venerdì 2 marzo 2018

POST ELEZIONI: SCENARI POSSIBILI SUL TERRITORIO LA SFIDA DEI CANDIDATI

A pochi giorni dal voto, e a conclusione di una campagna elettorale caotica quanto mediocre nella forma e nella sostanza, si chiariscono le prospettive che attendono il Paese. Sono prospettive che già da mesi i sondaggisti avevano indicato, dati alla mano, e che la pubblica opinione aveva percepito. Solo che sino ad ora i partiti e i loro leader avevano camuffato puntando al solito refrain: “intanto pensiamo a vincere” mentre “sotto sotto” già partivano le prove generali di larghe intese.
L’elemento di novità è il seguente: da qualche settimana tutti gli istituti specializzati sono concordi nel dire che è tecnicamente impossibile che venga fuori una maggioranza in grado di governare. La soglia del 40% resta una rara possibilità, e a raggiungerla, nel calcolo  di questa rara possibilità, se dovesse accadere, sarà sicuramente del centrodestra. Il fatto è che la coalizione Berlusconi-Salvini-Meloni  più che una coalizione, che presuppone uno straccio (almeno) di programma in comune, è solo un cartello elettorale buono per vincere, ma non per andare a Palazzo Chigi. E laddove ci andasse avrebbe vita brevissima, dilaniata da visioni, proposte e programmi non solo diversi tra loro ma in qualche caso alternativi: come sull’euro ad esempio. Europeista Berlusconi, anti Salvini e la Meloni.  Lo scenario quindi che si prospetta è questo: un governo non esplicitamente di larghe intese, perché Renzi e Berlusconi si sono troppo compromessi nel dire che non faranno mai governi insieme, ma un governo di unità nazionale di breve durata con Gentiloni premier, sul quale  convergeranno  centrosinistra  e Forza Italia.
Leu non si sa, ed i grillini (che dovrebbero risultare il primo partito) in teoria “no” perché hanno già detto che loro non fanno alleanze e in caso di incarico presentano un programma e accettano eventuali adesioni. Ma in pratica potrebbero pure essere d’accordo a prendere tempo per riorganizzarsi, visti i problemi seri che hanno, e in qualche modo non opporsi più di tanto ad un prosieguo di Gentiloni. Una cosa è certa: il PD esce cornuto e mazziato da questa competizione. Renzi che  evocava un fantasioso 40% per il PD, sulla base di una sua narrazione sul risultato referendario (quel 40% di Si sono tutti nostri), ora ha posto l’asticella al 25% ma i sondaggi lo danno al 22, 23. Un disastro di cui dovrà dar conto alle minoranze interne, Orlando ed Emiliano, ma anche ad altri, come Cuperlo ad esempio, che lo attendono sulla riva del fiume. Altra cosa certa che la destra è viva e vegeta, alimenta paure e gioca con il fuoco: Macerata docet.
Non crediamo, tra rigurgiti neofascisti che ci sono ed esplosioni razziste e xenofobe, che la nostra Democrazia sia in pericolo. Ha anticorpi validi: tuttavia è necessario alzare la guardia che forse si era un po’ troppo abbassata.
Ma veniamo al gioco elettorale vero e proprio. Intanto tutti hanno capito, anche i cittadini meno interessati, che questa legge elettorale, il Rosatellum, è un pastrocchio incredibile, figlio di un accordo Renzi- Berlusconi che doveva favorire entrambi, con unico scopo, di far fuori i cinque stelle. Renzi sperava favorisse di più il PD, invece ha favorito molto di più Forza italia e associati. Dentro questa baraonda la sfida è tra chi è paracadutato e chi invece la partita se la gioca senza protezione.
Su questo terreno conta molto il territorio. E qui a Cori non è un caso se il consenso intorno ai due nomi di maggior rilievo, Tommaso Conti per Leu (camera) e Renzo Dolci per “Centro Solidale per Zingaretti” (regionali) è in costante ascesa. L’ex sindaco coagula l’area della sinistra che non si riconosce nel PD, ma anche cittadini non di sinistra che gli riconoscono meriti, passione e capacità, e Dolci rimette in campo quell’area di centro che ha guardato con diffidenza alla svolta neocentrista dei dem a trazione renziana e si è sottratta ai salti della quaglia che alcuni hanno fatto in questi anni.  Dolci e Conti hanno tutte le carte in regola per affermarsi, anche se Conti oltre ad avere come diretta competitor dal versante opposto (nel collegio) la Meloni, ha contro tutti i candidati del PD (Moscardelli al Senato, La Penna, Forte e Amici alla Regione e Fauttilli alla Camera) e l’apparato PD di Cori che teme che una sua buona affermazione potrebbe indebolire ulteriormente il partito locale e di riflesso l’amministrazione comunale. Ma come sempre in democrazia, l’elettore è sovrano.
Scritto da Emilio Magliano - Pubblicato sul numero 2 del 2018 nel Il Corace

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