giovedì 1 marzo 2018

UN SOLO SACRIFICIO

Whitney Chilumpha era una bambina di due anni, che in una sera come tante si era coricata accanto alla madre. Prima di addormentarsi, la madre le aveva indicato con l’indice un punto luminoso e fisso nel cielo. Whitney, non capendo, si era limitata a sorridere. La madre, altresì, sperava in cuor suo che quella stella potesse in qualche modo proteggerla. Eppure, vera è quella certezza che quando si guarda una stella si guarda il passato. Così la madre di Whitney sapeva che ciò che deve accadere è molto più pesante di ciò che è già accaduto. Quella sera un gruppo di uomini alza la polvere della terra arsa. Un paio tengono per le braccia la donna, le impediscono di dimenarsi. Altri, prendono in braccio la piccola Whitney e scompaiono, in un punto lontano e buio. Whitney sarà la 12esima vittima con albinismo uccisa in Malawi dal dicembre 2014.
I resti della bambina sono stati ritrovati nel distretto di Kasungu, a poca distanza dal luogo in cui era stata rapita. Il suo corpo era smembrato. Tra la popolazione nessuno sapeva nulla, eppure, sotto lo sguardo indagatore e sofferente della madre di Whitney, qualcuno sembrava mantenesse un atteggiamento composto, intoccato dal dolore altrui, esattamente come se ciò che era accaduto fosse un atto giusto, doveroso, compiuto per il bene della comunità. Ciò che è offerto in dono alle divinità è cosa buona e giusta. Questo, la madre di Whitney, lo sa bene. Eppure davanti alla morte di sua figlia non riesce a spiegarsi quale volere superiore possa essere così crudele.
La pratica del sacrificio, in particolar modo di quella di bambini albini, non è cosa così poco inusuale. Secondo un’inchiesta condotta da Jean-Jacques Ndoudoumou, presidente dell’Associazione Mondiale per la difesa degli interessi e la solidarietà degli albini in certe parti del Camerun, gli albini verrebbero uccisi addirittura alla nascita dai genitori. Altrimenti come mai - si chiede, in certe parti del nord esistono albini provenienti da regioni d’Africa e negli ospedali del posto sembra non esserne nato nemmeno uno? Da adulti, gli albini africani raccontano tutti un’infanzia di rifiuto o discriminazione.
Le credenze popolari vedono gli albini come possessori di poteri magici, benefici o malefici secondo il caso: sarebbero veggenti, dotati di poteri sovrannaturali come quello di procurare ricchezze o disgrazie. Oltre ai bambini, a essere esposte sono anche le madri. Le donne albine, difatti, vengono spesso ritenute responsabili della malattia: «Le si accusa di aver dormito incinte all’aria aperta di notte e in un luogo proibito, o di aver tradito il marito durante la gravidanza» Interessante è la teoria dello studioso antropologo René Girard che in la violenza e il sacro (1972), intese il “sacrificio” come “violenza sostitutiva” proiettata sulla vittima considerata come “capro espiatorio” da parte della comunità sacrificante. Dopo il “sacrificio” la comunità si acquieta in un eros unanime per poi riesplodere attraverso una crisi che porta ad un nuovo “sacrificio”. Tale ciclicità, secondo Girard, si sarebbe interrotta con la figura di Gesù il quale avrebbe assunto su di sé il ruolo di vittima espiatrice, liberando così l’uomo dal procedimento vittimario delle religioni.
Una pratica, in definitiva, sempre uguale a se stessa. La necessità, indotta il più delle volte, di offrire degli ex voti alle divinità, ci consentirebbe in definitiva di giustificarci nell’accettazione dell’inspiegabile. Eppure, ciò che dovremmo capire e accettare, finalmente è che esiste solo un sacrificio, che è quello del donarsi a chi si ama.
Scritto da Fabio Appetito - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel Il Corace

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