giovedì 1 marzo 2018

SULLA POTATURA INVERNALE..

Pratica colturale che mira ad un equilibrato sviluppo della pianta e ad una ottimale produzione e rappresenta anche un’opportunità per vigilare e attuare misure di tipo agronomico e fitoiatrico
La potatura delle diverse piante coltivate costituisce una importante pratica colturale e rappresenta uno dei fattori fondamentali della produttività delle nostre varie coltivazioni. Questa operazione che consente, soprattutto, di equilibrare lo sviluppo vegetativo e di favorire l’arieggiamento della chioma, oltre che rimuovere parti secche e/o colpite da parassiti, deve effettuarsi a seguito di alcune opportune ed utili valutazioni basate non solo sullo “stato” generale della pianta ma anche sulle possibili conseguenti reazioni e, in particolare, sugli scopi da perseguire.
La potatura invernale (o secca), quindi, permette non solo una gestione corretta delle piante ma consente anche di rimediare ai possibili diversi danni provocati dalle avverse condizioni meteorologiche che, unitamente (a volte) a quelle del suolo, determinano spesso condizioni particolari per la virulenza di alcuni microrganismi (funghi e batteri) e per l’attività nociva di alcuni insetti parassiti che causano importanti problemi ai coltivatori e all’economia in generale.
Al fine, pertanto, di offrire una possibile guida per il conseguimento dei migliori risultati dalla potatura invernale, sembra opportuno suggerire agli interessati della salute dell’Olivo quanto segue:
a) di aver cura, laddove si sono verificati attacchi di “Lebbra” (Gloeosporium olivarum), di rimuovere e distruggere tutte le “mummie” (vale a dire le olive rinsecchite e colpite dal fungo che risultano attaccate alla pianta) per poter abbattere la carica di inoculo;
b) di eliminare, in presenza di piante con evidente infezione batterica (Pseudomonas syringe sp. savastanoi), la cui malattia è nota con il nome di “Rogna”, tutti i rami maggiormente colpiti e i tubercoli, soprattutto nelle piante giovani, al fine di contenerne la diffusione ed i relativi danni;
c) in presenza di piante affette da “Fumaggine” [dovuta alla presenza di un complesso di funghi e causata principalmente dalla melata della cocciniglia nera (Saissettia oleae) e/o dalla cosiddetta “melata fisiologica”, per uno squilibrio metabolico] è consigliabile praticare una potatura energica e, se necessario, intervenire con trattamenti a base di specifici insetticidi e olio bianco o con rame o polisolfuro di bario;
d) è consigliabile, laddove sia stata osservata la presenza di tarli o di danni causati dall’attività di Scolitidi (Phloeotribus scarabaeoides), lasciare sul campo una parte dei rami della potatura (“rami esca”) di cm. 3-5 di diametro, per la ovideposizione delle femmine attratte dalle sostanze volatili emesse dal legno “morente”. Questi rami, comunque, dovranno essere bruciati entro fine aprile - inizio maggio, quando si evidenzierà la caratteristica rosura (foto) e prima dello sfarfallamento degli adulti;
e) laddove, invece, vi siano stati danni da “oziorrinco” (Otiorrhynchus spp.) e specialmente nei giovani impianti la potatura rappresenta una utile occasione per poter controllare e ripristinare gli sbarramenti meccanici (foto) di “fasce di plastica” o di “lana artificiale” posti lungo il tronco, per impedire la risalita dell’insetto adulto parassita;
f) dopo le operazioni di potatura, soprattutto dove si ha esperienza di attacchi da “Occhio di pavone” (Spilocaea oleagina) e sulle varietà maggiormente suscettibili, è consigliabile effettuare un trattamento con prodotti a base di rame (es. poltiglia bordolese all’1-1,5 %) che hanno il vantaggio di essere attivi anche su altri agenti di malattie fungine dell’olivo, così come sulla “Cercosporiosi” e sul batterio della “rogna”. La eventuale filloptosi (cioè una notevole caduta di foglie), detta “shock da rame”, dopo il trattamento, non deve preoccupare, può essere considerato un segnale positivo della sua efficacia. Quest’ultimo patogeno potrebbe avere un lungo periodo di incubazione per cui, a volte, anche se la malattia (o infezione) è presente, risulta di difficile riconoscimento. In tal caso sarebbe utile effettuare una “diagnosi precoce” che consiste nell’immergere un campione di foglie in una soluzione al 5 % di soda caustica o idrossido di potassio per 1-2 minuti ad una temperatura di 50 ° C. La presenza del fungo si evidenzierà con la comparsa di macchie rotonde.
Riguardo gli interessati alla coltivazione degli agrumi ed, in particolare, a quella del Limone, si suggerisce che:
a) può essere utile, in condizioni di umidità persistenti, proteggere i frutti dal marciume detto “Allupatura” (Phytophthora spp.) con fitofarmaci a base di rame o di metalaxil ramato e fosetyl alluminio da distribuire anche sulle parti basse della chioma e sul terreno sottostante;
