… una
farfalla notturna le cui larve fitofaghe, dotate di istinto gregario,
danneggiano le conifere e risultano molto pericolose per l’uomo e
gli animali a causa dei loro peli fortemente urticanti.
Con l’avvento
delle temperature più miti e, pertanto, già dalla fine dell’inverno
è possibile poter osservare, insieme al risveglio del mondo
vegetale, nei suoi molteplici e stupefacenti singoli aspetti, anche
quello faunistico e quello incredibile che comprende i diversi
insetti, utili e nocivi.
Infatti, oltre ad alcune segnalazioni di
ignari curiosi e l’osservazione personale (già dal mese di
febbraio u.s.) della presenza di bruchi in fila indiana, nel nostro
territorio e in prossimità di alberi di pino, molte altre hanno
fatto seguito e tuttora (aprile), attraverso gli attuali mezzi di
comunicazione, fanno notizia le varie “grida” di allarme e le
emergenze che, da numerose località di diverse Regioni d’Italia,
vengono rivolti alle istituzioni locali e agli stessi cittadini, al
fine di poter contribuire a fronteggiare l’azione insidiosa delle
larve (forse poco note) di tale insetto che, rappresenta un nemico
dei pini e un pericolo per gli animali, l’uomo e, soprattutto, per
i bambini.
Si tratta della processionaria dei pini (Thaumetopoea
pityocampa) le cui larve (o bruchi) sono in grado, se vengono a
contatto con i vari animali e con l’uomo, di scatenare reazioni
allergiche, tra cui dermatiti, orticarie e congiuntiviti nonché
problemi seri alle vie respiratorie; e va, comunque, precisato che in
casi di gravi attacchi si può anche verificare uno shock
anafilattico.
Al fine, quindi, di fronteggiare utilmente l’insidioso
insetto, incredibilmente pericoloso per i nostri più comuni animali
(cani e gatti) e, soprattutto, per i tanti nostri bambini, visto che
è ospite di alberi che formano per lo più il verde pubblico e
risultano presenti in vari parchi, ville e giardini, sembra opportuna
oltre che importante una sua maggiore conoscenza per poter preservare
la salute.
La processionaria dei pini (Thaumetopoea pityocampa), ad
ogni modo, è un insetto ossia una farfalla dell’Ordine dei
Lepidotteri, appartenente alla famiglia Notodontidae, diffuso in
Eurasia e in Nord-Africa.
Dal punto di vista morfologico possiamo
dire che, allo stadio immaginale (cioè da adulti), queste farfalle
si presentano con dimensioni medie ed un corpo tozzo ricoperto di
peluria, con livree (l’insieme dei colori) di colore non mai
vistosi ma spesso eleganti, per la delicatezza delle tinte e per i
fini ornamenti che si possono osservare sulle loro ali. Le antenne
hanno uno sviluppo medio e risultano filiformi e di tipo pettinato;
la loro tromba, cioè la struttura boccale usata per la suzione, è
ridotta e le abitudini sono decisamente crepuscolari o notturne.
La
sua area di diffusione è vasta e per questo comprende verosimilmente
quasi tutto il mondo, con specie reperibili sia nei territori a clima
caldo sia in quelli a clima temperato o temperato-freddo. L’Europa,
comunque, ospita poche ma dannose e ben note specie appartenenti al
genere Thaumetopoea.
Va sottolineato che, più che gli adulti, sono
conosciute le sue larve:
a) per i danni che possono provocare alle
piante, delle cui foglie (aghiformi) si nutrono;
b) per i peli
urticanti ed insidiosi di cui sono dotati;
c) per l’abitudine che
hanno di spostarsi di notte, in massa, disponendosi su una o su più
file ordinate e regolari, muovendosi lentamente, come in processione,
dietro la prima larva che fa da guida al corteo.
È proprio a questa
loro singolare abitudine, infatti, che devono il loro nome di
processionarie, con cui sono comunemente ed inequivocabilmente note e
distinte. In Italia, ad ogni modo, risultano presenti due specie:
Thaumetopoea pityocampa, che è un parassita delle diverse specie di
pino, dei larici e dei cedri del Libano e Thaumetopoea processionea
che, invece, risulta un parassita delle diverse specie di quercia;
essa si presenta un poco più piccola della precedente ma, è
anch’essa, purtroppo, dotata di micidiali peli urticanti.
Dal punto
di vista biologico possiamo dire che gli adulti della processionaria
dei pini (T. pityocampa), come già accennato, sono farfalle con una
apertura alare di circa 3 – 4
cm e con livrea grigiastra (con piccole strisce sinuose trasversali e
macchiette scure e chiare alle ali anteriori, mentre le posteriori
sono brunastre, con una macchia nera al margine distale).
