sulla persistenza o meno del Covid- 19, su un suo ritorno in grande stile in autunno o, al contrario, in una fiammata autunnale che dovrebbe essere poco più di un fuoco fatuo, la politica ha ripreso, a pieno regime, a scontrarsi e a polemizzare con lo stile al quale, negli ultimi decenni ci ha abituato: tanta polemica e poca sostanza con un livello del dibattito che definire mediocre è un eufemismo, e soprattutto con un "tutti contro tutti" che non riguarda solo maggioranza (sgangherata) contro minoranza (rissosa), ma anche i conflitti all'interno delle rispettive alleanze. Sullo sfondo, ovviamente, ad alimentare il tutto, le misure economiche e di altra natura del Governo per fronteggiare il (presunto) dopo Covid- 19; intanto si continua a morire e a contagiarsi di questo virus anche se per fortuna dentro una curva "rassicurante".
Due parole su questi provvedimenti: molti di essi ci sembrano vadano nella direzione giusta, soprattutto quelli riguardanti il sostegno alle imprese piccole e medie, i contributi europei, e le altre misure di emergenza per i ceti sociali che più degli altri hanno subìto, subiscono e subiranno la crisi economica che sarà di lunga durata e molto complicata. Il limite di questi provvedimenti è il ritardo con il quale questi aiuti sono arrivati, o dovrebbero arrivare ai soggetti interessati. Si va dai prestiti bancari a garanzia statale, che solo in parte sono stati elargiti, e non con un semplice clic e una firma formale come Conte aveva proclamato, ma dopo una laboriosa compilazione di moduli e contromoduli, e poi i ritardi della cassa integrazione in deroga, e altro ancora. Solo colpa della burocrazia? La burocrazia sicuramente è un male che va estirpato e che l'Italia si porta appresso dalla nascita dello Stato Unitario, ma in una emergenza straordinaria ed epocale come questa che ci è caduta addosso è evidente che queste misure andavano prese attraverso un modo di operare che non è certo quello al quale abbiamo assistito. Hanno vissuto, e molti stanno ancora vivendo, quei molti facenti parte della grande rete di piccole e medie imprese che sono la spina dorsale dell'economia nazionale, una situazione kafkiana dove il Presidente del Consiglio rassicura sulla "velocizzazione delle erogazioni" e poi vai in banca e ti senti dire: "ancora non sappiamo nulla della sua pratica". Su questi ritardi l'opposizione di destra, legittimamente, svolge il suo ruolo. Ma in che modo? Prima chiede di essere coinvolta, poi fa ostruzionismo nelle aule parlamentari, poi abbandona le stesse oppure salta le Commissioni, poi non si presenta ai cosiddetti "Stati Generali" (termine indubbiamente pomposo) a Villa Pamphili adducendo il pretesto che non è una sede istituzionale ma ben sapendo che lo è eccome, infine convocando manifestazioni di piazza che oltre a lasciare il tempo che trovano, sono anche rischiose per l'incolumità fisica dei partecipanti e potenziali pericolo di focolai di contagi. Ci chiediamo: non sarebbe il caso di una opposizione più costruttiva con proposte di merito che indichino non solo cosa fare ma come farlo? Non ci vuole molto a capire che, dietro a questi comportamenti, ci sta una doppia partita che si giocano a destra. Intanto la concorrenza tra la Meloni e Salvini: i sondaggi parlano chiaro; FDI è in continua crescita di consensi, ormai intorno al 15%, se non qualcosa in più mentre la Lega perde inesorabilmente punti ed ha una forbice che va dal 24 al 26%. Esattamente un anno fa era intorno al 33-34%. È evidente che molti dei consensi del partito della pasionaria Giorgia, che erano confluiti verso il "capitano" verde, sono ritornati all'ovile, grazie anche, paradossalmente, ad una presenza più defilata o comunque più Istituzionale, diciamo più rassicurante della leader di Fratelli d'Italia, rispetto alle stravaganze di Salvini. Ma la vera partita è con Forza Italia. Berlusconi, senza mezzi termini, ha sposato la causa del MES, il megaprestito dell'Europa all'Italia per sostenere la sanità a tassi minimi, meno dell'un per cento, di circa 37 miliardi di euro. Per Lega e Fratelli d'Italia è stato un tradimento bello e buono, ma soprattutto è stato l'indicatore del cambio di rotta di Berlusconi, ormai europeista convinto e sempre più distante dalle posizioni estreme di Salvini e Meloni. Il retropensiero ci porta a credere che da Arcore si pensa ad un progetto di fusione con i renziani, ormai alla frutta, con Calenda, Bonino, Casini e tutto quanto ci sta nell'area della destra moderata e liberale, anche se ora in ordine sparso. E ovviamente il cavaliere ha ben presente che il rincorrere la coppia S.M. lo ha ridotto al 7-8%.
Ma aria di resa dei conti ci sta anche nella maggioranza dove Renzi consolida sempre più il suo ruolo di guastatore, con obiettivi finali che francamente non sono più chiari a nessuno. Si ha la sensazione che navighi a vista. Ed anche i "Cinque Stelle" scalpitano perché vedono sempre più smarrita la loro identità. Ma né Renzi né Di Maio possono tirare la corda più di tanto perché in casi di elezioni anticipate sarebbero penalizzati dall'elettorato. In tutto questo e al centro di tutto ci sta il PD paradossalmente spina dorsale dell'esecutivo, con il Ministro Gualtieri che è stato il vero protagonista della manovra economica, eppure in difficoltà nel fare emergere una propria centralità con un segretario, Nicola Zingaretti, che per quanti sforzi faccia, non riesce ad avere visibilità ed in più stretto tra le esigenze contrapposte dei pentastellati e dei renziani. E, come se non bastasse, con un vice segretario, Andrea Orlando, che spinge per slittare a sinistra la linea dei dem. Poi ci sta lui: il premier Giuseppe Conte: da portavoce del governo giallo verde a leader vero del Governo, cosa che infastidisce sempre di più nella maggioranza, considerando anche l'ampia popolarità di cui gode il Primo Ministro che è di poco al di sotto del 60%, e che si sta giocando una partita tutta sua. Ma per giocarsela deve sperare che il suo esecutivo non cada, ipotesi non del tutto improbabile: se si fa la conta dei numeri soprattutto al Senato emerge che, di fatto, questo governo non ha più una maggioranza, con il passaggio di due pentastellati alla Lega. "Come d'autunno sugli alberi le foglie....”.

Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 5 del 2020 del "Il Corace"

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