b) laddove invece gli agrumi (limoni) hanno subìto infestazioni rilevanti da parassiti causa della nota melata (come le varie cocciniglie, la mosca bianca fioccosa ecc.) può risultare utile un trattamento con l’impiego di olio bianco al 2-3 %, il quale è ritenuto efficace anche contro l’”Acaro delle meraviglie” (Eriophyes sheldoni), che provoca importanti danni all’attività vegetativa e produttiva (anche causando mostruosità dei frutti). Tutto questo, peraltro, non tanto per poter contenere le forme svernanti dei diversi insetti parassiti quanto anche per l’effetto “disincrostante” che il trattamento ha sulla fumaggine. Comunque, è bene fare attenzione ad una eventuale fitotossicità che ne può derivare in quanto l’olio bianco al 2-3 % può causare tossicità a temperature al di sotto di 5° C. Evitare, pertanto, di trattare se esiste ancora rischio di gelate notturne o di freddo.
Per gli interessati alle cure colturali delle Drupacee (pesco) è opportuno suggerire che:
a) una volta ultimate le operazioni di potatura, e quando la temperatura risulterà gradualmente innalzata e comincerà, conseguentemente, il rigonfiamento delle gemme, è consigliabile avviare un programma di interventi contro gli afidi [il più diffuso è quello verde (Myzus persicae)] e contro la “Bolla del pesco” (Taphrina deformans), le cui forme svernanti si trovano prevalentemente nelle gemme dei rametti. L’intento, quindi, è quello di inattivare gli elementi svernanti ed impedire l’instaurarsi delle infezioni primaverili, di non facile contenimento. A tal fine si possono impiegare formulati a base di imidacloprid o deltametrina, come insetticida, e prodotti a base di ziram, zineb o dodina o vari altri anticrittogamici che risultano efficaci anche nei confronti del “corineo” (Coryneum beijerinckii) e Cytospora sp., ecc.;
b) se risultano presenti infezioni batteriche da Xanthomonas campestris pv. pruni, agente del disseccamento delle gemme e dei germogli apicali è consigliabile, dopo la potatura, un trattamento con formulati a base di rame anche a bassi dosaggi e, comunque, ricordandosi di allontanare e di bruciare il materiale di risulta della potatura.
È opportuno, inoltre, non sottovalutare, nello svolgimento di questa importante pratica agronomica, la presenza, nei nostri giardini e frutteti familiari, di casi di fitopatie del legno (tipiche malattie da ferita in quanto i patogeni penetrano all’interno dei tessuti della pianta attraverso lesioni prodotte da tagli della potatura, da gelo e da grandine). In questi casi il risanamento delle piante diviene impellente e la potatura invernale è sicuramente una occasione da non perdere. Poiché, come già noto, nel nostro territorio risultano presenti casi di malattie del legno [su viti, olivi e limoni, con sintomatologie riferibili al “Mal dell’esca” (causata da Stereum hirsutum e Fomes igniarius, ecc.), a “Eutipiosi” (Eutypa lata), a “Escoriosi” (Phomopsis viticola), a “Carie” o “Lupa” (Fomes sp., Stereum sp., Phellinus sp.) e a “Mal secco” (Phoma tracheiphila)] sembra opportuno ricordare di porre in atto appropriate misure di difesa di tipo agronomico e fitoiatrico.
Così, risulta prudente a tal fine:
a) effettuare la potatura dopo le gelate invernali;
b) potare prima le piante apparentemente sane e successivamente quelle colpite da malattie;
c) disinfestare gli attrezzi utilizzati, con sali quaternari di ammonio o candeggina (all’ 1% di cloro attivo ossia un  bicchiere circa -160 ml.- per un litro di acqua), dopo aver potato una pianta sospetta o infetta;
d) disinfestare i tagli della potatura con un fungicida a base di rame, di ciproconazolo, folpet (per favorire il callo di cicatrizzazione) oppure con l’impiego del fuoco e, quando è possibile, ricoprire le grandi ferite con mastice protettivo, con Vinavil o con una pasta fluida a base di triadimefon, per evitare possibili vie di reinfezioni;
e) effettuare, possibilmente, su piante compromesse dalla malattia, una potatura di ringiovanimento nel tentativo di ricostruire il fusto da un germoglio sano;
f) effettuare una potatura di risanamento asportando le parti di legno che presentano imbrunimenti settoriali o profondi processi di carie (slupatura);
g) non trinciare i tralci e/o rami della potatura (in presenza di piante malate)  negli interfilari ma rimuoverli e bruciarli per igiene!  Infine, per quanto riguarda l’Escoriosi della vite, il cui agente eziologico (Phomopsis viticola) colpisce prevalentemente gli organi erbacei ma è in grado di insediarsi sul legno dei tralci e del tronco, è consigliabile adottare una potatura lunga per compensare l’eventuale cecità delle gemme basali anche perché rimane difficile eliminare tutto il legno su cui sono presenti i sintomi. 
Riguardo invece la “Carie” dell’olivo nonché il “Mal secco” del limone sembra opportuno continuare la lotta mediante trattamenti con prodotti rameici e a base di ziram (preferibilmente ternandoli) ed attuare possibilmente la potatura di risanamento come in precedenza accennato.
Scritto da Giovanni Conca - pubblicato sul numero 1 del 2018 nel Il Corace

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