Le femmine
si riconoscono facilmente dai maschi in quanto posseggono un vistoso
ciuffo di peli argentei posti all’estremità dell’addome, mentre
nei maschi i peli sono di colore giallo.
Gli adulti sfarfallano
normalmente in luglio e, sebbene compaiano in numero elevato, risulta
difficile avvistarli in quanto trascorrono molte ore del giorno in
riposo, ben mimetizzati, sui tronchi e sui rami degli alberi di pino;
essi entrano in attività al tramonto allorquando volano e si
accoppiano di notte. Le femmine fecondate poi depongono, all’apice
dei rami più alti, le loro uova, fino ad oltre 150 per ciascuna
femmina, saldandole alla base delle foglie (aghiformi) e coprendole
con i peli argentei addominali. Le uova, così disposte, formano dei
manicotti lunghi fino a 3 cm intorno al rametto.
Verso la fine di
agosto nascono le giovani larve che, animate da spirito gregario,
iniziano tutte insieme a rodere le foglie emettendo continuamente
fili sericei che formano una trama fitta intorno alla base del
rametto ed agli aghi residui. Così continuando (a spostarsi, a
mangiare e ad emettere seta) le larve costruiscono un nido a forma di
fiasco a trama molto fitta e più volte concamerato internamente. Qui
le larve trascorrono la stagione fredda in stato di quiescenza.
Con i
primi tepori (fine inverno-inizio primavera) cambiano abitudine ma
non perdono l’istinto gregario per cui iniziano le loro famose
processioni scendendo dall’albero, laddove sono nate, per portarsi
su altri alberi, distanti anche decine di metri, per divorare le
foglie (aghiformi).
Dopo essersi cibate riformano il “corteo” e
tornano al nido. Sia all’andata che al ritorno emettono
continuamente un filo di seta che traccia una specie di sentiero
utile per trovare e ritrovare la giusta via. Alla maturità, che
viene raggiunta attraverso diversi stadi vitali (4 - 5), le larve
presentano una lunghezza di 4 cm circa, hanno un capo grosso e nero
con fine peluria rossastra; il torace e l’addome, forniti di
robuste pseudo-zampe, sono invece grigiastri e nella porzione dorsale
risultano presenti numerosi piccoli tubercoli portanti densi ciuffi
di peli arancioni.
Ciascun segmento addominale porta poi una fossetta
sulle cui pareti sono posti brevi peli fulvi fortemente urticanti che
si staccano facilmente spargendosi nell’ambiente dove le larve
vivono o transitano. Tali peli, come già accennato, sono capaci di
provocare disturbi anche gravi a tutti gli esseri vertebrati compreso
l’uomo e per questo risulta molto pericoloso toccare tali larve, o
i “bruchi”, della cosiddetta processionaria, né maneggiare
incautamente i loro vistosi e grandi nidi argentei.
Infatti, sulla
pelle, dove si infiggono i loro peli o i frammenti di peli compare,
normalmente, un eritema papuloso, fortemente pruriginoso, che perdura
alcuni giorni; danni più gravi si determinano quando tali peli
giungono negli occhi, nella mucosa nasale e della bocca, nelle vie
respiratorie oppure nel tubo digerente. Si possono avere oftalmie
assai gravi, stomatiti, bronchiti, gastroenteriti, ecc., le quali si
risolvono, generalmente, entro un maggiore o minore lasso di tempo,
ma che, sia pure in casi rari, possono avere uno sviluppo o assumere
un
andamento
piuttosto grave tanto da poter condurre, lo sfortunato soggetto
colpito (sia esso uomo o animale) anche alla morte.
Le notizie di
questi ultimi giorni (1º decade di aprile), infatti, riguardano
alcune località di Pesaro, Pisa, Forlì, Ravenna, Latina, ecc,
laddove bambini ignari del pericolo e a causa di incauti contatti con
tali bruchi, nell’ambito di giardini e cortili delle loro scuole,
sono stati sorpresi piangenti - bisognosi di soccorso o ricovero,
mentre un cane subiva l’intervento chirurgico in bocca. Le
emergenze, peraltro, risultano numerose in primavera quando
l’attività di tale parassita è particolarmente dinamica, tant’è
che in questo periodo dell’anno si presenta allo stato larvale e
appare a noi come fosse un “millepiedi”. La sua comparsa, in
genere, inizia da metà febbraio a tutto marzo anche se, come noto,
dipende dalle temperature.
A febbraio, infatti, uno dei mesi più
caldi della media degli ultimi anni, è stato possibile osservare già
le larve in processione (in fila indiana).
Le larve giunte a maturità
(ultimo stadio), sempre in fila indiana, abbandonano il nido,
perdono lo spirito gregario e si portano singolarmente verso terra
dove ciascuna si scava una buca, profonda 10-15 cm circa, laddove si
tesse un sottile bozzolo e si trasforma in crisalide. In luglio si ha
lo sfarfallamento, l’accoppiamento e l’ovideposizione con
l’inizio di un nuovo ciclo biologico. Il danno, comunque, è
determinato dalle larve fitofaghe (defogliatrici) che, a seconda
della loro età, si comportano in modo diverso, per cui:
a) le larve
giovani, (delle prime tre età) scheletrizzano le foglie, lasciando
un “filo” centrale, corrispondente alla nervatura della foglia
(aghiforme), il quale necrotizza e dissecca e viene inglobato
all’interno del nido “estivo”;
b) le larve mature (del 4º e 5º
stadio) defogliano completamente i rametti, mangiando interamente gli
aghi e producendo effetti devastanti o disastrosi in caso di forti
attacchi. L’attacco, quindi, specialmente se massiccio, determina
un notevole indebolimento dell’albero provocando altresì gravi
stress fisiologici alle piante; queste, tra l’altro, divengono
molto recettive agli altri fitofagi (Scolitidi) ed alle malattie
fungine lignicole (Carie).
La presenza di questi fitofagi su piante
collocate in parchi e giardini pubblici (o privati) provoca, oltre al
danno diretto, anche spiacevoli conseguenze dovute alle su accennate
larve munite di peli urticanti i quali possono cadere dai nidi che,
in primavera, si aprono per lasciare uscire le larve oppure possono
essere liberati dalle stesse larve e “galleggiare” nell’aria
per depositarsi poi al suolo oppure sugli “arredi” dei diversi
giardini e parchi.
In queste condizioni la popolazione che fruisce
di tali parchi/giardini (uomini adulti, bambini e animali) può
subire danni, da parte dei peli urticanti, a livello di mucose (vie
respiratorie ed occhi) e per contatto dermale esterno. Tali peli,
infatti, contengono sostanze che liberano l’istamina (una molecola
organica che riveste un ruolo importante nel nostro organismo) la
quale, come è noto, provoca delle infiammazioni e reazioni
allergiche anche molto gravi (shock anafilattico, come già
accennato).
La processionaria dei pini, diffusa quasi ovunque in
Italia e nel resto dell’Europa, causa danni assai ingenti nelle
foreste di conifere ed è particolarmente lesiva quando si insedia su
piante giovani. Nonostante molti
nemici naturali (come Ditteri, Imenotteri endofagi e Formicidi) la
specie non è sufficientemente contrastata nel suo sviluppo.
L’uomo,
con le opportune cautele, interviene con asportazioni manuali dei
nidi invernali, raccolti normalmente in febbraio. I nidi un tempo
venivano distrutti subito con il fuoco o con altri mezzi convenienti
e vantaggiosi. In seguito, tuttavia, si capì che così operando si
distruggevano anche i parassiti naturali delle processionarie,
penetrati nei nidi; per cui attualmente i nidi vengono conservati per
un certo tempo, otturando le aperture con apposite reti, per
consentire la fuoriuscita dei loro parassiti ma non delle larve.
Oggi, ad ogni modo, si tende a potenziare la lotta biologica (o
entomofaga) mediante l’installazione di nidi di Formica rufa, F.
polyctena, F. lugubris, F. aquilonia, attive predatrici delle larve
di T. pityocampa, dalle nostre Alpi all’Appennino. Il Corpo
Forestale dello Stato, infatti, in collaborazione con l’Istituto di
Entomologia dell’Università di Pavia, le ha potute sperimentare
con successo nei diversi programmi di controllo naturale nei
confronti della processionaria dei pini.
In Italia, la lotta alla
processionaria del pino è obbligatoria in tutto il territorio
nazionale ai sensi del D. M. del 30 ottobre 2007 (Pubbl. in G.U. del
16 febbraio 2008, n. 40.), che attribuisce i relativi compiti al
Servizio Fitosanitario Regionale e distingue l’aspetto
fitosanitario da quello legato, invece, alla prevenzione dei rischi
sanitari relativi alla salute delle persone e degli animali.
La lotta
contro T. pityocampa non è facile in quanto:
a) è un lepidottero
che vive in ambienti forestali, anche di grande dimensione, che si
possono considerare degli ecosistemi naturali (boschi o foreste);
b)
è un insetto che vive su piante di interesse paesaggistico, in
ambienti urbani e nei pressi ad es. di scuole e di ospedali con
dimensioni, spesso, tali da rendere quasi impossibile ogni
trattamento diretto per cui, in tali casi, gli interventi possono
risultare difficili tecnicamente e/o impossibili anche per la
mancanza di principi attivi registrati per ambienti urbani e
pubblici.
Attualmente, i principali mezzi di lotta possibili sono di
tipo: fisico-meccanici, chimici, biologici e biotecnologici. La lotta
fisico-meccanica consiste nella distruzione dei nidi invernali e, in
ogni caso, tale tecnica è in realtà difficoltosa perché i nidi,
normalmente posti in alto, non sempre sono raggiungibili su piante di
grandi dimensioni. Inoltre, la distruzione del nido deve essere
eseguita con precauzione per il rischio di urticazioni gravi delle
mucose, specialmente, se non si adottano adeguate misure preventive.
In alcuni casi si può utilizzare un fucile da caccia in pieno
inverno in modo da disorganizzare il nido e così le larve, non più
protette, muoiono per il freddo.
La lotta chimica, biologica e
biotecnologica si avvale per lo più di feromoni che consentono di
effettuare:
1) catture di monitoraggio della popolazione del
fitofago;
2) catture di massa con apposite trappole.
Le prime sono
utilizzate per individuare sia il periodo di volo e di ovodeposizione
sia la densità della popolazione per un eventuale intervento
diretto. In tali casi la lotta chimica è diretta contro le giovani
larve (agosto) e i prodotti da utilizzare sono i larvicidi. Si
possono utilizzare, inoltre, anche prodotti biotecnologici come i
regolatori di crescita chitino-inibitori (prodotti a base di
diflubenzuron) da utilizzare nel momento di massimo volo, oppure alla
schiusa delle uova ed in presenza delle giovani larvette. In alcuni
contesti risulta molto efficace il Bacillus thuringiensis ssp.
kurstaki, utilizzato come insetticida microbiologico che manifesta
una notevole attività contro le larve defogliatrici.
Tale batterio
può essere importante nella lotta in ambienti di grandi dimensioni e
negli ecosistemi naturali per la sua efficacia e per la facilità di
distribuzione, anche con il mezzo aereo. La lotta
biotecnologica consiste anche nella cattura di massa, effettuata con
i feromoni e le trappole sessuali.
Lo scopo
è quello di catturare i maschi e ridurre i voli nuziali; così
facendo le femmine deporranno uova non fecondate e, in poco tempo, si
potrà avere una diminuzione della popolazione infestante. Le
trappole ad imbuto, da usare verso la metà di giugno, rappresentano
una tecnica molto interessante negli ambienti naturali, nei parchi e
nei boschi, dove l’intervento chimico diretto risulta impossibile.
Per concludere, possiamo ben dire che i soggetti maggiormente a
rischio sono i bambini e gli animali a noi più vicino (come cani,
gatti e cavalli) in quanto, per loro, la processionaria non è altro
che un animaletto del giardino che può suscitare semplicemente molta
curiosità. Comunque, quando un soggetto colpito, oltre ai sintomi
localizzati, manifesta anche il vomito è importante il ricovero in
ospedale dove il medico saprà valutare un trattamento appropriato
che può includere antistaminici, corticosteroidi e aerosol.
I cani
(così come i gatti) si espongono al rischio annusando frugando nel
terreno e fra l’erba per cui, inavvertitamente, possono venire a
contatto o ingerire i peli urticanti delle larve e, in tal caso, il
primo sintomo si presenta con una intensa ed improvvisa salivazione e
con una infiammazione nella bocca.
Inoltre, i cavalli ed i cani che
ingeriscono i peli urticanti, oltre all’ingrossamento della lingua,
possono altresì manifestare la perdita di vivacità, la febbre, il
rifiuto del cibo, il vomito e la diarrea (che può essere emorragica)
per cui diventa fondamentale allontanare tempestivamente l’agente
irritante dal cavo orale mediante un abbondante lavaggio della bocca
con una soluzione di acqua e bicarbonato.
È di oggi, tra l’altro,
l’ultima notizia riportata dai mass-media che evidenzia, quasi
ovunque, una massiccia presenza di larve di processionaria e la
morte, a Enna, di un Cocker colpito dai loro peli urticanti. Ad ogni
modo, è verosimile pensare che una semplice passeggiata potrebbe
davvero trasformarsi in tragedia non solo per un animale domestico ma
anche per chi soffre semplicemente di un’asma. Infine, è
importante, peraltro, informare il Servizio Fitosanitario e le altre
Istituzioni locali che, potendo adeguatamente verificare e valutare
l’effettiva pericolosità, sono in grado di produrre relative
ordinanze idonee per imporre ad eventuali proprietari di aree e di
piante o a chi per altre giuste ragioni risulta tenuto a mettere in
atto adeguati ed efficaci interventi contro le insidiose larve a
salvaguardia della salute.
Scritto da Giovanni Conca - Pubblicato sul numero 4 del 2017 nel "Il Corace"